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Autore: JeanRavenclaw    17/03/2016    2 recensioni
Dal testo:
- "Abbiamo bisogno del suo aiuto." - disse l'uomo.
"Io devo aiutarvi?" - disse l'altro, ora curioso quanto sorpreso.
"Potrebbe diventare potente. Potrebbe avere l'intero Paese - magico e non - ai suoi piedi, se solo accetta di aiutarci" - rispose l'altro, senza smettere di fissarlo intensamente.
Il prigioniero rimase in silenzio, gli occhi spalancati a perlustrare di nuovo il nulla. All'improvviso la sua bocca si piegò in un sorriso maligno, il suo sguardo si rimise a fuoco e si piantò in alto, in quello dell'uomo.
"Va bene" - disse infine. -
Sono passati 7 anni dalla fine della Seconda Guerra Magica, ma l'Oscurità si muove come un'ombra tra la Londra magica e quella babbana. I Mangiamorte sono pronti a tornare, inisieme ad un aiuto prezioso.
Il mondo magico e quello babbano sarrano costretti a collidere.
Harry, Ron e Hermione, collaboreranno con le persone più improbabili, per salvare i due mondi: Draco Malfoy, Mangiamorte pentito del suo passato oscuro; e il babbano dalla mente più brillante, saggia - e razionale - che Londra abbia mai conosciuto: Sherlock Holmes.
Una bizzarra avventura attende questo bizzarro quintetto.
Il mondo magico e quello babbano, non saranno più quelli conosciuti fino ad oggi.
Genere: Avventura, Commedia, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista, Kingsley Shacklebolt, Mangiamorte, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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1.
 
"Ho sentito bene?"
Il Ministro li osservava con gli occhi fuori dalle orbite, probabilmente chiedendosi se tre dei suoi migliori lavoratori non fossero impazziti senza preavviso. Harry inspirò profondamente ed evitò di incrociare lo sguardo da Te-l'avevo-detto di Hermione.
"Sì, ha sentito bene." - rispose, con la poca sicurezza che gli era rimasta.
Kingsley scosse la testa guardando altrove. Si portò una mano al mento e se lo grattò distrattamente, soppesando la loro folle proposta. Harry, Ron e Hermione attesero, quasi trattenendo il fiato.
"Signorina Granger" - disse poi il Ministro, cambiando all'improvviso discorso - "Posso domandarle perchè anche lei si trova qui?"
Hermione lanciò una veloce occhiata a Harry prima di rispondere - "Ehm - Io - In realtà pensavo che potrei rendermi utile nella ricerca di questa Maledizione sconosciuta e -"
"E crede che anche questo Sherlock Holmes potrebbe esserci d'aiuto?" - la interruppe il Ministro, osservandola attentamente.
Hermione evitò lo sguardo del Ministro. "Beh, ecco... Ha risolto casi che hanno messo in difficoltà l'intero dipartimento di Polizia di Londra; casi che nessun altro investigatore è stato in grado di risolvere prima di lui, perciò credo che - una volta che l'avremo convinto dell'esistenza della magia - potrebbe esserci d'aiuto, sì.".
"E lei l'ha conosciuto?"
"Non personalmente, ma ho letto molto di lui e so dove abita." 
Kingsley annui appena e per almeno dieci minuti tornò a chiudersi nelle sue riflessioni senza domandare altro. Ogni tanto li scrutava con fare indagatore. Harry, intanto, pregava che quel silenzio opprimente finisse in fretta, a costo di essere cacciato a suon di fatture.
"Dove abita?" - chiese finalmente, rivolgendosi ancora a Hermione.
"Al 221B di Baker Street, signore." - rispose prontamente lei.
Silenzio.
"Bene, andiamo a trovare questo maledetto investigatore." - disse inaspettatamente, alzandosi e facendo il giro della sua scrivania. 
"Certo. Glielo spieghiamo noi e ci scambia per pazzi; glielo dice lei e non ci pensa due volte" - sussurrò Ron a Harry.
