Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: spongansss    14/03/2016    2 recensioni
Emma aveva sempre cercato di controllare la sua vita, nulla era mai riuscito a distruggere i suoi piani, tranne l'arrivo di Henry, finché un incontro le ha fatto capire che le nostre vite non possono essere controllate fino in fondo.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 6
Insonnia d'amore

 
Killian era tornato a lavoro mentre Emma, avendo ancora un’oretta di tempo prima di dover andare a prendere Henry a scuola, decise di passare da Granny per salutare Ruby.
Chissà come mai avesse avuto quest’idea, razionalmente pensava fosse per avere un po’ di compagnia, ma probabilmente l’inconscio le aveva tirato un brutto scherzo: la regola dell’assassino. Si dice che gli assassini tendano a fare di tutto per farsi scoprire per un processo psicologico che fondamentalmente deriva dal loro senso di colpa, le loro azioni non sono, quindi, regolate dalla loro parte razionale. Ecco, forse Emma in fondo voleva che Ruby scoprisse che era uscita con Killian, solo non ne era consapevole.


-“Ehi Rubs!”
-“Emma, come mai qui?”
-“Ho un’ora libera prima di dover passare a prendere Henry così ho deciso di passare per un saluto.”
-“Ottimo, qui non si vede anima viva a quest’ora, così ho modo per passare il tempo.”
-“Sono la tua salvatrice, ammettilo.”
-“Allora, dimmi un po’, com’è andato il lavoro questa mattina?”
-“Tutto come al solito, perché me lo chiedi?”
-“Mh, come al solito… E non è passato nessuno? Non devi raccontarmi nulla?”
-“Ah già, sei tu che avevi detto a Killian di passare, dovevo immaginare che mi avresti stressata con questa storia.”
-“Certo che gli ho chiesto di passare! Senza il mio aiuto con chi avresti pranzato oggi?”
-“Scusami?”
-“Non fare finta di non capire. Mentre venivo qui vi ho visti vicino Marco’s, immagino steste andando lì. Eravate carini, tutti presi a ridere e scherzare tra voi. Formate una gran bella coppietta.”
-“Io lo sapevo che sarebbe andata a finire così, che prima o poi tu o Regina l’avreste saputo, ma pensavo di avere tempo almeno fino a questa sera.”
-“E invece no, sono stata più sveglia di te. Allora, com’è andata?”
-“Non come speri tu. Aveva solo bisogno di qualcuno che conoscesse la città con cui mangiare dato che Robin non era disponibile.”
-“Andiamo, tu davvero credi a questa storia?”
Emma ci pensò un attimo, sapeva perfettamente fosse una scusa, l’aveva capito subito, ma non aveva intenzione di far intendere questa cosa alla sua amica, non aveva intenzione di spiegare che effettivamente stessero cercando solo di diventare amici, anche perché sapeva sarebbe stato inutile.
-“Sì, era sincero quando l’ha detto, e lo sai che io capisco al volo se qualcuno mi mente.”
-“Secondo me il suo bell’aspetto ha mandato in tilt il tuo superpotere.”
-“Non penso proprio.”
-“Ho capito, con te non si riesce a parlare. Spero Killian sia un po’ più morbido in modo da poter estorcere qualche informazione a Robin.”



