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Autore: Ace of Spades    18/03/2016    8 recensioni
"Ogni persona al mondo nasceva con quella sorta di orologio tatuato e su cui inevitabilmente scorrevano le ore. Non si sapeva quando era iniziato, si sapeva solo che non appena incontravi la persona a cui eri destinato il tempo si fermava e le ore si bloccavano.
Ora 0
Minuto 0
Secondo 0
L’ora x che tutti attendevano, nessuno conosceva il giorno o il momento esatto, ma sarebbe accaduto prima o poi.
Eustass Kidd non credeva in quelle cazzate sul fato o sull’essere predestinati.
Il suo ancora scorreva silenzioso, portandosi dietro secondi e minuti della sua esistenza senza che cambiasse qualcosa.
(...)
Un paio di occhi azzurri come il ghiaccio si piantarono nei suoi e il mondo si fermò, come se qualcuno avesse spinto il tasto pausa sul telecomando.
Il respiro si bloccò e un leggero prurito si diffuse sul polso.
Su quel polso.
Tre zeri si stagliavano sul suo contatore.
“Piacere, Trafalgar Law”
“Piacere un cazzo”
-
Soulmate AU con tante, troppe coppie (KiddLaw, DoflaCroc, MarAce, KillerPenguin, MihawkShanks, ZoSan)
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro, Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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VI











 

Crocodile sospirò passandosi una mano tra i capelli.
Quella volta non poteva incolpare nessuno se non la sua stupidità e la pietà che aveva provato per Rocinante.
Dato che non sentiva da giorni Doflamingo, aveva deciso di andare a controllare che non stesse fabbricando una bomba o peggio, e si meravigliò quando lo trovò seduto sul divano a giocare col Nintendo.
Invece vide il fratello minore del fenicottero in un angolo a piangere, alternando frasi sconnesse tra un singhiozzo e un altro, ma il senso era che gli mancava Law.
Ora, di tutto si poteva dire di Crocodile, poteva essere uno stronzo, un cinico figlio di puttana e un opportunista, ma di sicuro non era stupido.
E la situazione era decisamente strana.
Doflamingo fischiettava.
Il che voleva dire solo una cosa: aveva già programmato la fine di Eustass Kidd.
Rivolse uno sguardo scocciato a Rocinante ed estrasse il telefono; già si pentiva di quello che stava per fare.
Dopo una mezz'oretta - in cui scoprì di trovare molto più inquietante un Doflamingo tranquillo che uno arrabbiato - suonò il campanello ed invitò il minore dei Donquixote ad andare ad aprire.
L’uomo si soffiò il naso e si diresse verso la porta, spalancandola.
“Cora-chan! Zero-chan mi ha detto che sei giù di morale, non ti preoccupare, ora ti porto a fare shopping!”

Sul volto di Rocinante si aprì un sorriso enorme, trovandosi davanti Bon Clay - o come lo chiamava Crocodile ‘Mister Two’ - che gli porgeva un fazzoletto profumato alla lavanda.
Doflamingo sorrise scimmiottandolo e sussurrando un “Zero-chan” che non sfuggì al moro, il quale non mancò di tirargli uno scappellotto prima di raggiungere i due sulla porta, ignorando le risate del Donquixote più grande.
“Davvero? Beh, in effetti mi servirebbe un po’ di distrazione”
“Ottimo, divertitevi” commentò Crocodile facendo per allontanarsi ma venendo fermato dalle mani dei due uomini, che lo afferrarono per i polsi.
“Divertiamoci volevi dire” disse Rocinante.
“Dai Boss, anche a te serve staccare la spina”
Doflamingo continuava a ridere e in effetti non poteva dargli torto.

In quel momento, appoggiato al muro dell’ennesimo negozio in cui lo avevano trascinato, capì cosa volesse dire desiderare una pallottola in testa.
Fosse stato armato si sarebbe suicidato.
“Bon-chan secondo te questo maglione si abbina ai pantaloni?”
“Ma certo sciocchino! E prova pure questa camicia, ti starà d'incanto”


Magari se tiro una testata contro il muro abbastanza forte perdo i sensi.


Dopo quaranta minuti di pura sofferenza uscirono anche da quel negozio e si ritrovarono nella strada principale, piena zeppa di gente.
“Ed ora trucchi!”


Peggio di così non può andare.