"L'idea è vostra, per cui mi accompagnerete, ma" - disse Kingsley assumendo il suo tono più autoritario e puntando loro il dito - "alla condizione che restiate in silenzio e che lasciate parlare me. Signorina Granger, le sarà permesso intervenire solo se dovessimo avere serie difficoltà nel convincerlo. Intesi?".
Tutti e tre annuirono obbedienti e seguirono il Ministro fuori dal suo ufficio, non prima di essersi scambiati un'occhiata soddisfatta.
 
2.
 
Si materializzarono in un angolo isolato della Baker Street Station e coprirono l'ultimo tratto di strada a piedi. Avrebbero potuto materializzarsi direttamente nel suo camino, ma perchè rischiare di farsi sparare o arrestare prima del previsto?
Il 221B di Baker Street corrispondeva ad una semplice palazzina di tre piani con la facciata in mattoni. Da una finestra aperta al primo piano si udiva il suono di un violino.
Kingsley si avvicinò alla porta verniciata di nero e bussò. Harry si guardò intorno - non era mai stato in quella parte di Londra, nonostante non fosse eccessivamente distante da Grimmauld Place. Erano a metà mattinata, e le strade cominciavano a popolarsi. Alcuni clienti del bar poco distante da loro osservavano Kingsley con fare curioso, a causa della sua tunica dai colori brillanti - come un faro nella notte.
Qualcuno aprì la porta: si trattava di una donnina sorridente, un po' avanti con l'età, che non appena li vide fece loro segno di attendere con la mano e si voltò indietro per gridare - "Sherlock! Ne sono arrivati altri!".
Senza aspettare una risposta, li invitò ad entrare e a dirigersi al piano di sopra. Raggiunto il primo piano, dovettero pigiarsi per riuscire a stare tutti insieme sul pianerottolo. L'unica porta era chiusa, e Harry sentì il suono del violino provenire proprio da lì dietro.
Kingsley bussò, ma nessuno venne ad aprire, nè la melodia s'interruppe. Si guardarono perplessi, poi Kingsley azzardò un colpo più deciso sulla porta. Questa volta il suono fu interrotto bruscamente e dopo un attimo di silenzio si udì una voce maschile borbottare qualcosa.
"La porta è aperta." - disse infine, alzando la voce.
"Oh, non è stata una buona idea" - mormorò agitata Hermione. Kingsley la fulminò con lo sguardo.
Quello era di certo l'appartamento babbano più disordinato e inusuale che Harry avesse mai visto. Tavolo e scrivania erano sotterrati da montagne di fogli, buste di plastica contenenti altri fogli e chissà quali oggetti e pile di libri di ogni tipo; su una di queste era stato appoggiato un portatile, che sembrava sul punto di cadere da un momento all'altro. Quello che aveva tutta l'aria di essere un teschio umano sembrava osservarli dalla mensola sopra il camino, 
e sul tavolino più basso, dalla parte opposta, alcune provette da laboratorio piene di liquidi colorati facevano compagnia ad una solitaria tazza da tè; sul muro sopra il divano era stato disegnato qualcosa con della vernice gialla, che era stato parzialmente coperto da fogli e fotografie fissati con delle puntine e uniti tra loro con del filo rosso.
Ron guardò Harry e sgranò gli occhi - se per Harry quel posto era strano, allora Ron doveva credere di essere finito su un altro pianeta.
Il violinista appoggiò il suo strumento tra le cianfrusaglie sulla scrivania e diede le spalle alla finestra per osservare i suoi nuovi ospiti. Harry rimase quasi deluso, nel constatare che - almeno nell'aspetto - non aveva nulla di grandioso. Era un ragazzo, come loro: indossava una vestaglia blu sopra una camicia bianca un po' troppo stretta e dei pantaloni eleganti ed era scalzo. I capelli scuri e ricci gli donavano l'aspetto di uno che si è appena buttato giù dal letto, ma la sua espressione sveglia e attenta diceva tutt'altro.