 
Quella giornata di lavoro aveva distrutto Killian, i nuovi inizi erano pesanti e lui lo sapeva bene. La cosa che non capiva era che nonostante la stanchezza, la difficoltà di ricominciare da capo, il nuovo ambiente e, soprattutto, le palpebre cadenti e pesanti, lui si sentiva bene. Pensava a quella mattina, alla sua colazione, al suo pranzo. In mente aveva solo il sorriso di quella donna, quella creatura così strana e intrigante che lo aveva stregato.
Disteso sul suo letto non riusciva a prendere sonno, nonostante non desiderasse altro. Nella mente aveva solo delle immagini: capelli dorati che si muovono nel vento accompagnando i movimenti aggraziati di una donna dalla figura lineare ed elegante seppur nascosta da un abbigliamento estremamente casual; degli occhi verdi, a tratti azzurri, indefinibili come lei; quel suo sorriso, magari imperfetto, ma che nella sua mente era rimasto impresso e sembrava non avesse alcuna intenzione di andarsene.
Era perso in quei pensieri che lo facevano stare così bene e così male allo stesso tempo. Sorrideva al ricordo del suono di quella voce soave, ma dentro ardeva di paura. Temeva quello che stava provando e faticava a comprenderlo. Non voleva ricaderci, non voleva donne attorno a sé. Era fuggito per stare solo, per riprendersi, per tornare a stare bene, ma lui ci stava cadendo di nuovo e aveva paura, una paura infinita. Non era pronto per questo, non era pronto per un’altra delusione, non era pronto per stare male un’altra volta, perché lui sapeva che sarebbe successo, sapeva di non interessarle minimamente, sapeva che era testarda e non avrebbe mai cambiato idea… e stava male.
Ma il suo nome riecheggiava senza sosta senza lasciarlo riposare.
Emma.


 
 
Emma cenò a casa con Henry e Regina come di norma, ma quel giorno nulla era normale.
Per quanto non volesse ammetterlo, quella mattinata le era rimasta dentro.
Mangiavano e conversavano, il suo piccolo ometto raccontava la serata precedente e la sua giornata scolastica, di come lui e Luke si fossero divertiti, di come James avesse mandato un bigliettino ad una compagna di classe e l’ammirazione che tutti i ragazzini avevano nei confronti del suo coraggio. Regina lo ascoltava assorta, adorava Henry e lo avrebbe ascoltato per ore, le piaceva la spensieratezza che trasmetteva e, a tratti, lo invidiava. Emma, invece, non riusciva a seguire il filo del discorso, la sua mente vagava nel ricordo della sua di giornata. Le dispiaceva tantissimo di non riuscire ad ascoltare ciò che suo figlio voleva dirle, perché lei voleva ascoltarlo ma non ci riusciva, era come se qualche forza estranea a lei e incontrollabile le impedisse di fare ciò che voleva. Era come costretta a pensare a quella mattinata, una tortura auto-inflitta incontrollabile.


Dopo aver finto di guardare un film, Emma si fece una doccia sperando che l’acqua calda potesse lavare via i pensieri. Si ingannava, lì sotto, da sola, i suoi pensieri viaggiavano ancora più velocemente, come un’auto costantemente in corsia di sorpasso. Era sola, quindi non doveva fingere, così la sua mente prese il sopravvento su di lei.
Pianse lacrime salate, gocce incontrollabili che non sapeva perché stessero rigando il suo volto, quando l’unica acqua che voleva addosso era quella della doccia.
Pianse silenziosamente per un tempo indefinito, potevano essere minuti o perfino giorni, non sapeva più dove fosse, perché si sentisse così. Pianse e basta, per tutto quello che aveva vissuto in quei 28 anni. Non sapeva cosa avesse dato il via a quella scia umida che rigava le sue guance, ma sapeva cosa l’aveva fatta continuare: tutto. Tutte le delusioni, tutta la sofferenza che aveva vissuto tornò viva in lei concentrata in quegli attimi. Capì di avere paura di quello che stava accadendo. Temeva che Regina avesse ragione, che il suo cuore stesse cercando di evadere da quella prigione che lei aveva costruito in quegli anni. Non capiva come e perché, ma quel ragazzo dagli occhi color del cielo le stava facendo questo e lei non voleva. Lei era di ghiaccio per proteggersi, non poteva sciogliersi e stare nuovamente male.
Ringraziò qualche dio indefinito per essere scoppiata sotto la doccia dove nessuno poteva vederla o sentirla. Quella situazione doveva rimanere solo sua, solo così sarebbe riuscita ad uscirne fuori, a tornare ad essere quella di qualche giorno prima. I suoi amici non dovevano sapere, altrimenti tutto quello che stava accadendo dentro di lei sarebbe potuto divenire reale.



2 del mattino, a pochi isolati di distanza le une dalle altre, due coppie di occhi chiari sono spalancati nel buio della notte.



