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Autore: tixit    18/03/2016    4 recensioni
Sottotitolo: Quel che si fa per amore.
Una famiglia riunita per Natale, un ospite, anzi... più di uno, e un rametto di vischio.
Aggiungiamo una richiesta insolita, la prova generale di un concerto, uno slittino, delle frittelle, qualche bacio, molte chiacchiere.
Qualcuno si farà dei nuovi amici. Qualcuno dirà la sua. Qualcuno ascolterà cose che non faranno piacere.
Qualche personaggio è inventato, ma bazzica dalle mie parti da tempo per cui è come se fosse di famiglia - non serve conoscerli: li conoscerete. Oscar, André, le sorelle di Oscar (una in particolare), Madame Marguerite, il Generale, Girodelle ed i suoi fratelli, il padre di Girodelle e il fratello del Generale - ognuno con i suoi pensieri per la testa.
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Come al solito risistemo - piccole variazioni, la storia non cambia. Revisionato fino al capitolo 10
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madame Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
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Il primo bacio fu all'alba, d'estate

Monsieur Henri osservò i ragazzi attraverso il vetro spesso della finestra.
Stava ancora nevicando, ma a lui il freddo sferzante sul viso faceva piacere - era abituato alla vita all’aperto.
Piano si sfiorò la cicatrice sul volto - ammettiamolo, pensò - l'inverno non perdonava nessuno, una stagione dura che spazzava via anziani, bambini, deboli e le persone che non avevano una casa o non possedevano i mezzi per scaldarsi... quello che rendeva l'inverno bello nella sua cruda essenzialità era sapere che, volendo, lo si poteva osservare stando pigramente al calduccio vicino a un camino.

La sua seconda moglie, prendendo possesso della sua nuova casa francese, aveva voluto piantare un calicanto vicino al cancello d'ingresso. Una pianta che cresceva lentamente e fioriva in inverno, sfidando il gelo e la neve: i fiori sbocciavano sui rami prima delle foglie - apparentemente dei rami secchi - una pianta prepotentemente viva in una stagione di morte.
Non gli era affatto sfuggito l'aspetto simbolico di quel gesto, all'epoca: il calicanto era la pianta dell'affetto e della protezione. Tutti e due loro erano vedovi, e si erano scelti - non un ripiego! - perché tutti e due amavano la vita e capivano quegli spazi segreti dell'uno e dell'altra, che li avevano resi, in fondo, migliori. Erano sopravvissuti all'inverno, amandolo. E si erano fatti casa, tepore e anche fiamma, l'uno per l'altra.

Soprattutto avevano accettato e voluto in fretta dei fiori.

La sua seconda moglie non era mai stata una di molte parole. Per la nascita di Victor aveva piantato un ciliegio e per Cassandra una magnolia stellata.

Sorrise, poi osservò con maggiore attenzione i suoi cuccioli troppo cresciuti. Fiori... mah! L'unico vero fiore in quella stanza era la bambina. Forse - a lui faceva sempre venire un mente una elegante volpacchiotta dalle zampine minuscole.

Ecco dove si erano cacciati! pensò irritato, Girare per le cucine del loro ospite, ma che idea!

Ci mancava solo che adesso quei tre facessero una dormitina nel letto di Augustin, o bevessero nella tazzina di Madame Marguerite… come nella fiaba inglese che sua moglie raccontava a Cassandra, apparentemente per divertirla, di fatto per insegnarle come un‘ospite e una brava bambina assolutamente non si dovevano comportare.
Le frittelle, a quel che vedeva, già se le stavano mangiando… meglio della pappa d’avena della favola, di sicuro… che furfanti!

Ma era una irritazione tutta superficiale, perché quei tre, intenti ad ascoltare la piccoletta, gli facevano, tutti insieme, una gran tenerezza.

Victor, quello responsabile - troppo per i suoi 13 anni - stava sistemando, serio serio, i capelli della Numero Cinque. Tutto gambe e boccoli, sembrava un elegante e compito topo di biblioteca - frequentava l'Harcourt e si distingueva - anche se… no, Victor, un topolino proprio no. Nemmeno quando trotterelleva i suoi primi passi.
La dolcezza del ragazzo era per sua madre, era per Cassandra, di un paio d'anni più piccola… poi basta. Un pochino la riservava anche per la piccola Sigyn, ma accompagnata da qualche zampata “educativa”, a cui, tecnicamente, non avrebbe avuto diritto.