"Allora" - iniziò, passando gli occhi chiari su ognuno di loro - "Come posso aiutare tre giovani lavoratori e un uomo politico?" - disse disinvolto, allontanandosi da loro per accomodarsi su una poltrona di pelle nera, accanto al camino.
Le teste di Harry, Ron e Kingsley si voltarono automaticamente verso Hermione con un'espressione alquanto sconvolta.
Hermione strinse le labbra e fece spallucce - "Ve l'avevo detto che era un genio".
"Sì, ma - ma come diamine -" - mormorò Ron, ancora rivolto verso di lei. Holmes si schiarì la voce alle sue spalle.
"Il suo portamento e l'aura di autorità che infligge su di voi, che restate alle sue spalle e non fiatate indica chiaramente che portate rispetto per lui. Questo mi porta a dedurre che lavoriate per lui; il fatto che siate venuti qui insieme indica che si fida di voi e, pertanto, che siete i suoi lavoratori prediletti. A giudicare dal vostro abbigliamento oggi non dovevate lavorare, ma deduco che siate stati convocati per una riunione particolare. Invece il suo abbigliamento, elegante e curato mi porta a pensare che abbia una carica importante, sicuramente in politica, ma non essendo un abito convenzionale per un politico inglese, la risposta più logica è che lavori per un Paese straniero."
Aveva detto tutto ciò così velocemente che Harry quasi si perse metà delle parole, ma di certo non aveva mancato di restare a bocca aperta, e quando si voltò gli venne quasi da ridere vedendo le espressioni incredule di Ron e Kingsley e quella ammirata di Hermione.
Holmes si limitò a sorridere compaciuto. Doveva essere abituato a reazioni come le loro.
"Dicevamo?" - chiese, rivolgendosi a Kingsley.
"Sì - ehm - scusi per l'intrusione signor Holmes, ma abbiamo bisogno del suo aiuto".
"Questo era ovvio" - disse l'altro, senza fare una piega.
Kingsley trattene appena un'occhiata infastidita, prima di rispondere - "Si tratta di un problema - politico, se così si può definire, ma -" - fu interrotto dal rumoroso sbuffo dell'investigatore.
"Non ho tempo per i problemi politici." - disse con aria annoiata, alzandosi e dirigendosi nuovamente alla finestra.
Kingsley rimase interdetto. "Ma, signor Holmes, non le ho nemmeno accennato di cosa si tratta!"
"Non serve che me lo accenni, so già di che tipo di problema stiamo parlando" - replicò l'altro, afferrando il violino e dando loro le spalle.
"Signor Holmes -" - tentò di nuovo il Ministro, ma fu nuovamente interrotto.
"Ah, che noia!" - esclamò Holmes, parlando più a sè stesso che a loro - "Dove sono finiti i serial killer? Dove sono i veri crimini da risolvere?". Scaraventò il violino sul tavolo facendo volare alcuni fogli e sbuffò ancora senza smettere di borbottare.
"James Moriarty" - disse Hermione, ad una loquace occhiata di Kingsley, cercando di sovrastare le sue lamentele.
Holmes sembrò essersi pietrificato. Rimase immobile per qualche secondo, prima di voltarsi lentamente e affilare lo sguardo su Hermione, che distolse immediatamente il suo, imbarazzata.
"Che cosa ha detto?" - le domandò, con una strana luce negli occhi.
"James Moriarty" - ripetè lei, con un filo di voce - "È coinvolto in questo caso.".
Holmes si raddrizzò e per un attimo il suo sguardo sembrò vagare dove loro non potevano vedere. "D'accordo, discutiamone. Accomodatevi." - disse alla fine con serietà, tornando a sedersi.
Harry, Ron e Hermione presero posto sul divano, mentre Kingsley si sedette sull'unica poltrona rimasta.
"Prima di cominciare" - disse, osservando Holmes con apprensione - "devo dirle qualcosa che potrebbe, ecco - sorprenderla".
Holmes sorrise - "Mi creda, non esiste nulla in questo mondo in grado di sorprendermi."
"Le credo, ma il punto è che - beh, non si tratta solo di questo mondo."
