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Autore: Xion92    14/03/2016    4 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti. Incomincio l'introduzione di questo capitolo con un ringraziamento, anche se non ho nessuno di definito a cui rivolgerlo: lo scorso capitolo ha ottenuto ben 30 like col bottone di facebook! E' una cosa quasi fuori dal mondo per me, e può avere solo due spiegazioni: o c'è qualcuno che si diverte a fare il troll bastardo, ma lo escluderei, perché credo che ci voglia un alto livello di immaturità per divertirsi con qualcosa del genere, oppure ci sono davvero ben 30 persone che leggono la mia storia e la apprezzano. Quindi (prendendo per buona la seconda ipotesi), a quelle trenta persone, chiunque siano (purtroppo si possono vedere solo il numero di like, non chi li ha messi) vanno i miei più sinceri ringraziamenti. E un ringraziamento particolare lo dò alle tre persone che mi seguono e mi recensiscono sempre: mergana, Alessia Whitesoul e soprattutto Blackmiranda, che legge ogni capitolo che scrivo in anticipo per valutarlo e darmi suggerimenti, ed aggiungo che varie cosine che ci saranno più avanti me le ha suggerite lei. Ovviamente la citerò negli specchietti in fondo al momento opportuno. Grazie a voi tre, e se qualcuno di voialtri 30 state davvero leggendo, gradirei moltissimo anche una vostra opinione, se non su EFP, anche su Facebook, sotto al link che pubblico sempre quando aggiungo un nuovo capitolo. Davvero, grazie a tutti e buona lettura!

 


Capitolo 44 – La forza del guerriero è nella squadra


In quel parchetto di periferia solitario, in un quartiere silenzioso, avendo tutti i suoi abitanti fuori al lavoro e i bambini a scuola, il combattimento fra i due guerrieri proseguiva indisturbato.
Dopo una breve lotta corpo a corpo sdraiati a terra, Mew Angel era stata costretta a staccare il ragazzo da sé con un calcio, visto che combattere il quel modo era più uno svantaggio che altro, per lei: la ragazza aveva infatti molti più punti scoperti rispetto a Waffle, e quindi era riuscita a procurarsi svariati graffi e piccole ferite stando a contatto con quel terreno accidentato, che già iniziavano a bruciare. Dopo averlo allontanato da sé, si rimise in piedi e con un salto indietro si portò all’altro margine del campo.
Anche Waffle si rialzò. “Che fai, ti arrendi?”
Mew Angel rispose con un risolino. “Chi, io? Vorrai scherzare!”
Il ragazzo fece un ghignetto. “Scherzare? Guarda, cinque minuti sono già passati, fra altri cinque sarai già morta.”
Lei si rimise in posizione da battaglia. “E se invece ti dicessi che tu fra cinque minuti sarai morto?”
Waffle allora scoppiò a ridere. La ragazza ne rimase in qualche modo sorpresa: era da quando erano piccoli che non lo sentiva ridere in quel modo genuino.
“Una terrestre così debole come te, uccidere me in cinque minuti? Non sopravvalutarti troppo, Angel. Neanche in mezz’ora ci riusciresti.”
Lei si riprese subito. “Ah, no?” abbassò le orecchie, tese i muscoli e spiccò un salto verso di lui. Waffle, pronto, invece di saltare anche lui verso di lei, nel mentre che la sua avversaria saltava si spostò solo leggermente di lato e, visto che Mew Angel non poteva deviare la traiettoria del salto, appena arrivò vicino a lui, il ragazzo, svelto, la acchiappò sotto le ascelle e la ribaltò a terra a pancia in su. Poi le si gettò sopra, con una mano le bloccò entrambe le braccia, con le ginocchia le premette sul ventre per non farla rialzare. La guerriera non potè più fare niente.
“Porca miseria”, poté solo commentare, guardando fisso e con odio negli occhi Waffle.
