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Autore: MrsShepherd    15/03/2016    1 recensioni
Ho pensato creare una storia che procedesse per file parallele e contemporaneamente esplorasse la vita famigliare di Bones e Booth, le gioie e le preoccupazioni di un genitore. La storia si basa sul film "Genitori in trappola". Bones e Booth vivono in due stati separati ognuno con una rispettiva figlia, ma non sanno che le gemelle stanno tramando qualcosa che sconvolgerà le loro vite! Enjoy!!!
P.S: E' la mia prima storia, spero vi piaccia!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14. Caleidoscopicamente
Seeley Booth la sollevò da terra e la accolse tra le sue possenti braccia, Bones non si oppose a questo gesto paterno; si strinse a lui aggrappandosi con tutte le sue forze al suo collo taurino, sembrava leggera, inconsistente, vuota.
- La porto a casa…- sussurrò. E uscì dall’ufficio. Se Hazel era viva? Non lo sapeva. Se aveva sbagliato a presentarsi al posto di Bones? Non sapeva nemmeno quello. Aveva bisogno risposte quanto lei, ma in questo momento la priorità principale era pensare a Brennan, così piena di sfaccettature, così forte da riuscir a smuovere montagne, ma al contempo ricca di rimpianti e fragilità. Durante il tragitto non parlarono molto: Bones, adagiata sul sedile posteriore singhiozzava mestamente fissando il soffitto del Suv nero, con lo sguardo vacuo. Chi non la conoscesse direbbe che stava pregando, ma Booth la conosceva più che bene per capire che nonostante la stanchezza, la disperazione, il cervello di Bones stava riorganizzando le idee per recuperare un indizio, qualcosa che le era sfuggito. Così sì limitò a guidare fino a casa, la loro vecchia casa.
- Bene…-
- Booth…-
- Io…è meglio che vada a lavorare. Ti lascio qui.- disse l’uomo con lo sguardo fisso sul terreno.
- Booth rimani con me stanotte. Non lasciarmi sola.-
- Bones, dai…-
- Ti prego…- lo interruppe lei. L’agente alzò lo sguardo incontrando quello di lei. La odiava, per quello che gli aveva fatto, ma non poteva far a meno di amarla, proprio perché era lei. Sospirò, le prese la mano ed insieme entrarono in quell’edificio fatto di ricordi.
 
Bones si alzò dal letto ancora caldo e si chiuse in bagno, l’uomo che era al suo fianco si mise a sedere, stropicciandosi la faccia con le mani.
- Che cosa significa?-  disse alla donna.
Bones uscì dal bagno, si era messa addosso la sua camicia, che scendeva lunga fino alle cosce, lasciando intravvedere le curve del suo corpo nudo. Lo guardò, seduto sul letto, con quell’espressione seria, bello come la prima volta, forte, determinato.
Il suo porto sicuro.
Si infilò sotto le coperte di fianco a lui.
- Undici anni fa. Mi hai ferito a morte…lo sai?-
Booth la lasciò continuare.
- Credevo avessi superato la tua dipendenza dal gioco, invece, quello strozzino è arrivato a casa all’improvviso,…ha guardato le nostre figlie, ci ha minacciate e…tu non c’eri. Ho pensato che se fossero morte non avrebbero neanche saputo il perché; che razza di padre è uno che mette in pericolo la sua famiglia? Così ho preso la decisione più giusta, me ne sono andata e ho chiamato l’avvocato.-
- E mi hai ferito a morte…- la interruppe pacatamente Booth: - Avevo bisogno di te, delle bambine per uscirne e tu lo sapevi, eppure te ne sei andata lo stesso. Non voglio giustificarmi, perché niente cancellerà mai quello che ho fatto, ma…cazzo Jered è morto tra le mie braccia…tra le mie fottute braccia. Hai idea di come possa essere stringere un fratello, cercare di afferrare la sua vita, la sua anima, con la consapevolezza che sarà tutto inutile? Avevo bisogno di aiuto.-
Bones gli prese la mano: - Ma Booth, io potevo aiutarti, se solo mi avessi parlato…-
- Ci ho pensato molte volte a dirti la verità, ma quando tornavo a casa dal lavoro e vedevo te che giocavi e scherzavi con le nostre tre splendide figlie e non vedevi l’ora di raccontarmi la vostra giornata,…era tutto troppo perfetto, troppo bello per me e con i miei problemi avrei sicuramente rovinato tutto, così un giorno sono andato al bar e…il resto è venuto da sé.-
- Oh, Booth. Se l’avessi saputo prima, non avrei lottato per la tutela esclusiva, e sicuramente avremmo cercato un accordo più…-
- Meno stupido.- sorrise lui.
