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Autore: alessandroago_94    21/03/2016    3 recensioni
1837, Romagna. Giovanni è un pericoloso brigante, un fuorilegge che terrorizza tutti i nobili romagnoli. Compie furti, rapine e rapimenti, senza farsi molti scrupoli. Ha formato una sua banda di delinquenti, e pare inarrestabile. Non sa cosa sia la pace, lui combatte per sé stesso e per il bene della sua banda, in una terra martoriata dalla povertà, dalla criminalità e dalle continue insurrezioni del popolo, represse nel sangue.
Quando rapisce Teresa, la figlia di un ricco conte, pensa solo al riscatto che pagherà suo padre. Ma passerà un po’ di tempo prima che il riscatto venga pagato. Nel frattempo Giovanni resta invaghito della giovane e seducente contessina, e lei, dopo un iniziale reticenza, lo ricambia, affascinata dalla figura del forte e misterioso brigante. Il problema è che Teresa deve tornare dalla sua famiglia, e deve andare in sposa ad un giovane nobile romano. In un mondo difficile e pieno di pericoli, due persone così diverse, con destini così differenti, riusciranno ugualmente ad amarsi e ad affrontare il percorso pieno di ostacoli che la vita ha predisposto davanti a loro?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: L'Ottocento
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Epilogo, prima parte

EPILOGO

 

 

 

 

 

26 gennaio 1851, periferie di San Paolo, Impero del Brasile

 

 

 

 

 

 

Era ormai mezzogiorno, e Teresa si stava dando da fare per preparare il pasto per suo marito Giovanni e i loro cinque figli.

Colei che poco più di un decennio addietro era stata una contessina, ormai si sentiva solo ed esclusivamente una contadina qualsiasi, una lavoratrice abituata da anni ad ogni sforzo e ai dolori delle gravidanze.

Le sue mani erano forti e arrossate, e sempre pronte ad impastare qualcosa di buono o a lavare con forza i panni nel ruscello che scorreva poco distante dall’abitazione quasi totalmente in legno, che in tredici anni era diventata una casa ancora più ampia. Giovanni aveva provveduto, assieme a Roberto, a costruire nuovi ambienti in legno, tra cui alcuni ripari per gli animali da cortile, ma anche due stanze laterali per i figli, che stavano cominciando a crescere e che faticavano a condividere la stessa stanzetta che era stata appositamente preparata per loro tempo addietro.

Dopo due mesi dal loro sbarco a Santos, e dal loro arrivo in quel Paese pieno di foreste e di animali selvatici e strani, il signor Edmondo era riuscito a far avere a lei e al suo amato tutti i documenti necessari per poter contrarre matrimonio e per potersi finalmente sentire a casa, regolarizzando di fatto e sotto ogni aspetto la loro permanenza nell’Impero.

Assieme ai loro documenti, ne erano stati redatti altri due anche per Sara e Roberto, che però erano stati abilmente falsificati per via del fatto che il banchiere, sbadato, non aveva richiesto i cognomi e le varie generalità ai due giovani. Da quel momento, Roberto Dolmenici era diventato Roberto Sanchez, un giovane italo-ispanico giunto nelle Americhe per mettere su famiglia con la giovane Sara Iniguez, di lontane origini italiane anche lei.

Tutto ciò suscitava ancora l’ilarità di Roberto, ma in fondo gli aveva permesso di poter prendere moglie, di sposarsi e di potersi accasare assieme alla sua donna in quel Paese lontano, ma pieno di possibilità.

Teresa e Giovanni si erano sposati assieme ai due amici, in una sola e rapida cerimonia di fronte ad un pimpante sacerdote d’origine portoghese, lievemente sdegnato dal fatto di dover sposare ben due coppie di stranieri, perlopiù italici e ispanici, ma non aveva replicato nulla a parte storcere il naso ed aveva svolto la cerimonia senza batter ciglio.