Lei sembrava un gattino scontroso, senza nessuna voglia di essere accarezzato. Avevano litigato? Lui si era intromesso in qualche suo gioco per riportarla, recalcitrante, all’ordine?
Di sicuro le aveva spiegato dettagliatamente tutto quello che vedeva di miope, egocentrico ed ineducato nello svanire durante un concerto privato - di Oscar, poi! L’Erede dei Jarjayes. Nientemeno!
Un crimine di lesa maestà - anche se Victor ed Oscar, in pratica, nemmeno si conoscevano… meglio così, per altro.

Scosse la testa.

Sperò che la bambina si fosse divertita, qualunque cosa avesse combinato - Victor era solo l’antipasto.

Lo sperò, ma non glielo avrebbe mai detto.

Incuriosito esaminò la cucina piccola: non era mai stato in quella parte di Palazzo Jarjayes, ma sua figlia Cassandra si; riconosceva, dai suoi racconti, uno dei regni della Numero Cinque, che stava ricevendo una impeccabile educazione di Corte - Madame Marguerite - insieme ad una impeccabile educazione campagnarde - il vecchio Antoine e le sue idee eccentriche su come dovesse vivere un uomo (e pure una donna).
A non viziarla ci pensava sicuramente Augustin, che aveva ottenuto coi suoi metodi quattro figlie silenziosissime e discrete - lui, invece, aveva sicuramente sbagliato qualcosa.

Inutile sottolineare quanto il vecchio Antoine disprezzasse Versailles, quanto la Corte disprezzasse la nobiltà di provincia e quanto Augustin disprezzasse i cortigiani inutili e i nobili di provincia ribelli.
Una corsa ad ostacoli.

Apprezzò i mazzi di erbe appesi a testa in giù e osservò divertito la ruota in alto, sul camino, per far muovere gli spiedi, tutta dipinta di blu, con la sua scaletta, azzurra anche lei.
In Inghilterra e sull'isola di Jersey era normale che ci fosse un cagnolino in cucina, che correva dentro la ruota, muovendola, così che questa, a sua volta, facesse girare gli spiedi sul fuoco. Vernepator cur - aveva pure un altisonante nome latino: il Cane Che Muove La Ruota. Li aveva visti anche in America, nelle taverne in cui si erano fermati esausti per mangiare - zampettare di cani, guaiti e latrati, cinghie che cigolavano, catene che sferragliavano - un caos che ottundeva i brutti pensieri.
Lì non c'era nessun cane e la ruota, dipinta di toni di blu, era ornata, presumeva, per quel che poteva vedere da quella distanza, da disegni di fiori. Ospitava piantine - niente cani in quella cucina. Piuttosto, vedeva una serie di congegni meccanici, di sicuro opera di Antoine-Benoit, il fratello minore del suo amico.
Si accarezzò il mento divertito: da ragazzino, ospite della loro casa in Normandia, lo aveva visto tante volte presentare orgoglioso le sue "invenzioni" mosse dal vapore o dal vento, o molle e da pesi - con quanta sufficienza lo avevano trattato, loro, quelli "grandi"!
E adesso Antoine-Benoit era uno stimato (ed eccentrico) ingegnere militare... aveva frequentato il Louis-le-Grand e aveva fatto amicizia coi Jeunes de Langues, i ragazzi che studiavano le lingue orientali, destinati a divenire interpreti - ricordava le cene con lui e Jean-Claude, intenti a spiegarsi l'un l'altro come riprodurre un certo suono la lingua la devi poggiare lì... le labbra così... no il suono viene di gola... tutti concentrati a fare versacci, come dei ragazzini, e Augustin che li osservava disgustato e poi batteva il pugno sul tavolo per riportarli all'ordine...

Bei ricordi.

A Monsieur Henri non sfuggì affatto che questo regno, dove nessun nobile avrebbe messo piede, a Palazzo, era una riproduzione del bislacco mondo normanno a cui la piccola era affezionata.
L'aveva vista, in Normandia, con il suo mazzo di chiavi da padrona della casa. I passi della piccola, al mare, avevano risuonato come quelli della sua ragazza, che non aveva mai capito il fascino delle chatelaine (imitazione civettuola per donne senza potere, di un oggetto di puro potere: le chiavi di tutta una casa, stipi ed armadi compresi).