7 del mattino, un’altra giornata doveva essere affrontata, di nuovo con sole due ore di sonno alle spalle.
Emma, a dir la verità, avrebbe avuto un turno pomeridiano, ma ci teneva ad accompagnare Henry quando ne aveva la possibilità, così come andare a prenderlo. Sapeva quanto una figura genitoriale fosse importante nella vita di un bambino, lo aveva vissuto sulla sua pelle. Voleva che Henry stesse meglio di lei, aveva il diritto di essere felice; così Emma trovava sempre il modo di organizzare i suoi impegni in modo da avere il tempo per stare con lui.
Anche quella mattina le occhiaie segnavano il suo viso; aveva davvero bisogno di dormire.
Tentò di coprire quei solchi scuri il più possibile. Per quanto ci tenesse poco al suo aspetto, non voleva uscire sembrando un panda.
Fortunatamente gli orari della scuola di Henry erano più abbordabili di quelli delle sue mattinate lavorative, così ebbe il tempo di fare colazione con suo figlio con calma.
Prima di uscire prese con sé un libro. Aveva bisogno di rilassarsi un po’ in solitudine, così decise che dopo aver accompagnato Henry si sarebbe fermata al parco per leggere.
Era una cosa che amava fare sin da piccola, era il suo modo per non sentirsi sola anche quando attorno a lei non c’era nessuno. Passava le serate nel suo letto, che cambiava piuttosto di frequente, a leggere. Gli altri bambini preferivano guardare i cartoni animati o, da più grandi, le serie tv. A lei tutto questo non interessava, lei amava viaggiare con la fantasia, immaginare i personaggi che erano descritti nei suoi libri. Non voleva la visione già pronta, voleva costruirla da sola.
Cercò anche di imparare a disegnare, scoprendo di essere molto portata, per rappresentare quei personaggi che nel suo cervello si delineavano in modo chiaro.
Era una bambina strana, ma in senso positivo. Aveva molti interessi, era curiosa. Si era costruita una realtà parallela per evadere da quel mondo ingiusto che la circondava.
Aveva ancora l’abitudine, a fine capitolo, di disegnare qualcosa di ciò che aveva appena letto, così portò con se anche un quadernino e una matita.
Il viaggio in auto trascorse piuttosto velocemente, poiché lei e Henry si divertivano a cantare le canzoni che passavano per radio. Erano una coppia fantastica, il loro rapporto era invidiabile ed Emma se ne rendeva conto, lo capiva perché vedeva che Henry era sereno.


A quell’ora di mattina il parco era vuoto, quasi tutti erano a lavorare, per questo Emma aveva scelto quel momento per rilassarsi. Il vento fresco scompigliava i suoi capelli e le foglie producendo un rumore che trovava molto rilassante, quasi rigenerante. Se non avesse avuto sotto mano il suo libro era certa che si sarebbe addormentata su quella panchina ascoltando i rumori della natura.
Aveva terminato un paio di capitoli, così iniziò a disegnare: un letto di ospedale, un ragazzo sdraiato ad occhi chiusi, era in coma da qualche tempo, al suo fianco una ragazza, una ragazza leggera ed eterea, per questo la disegnò con tratti leggeri, si chiamava Even, Neve al contrario.1


-“Wow, sei davvero brava! Ma non è un po’ triste?”


L’aveva riconosciuta da lontano. I capelli dorati mossi dal vento erano gli stessi che avevano afflitto la sua mente la notte precedente.
Era uscito a fare due passi per non pensare, approfittando del turno in centrale che cominciava tardi. Voleva rinfrescarsi le idee, lasciarsi alle spalle quella nottata.
Invece lei era proprio lì, davanti a lui.
Era di spalle, avrebbe potuto girare i tacchi e andarsene, correre a casa a fare una doccia tentando di distrarsi in quel modo.
Non lo fece.
Per lui quella ragazza era una calamita, non era fisicamente in grado di starle lontano.
Era quello che desiderava?
Assolutamente no, ma andò da lei ugualmente.