Dopo il matrimonio, il destino delle due coppie coniugate non si era separato, ed entrambe avevano continuato a condividere lo stesso tetto e lo stesso cibo, e da allora non c’erano stati sostanziali cambiamenti. Teresa era molto felice che Sara e Roberto avessero scelto di continuare a vivere con loro e a condividere lo stesso tetto, anche perché ormai quei due erano gli unici depositari di quello che pareva essere solo un lontano e remoto passato.

La contessina aveva imparato in fretta il portoghese, così come il suo amato marito, che aveva continuato a lavorare per un falegname del vicino villaggio, portando a casa una buona paga, che poteva garantire loro una vita piuttosto tranquilla e comoda. Ed in quel momento si potevano ritenere tutti quanti ben integrati in quel Paese sempre sull’orlo della guerra, precario sotto ogni suo aspetto, un grande gigante d’argilla sempre pronto a traballare.

La contessina, ormai donna adulta e più che trentenne, in tutti quegli anni ormai si era abituata ad udire notizie tremende provenienti dalle maggiori città dell’Impero e dal sud, dove di tanto in tanto scoppiavano rivolte, represse nel sangue.

Molto spesso erano gli stessi schiavi neri a ribellarsi, creando disordini incredibili, per poi essere brutalmente massacrati dai loro stessi padroni. I neri, infatti, da secoli schiavi dei grandi piantatori, avevano iniziato a ribellarsi al giogo degli schiavisti, cercando la libertà tanto agognata.

Da tempo ormai non giungevano navi cariche di nuovi schiavi in Brasile, mentre il Portogallo si stava ferocemente impegnando ad impedire ogni possibile nuova tratta in Africa, mettendo in pratica i consigli e le regole dettate dagli altri Stati della lontana Europa, forse solo per ripicca nei confronti delle colonie del Sud America, che si erano rese indipendenti ormai da decenni dalla corona portoghese.

Inoltre, di tanto in tanto dalle foreste vergini sbucavano fuori indigeni seminudi, uomini scuri e bassi, armati di armi rudimentali e sempre pronti a creare disagi visto che non parevano conoscere la società moderna, mentre nel sud del vasto Impero numerose popolazioni cercavano un’effettiva indipendenza.

Il Brasile era sempre nel caos, ma Teresa era felice di vivere in una zona piuttosto tranquilla, dove la guerra e i disordini sociali parevano lontanissimi, e molto spesso ciò che giungeva fin lì erano solo voci.

La vicina San Paolo fioriva e prosperava come non mai, mentre ogni anno si espandeva ai danni delle foreste e migliaia di grandi appezzamenti terrieri gestiti dai ricchi proprietari bianchi si stavano espandendo a dismisura, deforestando nuovi spazi e piantando tantissime piante di caffè, la cui produzione negli ultimi anni stava soppiantando quella dello zucchero e di altri vegetali. L’Impero del Brasile era di certo una nazione nascente, piena di problemi ma con moltissime potenzialità.

Teresa era fiera del fatto che i suoi figli avrebbero fatto parte di quel grande progetto nazionale, essendo a tutti gli effetti dei brasiliani e parlando perfettamente il portoghese. Era stata un’immensa sorpresa per lei quando erano venuti al mondo i suoi primi due figli, due gemelli, che assieme col suo amato Giovanni avevano deciso di chiamare Mario e Giuseppe, in onore del migliore amico del brigante e dell’abile cocchiere che l’aveva riportata in Romagna dopo una fuga ritenuta pressoché impossibile dal palazzo laziale di Alfonso.

Effettivamente, la nascita di due gemelli era un evento piuttosto raro, ma Teresa aveva capito fin da subito che quei due stupendi bimbi erano stati di certo una ricompensa divina per tutto ciò che aveva dovuto subire nell’ormai lontana penisola italiana.

In quel momento, Giuseppe e Mario avevano tredici anni ed erano dei ragazzetti vispi e intelligenti, che lei stessa si era presa cura di acculturare, insegnando loro a leggere e a scrivere, nonostante il fatto che Giovanni fosse riuscito ad iscriverli in una piccola scuola del vicino paese, dove stavano portando avanti un percorso di studi mediocre.