“Ma guarda chi si vede! Ciao zuccherini, come state?”
“Iva-chan! Che bello incontrarla qui”
“Salve Ivankov”
“Tesorino, chiamami pure Iva. Buongiorno Croco-boy, come stai?”

Crocodile guardò l’uomo con una buffa capigliatura violacea, il trucco pesante e il rossetto e sbiancò.
No.”

“Croco-boy dai non te ne andare”
“Zero-chan, su non fare così”
“Crocodile, non fare lo scorbutico e vieni con noi”

Ora, vista da un punto di vista esterno, la scena doveva risultare abbastanza paradossale: un uomo vestito di tutto punto che cercava di allontanarsi da un trio molto singolare, che non aveva intenzione di lasciarlo andare via e lo tirava per i polsi o per le braccia.
Ma se, come lui, si conosceva la personalità delle persone in esame, era ancora tutto ancora più divertente, per quello Doflamingo scoppiò a ridere, rivelando la sua posizione a Crocodile.
I tre lasciarono immediatamente la presa quando videro lo sguardo omicida sul suo volto.

Aah, l’amore~” commentò Ivankov; Rocinante scosse la testa sconsolato e Bon Clay annuì, dandogli ragione.
Girarono i tacchi diretti verso Sephora, mentre alle loro spalle il moro stava strangolando Doflamingo con un collant rubato dalla sporta del suo sottoposto.


 

-

 

“Mettiti nei miei panni! Avresti riso anche tu”
“In realtà speravo che qualcuno mi facesse saltare i nervi, almeno con un omicidio ci si calma sempre”
“Sei affascinante anche con un collant in mano”
“Non fare il leccaculo”
“L’adulatore è colui che nutre il coccodrillo, sperando che lo mangi per ultimo.”
“E questo detto da dove ti esce? A volte mi sorprendo che tu sappia pensare”
“È un vecchio proverbio, ma ci casca a pennello”
Crocodile sorrise.
“Potrei divorarti anche adesso”
Doflamingo, che era riuscito a scampare all’ira del moro e a trascinarlo in un bar, si appoggiò allo schienale della sedia mentre sul suo volto svettava un ghigno perverso.
“Croco-chan, siamo in un luogo pubblico, cerca di controllarti”

L’altro alzò gli occhi al cielo e si portò la tazzina alle labbra; il biondo sapeva che per calmare la sua dolce metà servivano tre cose: caffè, fragole e nicotina.
Se era particolarmente incazzato tutte e tre, ma in quel caso sembrava essersela cavata con una.
“Ho bisogno di fumare”

No, due.

Uscirono dal bar e Crocodile si accese un sigaro espirando una boccata subito dopo. Doflamingo non aveva mai amato particolarmente l’odore del fumo, ma da quando stava con quell’uomo aveva cominciato ad apprezzarlo.
Avrebbe saputo riconoscere tra mille il profumo dei suoi sigari, che aveva imparato ad amare in quanto collegati alla figura del coccodrillo.
Quando sentiva l’odore della determinata marca che fumava l’altro si agitava sempre.

Lo sguardo gli cadde sull’orecchino d'oro che il moro portava al lobo destro e sorrise sfiorandosi il suo; era stato un regalo di anniversario di qualche anno prima, una cosa terribilmente stucchevole comprare una coppia di orecchini e regalarne uno a Crocodile.
Ma Doflamingo era sempre stato quello romantico nella coppia, e per romantico si intende sia nel senso di ‘dolce, sentimentale’, sia la persona che ti fa trovare dildi o gag-bag sul letto.
Non c'era una via di mezzo.
Il fenicottero sapeva che Crocodile non era tipo da smancerie di quel genere, infatti si era sorpreso non poco quando lo aveva visto indossare l’orecchino.

Perso com’era nei suoi pensieri non si accorse che l’uomo di fianco a sé aveva finito di fumare e lo stava fissando.
“Sapevo che prima o poi ti sarebbe morto anche l’ultimo neurone”
Il biondo si riscosse e sorrise, poi lo abbracciò stringendolo abbastanza forte senza però fargli male.
“Evidentemente oggi vuoi morire”

Per quello lo stringeva, se gli avesse lasciato la possibilità di muoversi sapeva che lo avrebbe ucciso.

