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Autore: Fabbricante Di Sogni    14/03/2016    2 recensioni
Shirou/Atsuya | Psicologico | DDI | Tematiche delicate | Missing Moments
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Ognuno di noi ha tante persone diverse dentro di se […] Il disturbo dissociativo dell’identità è caratterizzato dall’incapacità del soggetto di ricordare il passaggio da una persona all’altra...
..:.
Lui era pienamente convinto che il suo nome fosse «Atsuya» e non Shirou, sapeva che gli piaceva molto giocare a calcio, specialmente se in attacco. Adorava la neve e gli sport a essa annessi, eppure rievocare il colore candido dell’inverno, gli procurava uno strano senso di dispiacere.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Shawn/Shirou, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 2
 .:Rivelazioni:.



Fu quando Shirou aveva da poco compiuto nove anni che incontrò per la prima volta «Atsuya», non il vero Atsuya; suo fratello, ma quello che viveva dentro di se.
Accadde durante l’intervallo di una partita amichevole con un’altra squadra dell’Hokkaido.
Il ragazzo era andato nel bagno dello spogliatoio per sciacquarsi la faccia dal sudore, nonostante tutto si stava impegnando molto in difesa, eppure erano sotto di un gol, doveva metterci più impegno. Doveva essere perfetto.
I suoi compagni di squadra lo avevano più volte esortato ad andare a segnare uno dei suoi soliti gol, ciò nonostante non lo aveva ancora fatto. Non sapeva perché, osservò il suo viso riflesso nello specchio e improvvisamente udì una voce; *“Cosa ci fai ancora qui? Dobbiamo andare in campo e fargliela vedere!” il ragazzo si girò spaventato, ma nel bagno non c’era nessuno.
Era strana come voce, bassa ma euforica ed inoltre l’albino provava la sensazione che il suono rimbombasse dentro di se.
«Chi sei e dove sei?» chiese con un’espressione preoccupata. Adesso iniziava pure a sentire le voci oltre a che dimenticarsi continuamente cosa faceva, non andava bene per niente.
“Io sono qui, dove sei tu piuttosto?” ribatté seccata la voce.
«Anch’io sono qui.» sbottò per risposta Shirou che iniziava a perdere la pazienza, chiunque fosse il ragazzino che si divertiva a prendersi gioco di lui, non era per niente divertente.
“Come possiamo, secondo te, essere nello stesso posto contemporaneamente?” gli fece osservare la voce che pareva parecchio annoiata e infastidita allo stesso tempo.
«Non né ho idea, tu come ti chiami?» tentò in fine Shirou, deciso a giungere alla fine di quella discussione il prima possibile.
“Io sono Atsuya, e tu?” a Shirou gli si bloccò un attimo il respiro a sentire quel nome, com’era possibile? Che Atsuya fosse vivo? Eppure all’ospedale avevano detto che era morto sotto il peso della valanga, solo lui era sopravvissuto, solo lui.
«Io sono Shirou.» rispose convincendosi che in qualche modo il fratello era rimasto dentro di se.
“Bene Shirou, vogliamo andare a dargli una lezione a quei perdenti dell’altra squadra?” chiese il presunto fratello in tono retorico.
«Ovviamente.» fu la risposta che gli parve subito spontanea.
Provò una strana sensazione che non sentiva da tantissimo tempo, era l’adrenalina che gli correva nelle vene, dopo l’incidente aveva continuato a giocare, ma non si era mai sentito impaurito all’idea di perdere, semplicemente non gli importava, adesso, invece, vincere era di vitale importanza.
Adesso che «Atsuya» era di nuovo lì, con lui, niente poteva fermarli.
 
All’iniziare del secondo tempo Shirou rimase cosciente mentre «Atsuya» prendeva il controllo del suo comportamento, lo vide scartare due avversari e segnare dritto in porta con una tecnica che non aveva mai visto usare, ma che presto avrebbe imparato a conoscere come la Tormenta Glaciale.
Shirou imparò che era possibile rimanere cosciente mentre l’altro prendeva controllo della coscienza, ciò nonostante richiedeva un grosso dispendio di energia.
Era incredibile come il fratello avesse un così ottimo controllo di palla, nonostante ciò riprese coscienza giusto in tempo per impedire un’azione che avrebbe portato l’altra squadra a segnare.
Sentì la voce di «Atsuya» sussurrargli all’orecchio come muoversi, e non fece altro che eseguire i consigli alla lettera, con l’aiuto del fratello Shirou si sentiva forte e invincibile; la stessa emozione, che provava quando il vero Atsuya, gli era affianco, in pelle e ossa. Adesso però la sensazione era quasi identica, ma allo stesso tempo totalmente diversa.
Prima, pur interpretando solo con uno sguardo i pensieri dell’altro, i fratelli Fubuki erano pur sempre divisi in due persone, adesso facevano parte della stessa entità, solo con nomi diversi.