Avevano ottimi risultati ed erano sempre vivaci e in buona salute, ed erano l’orgoglio dei due genitori, che sapevano come quelle due creature avessero passato tutto ciò che era caduto loro addosso nello Stato della Chiesa mentre erano ancora nel grembo materno, vulnerabili come non mai. E Teresa a volte, quando li vedeva, sentiva che le lacrime le salivano agli occhi, ricordando quanto si fosse trascurata durante la fuga dalla penisola e capendo quanto avesse rischiato di perdere quei due splendidi figli così com’era capitato al primo, il figlio di Alfonso, che purtroppo non era mai venuto al mondo a causa delle sue scelleratezze.

Dopo ai primi due gemelli, accolti con tanto affetto anche dal padre, erano nate anche Lina e Anna, due splendide bambine di undici e nove anni, e, per ultimo, era nato Luigi, il piccolino di casa, di soli cinque anni.

Le due bambine erano vivaci e forti come i due fratellini maggiori, ma Luigi purtroppo non era così. Era un bambino debole, malaticcio, che a volte aveva crisi isteriche di pianto e che non era in gradi di relazionarsi con gli altri suoi coetanei e con i fratelli e le sorelle, restando sempre l’unica e principale preoccupazione di Teresa, che come madre vigilava costantemente su di lui e sperava che con la crescita tutti quei problemi potessero definitivamente svanire.

Il piccolo Luigi in quel momento riposava nel suo lettino, preparato amorevolmente dal padre e su misura per lui, per far fronte alla sua gracilità e al suo disagio fisico. Teresa aveva insistito per attribuirgli il nome di suo padre, in modo da sperare di potergli passare qualcosa della forza e della risolutezza del nonno conte, ma il piccolo per ora era solo un bambino sempre malaticcio e piangente.

Lei ora era nuovamente incinta, per la sesta volta nella sua vita, e nonostante il fatto che la gravidanza fosse ancora ai primi stadi, sperò che il prossimo nascituro potesse essere più sano e forte del piccolo Luigi, e che magari fosse un maschio.

O, meglio ancora, altri due gemelli, anche se a quel punto Giovanni avrebbe brontolato un po’, visto che mantenere una famiglia sempre più numerosa richiedeva una spesa costante di denaro, e per guadagnarlo avrebbe dovuto lavorare ancora di più, ma questo in fin dei conti non era un problema, perché il brigante amava tutti i sui figli senza alcuna distinzione e voleva solo il meglio per loro, e per sfamarli al meglio e farli andare a scuola era disposto anche a saltare qualche pasto.

Giovanni era un ottimo padre e un gran lavoratore, un vero uomo tutto lavoro e famiglia, amorevole nei confronti dei figli quanto in quelli delle figlie, sempre attento ad ogni loro necessità, e Teresa continuava ad amarlo come la prima volta in cui aveva scoperto di essersi presa una bella cotta per quell’uomo così burbero e socialmente distante da lei, ma pur sempre così affascinante e dolce, quando voleva.

Mentre pensava al suo amato e alla sua famiglia, un sorriso le comparve sul volto e continuò a preparare la pasta, stando ben attenta anche a tutto ciò che la circondava, in modo da non deconcentrarsi troppo dalla realtà e da non rischiare di combinare qualche disastro, come qualche volta le era capitato all’inizio.

Roberto era nei campi attorno alla casa, sempre indaffarato tutto l’anno nella produzione di verdure e ortaggi commestibili, che poi vendeva nei mercati dei paesi e delle città vicine, portando a casa qualche soldo. Inoltre, l’orticello da lui custodito produceva del buon cibo anche per le due famiglie, che si spartivano i vari ortaggi, lasciando che l’uomo vendesse quelli in più.

Sara, invece, era sempre indaffarata a seguire Giorgio, l’unico figlio che era riuscita a dare alla luce. Dopo la prima tormentata gravidanza, la domestica aveva scelto di non avere più figli, e il rapporto col marito pian piano si era sgretolato. I due spesso litigavano, e il bambino, anch’esso tredicenne, era debole e malaticcio, forse anche più del piccolo Luigi.

