Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: martaparrilla    15/03/2016    6 recensioni
Henry ha 8 anni e non parla più da diciotto mesi. Sua madre, Regina, è convinta che quella sia la giusta condanna per non essere riuscita a proteggerlo dal dolore per la perdita del padre. Un giorno, le loro vite incrociano quelle di Emma che, cauta e silenziosa, riuscirà a conquistare la fiducia del piccolo Henry.
E forse, anche quella di sua madre.
Basterà questo a farlo parlare di nuovo? Henry odia davvero sua madre come essa afferma?
Anche stavolta ho dovuto alternare il punto di vista dell'una e dell'altra, è una cosa che non riesco a evitare per riuscire a spiegare al meglio le decisioni prese da entrambe e come queste influenzino positivamente la crescita del rapporto dei tre protagonisti.
La storia è puramente frutto della mia fantasia, nonostante si tocchino argomenti che troppo spesso le donne sono costrette ad affrontare da sole e in silenzio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Le settimane dopo il misfatto con Elisabeth erano trascorse serene e in fretta. Vedevo Henry ogni pomeriggio e sembrava davvero più tranquillo. Aveva smesso di pulirsi compulsivamente le mani e mi parlava costantemente del viaggio di classe che avrebbe dovuto fare di lì a breve: New York. Solo che aveva paura che sua madre non glielo avrebbe permesso, così ho esposto a Regina i miei dubbi tramite telefono, spingendola a fidarsi di lui. Magari questa gentilezza sarebbe stata ripagata con un atteggiamento più disponibile verso la madre, benché lui non avesse ancora intenzione di raccontarmi il motivo della sua finta ostilità verso di lei. E io non lo forzavo.

Regina ormai non perdeva occasione per scrivermi, sia che la cosa riguardasse Henry, ed era ovviamente la maggior parte delle volte, sia per sapere come stavo, soprattutto dopo lo spiacevole incidente. Mi era stata molto vicina ed era stata lei a occuparsi di tutte le medicazioni, che avvenivano sempre a casa sua. Dopo quasi un mese non ero ancora riuscita a capire come facesse a tenere la casa in quell'ordine maniacale: non era mai in casa! Forse aveva poteri magici e si sdoppiava! No, dubito fortemente che la magia c'entrasse qualcosa.

Ogni volta che accompagnava Henry al parco per passare quelle tre ore con me lei aveva letteralmente paura di parlare, glielo leggevo negli occhi. Guardava Henry da lontano, come se fosse la cosa più bella del mondo, ed era allo stesso tempo intimorita da quella creatura che aveva quel potere distruttivo su di lei. Era ossigeno e vuoto allo stesso tempo. Non sapevo cosa significasse avere un figlio, o preoccuparsi per lui, ma vedere Regina mi faceva rendere conto che era un amore totalmente incondizionato e folle, molto più folle dell'amore per il proprio compagno o compagna di vita.

Finalmente per Henry è arrivato il 2 aprile, data della tanto agognata partenza per New York.

Sono ancora le 7:45 del mattino ma sono già sveglia. Ho dormito veramente poco e male questa notte, ripenso alle raccomandazioni elencatemi da Regina per Henry, voglio essere sicura di avergliele elencate tutte chiaramente. Fare da tramite tra madre e figlio non è per niente facile, ma spesso ricevo delle gran belle soddisfazioni.

Posso sentire l'ansia di Regina persino dal mio letto. La vedo respirare affannosamente china sulla valigia di Henry, intenta a ricontrollare che ci sia tutto. Uno spettacolo. Sì, decisamente lo è, inutile negarlo. È uno spettacolo per gli occhi e per tutti i sensi.

È una tale bellezza non può e non deve avere il viso afflitto per troppo tempo, per cui decido di mandarle un messaggio per incoraggiarla.

  • Ricordati di respirare, la valigia è sicuramente perfetta, andrà tutto bene. STAI CALMA.- INVIO

Lo invio. Intanto mi alzo. Ho già fame per cui mi sposto in cucina dove mi aspetta il mio caffè lungo, senza zucchero. Una carica di energia smisurata insomma. Scaldata la tazza mi accascio sul divano, piegando entrambe le gambe e posizionandole sotto il mio sedere.