Alla madre di Alo e Maxence quella cucina sarebbe piaciuta, decise, con i suoi girarrosti meccanici e i rametti di pungitopo nella brocca.

E la madre di Victor e Cassandra ne avrebbe apprezzato l'ordine e la funzionalità.

Tutte e due, invece, avrebbero avuto qualcosa da dire sull'evidente amore della piccola per le cose frivole. E per come si impiastricciava i capelli - così carini, pensò, ora che erano al naturale... proprio una volpacchiotta.

Tornò a osservare i ragazzi: Alexandre - Alo - di sicuro stava precisando qualcosa nel racconto della piccola… Lingua di Vipera - era ora che si togliesse questa idea che gli altri fossero quasi tutti scemi o, prima o poi, lo avrebbe trovato uno disposto a tirargli un pugno in faccia. Cinque anni più di Victor, aveva lasciato l’aria sgraziata dell’adolescenza dietro le spalle definitivamente - quasi definitivamente - uno spilungone, con quegli occhi quasi trasparenti, impossibili da leggere, il passo dinoccolato da marinaio

Quanto a Maxence, il Poeta - Monsieur Henri sogghignò - sei anni più del minore, quasi sette, una passione per tutto quello che era folle e spericolato e… una bella dose del non detto di sua madre. Era stato sempre il più difficile da tenere a freno e il più facile da punire - prendeva molto sul serio i suoi sbagli e non cercava mai scuse.

C’era troppa differenza di età tra questi due e la bambina per una amicizia vera, eppure i gesti… oltre al cameratismo, i suoi due lupi sembravano davvero interessati a quello che quella piccola volpe elegante stava narrando.

Si accorse del livido sulla fronte della piccola e gli spiacque. In cosa l’avevano coinvolta? E perché poi? Quei due da piccoli avevano sempre cercato di escludere Victor dai loro giochi, una cosa normale, erano i “grandi”, loro due. Quelli che “sapevano le regole”, baravano e le dettavano a modo loro.
Mentre Victor, tranquillo, non demordeva mai, certo di avere il diritto di fare esattamente tutto quello che facevano i suoi fratelli, pure meglio di loro, nonostante l’età…

Rivalità a parte, però, quei due, in fondo, erano contenti di insegnare al minore quello che sapevano. O che credevano di sapere.


Ma la Numero Cinque?
Perché si erano portati dietro a fare qualche corbelleria la piccola? E cosa altro si era fatta oltre ad un livido sulla fronte?
 

Sigyn, Sigyn, pensò tra sé, se ti ammali sono guai… da piccolina una influenza invernale la atterrava: brutte febbri e brutte tossi...

Sigyn dai molti nomi, tutti che spiacevano ad Augustin: non ne aveva scelto nemmeno uno, a braccia conserte in quella stanza, mentre Jean-Claude proponeva imperterrito la sua lista, ogni nome una pugnalata, compreso l’ultimo: Désirée, la desiderata. Ricordava benissimo lo sguardo di Augustin, carico di odio che sembrava dire che lui, quello che era successo, non lo aveva desiderato affatto!

Il ricordo del giorno in cui la bambina era nata lo fece sentire a disagio.

Era arrivata prima del suo termine, una notte senza luna, di venerdi - erano corsi ad avvisare Augustin e lui, Henri, era andato a prendere il medico - del tutto inutile.
Avevano trovato Madame Marguerite con due occhi enormi nel volto, pieni di apprensione e di paura. Come un condannato in attesa di giudizio, aveva pensato allora, perplesso.
La piccola… un gattino, con un respiro flebile flebile, come delle fusa - non piangeva nemmeno, come se pure quello fosse troppo faticoso… Monsieur Henri non aveva mai visto una neonata così minuscola: i suoi figli erano stati tutti lunghi e robusti, perfino Cassandra, l’unica femmina... certi pianti che sembravano urla di guerra.
Osservandola gli era sembrato che Madame Marguerite e Augustin, due divinità alte e dorate, avessero generato un topolino pallido coi capelli rossi, una di quelle bimbe delle favole, nate da una coppia che non poteva avere figli e che piantava semi magici in qualche giardino, con risultati sorprendenti.
Le orecchie piccoline gli erano parse solo abbozzate, come un ritratto ancora da finire, la pelle lucida... e Augustin aveva sentenziato che quella non era una bambina, che era solo un feto, grumo di sangue appena sbozzato, perché vestirla come una bambina? Uno scherzo crudele e di pessimo gusto! Che non osassero metterla in braccio a Marguerite... quella “cosa”! Sua moglie non stava già soffrendo abbastanza? Aveva appena perso il figlio che portava in grembo!