“Sei un rompiscatole”
A quel punto Crocodile sbuffò rassegnato e  aspettò pazientemente che la dose di glucosio nel sangue dell’altro tornasse a livelli normali.
“Ti stacchi?”
Doflamingo sorrise di nuovo e lo lasciò, circondandogli le spalle con un braccio e cominciando a camminare.
“Allora dove andiamo?”
“Tu lontano da me”
“Pensavo più ad una gelateria dove fanno il gelato alla frutta coi pezzi interi dentro”
“...Se proprio dobbiamo”

Il biondo sorrise vittorioso.
“Tsundere di merda”
“Imbecille daltonico”

 


-
 


Shanks fissò incuriosito uno Zoro particolarmente distratto andarsene in camera e chiudere la porta.
Gli angoli della sua bocca si alzarono; forse non avrebbe avuto più bisogno del suo aiuto, o della sua curiosità.
“Rosso smettila, sei inquietante”

L’uomo si riscosse e si voltò a guardare Mihawk seduto sul divano con un libro sulle gambe.
“Di fare cosa?”
“Lo sai”
Shanks sbuffò divertito e si sedette di fianco a lui, molto vicino nonostante avesse tutto il divano a disposizione, cosa che non sfuggì all’altro.
“Spostati”
“No”
“La mia non era una domanda”
“E a me non interessa”

Il moro chiuse il libro e lo appoggiò sul tavolino di fianco.
Finalmente riuscì ad avere lo sguardo di ghiaccio concentrato su di sé.
“Cosa vuoi”
Il rosso prese un bel respiro e gli saltò addosso, facendolo sdraiare sul divano e posizionandosi sopra.
Aveva visto che Mihawk si era tolto la collana a forma di croce che nascondeva un pugnale e quindi ne aveva approfittato.
L’altro capì di aver fatto un errore a toglierla.
“Pensi che non ti possa uccidere senza armi da taglio?”
“Penso che se non sono io a fare la prima mossa tu non la farai mai”

Non era strano che si scambiassero effusioni quali baci o abbracci, anche se la maggior parte delle volte era Shanks a forzare Mihawk finché l’altro non cedeva.
Solo un paio di volte si erano spinti oltre, forse a causa dell’alcool che avevano in corpo, ma quando il giorno successivo si erano svegliati nello stesso letto, nudi e con succhiotti un po’ ovunque, il moro aveva fatto finta di nulla.

“Tu mi ignori”
“Ci provo ma a quanto pare non riesco dato che necessiti di costante attenzione. Tanto valeva prendere un cane”
“Se vuoi che cominci ad abbaiare e a leccarti il collo potevi dirmelo prima”
Il moro gli rivolse uno sguardo di ghiaccio che lo fece sospirare di frustrazione.
Shanks si alzò mettendosi in piedi.
“Ti lascio leggere, esco” disse sparendo dalla sua visuale e sentendo poco dopo chiudersi la porta di casa.
Qualcosa dentro di lui reagì a quel rumore e si incrinò.

Prese in mano il libro e tornò ad immergersi nelle pagine.

 

Zoro sentì una porta sbattere e si svegliò; si era messo a sedere un attimo sul letto e si era addormentato.
Andò in cucina e si versò un bicchiere d'acqua, poi si diresse in salotto e trovò Mihawk sdraiato sul divano con il solito cappello calato sugli occhi e un libro per terra.
“Dov'è il Rosso?”
Nessuna risposta.
“Io vado al dojo”
A quel punto l’uomo sollevò il cappello nero dalla penna bianca e lo fissò alzando un sopracciglio.
Zoro abbassò lo sguardo ringhiando.

Qualche minuto dopo erano fuori di casa e camminavano diretti alla palestra.
Erano quasi arrivati quando il ragazzo dai tre orecchini si fermò ed indicò un punto dall’altra parte della strada.
“Ma quello è Shanks”
Mihawk si girò e i due spadaccini rimasero per quasi un minuto a guardare l’uomo dai capelli rossi parlare con una donna di spalle dai lunghi capelli rosati raccolti in una lunga treccia.
Sorridevano e chiacchieravano tranquillamente; quando Shanks le prese una mano, il moro distolse lo sguardo e ricominciò a camminare, seguito quasi immediatamente da Zoro.
Aveva la mente talmente chiusa che non si accorse dello sguardo preoccupato che gli rivolse il ragazzo.
Quel giorno si immerse totalmente negli allenamenti, ma Zoro non riuscì a farlo; nonostante fosse il suo eterno rivale vederlo in quello stato non gli piaceva.
Per tutti non aveva niente di strano, sempre freddo e distaccato nessuno avrebbe notato la minima differenza, ma lui non era uno dei tanti.
All’ennesimo colpo subito decise di fare una pausa.
Andò negli spogliatoi ed estrasse il telefono.