Lui scosse la testa, quasi con compatimento. “Mi dispiace, Angel, sei durata poco”, e, afferrato il suo jitte, fece per alzarlo sopra la sua testa. Prima di colpire, Waffle fece anche in tempo a sentire un profondo senso di fastidio e disagio nel constatare che l’avversaria, nonostante stesse per morire, non sembrava minimamente intenzionata a smettere di fissarlo con quello sguardo duro e fiero. Anche un attimo prima di morire riusciva a farlo innervosire.
“Muori, Angel!” gridò il ragazzo, facendo per abbassare il jitte sul suo collo.
“Ribbon Pudding Ring Inferno!” si sentì una terza voce gridare da poco più in là, e il jitte di Waffle venne letteralmente strappato via dalla sua mano. Il ragazzo volse la testa per vedere dove fosse andato a finire, e lo vide poco distante da sé, a terra, inglobato in una specie di budino color caramello. Ma non fece in tempo a sorprendersi e a reagire con disappunto, perché dopo un attimo una bambina era arrivata vicino a lui come un razzo, e con una testata l’aveva allontanato dalla sua compagna.
“Mew Angel, stai bene?” chiese Mew Pudding, stringendo le mani della più grande e aiutandola a rialzarsi.
“Grazie, Mew Pudding”, disse Mew Angel con riconoscenza, appena fu di nuovo in piedi. “Ma che ci fai tu qui?”
“Heicha è arrivata di corsa a casa e ha avvisato Bu-ling. Era tutta rossa in faccia e diceva cose come Angel è in pericolo, un tipo cattivo coi capelli verdi e cose del genere. Allora Bu-ling ha capito subito, le ha detto di andare di sopra, e appena Heicha si è tolta dalla vista, Bu-ling è venuta qui ad aiutarti” le spiegò la ragazzina.
La più grande era quasi incredula. “Cosa? Ma se le avevo ordinato di non dire niente a nessuno! Non mi è stata a sentire.”
Mew Pudding alzò le spalle. “Avrà deciso di fare di testa sua, e ha fatto bene. Sennò a quest’ora saresti morta, Mew Angel.”
Questo Mew Angel non lo poté negare.
“Razza di imbecilli!” sentirono esclamare le due ragazze, e a Mew Angel venne un sobbalzo. Waffle! Si erano dimenticate di Waffle.
“Solo due stupide umane come voi potrebbero mettersi a discorrere nel bel mezzo di uno scontro” le apostrofò di nuovo l’alieno, con un ghigno soddisfatto.
Mew Angel allora notò che il loro avversario aveva di nuovo in mano l’arma, che fino a un attimo prima era rimasta bloccata dall’attacco di Mew Pudding. Cos’era successo? Che il budino in cui era racchiuso il jitte, essendo piccolo di dimensioni, aveva avuto una durata molto ridotta. E le due ragazze, invece di approfittare immediatamente del fatto che Waffle fosse disarmato, si erano distratte. Così il loro nemico aveva potuto aspettare indisturbato che l’effetto dell’attacco svanisse da solo, e poi si era riappropriato dell’arma. Mew Angel avrebbe voluto sotterrarsi per la vergogna. Avevano avuto un’occasione d’oro per poter sconfiggere l’avversario senza fatica, e se l’erano lasciata sfumare da sotto il naso.
Si chinò velocemente verso la sua piccola alleata e le sussurrò: “qui si mette male. Hai mandato la richiesta di aiuto?”
“Sì, appena Bu-ling si è trasformata. Vedrai che tra poco gli altri saranno qui” le rispose a bassa voce la più piccola.
“Allora teniamo duro finché non arrivano”, concluse Mew Angel. In quel momento Waffle schizzò verso di loro, e le due ragazze fecero uno scatto, una a destra e l’altra a sinistra.
L’alieno avrebbe voluto tirare un colpo alla più grande, ma Mew Pudding si mise in mezzo.
“Scommettiamo che non riesci a prendere Bu-ling?” lo provocò, e con un salto distolse la sua attenzione dalla sua compagna, che stava iniziando a stancarsi e ormai era in netto svantaggio rispetto all’avversario.