Il medico aveva sentenziato che non avrebbe succhiato ed inghiottito: sarebbe morta soffocata da un rigurgito o, semplicemente, avrebbe smesso di respirare, quando per lei sarebbe diventato troppo faticoso. Questione di giorni.

Marie, sbrigativa, aveva parlato di misericordia - se solo fosse stato inverno… esporla al freddo della notte… piuttosto che lasciarla morire lentamente di fame.

E allora soffocatela, che ci vuole? se davvero pensate che non sia una bambina… stringetele il nasino e tappatele la bocca! Non mi pare tanto difficile! Ancora ricordava il ruggito di Jean-Claude, carico di disprezzo per tutti loro.

Lui aveva respirato di sollievo - aveva avuto Cassandra solo sei mesi prima... e se lì ci fosse stata Cassandra? se Cassandra non fosse nata lunga e forte, con quel pianto che ti trapanava il cervello, cosa avrebbe fatto? Non avrebbe mai, aveva pensato, mai!
Ma una agonia dolorosa, alla sua bambina?

Il punto era che Augustin non vedeva una “bambina”… vedeva qualcosa che avrebbe potuto, forse, essere una bambina, ma che non lo era stata e non lo sarebbe stato mai. Inutile far illudere sua moglie, lasciare che si affezionasse, per poi farla soffrire.
E quando Augustin si impuntava su una cosa, non c’era verso di smuoverlo.

Fu allora che vide Horthense, bionda e delicata, seduta in terra ai piedi del letto. Li stava fissando, lo sguardo attonito.

L’aveva presa per mano per portarla fuori - non era giusto che stesse lì, a sentir parlare di sua sorella in quel modo.

La bambina, con le mani raccolte in grembo, lo stesso gesto fin da piccola, quello che le aveva visto fare nella sala, gli aveva chiesto seria seria “E’ perché è femmina, vero?”

“Oh no, tesoro, no!”

Ma la bambina, era stato palese, non gli aveva creduto: “Hanno affogato i gattini in un secchio,” gli aveva detto, una volta che si erano spostati nella stanza accanto, la porta chiusa dietro di loro, come se gli confidasse un segreto, “tutti i gattini femmina perché sono inutili: mangiano, ma non sono veloci come i gatti maschi e poi fanno i piccoli, troppi e qualcosa bisogna fare…” A Monsieur Henri era sfuggita una imprecazione.
“Ho sentito le zampine grattare contro il secchio…” ma chi aveva fatto una cosa del genere con vicino una bambina? si chiese sgomento… la vita era già dura per tutti senza doverla complicare per forza - chi aveva fatto una cosa del genere davanti ad Horthense… il rumore delle zampine, Santo Cielo! Era la figlia di Augustin, accidenti! Un po’ di riguardo...
Pensò al tamburino ucciso in battaglia e gli si strinse il cuore - un ragazzino - la guerra è dappertutto, pensò. E l'inverno non finisce mai.

Fu la domanda successiva che lo spiazzò completamente “Affogheranno anche lei?”

“No, assolutamente no.”

La bimba si era subito allontanata da lui, bollandolo come bugiardo, gli era chiaro “Oh si, assolutamente si!” aveva detto seria, “in una casa ben gestita quelli che non servono non possono aumentare ed aumentare… io sono stata molto fortunata perché ero la prima. Lei è la numero cinque e non è affatto quello che nostro Padre voleva.”
 

Henri rabbrividì - nessuno si chiedeva mai cosa volesse dire “essere Horthense”, nemmeno lui. Ma Horthense li aveva giudicati tutti - demoni che affogavano gattini e bambine per una buona gestione delle risorse di una casa. In fondo avevano parlato tranquillamente di esporla al freddo della notte - davanti alla bambina, Santo Cielo! Ma cosa erano diventati tutti loro in poche ore?

Era stata Horthense che aveva sussurrato “Se lo zio Jean Claude la vuole io credo che potrebbe prenderla lui. Poi quando sarò grande la prendo io. E’ l’Ultima Femmina… E io sono la Prima, tocca a me.”

Jean Claude era uscito ed aveva sentito.