Holmes corrugò le sopracciglia e portò le mani a unirsi sotto il mento, come in preghiera. "Vada avanti" - disse con curiosità.
Kingsley lanciò una breve occhiata in direzione del divano e si schiarì la voce. "Vede, signor Holmes, io non sono un uomo di politica qualunque. Io sono - un mago.".
"Era la seconda spiegazione logica ai suoi abiti particolari. Quindi: un politico che nel tempo libero fa il prestigiatore, se ho capito bene?" -  rispose Holmes, evidentemente divertito.
"Non un prestigiatore. Un mago vero." - replicò Kingsley, in tutta la sua serietà.
Per un attimo fulmineo Holmes parve disorientato. Li scrutò nuovamente uno ad uno; dopo di che scoppio a ridere.
"Oh, andiamo. Questa è la trovata peggiore che Moriarty abbia mai messo in scena per attirare la mia attenzione. Ditegli di passare a prendere un tè, piuttosto, se ha voglia di giocare.".
Harry iniziava a preoccuparsi. Hermione aveva avuto ragione come sempre. Erano solo all'inizio di quella che Harry prevedeva come una lunga, lunghissima, discussione.
"Lei non mi crede." - affermò Kingsley, tentando di mantenere la sua aria sicura e autoritaria.
"È ovvio che io non le creda!" - ribattè Holmes, ancora divertito - "La magia non è reale. I prestigiatori e gli illusionisti sono semplicemente molto bravi a ingannare la mente umana, che solitamente tende a guardare, ma non a osservare con attenzione. Se le persone prestassero più attenzione ai dettagli nessuno si lascerebbe ingannare, nè dalla magia nè da altro."
Rimasero in silenzio per qualche secondo. Il Ministro col capo basso, in riflessione; Holmes con gli occhi puntati su di lui. Poi Kingsley sembrò acquistare maggiore sicurezza.
"Vuole una dimostrazione?" - propose, guardandolo fisso negli occhi.
"Mi stupisca" - disse Holmes, con falsa curiosità, sostenendo il suo sguardo.
"Se non riuscirà a dare una spiegazione logica a quello che farò, sarà costretto a credermi." - sentenziò Kingsley alzandosi e tirando fuori la bacchetta dalla manica della sua tunica.
Holmes non rispose - non sembrò nemmeno minimamente sorpreso, colpito o divertito dall'entrata in scena della bacchetta - si limitò a osservare i movimenti dell'altro, mentre Harry, Ron e Hermione assistevano in apnea.
Kingsley puntò la bacchetta su un libro abbandonato su uno degli scaffali accanto al camino, e quello prese a levitare finchè non giunse tra le sue mani; poi si voltò per esaminare l'effetto della sua dimostrazione.
"Fili da pesca" - disse immediatamente Holmes, senza fare una piega.
"Come dice?" - domandò Kingsley corrugando le sopracciglia.
"Ha chiaramente usato della lenza, del filo trasparente da pesca" - spiegò Holmes - "È così che i prestigiatori fanno levitare gli oggetti." - aggiunse, alzando un sopracciglio.
Per un momento Harry pensò che Kingsley gli avrebbe lanciato una fattura o che lo avrebbe preso a pugni, ma per fortuna lo vide ricomporsi subito e sorvolare.
"D'accordo, proviamone un'altra" - suggerì. Si guardò intorno e, questa volta, puntò la bacchetta in direzione del camino. Quando il fuoco iniziò a scoppiettare, si voltò trionfante verso Holmes, che però non sembrava essere impressionato.
"Esistono  svariate combinazioni chimiche in grado di accendere un fuoco" - disse semplicemente, senza nemmeno guardare il camino.
"E quando avrei potuto metterne una nel suo camino? O usare dei fili per far muovere quel libro?" - domandò il Ministro, che ora stava chiaramente perdendo la pazienza.
"Sono rientrato da sole due ore, mentre la signora Hudson è tornata dal mercato solo pochi minuti prima del vostro arrivo. Avrebbe avuto tutto il tempo di introdursi nell'appartamento e preparare i suoi trucchetti".