Quella voce, quell’accento. Tutto ciò che quel giorno voleva evitare le si era presentato nel luogo più improbabile della città. In quel parco a quell’ora c’erano lei, qualche persona che correva e degli uccelli. Di tutti i luoghi che c’erano a Boston, proprio lì doveva andare? Doveva per forza avvicinarsi a lei? Non poteva semplicemente evitarla? Aveva dovuto sopportare Ruby, era riuscita ad evitare le domande di Regina per un pelo grazie alla costante presenza di Henry, aveva dovuto sopportare i suoi molesti pensieri notturni, era andata lì per non pensare. Lo stava odiando, senza che lui in effetti ne avesse alcuna colpa.
Tutte quelle sensazioni scomparvero quando si voltò, riparando gli occhi dal sole che si trovava proprio dietro la testa di Killian e vide il suo viso. Sorrideva. Sorridevano le sue labbra e con esse ridevano gli occhi, brillavano più del solito. A quella visione Emma si sciolse e, inconsciamente, cominciò a capire.


-“Grazie, ma non sono poi così brava. Per quanto riguarda la tristezza, sto rappresentando una scena del libro che sto leggendo, è un’abitudine che ho da quando ero bambina.”
-“Wow, hai tanta fantasia, eh biondina?! Mi sarebbe sempre piaciuto essere in grado di pensare a qualcosa e riprodurlo, ma le mie mani non sembrano ubbidire ai comandi.”
-“Ci vuole molta pratica, nessuno sa disegnare in principio. Ciò che ci distingue è la passione e l’impegno che ci sono dietro.”
-“E tanto tanto talento. L’arte è magia, non è per tutti.”
-“Cosa sono quindi, una strega? Una maga?”
-“Con questo visino angelico? Tu sei una fata. Comunque, non volevo disturbarti, continua pure a disegnare. Ho un solo desiderio, se lei acconsente: potrei avere l’onore di osservarla? Sono piuttosto interessato alla sua arte, sa, potrei essere un ottimo acquirente.”
Emma non riuscì a trattenere una risata. Quel ragazzo aveva un insolito umorismo che a lei faceva impazzire. Forse stava impazzendo davvero.
-“Se me lo chiede così, come posso rifiutare.”
Si sedette, quindi, vicino a lei.
Passarono un’oretta così, in silenzio.
Lei disegnava, lui la osservava.
Non scherzava, gli piaceva davvero il suo modo di disegnare, ne era rimasto realmente colpito.
Rimasti così, uno vicino all’altra, a volte si scrutavano con la coda dell’occhio.
Le loro gambe vicine si sfioravano. Quel contatto fece effetto a entrambi, ma tentarono di nascondere la cosa.
Ciò che entrambi stavano cominciando a capire, era che non avrebbero potuto far finta di niente a lungo.
La loro paura non era sufficientemente forte da fermare la loro attrazione.






1- Che ne sai tu dell’amore, Loredana Frescura e Marco Tomatis








Angolo dell'autrice
Allora, so che è notte ma ci tenevo ad aggiornare il prima possibile in modo da avere il tempo di postare almeno un capitolo prima delle vacanze di Pasqua poiché durante quella settimana non sarò a casa, quindi non avrò nemmeno il pc.
Questa volta sono piuttosto soddisfatta del capitolo, di alcune parti in particolare. Spero la pensiate così anche voi.
Mi sono resa conto di aver parlato molto di Emma in questi primi capitoli, quindi credo che il prossimo sarà incentrato più sul punto di vista di Killian.
Per quanto riguarda la citazione, il libro è italiano e non molto famoso, non so nemmeno se sia mai stato tradotto, quindi è altamente improbabile che lo possa leggere Emma, ma è di una delle mie scrittrici preferite, è uno dei libri che ho letto che mi hanno commossa più in assoluto, quindi mi faceva piacere citarlo e, perché no, consigliarvelo.
Ora smetto di sproloquiare.
Vi ringrazio per seguire la storia che sto tentando di scrivere, spero davvero vi stia piacendo.
Ringrazio le mie due recensitrici di fiducia (tanto sapete chi siete), fa sempre piacere poter leggere le vostre belle parole.
Ora la smetto sul serio.
Alla prossima.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: spongansss