Un uomo di Chiesa non è marito si ricordò di aver pensato. Ma padre? Sarebbe stato imbarazzante per un sacerdote occuparsi di una bambina con i capelli del suo stesso colore? Ma Jean-Claude, tra le persone che conosceva, era l’ultima interessata a preoccuparsi delle chiacchiere della gente.
Poi veniva il vecchio Antoine. E infine il giovane Antoine-Benoit.

 

La rabbia di Augustin e l’ostinazione di Jean Claude e il rumore della moneta gettata sul tavolo… il Battesimo affrettato… tutti ricordi su cui non si voleva soffermare.

 

Marguerite aveva accettato la decisione di suo marito - sembrava non riuscire a riprendersi dall’idea  che le cose erano andate storte, se ne stava lì schiantata come se avesse commesso il più abominevole dei peccati.
Ma quale peccato, Monsieur Henri non lo capì: non avere partorito un maschio, o avere dato vita ad una “cosa” abominevole, una caricatura di bambina - un abbozzo, pensò lui, sarebbe stata uguale ad un neonato ad agosto, perché in fondo, adesso, non lo era. Era una gemma su un ramo, ma chi lo aveva detto che non poteva essere un fiore, al giusto momento?

Aveva detto a bassa voce a Jean-Claude che la sorella della balia di Cassandra aveva avuto una bambina da poco… una donnona, cicciottella, molto dolce, pulita… se voleva, stasera stessa…
All'alba quei tre erano partiti per la Normandia, dal vecchio Antoine - un viaggio insensato di morte, secondo Augustin, che nemmeno li aveva salutati. Un uomo tutto d’un pezzo.

Prima di andare via Jean-Claude aveva messo la piccola in braccio ad Horthense, le aveva raccontato che presso gli antichi Romani il riconoscimento di un bambino, il dire che apparteneva ad una famiglia, richiedeva che il piccolo venisse preso in braccio e poggiato sulle ginocchia. Horthense, tutta seria, aveva annuito - qualcuno doveva stare dalla parte delle femmine aveva sussurrato, e poi, d'impulso, aveva baciato Sigyn Margot. Il suo primo bacio.

Poi erano successe tante altre cose. I fratelli muro contro muro per dispetto, domande non poste, risposte non ascoltate, un altro lutto... Marguerite che era come scivolata via… Non era stata colpa di nessuno, decise, solo una serie di tragiche coincidenze. Per fortuna che ad un certo punto era successa Oscar - Oscar aveva riportato la pace. E dopo Oscar… si ricordò di Sigyn nella chiesa che ostinata cercava Jean-Claude, tutta quieta.

Ma neanche quello importava, perché adesso eccola lì, la volpe rossa, in mezzo ai suoi figli, che teneva banco raccontando qualcosa, tutta vestita di verde, con quei capelli di fiamma. Lucky Number Five come la chiamava Antoine-Benoit prendendola in giro.
Gli sarebbe piaciuto entrare e sentire che stava narrando, ma sapeva che avrebbe solo rovinato la festa a quei quattro.


Avevano sbagliato tutti quella notte: la scienza del medico, la saggezza popolare di Marie, l’orgoglio razionale di Augustin, che in fondo voleva solo proteggere Marguerite, l’obbedienza (il fatalismo?) di Marguerite, che era sempre stata una buona moglie, la dea della fedeltà, il suo silenzio, di pessimo amico che non si era voluto immischiare… tutti avevano sbagliato, tranne Jean-Claude.

Sperò che nessuno glielo avesse mai raccontato di quella notte a Sigyn - Augustin di certo no, lo sapeva - ma tutti i bambini ad un certo punto chiedono del giorno in cui sono venuti al mondo, cosa è successo, cosa è stato detto, cosa si è pensato… come erano appena nati, cosa facevano di buffo... chissà Jean-Claude cosa le aveva narrato…

Sperò, soprattutto, che Horthense, di quella notte, non ricordasse assolutamente nulla.

  


L'angolo della pedante petulante: Monsieur Henri non ha cercato un ripiego, ma un buon incastro con cui avere tepore e anche fiamma - ci sarà voluto del tempo  - la seconda Madame de Girodelle non è di certo la copia della prima e nessuno le ha mai chiesto di esserlo. Da qui l'idea un po' bislacca del Girodelle adulto che i matrimoni funzionano pure con qualche ricordo ingombrante alle spalle, se uno lo vuole sul serio. Alla fine il calicanto fiorisce davvero in inverno (sulla fecondazione non ho proprio idea).