Il telefono vibra.

  • Avevo appena preso il telefono in mano per dirti che sono in iperventilazione e che controllo compulsivamente la valigia. Non riesco a stare calma. -

Allora ogni tanto mi pensa anche lei. Mi affretto a rispondere.

  • Si so che ti sentivi così, sentivo delle strane vibrazioni negative attorno a me. Davvero, andrà tutto bene, gli ho detto tutto quello che mi hai elencato, tutto tutto. Ora sorridi, perché so che lui sta andando a fare una cosa che gli piace e sono certa che se ti vede entusiasta lui sarà più rilassato! - INVIO.

    È la verità. Lo notavo in Henry, quando la madre non gli stava addosso lui si rilassava e parlava di più. Faccio in tempo a sorseggiare un po' di caffè quando il telefono vibra di nuovo.

  • Questo sorriso è abbastanza convincente o credi che possa fare di meglio? Pensa che mi facevano male le guance! -

Una risata sonora esce dalla mia bocca. Contenuta nel messaggio una foto di Regina truccata alla perfezione che tenta inutilmente di fare un sorriso. Quanto deve essersi sforzata! Continuo a ridere anche mentre digito il messaggio. E intanto i miei occhi si posano di nuovo sulla foto.

  • AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAH. Con questa posso ottenere da te quel che voglio. La conserverò come merce di scambio! Comunque tu sorridi molto meglio di così quando sei rilassata, dovresti farlo più spesso! - INVIO.

Come può una donna essere così dannatamente bella senza rendersene conto? Devo farglielo capire, necessariamente.

«Sì, sei proprio bella, mia cara Regina» dico a voce alta. Il caffè è ormai finito e un'idea mi balena in testa: sarei andata alla stazione a vedere se tutto filava liscio, così se Henry avesse avuto qualche crisi l'avrei aiutata. Ma sarei intervenuta se e solo se fosse stato necessario, è pur sempre suo figlio.

Sì, è una buona idea.

Mi alzo con l'umore decisamente positivo, sistemo la cucina e mi butto sotto il getto della doccia così da rinfrescarmi un po' per affrontare quella giornata.

Infilo i soliti jeans, una canotta larga e il cardigan lungo beige. Le mie solite Converse bianche e borsa. Direi che sono pronta.

Il traffico è davvero irrisorio per cui arrivo in meno di venti minuti a scuola e parcheggio la mia macchina troppo appariscente in un punto un po' nascosto da altre vetture. Piano piano i vari bambini arrivano accompagnati da madri, padri, entrambi, o i nonni, fratelli, zii e sorelle.

Di fronte a scuola c'è un bel trambusto ma di Regina e Henry ancora nemmeno l'ombra. Esco dalla macchina un po' preoccupata e do uno sguardo al telefono che non dà segni di vita. Nessuna chiamata o messaggio. Poi, due file di macchine davanti a me, scorgo Henry correre e raggiungere la sua amichetta dai capelli rossi. Poco dopo spunta Regina e... una donna molto affascinante le va incontro con un sorriso un po' troppo... troppo e basta. Credo sia la maestra di Henry.

Regina afferra la valigia dal bagagliaio e... Dio mio, non sento e non vedo. Abbasso la testa e vado oltre due macchine per poter almeno vedere. Quella donna si è avvicinata a Regina e le sta tenendo la mano ferma sul manico della valigia. Per un attimo mi si annebbia la vista dalla rabbia. Come osava toccarla e avvicinarsi a lei in quel modo? Con che coraggio!

Già, Emma, coraggio. Ci vuole solo coraggio, cosa che io non ho. Abbasso lo sguardo, abbattuta. Mi rimetto al mio posto e per altri cinque minuti guardo la scena da lontano. Poi i bambini vengono scortati dalle maestre dentro la stazione e Regina si fionda in macchina. Alcune macchine intanto si sono spostate e io, per farmi notare di meno, mi rifugio all'interno della mia. Lei gioca ancora col telefono e poco dopo il mio vibra. È lei.