Waffle avrebbe voluto ignorarla, ma le provocazioni di quella piccola impudente non riuscirono a passare senza effetto su di lui, e il ragazzo, dalla punta del jitte, cominciò a spararle dei fulmini cercando di colpirla. Tutto inutile: Mew Pudding saltava agilmente di qua e di là, da terra in cima allo scivolo, dallo scivolo sulle altalene, e Waffle non riusciva mai a centrarla.
Nel frattempo, Mew Angel era riuscita a concentrare abbastanza energia nella sua arma, e quindi richiamò la sua piccola compagna: “Mew Pudding, basta così. Provo a lanciargli un attacco”, gridò.
Ma fu inutile: Waffle fece in tempo a lasciar perdere la Mew Mew gialla, e messo prontamente di traverso il jitte, riuscì a parare il Ribbon Angel Bless della sua nemica senza troppe difficoltà.
Le due guerriere erano messe male: Mew Angel ormai era stanca, e Mew Pudding non possedeva attacchi offensivi.
Waffle ne approfittò per provocarle: “siete in due contro uno e comunque siete in svantaggio. Vorrà pur dire qualcosa, o no?”
E, puntando il jitte verso di loro, fece per lanciargli un lampo elettrico, ma all’ultimo venne fermato da una frustata che gli fece abbassare il braccio.
“Sono arrivati!” gridò Mew Angel, sollevata.
Il restante gruppo di cinque guerrieri era infatti apparso all’entrata del parco. Era stata Mew Zakuro a fermare Waffle all’ultimo.
Mew Ichigo rispose alla provocazione di Waffle: “in due contro uno saranno in svantaggio… ma che ne dici di sette contro uno?”
Il ragazzo alieno non poté più illudersi di riuscire a batterli, ora che erano tutti e sette insieme. Senza aspettare che qualcun altro di loro attaccasse, digrignando i denti per la rabbia, si dileguò teletrasportandosi.
“Ragazzi!” esclamò Mew Pudding correndo verso di loro e abbracciando poi Mew Lettuce.
Tutti quanti tornarono alla forma normale, e Ichigo si diresse verso Angel, che ancora era in mezzo al campo.
“Siamo corsi appena abbiamo sentito l’allarme di Bu-ling. Cos’è successo?” le chiese leggermente ansiosa.
Angel, che nel frattempo si era tranquillizzata, le raccontò per bene com’era andato tutto, anche a costo di sorbirsi una ripresa dalla sua leader.
Ichigo ascoltò con attenzione, e poi le chiese, con il tono un po’ indurito: “ma quando hai mandato Heicha a casa, perché non le hai detto di chiamare sua sorella?”
Angel, imbarazzatissima, non sapeva cosa rispondere: “perché… perché…” cercò di formulare una frase, contorcendosi le mani. Ma non ci fu bisogno di una spiegazione: Ichigo infatti conosceva abbastanza Angel da intuire il motivo.
“Volevi combattere da sola, vero?”
Angel annuì in silenzio, ad occhi bassi.
“E secondo te cosa sarebbe successo se Heicha non avesse deciso di fare di testa sua e non avesse avvisato Bu-ling?” incalzò Ichigo.
“Sarei morta”, ammise Angel.
“Ecco”, annuì Ichigo, voltandosi verso i suoi compagni.
Masaya si avvicinò alle due. “Angel”, le disse con tono severo “non è la prima volta che te lo diciamo, ma evidentemente non è bastato. Da soli, non possiamo combinare niente. La nostra forza sta nell’agire insieme. Perfino Flan l’ha capito. Non devi combattere da sola. Lo so che per te è difficile, ma devi imparare a chiedere aiuto, quando ti serve.”
La più piccola si avvicinò indulgente ad Angel e la prese per il braccio. “Già, Angel-neechan, pensa a Bu-ling. Pensi che sarebbe capace di vincere da sola, senza nemmeno un attacco offensivo? Per lei è fondamentale combattere in gruppo, e anche per te deve essere così.”
