*Nota dell'Autore*: grazie MusicHeart per le tue recensioni ;) mi spingono a continuare a scrivere e a inventare per questa storia! Grazie a chi continua a leggere! Nel frattempo, un capitolo un pò più lungo del solito per compensare i precedenti che erano un cicinino più corti...spero vi piaccia! Se avete voglia, ditemi cosa ne pensate....buona lettura!
FELICITY
….due mesi dopo…..
- Ok, ok. Al mio segnale…-
Si sistemò il fucile in modo da avere la mano saldamente attorno all’impugnatura. Ci guardammo tutti senza riuscire a contenere l’eccitazione.
-….scatenate….-
Tutti noi impugnammo il fucile e iniziammo a indietreggiare misurando i passi degli altri, pronti a scattare.
-….L’INFERNOOOO! –
Nel giro di
pochi istanti il salotto di casa McFly, era diventato un campo di
battaglia: il rumore dello scatto del proiettile aveva iniziato a
ripetersi all’impazzata, macchie di colore scoppiate su ogni
parete
e su tutti i divani, che avevamo ribaltato per costruire delle
trincee dove nasconderci. Riaffiorai dal divano approfittando del
fatto che si stavano facendo guerra a vicenda senza curarsi di me in
quel momento impegnati nel loro vortice di competizione maschile e
appoggiai il fucile al divano per prendere la mira con precisione.
Mi muovevo
con studiata lentezza, attenta a non dare nell’occhio con
movimenti
bruschi. Harry accanto a me era impegnato in un combattimento a due
con Doug, e non oserei mi ripetere la quantità di improperi
che
stavano uscendo dalla bocca di entrambi.
Pensai
qualche secondo a chi mirare prima di scegliere, sorrisi soddisfatta
e aggiustai la mira nella sua direzione: anni di sofferenze,
frustrazioni, ansie…avevo diritto di sfogarle. Almeno
giocando a
paintball!
Quando
premetti il grilletto, una palla di colore blu colpì Danny
in piena
faccia. Chiuse gli occhi sull’impatto spaventato dalla
velocità
del proiettile, per poi ritrovarsi il viso completamente blu, unica
distinzione il bianco dei suoi denti e dei suoi occhi quando riuscii
a riaprirli. Si guardò intorno sconvolto cercando
l’origine del
colpo.
Proprio
mentre era arrivato a posare lo sguardo su di me e vedevo la
realizzazione dipingersi nei suoi occhi, pronto a reagire, mi sentii
trascinare a terra, dietro al divano.
-DOVRETE USCIRE DA Lì! CODARDI! –
Soffocai una risata e poi mi appoggiai alla spalliera del divano, voltandomi verso Harry.
-Capitano, mio capitano! Quali sono le istruzioni? –
Harry con il fiatone si guardò a destra e a sinistra per prevenire agguati e si riconcentrò di nuovo su di me. Ci eravamo entrambi dipinti le guance con due strisce nere, ci sentivamo aggressivi e agguerriti, NOI eravamo i vincitori. Ma a guardarlo così, schizzi di colore in faccia, capelli in aria, fucile in mano e trucco nero faceva più ridere che tutto il resto.
- Soldato, hai combattuto con onore-
-Grazie capitano!-
-Hai assestato un bel colpo, ma abbiamo innervosito il nemico. Sei pronto a dare la tua vita per la causa?- Trattenemmo entrambi una risata mentre ci guardavamo fieri.
-Certo capitano!-
-Bene….-
Ci risistemammo cercando di non fare rumore in ginocchio, pronti a scattare. Nel frattempo era calato un silenzio di tomba in sala. Tre contro due. Che barbari.
-Uno-
Mi alzai impercettibilmente.
-Due-
Caricai il colpo e alzai il fucile a livello della spalla.
-TRE!-
Ci alzammo di scatto pronti a suonargliela di santa ragione con l’adrenalina a mille, il colpo pronto, le braccia tese.
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!-
Una sagoma schizzò fuori dal divano di fronte a me e corse convulsamente attraversando il campo di battaglia verso la porta, in mezzo ai due fuochi. Io, Harry, Tom e Danny in piedi con i fucili a mezz’aria basiti e bloccati guardavamo quello che avevamo appena riconosciuto come Dougie spalancare la porta di entrata del giardino, infilarcisi e chiuderla di botto. Calò il silenzio.
-HO VINTOOO! –
Ci guardammo increduli per qualche secondo. E poi facemmo l’unica cosa che si poteva fare: scoppiammo in una sonora risata e deponemmo le armi.
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Sorseggiavo una birra fresca in giardino, ero sola ma andava bene così: i ragazzi sapevano quanto mi piacesse prendermi ogni tanto uno dei miei “momenti” così mi avevano lasciato tranquilla immersa nella pace del giardino nel retro.
-Il tramonto stasera è davvero bellissimo-
Sussultai e mi voltai, giusto in tempo per vedere Danny sedersi accanto a me sull’erba.
-Già-
tornai a guardare di fronte a me dove il cielo era ormai diventato di una splendida sfumatura arancione, i colori della sera che stavano iniziando a prendere il sopravvento sull’azzurro.
-E’ stato divertente oggi, Dougie che esce dal divano e corre urlando poi, è una scena che non dimenticherò mai-
Rise ricordando l’episodio del pomeriggio, il che portò un sorriso anche a me nonostante l'atmosfera tesa.