  • Dimmi che puoi concedermi un caffè o una colazione, ho bisogno di parlarti, questa partenza mi ha messo troppa agitazione e la maestra di Henry non mi ha aiutata a superarlo! -

Povera donna, non sa gestire le avances di un'altra donna, devo darle qualche dritta.

Oppure prendo l'iniziativa e la stupisco in modo meno aggressivo.

«Chiama Regina Mills» dico al mio telefono che subito compone il suo numero. Mi rimetto in piedi fuori dalla macchina, inizio ad avere caldo.

< Pronto?> mi dice. Ha il fiatone e non riesco a non ridere.

«Ok Regina, ti hanno inseguito in dieci? Sembri traumatizzata.»

dice lei. Abbassa stancamente la testa sul volante.

«Vedo la tua faccia da qui, giocherelli con le unghie sul cruscotto e hai la testa poggiata al volante.»

Con scatto felino si rimette dritta.

«Voltati alla tua sinistra.» le dico subito dopo.

Si volta e le sorrido. Mi fa un cenno con la mano ma, sempre in silenzio, non accenna a voler scendere dalla sua auto.

«Se vuoi possiamo parlare al telefono da qui, ma mi avevi chiesto di vederci...» aggiungo per smorzare il suo evidente imbarazzo.

Chiude subito la chiamata e il telefono le cade tra i piedi. Bella, dolce e impacciata.

A passo svelto raggiungo la sua macchina e quando chiude lo sportello e si ritrova a due passi da me, una folata di vento le scompiglia definitivamente i capelli.

Le faccio presente che ha i capelli in disordine mentre, con delicatezza e lentezza, glieli sistemo, sfiorandole piano il viso. Ha un profumo buonissimo.

«Ora sei a posto» nascondo le mani dentro le tasche. Tremano, ma faccio finta di nulla «allora, che è successo? Andiamo nel bar del misfatto a fare colazione?»

In tutto questo lei non ha ancora aperto bocca e questa mia domanda sembra confonderla ancora di più. Lo capisco da come aggrotta la fronte.

«Sì, credo che quello possa andare bene ma che ci fai qui?» domanda indispensabile direi.

«Tu segui me, io seguo te» dico in tono serio.

«Dai non prenderla male volevo vedere se la partenza andava bene, vi ho osservati da lontano, maestra compresa, palesemente gay te lo dico io, e visto che andava tutto bene me ne stavo andando, poi mi hai scritto».

Un altro minuto di smarrimento totale. Vorrei rassicurarla ma non so come, per cui le sorrido e basta e lei risponde allo stesso modo, stavolta senza costrizioni.

«Questo è il sorriso migliore che puoi fare, non quella cosa che mi hai mandato, ma davvero, ho apprezzato lo sforzo, ora andiamo a mangiare?» il caffè è già stato abbondantemente digerito.

«Ok ma ognuna va con la propria macchina perché a mezzogiorno devo essere a lavoro» dice quasi contrariata.

«Nessun problema, seguimi!» saltello fino alla mia macchina e metto in moto.

Al bar di Ruby iniziamo una piacevole conversazione, volta per lo più a capire e analizzare il comportamento della maestra di Henry, dopo avermi chiesto quanti anni avessi. Ovviamente il cappuccino e il croissant sono di fronte a noi. La maestra in questo momento è di prioritaria importanza. Per me.

«Mi racconti che ti ha detto la maestra di Henry?»

Fino a che non pronuncio queste parole, beve con una grazia mai vista dalla tazza di fronte a lei. Poi si trasforma in un essere umano tossendo selvaggiamente quando ciò che aveva in bocca le va di traverso. Ovviamente rido.

«Ti ha traumatizzata così tanto?» cerco di chiedere.

«In effetti sì» mi dice lei finendo il cappuccino.

«Che ti ha detto?» ripeto ancora, impaziente.