Anche Zakuro, Minto e Retasu annuirono, e Angel, dopo quell’ennesima ramanzina, rimase imbarazzata e con un certo senso di colpa.
Ichigo, che nonostante tutto non voleva essere arrabbiata con lei, visto che ormai aveva imparato a conoscerla e le stava simpatica, le disse:
“sei coperta di graffi. Ti fanno male?”
“Ah, no”, rispose subito Angel. “È roba da poco, non sanguinano nemmeno. Pizzicano un po’, domani già non ci saranno più.”
Ichigo annuì. “Va bene, sarà meglio che tu torni al Caffè. Ti accompagno io, non sia mai che quell’alieno decida di attaccarti di nuovo.”
Ma Zakuro le si avvicinò e la toccò sulla spalla. “Tu devi tornare a scuola, Ichigo. Accompagnerò io Angel.”
La leader sbuffò un po’ delusa. Avrebbe voluto accompagnarla lei per perdere un altro po’ di lezione, ma non poteva mica dirlo a voce alta. Masaya, che però aveva capito, scoppiò a ridere e le si avvicinò.
“Dai, che manca solo un’ora alla fine delle lezioni. Sarà meglio che ci muoviamo, sennò i professori verranno a cercarci in bagno e vedranno che non ci siamo.”

Flan, nella dimensione aliena, era seduto su uno dei gradoni a gambe incrociate e con le mani in grembo, e aveva l’occhio sinistro chiuso. A un occhio profano, sicuramente sarebbe sembrato immerso in un sonno leggero, ma non era così. L’uomo infatti stava in meditazione, e la fronte era leggermente corrugata, segno di un’intensa attività mentale. Era così immobile da almeno due ore, e nonostante avesse i muscoli intorpiditi, si sentiva bene: Flan ripudiava quegli allenamenti sfiancanti che spesso praticavano molti suoi conterranei per migliorarsi. Lui era convinto che far lavorare la mente invece del fisico avrebbe portato a un aumento maggiore dei propri poteri. Certo, allenandosi nel modo tradizionale avrebbe avuto più vantaggi sul breve periodo: avrebbe potuto sviluppare le sue capacità più velocemente, anche se in modo meno accurato. Con questo tipo di allenamento così atipico, era riuscito invece a far crescere veramente poco i suoi poteri, in un mese. Ma Flan era uno che non aveva fretta, e preferiva di gran lunga fare le cose per bene, mettendoci più tempo ma ottenendo dei risultati migliori sul lungo termine, che fare come quei giovani irrequieti che volevano ottenere tutto subito e che poi irrimediabilmente sarebbero finiti male. Come Waffle, per esempio. Negli ultimi giorni, Flan aveva visto suo figlio terribilmente inquieto, e quella mattina, svegliandosi per le preghiere mattutine, quando era andato a chiamarlo non l’aveva trovato nel suo letto, ma non aveva dato peso alla cosa: ormai il padre del ragazzo non aveva più il minimo dubbio che suo figlio fosse un fedele sincero e devoto quanto lui, e quindi, anche se quel mattino Flan aveva dovuto pregare da solo, non si era preoccupato che suo figlio, nel suo periodo adolescienziale, potesse stare iniziando a ribellarsi ai suoi insegnamenti. Flan infatti, nonostante non fosse per niente soddisfatto del ragazzo, che ultimamente non faceva che dargli delusioni, era però estremamente soddisfatto del buon lavoro che aveva fatto con lui. Era riuscito ad educarlo ed istruirlo ai suoi valori come si era proposto di fare prima che nascesse, con le parole, con i fatti e con l’esempio, e ora era certo che non ci fosse la minima possibilità che Waffle potesse mettere in dubbio quello che suo padre gli aveva inculcato. Per la prima volta, non avevano pregato insieme quella mattina, ma pazienza. Probabilmente il ragazzo si era svegliato prima ed era andato a pregare per conto suo o a rendere grazie a Profondo Blu in un’altra maniera ugualmente valida. Era sicuro che per l’ora di pranzo sarebbe rientrato.