I pochi medici che si erano presi la briga di dargli un’occhiata per pochi soldi, avevano sancito che il bambino aveva una qualche mancanza e che molto probabilmente non avrebbe raggiunto l’età adulta, così come la maggior parte dei bambini brasiliani, ma Sara non lo abbandonava mai e gli stava sempre accanto, dedicandogli la sua vita così come una suora di clausura la dedicava al Signore.

Roberto voleva altri figli, ma lei non aveva mai acconsentito e più volte l’aveva rifiutato a letto, indignandolo e facendo scoppiare litigi furibondi, che durante la notte squarciavano la quiete della casa di campagna, tenendo svegli i bambini e i padroni di casa, fintanto che Giovanni non andava a chiedere di abbassare la voce. Ma Sara non si era mai piegata, e con dedizione seguiva il suo unico figlio, rifiutando di averne altri, forse nel timore di non poterli amare come il primo.

Teresa provava tanto dispiacere per l’amica, con la quale aveva legato moltissimo durante quei tredici anni di convivenza sotto lo stesso tetto, ma non riusciva proprio a capirne il ragionamento.

Mentre si preparava ad usare il mattarello, sempre di legno bianco e intagliato dal suo amato marito, la contessina sentì dei passi veloci che si dirigevano verso la casa, e udì che qualcuno stava rientrando.

‘’Teresa! Teresa, vieni un attimo qui’’, disse Giovanni, entrando dalla porta di casa e chiamandola fuori dalla cucina.

Sorpresa da un tale atteggiamento, e soprattutto dal fatto che il suo amato fosse rincasato così presto dal lavoro, la contessina si precipitò all’ingresso, trovando il brigante in attesa, con un’espressione accigliata sul volto e stringendo un qualcosa di bianco tra le mani. Una lettera.

Ancora più sorpresa, la donna si avvicinò al suo amato, che gliela allungò sorridendo.

Giovanni era rimasto tale e quale in quei tredici anni di matrimonio; sempre solare, cortese e pieno di attenzioni da rivolgerle, anche se tra i capelli era comparso qualche filo bianco. Quell’ombra di depressione che l’aveva reso debole e schivo dopo la fine della sua banda di briganti era sparita ormai da tempo.

Lei si limitò a rispondere al suo sorriso, anche in realtà fu davvero fugace, poiché moriva dalla curiosità di aprire la lettera, visto che in quel lontano Paese non ne aveva mai ricevuta neppure una. Non lesse chi gliela aveva indirizzata, e si trovò ad aprire frettolosamente la busta, per poi immergersi nella lettura.

Le bastò aver letto solo cinque righe per farle alzare il volto dal foglio, raggiante, per rivolgere un altro sorriso al suo amato, questa volta pieno di stupore.

‘’Che c’è scritto? Sai, la lettera me l’ha consegnata Vazquez, il falegname… ha detto che un uomo ben vestito l’ha pagato per farla giungere tra le mie mani. Quindi, non ho potuto attendete e sono tornato di corsa a casa…’’, sbottò Giovanni, lasciandosi sfuggire una smorfia piena di curiosità.

‘’Certo, altrimenti non sarebbe mai arrivata a destinazione, sai che qui il sistema postale neppure esiste… comunque, buone notizie. Sai chi sta per giungere in Brasile, in queste benedette terre?’’, mormorò la contessina, totalmente disinteressata al modo in cui era giunta la lettera tra le mani del suo amato. Molto probabilmente, un qualcuno proveniente dalla penisola italiana doveva averla consegnata a Edmondo, il banchiere ormai piuttosto anziano ma ancora in buona salute, che poi si era preoccupato di trovare un modo per farla giungere tra le loro mani.

‘’Non lo so’’, rispose Giovanni, alzando un sopracciglio con perplessità.