«Mi ha chiesto se al rientro dalla gita volessi prendere un caffè con lei. Che non era nulla di che ma l'ha detto con un tono, uno sguardo e una provocazione che mi hanno fatto rabbrividire. Sembrava un leone pronto a mordermi» scuote la schiena fingendo un brivido di paura. Alzo entrambe le sopracciglia in segno di comprensione.

«Sì, quella è la classica lesbica predatrice, sicuramente molto affascinante e sicura di sé, non è abituata ai rifiuti, credo che te lo richiederà».

«Non sapevo ci fossero varie specie di lesbiche, tu che tipo sei?»

Mi ha restituito il favore e rischio di morire soffocata anche io.

«Così impari ad attentare la mia vita, io ti ricambio il favore» mi guarda dalla sua sedia con aria soddisfatta e sfoderando un sorrisetto sghembo illegale.

«E meno male che sei un medico» cerco di sembrare poco attenta alle sue espressioni «comunque io sono una che si fa gli affari propri. Io non faccio mai il primo passo, non perché mi piace essere corteggiata ma perché non mi piace importunare la gente, tutto qui».

«Allora domenica mi accompagni a prendere Henry alla stazione? Così evito un attacco dalla donna predatrice!» imita il ruggito del leone e mi stende definitivamente.

«Oddio voglio registrarti se lo rifai!» dico completamente estasiata.

Altre parole vorrebbero uscire dalla mia bocca, ma ho seriamente paura della sua reazione. Basta Emma, tira fuori le ovaie!

«Comunque è comprensibile che ci provi, sei una bellissima donna e sono certa che ne sei consapevole e prima che ti vengano strane idee no, non ci sto provando» questo devo necessariamente sottolinearlo se non voglio ucciderla.

«Sei davvero una sorpresa, Miss Swan, mi piacciono le sorprese» sorride in modo malizioso (di nuovo) e stavolta non riesco a nascondere l'imbarazzo: arrossisco.

«Comunque sì, ti accompagno volentieri, così vedo come reagisce Henry e anche la maestra. Se vuoi posso far sì che non ci provi più.»

Poggia la sua mano sulla mia, come se nulla fosse. Io la fisso sconcertata. Sto iniziando a sudare senza controllo e la saliva.... cos'è la saliva?

«Ti prego, sì!» aggiunge poi con eccessivo entusiasmo «Cara la mia salvatrice, io ora vado a casa e poi a lavoro, ti andrebbe di venire a cena a casa mia domani? Così ti mostro il mondo di Henry e saprai come gestire la cosa da lunedì quando baderai a lui. Sì, insomma, volevo sistemare la questione del lavoro col contratto».

Merda, Emma. Sta facendo tutto quello che non deve fare. E io sto reagendo nell'unico modo in cui non avrei mai dovuto reagire. Ma non posso assolutamente perdermi una cena da sola con lei.

«Volentieri, fammi sapere a che ora» Emma, andrà bene. Lei sembra assolutamente a suo agio con me, la proposta, la cena, tutto. E questo mi confonde a livelli cosmici.

La saluto, mentre se ne va con la sua macchina.

Entro a salutare Ruby con un viso un po' sconvolto. E lei ovviamente se ne accorge.

«Hey, pianeta terra chiama Emma, ma che diavolo hai da un mese a questa parte?» mi chiede senza giri di parole.

«Nulla» poggio il mio mento sul palmo della mano e continuo a fissare un punto imprecisato nel vuoto.

«Quella donna è etero, se non te ne fossi accorta».

Trasalisco.

Sì, la parola etero attira sempre la mia attenzione soprattutto se definisce una donna affascinante come Regina.

«Un giorno ti racconterò cosa lega me e quella donna» le rispondo. Ma la sua curiosità andava ben oltre il normale per cui si sentiva in diritto di aprire bocca senza pensare.

«Con una così, direi che come prima cosa condividete il sesso».

Ecco appunto. È decisamente andata oltre.

«Riesci a pensare a qualcosa nella tua vita di importante che non sia il sesso?» mi alzo, davvero infastidita. Voglio bene a Ruby ma quando si parla di questioni sentimentali il suo parere diventa davvero pesante e inopportuno. La saluto, con le sue scuse quasi urlate mentre esco fuori dal locale.