"E lei non se ne sarebbe accorto?" - insinuò Kingsley.
"Mi dispiace, ma come ho già detto non ho tempo per queste sciocchezze." - disse Holmes ignorandolo e alzandosi nuovamente per tornare al suo violino.
"E va bene" - disse piccato Kingsley, sollevando la bacchetta e puntandola sul teschio sopra al camino.
"La porta è da quella parte, ma se preferite sparire sotto un mantello non fatevi - " - il sorriso di Holmes si spense quando vide il teschio assumere le sembianze di un gatto sotto ai suoi occhi. Fece un passo indietro e il suo sguardo corse velocemente tra Kingsley, Harry, Ron, Hermione, il gatto, Kingsley e infine di nuovo il gatto.
"Ora mi crede?" - chiese Kingsley speranzoso.
"Dovete avermi drogato. Non è possibile." - disse lentamente Holmes, senza togliere gli occhi dall'animale.
"Nessuno di noi l'ha toccata, e non ha bevuto nè mangiato nulla in nostra presenza. Come potremmo averla drogata?" - ribattè Kingsley, prendendo in braccio il gatto.
"Ma certo!" - esclamò Holmes, battendo le mani - "Combacia tutto! Si è introdotto in casa prima del mio ritorno e -"
"Tocchi il gatto" - lo interruppe Kingsley, spazientito.
"Scusi?" - domandò Holmes confuso.
"Accarezzi il gatto." - insistè l'altro - "Un'allucinazione non si può accarezzare. Dico bene?"
Il sorriso di Holmes si spense definitivamente. Quell'affermazione sembrava averlo confuso abbastanza da permettersi il beneficio del dubbio. Si avvicinò a Kingsley, scrutandolo, in guardia; poi allungò lentamente una mano e non appena sfiorò la pelliccia del gatto, la ritrasse come se avesse preso una scossa elettrica.
Spalancò gli occhi e li guardò tutti - per la prima volta in quei minuti infiniti - in estrema confusione e senza parole.
"Lo so che per una mente brillante come la sua" - disse Kingsley, comprensivo - "è difficile accettare il fatto che esista qualcosa che va oltre la logica, come la magia, ma la prego di crederci - e di ascoltarci. Il suo aiuto è di vitale importanza sia per il vostro mondo che per il nostro.".
Holmes non diede segno di averlo sentito. Era rimasto immobile, con le labbra schiuse e lo sguardo, ancora sconcertato, fisso su un punto indefinito alle spalle di Kingsley. Nessuno di loro si prese la briga di interrompere l'evidente laborio che stava compiendo il suo cervello, finchè non fu lui stesso a parlare.
"La magia..." - mormorò tra sè e sè - "Potrebbe essere una spiegazione logica ai rari casi che non sono riuscito a risolvere... ma certo!" - concluse accennando un sorriso.
"Prego?" - domandò Kingsley con curiosità.
"Lasci stare, non è importante" - rispose lui evasivamente. Si sedette di nuovo sulla sua poltrona, con le mani giunte sotto il mento. "Voglio credervi." - disse con decisione - "Certo, nel mio Palazzo Mentale accadono cose di ogni genere, ma dubito che questo nostro incontro abbia qualcosa a che fare con il funzionamento della mia mente. È troppo reale. Inoltre non credo di essere tanto psicopatico - come amano definirmi - al punto di avere allucinazioni così vivide.".
"Palazzo Mentale? Ma di che accidenti sta parlando?" - sussurrò Ron, vagamente preoccupato. Hermione lo zittì con una gomitata.
Kingsley si schiarì rumorosamente la gola e sorvolò su quello strano commento. 
"Bene. Posso contare sulla sua discrezione? È importante che non riveli a nessun altro l'esistenza della magia, nè le informazioni che sto per darle."
"Solitamente le cose che dico vengono prese in seria considerazione da uno scarso numero di persone" - sorrise Holmes - "Ma non si preoccupi, nemmeno loro verranno a conoscenza di ciò che ci siamo detti oggi. Ha la mia parola".