Lei, in questo universo, è inglese, un bel po' rigida, austera ed è appassionata di giardinaggio e giardini - e ricami.

Al Louis-le-Grand studiò Diderot, era tenuto dai Gesuiti ed era, per molti, gratuito.
Montesquieu, Perrault e Talleyrand studiarono a l'Harcourt.
Cartesio a La Flèche.
Le Quatre Nations era solo per gentiluomini di alcune regioni della Francia - era stato fondato da Colbert che aveva seguito le disposizione testamentarie di Mazarino e aveva una biblioteca rinomata e aperta al pubblico.

Al Louis-le-Grand c'era anche la scuola di lingue orientali per preparare i "drogman" cioè gli interpreti:  studiavano turco, arabo e persiano ed avrebbero accompagnato diplomatici ed ambasciatori. I professori della scuola erano i segretari - interpreti del Re.
Antoine-Benoit e Jean-Claude dividono questo amore per le altre culture, ed è per questo che Antoine Benoit conosce le poesie di una poetessa araba andalusa, e non solo. Quanto a Sigyn, che studia spagnolo di nascosto (dal Generale, ma in Normandia direi proprio di no: ha chiesto e le è stato fornito quanto necessario, direi - il Nonno ha le sue idee su come deve crescere una donna e a Jean-Claude e ad Antoine-Benoit fa sicuramente piacere se la piccola si interessa di cose a cui si interessano loro), legge i libri che trova in casa - come spesso capita - e fa interessanti scoperte.

Studiavano i borghesi. Studiava anche l'élite aristocratica, quella che non si divertiva soltanto, ma cercava posizioni di potere - i Lamoignons, Malesherbes... non erano "cortigiani" amici di amici (o non solo quello) ma gente con una solida preparazione (secondo le convenzioni della loro epoca, ovviamente - di certo non studiavano informatica).  L'accademia militare non era la sola opzione.
Per contro Lauzun disse sempre di essere stato educato "sulle ginocchia delle dame di Corte". 

Sui collegi per ragazze so poco: di moda in una certa parte del secolo, meno di moda dopo, non tutte li frequentavano. Il Saint Cyr, per quel che ho letto, era per fanciulle impoverite con una nobiltà di almeno 140 anni e niente dote - preparava mogli per la nobiltà di campagna e le dotava.

Il cane da cucina esisteva veramente, chi si vuole divertire cerchi Turnspit Dog.

I nomi dati a Sigyn erano regali per la bambina: Jean-Claude non è un disgraziato che vuole fare un dispetto al fratello chiamandogli la figlia che sta morendo "Desirée", cioè Desiderata... pensa che se la piccola vive, visto che non ha iniziato proprio bene bene, è giusto che abbia dei nomi che le dicano che lei vale. In fondo Jean-Claude ha raccontato la favola del vischio a Marguerite solo poche ore prima e sa che la bimba era stata davvero desiderata e concepita nella dolcezza. Vorrebbe che Marguerite se ne ricordasse, ma Marguerite... comincia a non starci più con la testa, diciamo...

Nemmeno il Generale è "cattivo": ha visto una cosa, ha tratto le sue conclusioni e ha immaginato un finale. Pensava che la sua soluzione fosse quella giusta. Se fosse andata come pensava lui... la figura del pazzo impiccione senza un briciolo di sensibilità l'avrebbe fatta Jean-Claude. Potere del caso.

La piccola è nata alla settimana 33. Sarebbe dovuta nascere a fine luglio / inizio agosto. Vive in campagna e fa i suoi conti pure lei... 'sto grande amore sbocciato a inizio novembre / fine ottobre tra Laufey e Farbauti... mah! L'idea di qualcuno messo in una culla e portato in un posto più caldo... le rune della protezione... fa una grande insalata di miti e sue fantasie personali.
Però i conti li sa fare - la educano a gestire una casa di cui fa parte una fattoria - e sa farli anche Victor, che giustamente si chiede chi diavolo sia questo Farbauti nella fantasia di Sigyn, così convinta che Loki non sia affato un Aesir, ma solo uno Jotun in visita di cortesia...  

Horthense è un pochino matta - come del resto un po' tutti in quella disgraziata famiglia, anche se difficilmente se ne rendono conto. 

   
 
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