 

Sono le 8 pm.

Per quanto quella donna mi stia entrando nelle vene come il più mortale dei veleni, quel giorno faccio tutto quel che dovevo senza guardare con troppa frequenza l'orologio e senza fare il conto delle ore che mi separavano da lei.

Sto iniziando a maturare.

Devo ripetermelo se voglio mantenere la calma e considerare normale lo strano mal di stomaco che mi porto dietro da due giorni.

L'unica cosa in cui ho avuto difficoltà è stata la questione abbigliamento. Dapprima ho deciso per un vestito, poi ho chiamato mia madre chiedendole consiglio su un eventuale colloquio di lavoro. Infine, decido di essere semplicemente me stessa. Jeans e maglioncino in cotone con un cigno dorato al centro. I capelli li lascio sciolti, tranne per un piccolo fermacapelli con cui raccolgo la parte superiore in una piccola coda. Ovviamente le Converse bianche stanno rigorosamente ai miei piedi. Può andare.

Ormai conosco bene la strada per arrivare in quella casa e, in meno di mezz'ora, mi ritrovo a parcheggiare in una via parallela alla sua: trovare parcheggio in quella zona è praticamente impossibile.

Suono il campanello e l'enorme cancello grigio scuro apre lentamente le sue sbarre. Il vialetto fa una leggera curva a destra prima di finire sotto il porticato dove una pesante porta bianca, col numero 108 dorato, segna l'ingresso. Ma lei è già lì, pronta ad accogliermi.

Vedere quel sorriso sulle sue labbra fa mancare un battito al mio cuore.

«Ben arrivata, entra pure» mi accoglie con un vestito lungo nero. Niente tacchi ma una sorta di sandalo chiuso particolarmente luccicante. Capelli sciolti sulle spalle. Una dea.

Avanzo lentamente. Un piede di fronte all'altro. Varcata la soglia, un imponente odore di lasagna mi assale.

«Oddio che odore meraviglioso» esordisco subito.

Chiude la porta alle mie spalle e mi fa accomodare in sala da pranzo dove trovo un tavolo apparecchiato con pochi pezzi, due piatti rossi di forma quadrata, posate, due bicchieri. Molto semplice ed essenziale, elegante. Come centro tavola, delle rose bianche.

«Complimenti per la tavola, è molto bella».

«Grazie, la lasagna è in forno, intanto se vuoi accomodarti... vuoi del vino?» mi chiede porgendomi un bicchiere comparso chissà come.

«Volentieri, grazie».

Ne versa un po' in entrambi, e brindiamo.

«A Henry» dico facendo spallucce.

«A Henry» risponde poco dopo, felice della mia affermazione.

«Vieni in cucina, così finisco di controllare la cena».

La seguo. Sembra un po' agitata, desiderosa di iniziare un qualche discorso per liberarsi dei suoi immani pesi.

«Come stai? È andata bene a lavoro? Ti hanno fatto sapere qualcosa da New York?»

Mi siedo, mentre lei in due minuti riesce a sistemare dieci cose diverse. È una sorta di robot perfetto.

«Sì, una delle maestre mi ha detto che si stanno divertendo e che ride tantissimo» prende le lasagne dal forno e le posa sul banco della cucina «non lo vedeva ridere così da quasi due anni».

Sarebbe dovuta essere felice di quella notizia e invece sembra infastidita e triste. Il corpo è rigido, le braccia troppo veloci e impacciate. Mi alzo e mi avvicino a lei prima che possa farsi male con il forno.

«Ok, mi spieghi cos'è successo davvero?» le tengo fermo un polso. Fissa prima la mia mano poi i miei occhi. Schiaccia il labbro superiore su quello inferiore e la lingua li inumidisce. Poi inclina un po' la testa da un lato e i capelli, neri e lucenti, si spostano nella medesima direzione. L'aria inizia a mancarmi.