- E come…come sei riuscito ad uscirne?- chiese titubante lei.
- Avevo Hazel e Parker. Volevo garantire loro un futuro migliore del mio. Sono stati il mio centro, ciò che mi ha sempre spinto ad andare avanti, la mia famiglia. Volevo essere perfetto per loro, proprio come loro erano perfetti per me.-
- E Parker?-
- Parker era già grande quando ci separammo…è stato la mia ancora, la spalla su cui piangere e sfogarmi e mi rendo conto che forse l’ho caricato di troppe responsabilità. Perciò come me anche lui tentava di scappare, di evitare i problemi, finchè un giorno si è trovato faccia a faccia con essi ed è…fuggito di nuovo. Parker si è…è difficile per me dirlo…suicidato.- disse tremante lui.
- Mi dispiace.-  disse Brennan dopo un attimo di silenzio, carico di sfumature.
- Per Parker? Lo so.- rispose lui fissando il vuoto.
Bones si strinse a lui e si mise sotto le coperte, Booth ricambiò quell’abbraccio cingendola per i fianchi e appoggiando delicatamente il mento nell’incavo del suo collo candido.
- Per non averti mai ascoltato.- rispose lei.
- Mi dispiace di averti deluso.- le sussurrò nell’orecchio.
Bones gli prese le mani e se le portò al petto. Booth si accoccolò attorno a lei e la baciò, con la consapevolezza che non l’avrebbe più lasciata.
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Bones aprì gli occhi a fatica, una striscia di sole mattutino le illuminò le guance rigate dalle lacrime versate la sera precedente. Per un attimo quella le era sembrata una mattina normale, come tutte le altre; si sarebbe alzata e avrebbe preparato la colazione ascoltando Christine e Jasmine litigare su chi avesse il diritto di occupare il bagno per prima, per poi usarlo in comune, come tutte le mattine. Ma le sue figlie erano lontane, la casa stranamente silenziosa e il cielo meno blu di quanto avesse sperato. Allungò un braccio in cerca di Booth; non era lì con lei. Lo chiamò senza ricevere risposta; se ne era andato, ancora una volta e lei era rimasta sola.
- Booth?- lo richiamò.
L’uomo entrò in camera da letto reggendo un vassoio della colazione:
- Buongiorno Bones.- si chinò su di lei e le diede un bacio sulla guancia ancora calda.
- Che ore sono?- chiese lei gustandosi un cornetto.
- E’ importante?-
- Saremo in ritardo per il lavoro…-
- Possiamo anche non andarci sai? In fondo lo capirebbero tutti se…-
- Booth! Ma Hazel? Non ci pensi a lei? Se dovesse…-
- Se dovesse…?- Booth smise di mangiare aspettandosi l’ennesima discussione.
- Se dovesse ESSERE VIVA, noi dobbiamo trovarla.-
Booth cercò di trattenere un sorriso di compiacimento , che sicuramente l’avrebbe irritata, le porse una tazza di caffè: - E cosa ci impedirebbe di trovare Hazel anche da qui?-
Bones sospirò rassegnata. Booth si alzo dal letto e uscì dalla stanza, vi ritornò poco dopo con un grosso rotolo di carta, forbici, scotch e pennarelli.