‘’Ebbene, la lettera è stata scritta da Giulia, la figlia del signor Isacco. Ci informa che sarà felice di avere nostre notizie e di riabbracciarci presto, se vorremo, poiché sta per sbarcare assieme ai suoi genitori e al fratello a Santos. Ha anche scritto che lo sbarco è previsto per il ventotto gennaio… quindi tra due giorni! Oh, dobbiamo andare a Santos, il ventotto. Voglio rivederli e ringraziarli nuovamente per tutto quello che han fatto per noi! E poi, assieme a loro ci sono anche Anna e Giuseppe, assieme ai loro figli’’, disse Teresa, come un fiume in piena. Le pareva incredibile di essere riuscita ad avere notizie di tutte quelle persone che avevano fatto tanto per loro due, e che credeva di non rivedere mai più.

Disinteressandosi per un attimo del suo amato, proseguì spedita nella lettura, leggendo ciò che le narrava Giulia. La ragazza, ormai donna anche lei, si scusava immensamente per non averle mai spedito altre lettere, ma i contatti tra i due continenti erano talmente blandi che si era rivelato difficile far circolare la corrispondenza, poiché essa doveva poi affrontare un lungo viaggio attraverso l’oceano, girando tra le mani indiscrete di perfetti sconosciuti, che molto spesso la perdevano.

In ogni caso, la avvertiva che lei stessa si era sposata con suo cugino già dodici anni prima, ma lui era venuto a mancare a causa di una polmonite mal curata dopo solo un anno di matrimonio, lasciandola sola con un figlio. Isacco, economicamente provato, si era trovato costretto ad abbandonare il ghetto di Ferrara assieme alla famiglia, approfittando dell’instabilità che regnava su tutto il territorio e dirigendosi all’estremo nord, a Milano, dove avevano conosciuto per caso Giuseppe e Anna, una giovane coppia con tre figli, che versava anch’essa in una situazione d’indigenza pressoché totale.

Teresa a quel punto aveva compreso che Isacco doveva essere stato lasciato a parte dalla comunità ebraica ferrarese, per via delle sue avventure passate, e che anch’esso doveva essersi trovato allo sbaraglio assieme alla sua famiglia.

Giorgio, fortunatamente, aveva trovato un impiego come medico a Milano, costretto dalle vicissitudini ad abbandonare il sogno di diventare rabbino, ed era riuscito a lavorare per undici anni, riuscendo anche a mantenere senza problemi la famiglia e a trovare un’abitazione dignitosa, dove Giuseppe e Anna erano stati assunti rispettivamente come cocchiere e domestica.

Così, per caso, un giorno avevano scoperto che i due servitori l’avevano conosciuta di persona, e che l’avevano aiutata a fuggire dal palazzo di Alfonso, poiché Anna parlava molto spesso della sua fuga dal suo impiego nelle campagne romane e di come avesse avuto modo di conoscere e di dare una mano ad una giovane contessina maltrattata dal marito ed innamorata di un brigante.

Tutto era filato liscio fino a qualche anno prima, quando la guerra e i disordini avevano mandato tutto all’aria, e Giorgio era stato poi allontanato dal suo lavoro, e la famiglia Montignoni si era nuovamente trovata nei guai.

Per fortuna, vendendo tutto quello che erano riusciti a racimolare durante gli ultimi anni, alla fine l’ormai settantenne Isacco era riuscito a raggranellare il denaro necessario per pagarsi un viaggio della speranza, un viaggio verso il Brasile, meta ormai ambitissima dagli ebrei e dal popolo della penisola italiana, oppresso in Stati ormai sul punto di decadere e dalle guerre in corso al nord. E così, alla fine, Giorgio aveva aiutato i genitori e la sorella, assieme al nipotino, a giungere fino a Genova, località in cui era stata scritta la lettera, consegnata poi ad un contadino che imprimeva fiducia e che sarebbe partito alla volta di Santos nell’imbarcazione già stracarica di passeggeri che sarebbe salpata per prima dal porto.

Teresa, distogliendo lo sguardo dalla lettera, si chiese che cosa stesse succedendo di tanto grave nella sua amata penisola e a cosa fossero dovute quelle battaglie recenti che le erano state blandamente descritte nella lettera, e, felice di aver la possibilità di rivedere quelle persone che avevano lasciato una traccia indelebile dentro di sé, non poté non chiedersi che fine avessero fatto Lina e Mario.