«Allora?» ripeto di nuovo «siamo solo io e te qui, nessuno ti giudicherà se dici a voce alta quello che pensi, men che meno io» la stretta sul polso scivola sulla mano. Sento subito la sua stretta sulla mia.

Ha la pelle morbida, la mano calda, accogliente.

E io sto sognando.

«Mia madre mi ha chiamata e mi ha riempito di insulti come al solito quando le ho fatto sapere della mia volontà di assumere una baby sitter per Henry, ovvero tu».

La ascolto con attenzione, imponendomi un controllo che non vada a rivelare la disperata voglia che ho di baciarla. Per porre fine a quella tristezza sul viso, per farla ridere come solo lei sa fare.

«Bè, direi che sei abbastanza adulta da poter decidere sul benessere di tuo figlio e soprattutto per ignorare i consigli di una madre visibilmente frustrata. Un consiglio? Smettila di rispondere al telefono e ti risparmierai un sacco di ulcere, tu lo sai meglio di me cosa può fare lo stress!»

Un piccolo sorriso sulle sue labbra, prima di vederla scappare chissà dove.

«Dove vai?» le chiedo voltandomi e seguendola.

«Volevo farti leggere questo, il contratto» mi mostra dei fogli tenuti insieme da una graffetta. Ha fatto le cose per bene.

«Sediamoci» mi sfiora la spalla per farmi accomodare sul divano.

Prendo quei tre fogli tra lei mani e inizio a leggere. Il contratto prevede un netto di 1000 $ al mese.

Alzo lo sguardo su di lei, incredula.

«1000$ dollari, ma sei pazza per caso?» mi sembra un furto per passare qualche ora con un ragazzino autosufficiente.

«Bè, se conti che potrei chiamarti a qualunque ora del giorno o della notte, direi che non è tanto».

Io ho anche i miei cani da controllare, non voglio abbandonare quel piccolo lavoretto, penso.

«In tutto ciò, dato che a Henry piacciono i cani, ovviamente le ore di lavoro con i tuoi cani saranno mantenute» mi legge nel pensiero.

«Sembra interessante così» poggio la schiena alla spalliera del divano e leggo. Con quello stipendio lei può contattarmi a qualunque ora. Se le chiamate notturne superano le cinque settimanali o le due nei fine settimana lo stipendio sale a 1400$. Ferie pagate ed elasticità negli orari, che dipendono ovviamente da quelli di Regina.

«Dove devo firmare?» annuncio a voce alta.

«Non vuoi farlo vedere prima a qualcuno che conosci e di cui ti fidi? Magari ci sono delle cose che non ti vanno bene o che possiamo modificare» aggiunge lei preoccupata.

«Mi fido di te e questo mi basta».

Lei fa tutto questo per il figlio. Dubito fortemente che possa in qualche modo mettermi nei guai e, se io me ne fossi andata, Henry non gliel'avrebbe mai perdonato. Lei mi guarda sorpresa. Per un attimo si avvicina un po' a me, come se volesse abbracciarmi. Poi si rimette dritta, posa le mani sulle ginocchia e si alza, per tornare poco dopo con una penna.

«Eccola allora».

La prendo e metto le tre firme necessarie a stipulare quel contratto. Poi le porgo la mano.

«Sarà un piacere lavorare per lei, capo».

Lei scoppia a ridere.

Il mio ego raggiunge livelli sproporzionati quando la faccio ridere così.

«Bene, il tuo capo arriva con la cena, siediti, ora mangiamo».

Sì, sarebbe stata di certo una collaborazione esaustiva, sotto molti punti di vista.

 

 

Note dell'autrice: buon martedì a tutti :)

Martedì prossimo pubblicherò il capitolo 10 e poi “andrò in pausa” una settimana perchè il martedì subito dopo Pasqua non sarò a casa, quindi non saprei come pubblicarlo. Fortunatamente per voi, questa settimana di attesa in più si verificherà proprio a cavallo di un punto importante della storia...probabilmente se avessi interrotto al capitolo 11 sareste impazziti :D

Grazie a Susan e Nadia come al solito per le correzioni.

A martedì! :)

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: martaparrilla