-Booth, ma che stai facendo?- rise Bones divertita.
- Vedo che nonostante siano passati undici anni alcune cose rimangono sempre allo stesso posto!- Booth tagliò un grosso pezzo di carta e lo appese con lo scotch al muro, poi prese un pennarello e al centro di esso scrisse una sola parola: SCONOSCIUTO.
- Bene. Cominciamo.-
 
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- Hai avvisato Angela? E Cam?-
- Sì.-
- E anche…-
- Anche Christine…e ha chiamato Jasmine in California, è allarmata, come ci si poteva aspettare, ma al sicuro. Ti saluta.
- Vogliamo cominciare?-
- Perfetto. Cominciamo dai fatti: la prima vittima.-  scrisse sulla lavagna improvvisata.
- E’ stata trovata nello stesso posto dei gemelli, ti ricordi? Ciò fa supporre che…-
- Ci sia un legame con il becchino.- tracciò una freccia: elementi in comune: SEPPELLIRE – TELEFONARE. Elementi non in comune: NO RISCATTO, ETA’, SESSO.
- che altro…siamo andate in carcere, per interrogare il vero becchino, ma lei ha negato tutto. Il direttore non ci ha concesso un altro incontro perché, ho perso la testa.- sussurrò ad occhi bassi.
Booth sapeva anche di questo, ma non la biasimò: - Ne valeva la pena?-
- Assolutamente.- sorrise lei. – Oh, e poi c’è stata la scuderia, la mano nel terreno e …i regali di Natale.-
- Una testa, un busto, mani e gambe, correggimi se sbaglio…-
- Esatto. Niente legami tra le vittime, nessuna traccia. Il che ha reso difficile stabilire il sesso e trovare un indizio che ci portasse a lui.-
- Mhh…- mugugnò l’uomo con la lingua tra i denti: - dimmi quando avete trovato i corpi. Data per data.- Bones gliele dettò una per una, ormai le sapeva a memoria: - …e poi ha preso Hazel. Il resto lo sai già.- concluse sospirando.
Seeley Booth posò il pennarello e si fregò nervosamente le mani: - Adesso abbiamo tutto; facciamo lavorare le testoline.-
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- Ho una teoria…- disse Booth intento a sgranocchiare un acino d’uva. – E’ un po’ contorta, ma se la confrontiamo con il profilo dell’S.I. non è del tutto campata in aria…-
- Non ho mai condiviso il metodo di Sweets. Troppe teorie e pochi fatti, ma ho promesso che ti avrei ascoltato quindi, continua.-
- Parlando di fatti: Cam ha ricevuto una testa, tu il petto, Hodgins e Angela gli arti. Bene. Ora torniamo agli omicidi e al’ordine in cui essi sono avvenuti: una mano, l’altra mano. Cosa manca?-
- La testa, il busto, le gambe.-
- Ma siccome c’è un ordine preciso, la testa e il busto sono già stati trovati da qualche parte giusto?-
- Non che io sappia, ma può darsi.-
Booth prese il cellulare: - Bratt. Sono Booth. Sì oggi non sono al lavoro, giorno di pausa. Senti fai un favore per me: cerca nel database se ci sono stati ritrovamenti di cadaveri senza arti…più? Precisamente? Un busto e una testa. Chiamami quando avrai qualcosa per le mani.-
- In effetti ha senso. Dovrei ascoltarti un po’ di più.- disse Bones giocherellando con i suoi polpastrelli.
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- Un busto. A Norfolk. Virginia. Purtroppo non è stata possibile la ricostruzione perché il tritarifiuti lo ha reso “inservibile”, ma è una pista, oltretutto è antecedente alle mani, quindi potrebbe essere stato il nostro uomo, non è molto attendibile, ma bisogna sperare.-
- Quindi mancherebbero la testa e le gambe.-
- ed è qui che il nostro uomo mascherato ha sbagliato mossa.- sorrise malizioso Booth.