Improvvisamente il suo gelido occhio giallo si spalancò, visto che aveva sentito poco distante il ruomore del teletrasporto. Vide suo figlio piombare nella loro dimensione affannato e ansimante e, appena toccato il pavimento lastricato con i piedi, piegarsi appena in avanti per riprendersi meglio. Flan allora si alzò.
“Figlio, cos’hai fatto?” gli chiese con una vaga preoccupazione nella voce quando lo vide così stravolto.
Waffle alzò lo sguardo e incontrò quello indagatore di suo padre. Chinò subito la testa e abbassò gli occhi.
“Mi dispiace padre, ho voluto provare… a combattere contro una di quelli, contro quella nera. Ma non ci sono riuscito, sono arrivati anche gli altri, e tutti quanti erano troppi per me.”
Flan, capito come erano andate le cose, fece una risatina di sufficienza e si risedette.
“Sei proprio un ragazzo”, lo sminuì crollando il capo. “Sempre a fare di testa tua invece che dare ascolto a tuo padre, eh?”
“Mi… mi dispiace… di aver agito senza il tuo permesso” si scusò il figlio. “Ma non ce la facevo più ad aspettare che quei Chimeri più forti apparissero, e ho deciso di attaccarli da solo. Volevo sistemare in fretta questa faccenda, così Profondo Blu nostro signore sarebbe stato fiero di me…”
Flan alzò le spalle, senza arrabbiarsi. “Sei ancora troppo ingenuo, Waffle. Sai perfettamente che ancora non siamo in grado di superare la potenza di quei sette guerrieri, quando sono tutti insieme. Lo so che basterebbe uccidere quella nera e non è necessario combatterli tutti quanti, ma ricordati che quelli non ci mettono niente a chiamare in soccorso i loro compagni. È inutile cercare di sorprenderne uno da solo, perché dopo poco arriveranno tutti ad aiutarlo. Devi evitare azioni così avventate in futuro, se non vuoi lasciarci la pelle.” Poi si indicò la profonda cicatrice che gli aveva accecato l’occhio destro. “Tu credi che questa me la sia fatta da solo?”
Waffle scosse la testa. “Per favore, padre… darò ascolto ai tuoi consigli, ma ti prego… permettimi di combattere quando le condizioni saranno più sicure. Io… non ce la faccio a far crescere i miei poteri come fai tu. Ho bisogno di combattere e di far loro capire chi è la specie inferiore, e a chi veramente il nostro dio volge il suo favore.”
Flan non trovò nulla da ridire. Anzi, quella sarebbe stata un’ottima occasione per suo figlio di riscattarsi da tutte le delusioni che ultimamente gli aveva dato.
“È una decisione che al posto tuo io non prenderei mai, ma ho avuto la tua età anch’io, e mi ricordo bene cosa frulla nella testa di voi ragazzi. Va bene, se preferisci un approccio diverso dal mio, fa’ pure. Combatti pure di persona contro quei terrestri, se per te è così importante. Ma vedi di non agire di impulso e di preparare sempre una manovra di attacco, prima di agire. Quei terrestri sono degli sporchi parassiti, ma purtroppo non sono deboli, lo sai.”
Lo sguardo di Waffle si illuminò, e si inchinò profondamente. “Grazie infinite, padre. Non mi farò più prendere dalla fretta. Aspetterò sempre che uno dei Chimeri più forti sia apparso, prima di attaccare.”
Flan allora annuì. “Questo è il mio ragazzo. Vedremo come te la caverai, d’ora in poi. E… Waffle!”, aggiunse, quando vide che suo figlio stava per allontanarsi. “Ti sei già ricordato di ringraziare il nostro dio per non averti fatto cadere vittima di quei miserabili?”