 
«Atsuya» non rimase troppo stupito quando scoprì che dentro di lui esisteva anche una persona che si chiamava Shirou. In qualche modo era come se lo avesse sempre saputo, eppure la risposta gli era rimasta avvolta nella nebbia, almeno finché non ci si era trovato a parlare a tu per tu.
Il parlargli di persona aveva solo dato conferma alle sue segrete convinzioni. «Atsuya» non sapeva nulla di Shirou, a parte il nome, aveva imparato a rispondere a quel nome e a comportarsi come tutti si aspettavano che Shirou si comportasse. Non era per nulla certo che il modo con cui il ragazzo si comportava fosse il modo in cui lui si voleva comportare. Shirou pareva candido e delicato come un fiocco di neve, puro in qualche modo. Era ingenuo, l’aveva capito da come gli aveva risposto, fidandosi subito ciecamente di lui, «Atsuya» non si fidava di Shirou come di nessun altro del resto.
Sapeva che presto o tardi si sarebbe ritrovato in contrasto con il ragazzo, non voleva cedere l’idea di respirare e la gioia che gli procurava il giocare a calcio a nessuno; ma questo Shirou non lo sapeva, l’avrebbe lasciato vivere tranquillamente, almeno finché non gli avesse dato problemi.


«Atsuya» camminava rabbiosamente per l’orfanotrofio, si sentiva oppresso, voleva respirare, uscì dalla sala principale, ritrovandosi davanti alla porta d’ingresso, la neve cadeva candida giocando a prendersi con il vento. Inspirò l’aria gelida, come il suo cuore, si sentiva meglio in quel clima freddo e ostile che in un ambiente caldo e accogliente. Sentiva se stesso l’unica casa che aveva, e il clima più simile al suo carattere era casa.
In un moto di rabbia si tolse il berretto di lana, non aveva bisogno di niente, neanche di quello, poi si addormentò.
 

Shirou aprì gli occhi, percepì un profondo gelo alla fronte completamente sudata, constatò solo qualche secondo dopo che il suo berretto di lana era per terra, fradicio.
Si chiese cosa avesse spinto «Atsuya» a gettarlo, e lo recuperò con le mani gelanti, rientrando nel refettorio dell’orfanotrofio. Aveva i capelli ricoperti di candidi fiocchi di neve.
Avrebbe voluto capire il modo di ragionare di «Atsuya», ma anche quando era in vita, con un corpo proprio, era impossibile entrare in quella mente tanto complicata e calcolatrice.
Mise il cappello ad asciugarsi sopra un termosifone, e gli si appoggiò per riscaldarsi a sua volta, sentiva le guance ancora gelide e si beo del calore datogli e rimase a chiedersi perché sentisse così l’oppressione su di se, si chiese se pure Atsuya provasse quella sensazione.
Rimase a fissare il soffitto fermo e immobile, bianco. Il colore immacolato era così profondo e allo stesso tempo superficiale. Il bianco inghiottì lo sguardo perso del giovane Shirou che si ritrovò a riflettere sul fatto che era stato il bianco a portargli via tutto.
Il bianco aveva catturato le vite dei suoi genitori e di suo fratello annullandole, il colore dei loro visi e il calore delle loro risate erano stati cancellati dal bianco. Shirou capì di odiare quel colore e capì, che anche «Atsuya» lo odiava.
Paradossalmente il suo nome portava al suo interno il medesimo colore, la traduzione di Shirou è, infatti, Bianco.
 

*Ho utilizzato le virgolette perché la voce di Atsuya è all’interno della testa di Shirou, e questo non parla realmente, un po’ come se stesse pensando.


Smiley's Conner:
Allua, in questo capitolo si dovrebbe un po' chiarire la natura della doppia personalità o almeno spero.
Preciso che il testo è diviso in sbalzi temporali, in oltre in alcuni momenti è una personalità a parlare e in un altro momento è un altra.
L'ho postato in anticipo perchè sì, gn.
Chiunque volesse lasciare un qualsivoglia commento è ben gradito, anche le critiche costruttive c:
Detto questo vi auguro un buon lunedì e una settimana incantevole.
Kisses,


Smiley
 
  
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