- Cioè? –
- E’ metodico, organizzato; ogni piano è meticolosamente dettagliato, curato in ogni punto. Ossessivo, ma spavaldo. Crede di prevedere il comportamento di tutti, come era sicuro che ti saresti presentata all’appuntamento; solo che non aveva calcolato l’effetto sorpresa, che gli ha distrutto tutti i piani.-
- Dove vuoi arrivare?-
- Voglio dire che qualsiasi cosa decida di fare, amputare gli arti a Hazel oppure…- sollevo l’acino d’uva verso il sole: - tagliarle la testa e metterli il mostra come un trofeo…ora non può più farlo.-
- E perché?-
Booth ripensò al video: - Perché li ha rovinati.-
 
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- Continua con il metodo di Sweets.- lo incitò Brennan.
- Sweets direbbe che apparentemente sembra un tipo sicuro, almeno di facciata. Quindi dovrebbe avere un lavoro fisso, inserito in un ambiente dove è un leader, dove esercita relazioni di potere.-
- Ma in realtà è insicuro giusto?-
- La sua meticolosità ossessiva fa capire che non tollera l’incertezza perché, magari è pericolosa, magari può svolgere un lavoro in cui uno sbaglio può costare caro, una vita, una carriera, la sua forse.-
- Un giudice? Un poliziotto? Un politico?-
- Un altro fattore da considerare: la rabbia. È frustrato, idrofobo perché si sente svalutato, sminuito, troppo intelligente per essere paragonato alle persone comuni, incompreso. Il suo status elevato, ma non abbastanza per uscire dalla feccia, dalla mediocrità; la sua fatica non verrà ricompensata perché il suo operato è sempre stato taciuto.-
Bones lo guardò con ammirazione: - Booth, da quando parli e ragioni in questo modo?- l’uomo sapeva che quello era un complimento, un elogio bello e buono. Sorrise e le stampò un bacio sula guancia: - Undici anni dietro una scrivania saranno serviti pur a qualcosa.-
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- E’ inutile.- sbuffò Bones, sporgendosi dal bordo del letto, guardando al contrario il cartellone appeso al muro.
- Abbiamo esaurito le idee.-
Booth si sdraiò di fianco a lei, assumendo la sua stessa identica posizione.
- Spesso la soluzione è qui. Sotto i nostri occhi. Basta solo guardarla in un modo diverso.-
Bones ebbe un’illuminazione: - Qualcosa non torna…-  si avvicinò alla parete: - perché se è così organizzato, preciso, ha aspettato tutto questo tempo tra un omicidio e l’altro? Soprattutto qui guarda.- e indicò un punto preciso dello schema. – Cosa è successo qui? –
Booth collegò i pezzi del puzzle: - Heather Taffet. Siete andati in carcere.-
- Ma certo…come ho fatto a non pensarci prima?! Si è fermato semplicemente perché ha avuto paura! Booth, l’avevamo visto, eravamo vicini! Per questo ha aspettato!-
- Hai ragione, quindi…- Booth iniziò a vestirsi.
- Quindi, un leader poco stimato, che assume una posizione di potere, organizzato, perché in grado di gestire una struttura, di comandare i suoi sottoposti, a rigor di logica…-
- Il direttore del carcere!- dissero all’unisono.
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Bones e Booth scesero dalla macchina.
- Aprite il cancello!-
- Ma che diavolo!?-
L’uomo e la donna raggiunsero l’ingresso della struttura, Brennan che già conosceva il posto fu più rapida dell’agente, raggiunse per prima l’ufficio del direttore e vi irruppe senza esitazione:
- Mia figlia! Dov’è?...Booth.-
- Bones…- sussurrò l’uomo dopo averla raggiunta.
- Non credo che il direttore sia il nostro uomo.-
- Cazzo.-
   
 
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