-E’ proprio da lui. Dici che Fletch mi ucciderà per tutto quello che abbiamo fatto oggi? Sarebbe mio compito tenere pulita la casa, non contribuire a devastarla-
Sospirai passandomi una mano tra i capelli ancora pieni di colore, cercando di non pensare a quali danni ulteriori stavo facendo spiaccicandolo.
- Gli diremo che tu non c’eri, semplice –
- Sicuro di non rischiare la morte in questo modo? –
Lo guardai e mi ricambiò sorridendomi dolcemente.
- Oramai ci siamo abituati! –
Ci
sorridemmo per qualche secondo, ma sentii presto l’imbarazzo
che si
insinuava tra di noi.
Dopo quella
famosa litigata io e Danny non avevamo più parlato da soli.
Non so
se fosse l’imbarazzo a tenerci lontani, come adesso, o se
fosse la
paura di aprire un discorso che non so dove ci avrebbe portati, ma la
cosa era scivolata via sotto i nostri occhi. Avevamo tutti fatto
finta di nulla e osservato mentre i cocci si sistemavano da soli, con
fatica, ma il rapporto tra noi, almeno in gruppo era tornato quello
di prima. Ma si sa che quando i pezzi si ricompongono senza una
consapevolezza piena dietro, rimane sempre qualche crepa. La mia era
non sapere cosa gli avessi fatto, e il senso di irrisolto mi aveva
ormai imprigionato. E nonostante per lui questi erano dettagli che
non potevano avere rilevanza, sapevo che Danny non aveva etichettato
quella discussione come una semplice litigata tra amici, uno scoppio
d’ira senza apparenti ripercussioni a lungo termine. La
diceva
lunga la perizia con cui cercava di evitare di rimanere solo con me.
E il fatto di trovarci lì dopo così tanto tempo
mi aveva
immediatamente messo in tensione, come se vedessi qualcosa arrivare.
Abbassai lo sguardo, ma le sue dita lo riaccompagnarono fino a che
non ci trovammo a guardarci di nuovo.
-Non so se ne ho il diritto, ma vorrei chiederti finalmente scusa-
Sentii il
cuore accelerare i battiti. Dunque era giunto davvero il momento.
Mi lasciò
il mento, e in evidente imbarazzo iniziò a giocherellare con
l’orlo
della sua polo.
-Sai che sono un idiota, giusto? -
-Oh, beh....sei tu a dirlo-
-Non so cosa mi sia preso -
-Ah beh, questo spiega tutto -
-Fliss, per favore....-
Distolsi lo sguardo ferita. Possibile che non mi si tollerasse neanche un po' di cattiveria? Non ero io ad aver sbagliato.
-Puoi non infierire?-
Quando lo guardai e lessi quello sguardo così affranto nei suoi occhi, mi resi conto che, forse, c'era ancora una speranza.
-Avanti, spara. Mi sforzerò di non abbaiare-
Sorrise e scosse la testa divertito.
-Non me la perdonerai tanto in fretta vero?-
-Non fino a che starai qui a girarci intorno –
Gli lanciai
un'occhiata severa. I nostri sguardi si incrociarono e comunicarono
tra loro, senza che ci fosse bisogno di parole.
Sapeva
quanto quello che aveva fatto mi aveva ferita. Non poteva
più far
finta di nulla perchè era chiaro tra noi chi avesse
sbagliato e chi
ne aveva subito le conseguenze.
-Niente più bugie?-
-Niente più bugie-
Ci guardammo
ancora per qualche secondo, dove stranamente iniziavo a sentirmi
sempre più sicura di me. Il momento della resa dei conti era
arrivato, era arrivato il momento per me di affrontare il fantasma di
quella discussione e di togliermi un gran peso dal cuore.
Sospirò e
abbassò la testa. Potevo vedere da lì le
rotelline nella sua testa
muoversi, pensare a qualcosa che in realtà, si vedeva, aveva
una
grande difficoltà a dire. Quando rialzò la testa
e guardò davanti
a sé, non potei fare a meno di avere un momento di
tentennamento. Lo
sforzo che gli si dipingeva in voltò, mi confermava che
c'era
qualcosa, qualcosa di grosso, e che faticava davvero a venire fuori:
tristezza e difficoltà, dispiacere e pentimento. Tutto
ciò mi
ammorbidì all'istante.
Prima che mi
potessi fermare, gli avevo già appoggiato una mano sulla
spalla, e
gliela strinsi piano.
-Ohi, Jones, mi fai preoccupare-
Sorrise e prese un respirone, pronto a parlare.
-Ragazzi, cosa diavolo state facendo qui fuori?! Alzate il culo, la cena è pronta! -
Harry ci fu
alle spalle in poco tempo e non feci in tempo a voltarmi che Danny
era già sparito. Si era alzato e, a testa bassa, aveva
camminato
frettolosamente verso la porta, mani nelle tasche, tutta l'aria di
aver preso l'occasione per rimandare un discorso. Come si dice?
L'occasione fa l'uomo ladro, sì. Mai detto più
vero. Harry, mi
guardò incuriosito dalla mia faccia, che ovviamente in quel
momento
doveva essere un dipinto dettagliato di tutto lo sconcerto che
provavo.
Mi passai le
mani sugli occhi e ne riemersi con una faccia diversa. Mi alzai in
piedi.
-Chi ha cucinato?
-Io-
Orgoglioso si poggiò una mano sul petto.
-Oh, ehm....Harry, penso di avere un impegno per cena –
Iniziai a ridere, mentre lui cercava di tirarmi una sberla sul braccio. Io ridevo, ma in realtà la delusione era davvero troppa per essere felice davvero.