Li pensava spesso, ma purtroppo sapeva che non avrebbe mai avuto modo di avere loro notizie. Sperò solo che stessero bene, e che la loro vita avesse ripreso una giusta piega.

 ‘’… e non credo che l’arrivo di tutta questa gente possa influenzare positivamente la nostra famiglia’’, concluse il brigante, mentre Teresa tornava a indirizzargli la sua attenzione, dopo aver ripiegato bene la lettera ed averla reinserita nella sua busta.

‘’E perché mai?’’, replicò, lievemente stizzita.

Giovanni era da sempre molto gentile e permissivo con lei, ma mai quando si trattava di allacciare dei rapporti con altri loro compatrioti. Era convinto che essi rappresentassero un pericolo, forse perché gli facevano tornare alla mente il funesto passato.

‘’Quando costoro arriveranno, e tu andrai loro incontro, i nostri figli faranno miriadi di domande. Vorranno sapere che il perché, e poi non è detto che i nuovi arrivati non si lascino sfuggire qualche particolare di troppo’’.

Teresa annuì, lievemente perplessa. Ai loro figli non avevano rivelato tutta la verità sul loro passato, ma avevano semplicemente detto loro che erano stati semplici contadini, emigrati per avere un futuro migliore. Effettivamente, sottoporli all’arrivo di questi sconosciuti provenienti da terre lontane li avrebbe comunque obbligati a farsi domande, forse anche di troppo.

‘’Andremo noi due, da soli. Lasceremo i ragazzi e le bambine a Sara, e noi ci recheremo un pomeriggio a Santos. Poi, in futuro, se continueremo ad avere rapporti d’amicizia con i nostri amici e salvatori, potremo anche farglieli conoscere, dopo aver spianato lievemente il percorso’’, riconobbe Teresa, saggiamente.

Mario e Giuseppe ormai erano già ragazzi, molto perspicaci per la loro età, e scoprire in quel momento il vero passato dei genitori avrebbe potuto mettere loro in testa delle strane idee. Già che entrambi affermavano di voler diventare soldati, e Giuseppe esprimeva continuamente il desiderio di voler tornare in futuro nella penisola natale dei suoi genitori, dove a quanto pareva c’era parecchio subbuglio e si respirava un clima militarmente teso.

Quindi, pensò fosse logico non voler sottoporre i ragazzi ad un simile evento, colmo indubbiamente di troppe novità per loro, abituati alla vita nel bel mezzo di quella foresta, ai confini della civiltà, che si ricopriva di grande sfarzo nelle vicine San Paolo e Santos. Fortunatamente, in quel momento i ragazzi e le bambine erano a scuola e non potevano origliare quelle novità, tranne il piccolo Luigi, che quella mattina non si era ancora svegliato e riposava ancora nel suo lettino.

‘’Sara ha occhi solo per suo figlio. I ragazzi rischieranno di farsi male o di combinare qualche disastro’’, affermò Giovanni, protettivo.

Teresa sorrise, riconoscendo che il suo amato era eccezionalmente attento ai suoi figli, e che non voleva lasciarli mai in altre mani.

‘’Non esageriamo, ora. Sara ha da fare con suo figlio, ma darà un’occhiata anche ai nostri. Non accadrà loro nulla di male, stai tranquillo’’, replicò la contessina, risoluta. Il brigante, dopo un attimo di riflessione, annuì.

‘’Va bene, faremo così’’, acconsentì infine.

Teresa tornò a stringere la lettera tra le mani, mentre una lacrima iniziò a scorrerle lungo la guancia. Stava piangendo, ma non per la sofferenza, ma per la felicità.

Da quando avevano iniziato a vivere in quel Paese lontano, primitivo ma stupendo, lei non aveva mai più versato lacrime di dolore, ed aveva vissuto una vita colma di grandi gioie. Il destino pareva averle risarcito tutto ciò che aveva dovuto subire tempo addietro, rimarginando ogni ferita ancora aperta, ed ormai guarita da tempo.