“Oh… giusto, padre!” rispose il ragazzo, inginocchiandosi e giungendo le mani ad occhi socchiusi.

Mentre si avviavano per la strada più breve per ritornare al Caffè, Zakuro, nonostante avesse lo sguardo fisso davanti a sé, ogni tanto percepiva delle brevi e nervose occhiatine da parte di Angel, che le camminava a fianco. La più grande, che non aveva bisogno di tante parole per capire le situazioni, ne comprese immediatamente il motivo: Angel sperava infatti che lei la giustificasse con Ryou come aveva fatto il mese scorso quando l’aveva beccata a correre per i tetti, inventando una scusa credibile ed evitandole così altre rampogne da parte del suo superiore. Ma questa volta, Zakuro decise di non coprirla: quello che Angel aveva fatto, questa volta era una cosa abbastanza grave, non certo una cosuccia di poco conto come correre a destra e a manca trasformata col rischio di spaventare qualcuno. Stavolta aveva messo in pericolo seriamente la propria vita per una motivazione molto stupida, e una sgridata da Ryou se la meritava tutta. Zakuro non aveva intenzione di darle la colpa e di infierire su di lei davanti a lui, ma nemmeno l’avrebbe difesa. Ormai conosceva il suo fortissimo senso morale, ed era ben conscia che la ragazza più giovane non avrebbe mai pouto mentire di persona a Ryou, nemmeno per tirarsi fuori da un guaio. Era certa che lei stessa avrebbe raccontato tutta la verità, quando lui gliel’avesse chiesto.
Così, quando furono arrivate alla loro base e furono entrate, Keiichiro e Ryou, com’era prevedibile, si precipitarono da loro con espressione preoccupata.
“Che è successo? Abbiamo visto tutto dal computer. Prima Bu-ling è arrivata in una zona, e poi abbiamo visto tutti gli altri raggiungerla dopo pochi minuti. Era in un parco, e lì c’era anche uno degli alieni. Però non abbiamo visto Angel, perché coi nostri mezzi non possiamo rilevarla. Lei dov’era?”
Né Angel né Zakuro risposero subito, ma la ragazza mora guardò nervosamente e speranzosa allo stesso tempo verso la più grande. Zakuro però accennò col capo verso la più giovane, e disse soltanto, con grande disappunto di Angel:
“perché non ve lo fate dire da lei? Io ora devo tornare al lavoro. Ci vediamo nel pomeriggio”, e se ne andò chiudendo la porta.
Ryou e Keiichiro volsero lo sguardo verso l’unica femmina rimasta.
“E allora?” chiese Ryou.
“E allora?” incalzò Keiichiro.
Angel allora sospirò. Non aveva altra scelta che buttare fuori la verità. “E allora…”

“… ed è così che sono andate le cose”, concluse Angel pochi minuti dopo. Aveva confessato tutto senza cercare di scolparsi o sminuire i suoi sbagli. Inventarsi una scusa o una bugia sarebbe stato veramente molto facile, ma lei sapeva bene che, se avesse fatto una cosa simile, poi non sarebbe nemmeno più stata capace di guardare il suo riflesso senza schifarsi. Mantenersi sempre pulita, in ogni circostanza. Stava tutto lì.
Vide Keiichiro alzare le spalle con l’aria di chi vorrebbe commentare ma ha il buon senso di tacere, e Ryou, dopo un lungo sospiro, strofinarsi gli occhi con il pollice e l’indice. Allora anche Angel sospirò: sapeva per esperienza che, quando il boss faceva così, voleva dire che stava per arrivare una sgridata di quelle grosse. Ma in fondo non le importava. Lei non aveva mentito per salvarsi, e questo era sufficiente.
Vide Ryou avvicinarsi senza fretta a lei e metterle le mani sulle spalle, e guardarla negli occhi con serietà. La ragazza si sorprese. E adesso, perché non si arrabbiava come faceva sempre? Forse voleva dirle qualcosa di più importante?