"Bene." - proseguì Kingsley prendendo di nuovo posto sull'altra poltrona - "Posso procedere a spiegarle del nostro problema?".
L'altro annuì e il Ministro iniziò il suo racconto.
Holmes lo ascoltò con estrema attenzione, interrompendolo solo in pochi momenti in cui aveva bisogno di un chiarimento. Quando Kingsley terminò, lui rimase in silenzio per un momento, poi chiuse gli occhi e a bassa voce iniziò a fare un resoconto di quanto aveva appena ascoltato. Harry lo osservava rapito. Aveva l'impressione di trovarsi al cospetto di un celebre personaggio uscito dalla fantasia di qualche grande autore, piuttosto che di fronte ad un essere umano in carne e ossa, e qualcosa lo indusse a pensare che - nonostante si trovasse di fronte a ben quattro maghi - lui non fosse dello stesso avviso nei loro confronti. Nessun sorriso sognante, nessuna esclamazione di sorpresa; le uniche domande che aveva posto riguardo il mondo magico erano semplicemente servite a chiarire alcuni punti del loro problema, nessuna di esse era stata posta per pura curiosità. Certo, a Harry non capitava tutti i giorni di rivelare la magia ad un babbano, ma era sicuro che chiunque avrebbe reagito con una sorta di meraviglia alla scoperta - chiunque, a quanto pareva, tranne Sherlock Holmes.
 
Prima di lasciare il loro nuovo alleato alla sua musica, Kingsley lo avvertì che presto si sarebbero rimessi in contatto con lui - e gli consigliò di prepararsi alla possibile apparizione di uno di loro nel suo camino o direttamente nel suo salotto.
La donnina che aveva aperto loro la porta ricomparve proprio al momento dei saluti, domandando loro se volessero del tè con un'aria apparentemente preoccupata.
"Grazie, signora Hudson, ma i nostri ospiti stavano giusto andando via." - le rispose Holmes con un sorriso.
Anche Kingsley le si rivolse con un sorriso cordiale - "È molto gentile da parte sua, ma temo che il signor Holmes abbia ragione."
"Oh, beh, non importa allora" - fece lei, scuotendo la mano e spostandosi di lato per lasciarli uscire.
Harry seguì gli altri sul pianerottolo e poi giù dalle scale. Arrivati al piano terra, sentì la voce sommessa della signora Hudson giungere ancora dal piano superiore.
"Sherlock, va tutto bene?"
"Certo, signora Hudson. Perchè mai qualcosa dovrebbe andare male?" - si udì la voce di Holmes, parlare a voce più alta.
"Oh caro, i tuoi clienti non sono mai rimasti così a lungo! Di solito si trattengono per dieci minuti al massimo! Ho pensato di dover salire con una padella o con un battipanni, sai nel caso ne avessi avuto bisogno, ma non volevo fare una brutta figura!" - sussurrò lei.
"Non c'era bisogno di alcun battipanni signora Hudson. È il caso migliore del secolo!" - rispose lui, su di giri - "Il gioco è cominciato!".
Harry scosse la testa divertito e seguì gli altri sulla strada.
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Eccomi cari lettori! Spero che l'incontro tra i nostri maghetti e il nostro amorevole sociopatico sia stato di vostro gradimento!
Harry abita a Grimmauld Place. Nella mia storia non è fidanzato con Ginny, perchè ritenevo fosse un altro particolare inutile per la trama.
Sherlock, come mi pare di avervi già detto, non conosce ancora il dottor Watson, ma ho deciso di farlo abitare comunque al 221B di Baker Street. Che Sherlock Holmes sarebbe se vivesse ad un altro indirizzo?
Non credo ci sia molto altro da dirvi, se non una piccola anticipazione per quanto riguarda il prossimo capitolo: Draco verrà a conoscenza di un informazione che potrebbe complicare ulteriormente la questione. Tan, tan, taaan!
Fatemi sapere i vostri pareri con una recensione!
 
Alla prossima! Grazie per aver letto :-*
 
-Jean
   
 
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