‘’Perché piangi? C’è qualcosa che non va?’’, chiese prontamente il brigante, che pareva intenzionato ad allontanarsi, e invece si affrettò a riavvicinarsi alla sua amata non appena vide quelle lacrime. Con un dito, gliene asciugò una, per poi affrettarsi ad afferrare il suo fazzoletto, estraendolo dalla tasca.

La donna amava i momenti in cui lui era così premuroso con lei, facendola sempre sentire al centro della sua attenzione, ma in quel momento non aveva bisogno di parole dolci o di essere consolata.

‘’E’ tutto a posto. È solo gioia, questa’’, si affrettò a rispondere Teresa, asciugandosi da sola le lacrime. Non vedeva l’ora di rivedere tutte quelle persone che l’avevano aiutata tantissimo a salvarsi da una sorte orribile, immaginandosi quanto dovessero essere fisicamente cambiate in tutti quegli anni. Ma alla fine lasciò perdere, sorridendo.

‘’Sono passati tanti anni da quando mi sono innamorato di te, eppure riesci ancora a sorprendermi. A volte non ti capisco…’’, si limitò a dire Giovanni, ritirando la mano ma sorridendo con calore e con affetto. Era ancora un bell’uomo, forte ed energico, nonostante i quarantatré anni ormai alle porte. Un uomo ancora in grado di essere dolce come non mai.

‘’Li rivedrò tutti… ricordo ancora Anna e Giuseppe, i miei salvatori da Alfonso! Se non ci fossero stati loro, non so che cosa avrei combinato… ricordo anche la nostra cara famiglia Montignoni, che tanto ha fatto per noi… oh, speriamo che il viaggio sia andato bene e che arrivino tutti sani e salvi!’’, disse Teresa, a mo di supplica e di preghiera. Giovanni continuò a sorridere.

‘’Arriveranno di certo sani e salvi, non temere’’, le disse, appoggiandole una mano sulla spalla. A quel punto, la donna non poté resistere oltre, baciò il suo brigante, che la ricambiò prontamente.

Si baciarono proprio come ai primi tempi, quando il loro amore consisteva solo nel condividere qualche ora insieme, recandosi nel luogo segreto di Giovanni, dove lei, poco più che una ragazzina, osservava il panorama stupendo con i suoi occhi da fanciulla innocente.

Ora era una donna felice, ed ogni dolore era stato lasciato alle spalle.

In quell’istante colmo di gioia, il suo pensiero tornò per l’ennesima volta a volare verso Lina e Mario, i due cari amici che purtroppo non aveva mai più rivisto dopo la fuga da Ravenna, e che molto probabilmente non avrebbe rivisto mai più. Pregò anche che loro stessero bene, e che fossero felici quanto lei in quel momento.

Perché in quel momento, finalmente, Teresa si sentiva felice come non mai, amata dal suo uomo e dai suoi figli, e coccolata dalla sua grande e splendida famiglia. Dopo aver rivisto i suoi salvatori, non avrebbe avuto molto altro da chiedere al destino.

Tutto sommato, dovette riconoscere che a suo tempo la vita le aveva tolto molto, per poi ridarle tantissimo.

Ed in quel momento, mentre smetteva di piangere dalla gioia e continuava a baciare l’unico, grande e vero amore della sua vita, seppe per certo di aver vissuto un’esistenza straordinaria, dove gli ostacoli alla fine si erano rivelati grandi opportunità per ripartire daccapo e nel migliore dei modi.

In quell’istante però, esistevano solo l’immenso amore incondizionato e invariato negli anni che provava per Giovanni, e la voglia di vivere altri mille giorni così, assieme al suo amato e pieni di felicità inaspettate.

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Ringrazio chiunque sia giunto fin qui. Spero che questa prima parte dell’epilogo sia stata di vostro gradimento!

La seconda parte è più lunga, e anche se si svolge contemporaneamente a questa, vi consiglio di riposare la vostra vista per qualche attimo, in modo da non affaticarvi troppo.

Alla fine della successiva parte dell’epilogo, troverete tutti i ringraziamenti e alcune note più approfondite. A tra poco, quindi J

Grazie di cuore per tutto J e buona lettura J

   
 
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