“Angel”, disse Ryou col tono di uno che ha ripetuto la stessa cosa per la decima volta, e si impone di non perdere la pazienza “io ormai ti voglio bene e lo sai, ma tu non puoi continuare ad infilare una cazzata dietro l’altra.”
A quelle parole, lei si indispettì e si tirò indietro. “Ma che… boss! Se vuoi dirmi una cosa del genere, preferisco che me la dica urlando.”
Lui incrociò le braccia sul petto. “Non è che voglio urlarti contro. Vorrei solo che tu capissi e ti rendessi conto della situazione. Prova un po’ a ragionare: non hai il ciondolo per chiamare in aiuto i tuoi compagni, non hai modo di avvisarci, noi non possiamo rilevare la tua posizione, sei completamente isolata, non sei particolarmente potente da difenderti da sola, sai che gli alieni potrebbero anche solo limitarsi ad uccidere te, visto che sei l’unica in grado di attivare il viaggio nel tempo verso il tuo mondo. E cosa fai tu? Te ne vai in giro da sola bella tranquilla, praticamente con scritto sulla camicia attaccatemi, sono un bersaglio facile, e quando ti attaccano sul serio vuoi pure fare quella forte e indipendente che è in grado di risolvere le cose per conto suo. Se non fosse stato per la sorella di Bu-ling saresti morta e il tuo mondo condannato. Ora che ti ho fatto l’elenco, ti sei fatta il quadro in testa? O devo anche disegnarti uno schema per farti capire meglio?”
In quel discorso non c’era stato nulla di direttamente offensivo, ma Angel ne rimase profondamente umiliata. E non poteva nemmeno arrabbiarsi e ribattere, perché quello che Ryou aveva detto non era altro che la verità.
“Allora… cosa devo fare, boss?” chiese abbattuta.
“Prima di tutto devi farti entrare in testa che la tua forza è nella squadra in cui combatti, così come la forza della squadra è in te e in ognuno degli altri suoi membri. Devi convincertene, interiorizzare questo concetto e farlo tuo. Quando ci sarai riuscita, sarai già a metà. E poi, d’ora in avanti non dovrai mai andare in giro per conto tuo. Sei un bersaglio appetibile e troppo facile, quindi d’ora in poi sarà meglio che ti tenga sempre nei paraggi di uno di noi, così se gli alieni dovessero decidere di attaccarti, quello che è con te potrà mandare la richiesta di aiuto al posto tuo. Purtroppo non è colpa nostra se non hai il ciondolo, Angel. Anzi, se volessi spiegarci il motivo per cui non ce l’hai, io e Keiichiro potremmo anche provare a cercare una soluzione, ma su questo argomento non vuoi aprire bocca, sa il diavolo il perché”, concluse Ryou alzando le spalle.
Poi si voltò verso Keiichiro, che, visto che la ramanzina era ormai finita, lo invitò ad andare in cucina ad apparecchiare la tavola per il pranzo. Angel, prima di raggiungere i due, guardò fuori da una delle finestre. Il sole primaverile ormai era alto nel cielo, e, visto che Aprile stava volgendo al termine, le giornate si sarebbero fatte sempre più calde.
La forza della squadra è nel guerriero, la forza del guerriero è nella squadra… un nuovo concetto da interiorizzare, un concetto difficile e che avrebbe portato molte difficoltà, ma Angel infine si decise a cercare di comprenderlo meglio. Ormai aveva avuto la prova diretta delle conseguenze di decidere di fare da sola, senza l’appoggio di nessuno. In fondo il segreto per battere Flan stava tutto lì, come lui stesso, mesi prima, le aveva rivelato.

 

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Ne approfitto per ricordare che sto colorando gradualmente i disegni che avevo pubblicato su FB e Deviantart. Posto qui come esempio un disegno che avevo fatto proprio per questo capitolo (metto il link a deviantart così sono sicura che sia visibile da tutti) e, visto che ci siamo, anche Waffle adulto.

A lunedì prossimo, e grazie di nuovo a tutti!

   
 
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