“Cuoco di merda, stasera mi ospiti”
“Ti ho ospitato anche tre giorni fa, Marimo”
“Questa volta è diverso”


Sanji, sentendo la voce leggermente bassa dell’altro, appoggiò la frusta sul piatto.
“Va bene, quando hai finito gli allenamenti ti vengo a prendere”
Era strano sentire Zoro non prenderlo in giro ma acconsentire, sembrava quasi che qualcosa lo preoccupasse.
Rimise il telefono in tasca e ricominciò a montare l’impasto.
“Tutto bene Sanji?” chiese Zeff notando il suo sguardo distratto.
“Eh? Ah, sì, tutto bene”
Detto questo tornò a concentrarsi; la risposta l’avrebbe avuta quella sera.

 

Disse a Mihawk che dormiva da un amico ed ottenne come risposta un cenno.
Si posizionò la sacca sulla spalla ed uscì, venendo investito dall’aria fredda della sera e dalla puzza di fumo.
“Yo”
Si girò e trovò il biondo in piedi ad attenderlo; senza dire una parola lo seguì.
Il tragitto fu silenzioso, di certo Sanji era curioso di sapere cosa lo turbasse, ma sapeva anche che doveva dargli i suoi tempi, quindi aspettò di essere a casa sua - che quella sera era deserta - e si mise ai fornelli per preparare la cena ad entrambi.
Una volta seduti uno di fronte all’altro e con lo stomaco pieno, Zoro si attaccò alla bottiglia di sakè.
“Sei l’ultima persona a cui chiederei un consiglio, ma dato l’argomento delicato non saprei a chi altro rivolgermi”
Così dicendo cominciò a raccontare.
Sanji aspettò la fine della storia e capì finalmente il senso delle frasi dello spadaccino.
Era incredibile che quel cretino si stesse preoccupando per l’uomo che era da sempre il suo obiettivo, ma lui sapeva che in fondo, nonostante tutto, quei due si volevano bene.
Probabilmente molto in fondo, tanto in fondo, terribilmente in fondo.

“Ho capito” rispose “Se vuoi un mio consiglio, che ovviamente non ascolterai, per me dovresti lasciare stare”
“Aspetta, come-”
“Come faccio a sapere che avevi intenzione di parlare con Shanks? Perché sei irruento e non usi il cervello. Sono adulti, sanno risolvere i loro problemi.”
Zoro tacque abbassando lo sguardo e immergendosi nei suoi pensieri.
“Ma” continuò il biondo ottenendo la sua attenzione “una mano non fa mai male” concluse porgendogli una bottiglia scura.
“Che cosa sarebbe?”
“Sakè”
“Questo lo vedo, e perché dovrebbe essere utile?”
“L’alcool aiuta a sciogliere la lingua. E poi questo sakè è invecchiato di parecchi anni, ha una gradazione altissima, ne basterà un bicchiere”
“Vuoi farli ubriacare”
“Non credo si ubriacheranno per questo, ma di sicuro cominceranno a parlarsi e no, non puoi berlo” commentò togliendogli la bottiglia da sotto il naso dopo aver visto il suo sguardo brillare.
“Solo un goccio”
Sanji sbuffò e ne versò il contenuto in un bicchierino.
“Poi non dire che non ti avevo avvertito” disse mettendo la bottiglia al suo posto mentre Zoro faceva sparire il contenuto nella sua bocca.
“Cazzo, è buono”
Il biondo sorrise.
Poco dopo decisero di guardare un film horror per passare il tempo; misero il computer di fronte e si sedettero per terra.

“È ovvio che muoiono tutti se si separano!”
“Cuoco non farti coinvolgere troppo”
“Tu saresti il primo a morire”
“Chiudi la bocca stronzo”
Avrebbe continuato ad insultarlo se solo non avesse visto un ragno sul pavimento avvicinarsi alle sue gambe.
Sanji non aveva paura di nulla, ma se c'era una cosa che gli faceva schifo erano gli insetti e gli aracnidi.
Per quello saltò come una molla finendo in braccio a Zoro e cominciando a pronunciare frasi sconnesse.
Lo spadaccino, non aspettandosi una tale reazione, venne colto impreparato, riuscendo per miracolo a non perdere l’equilibrio e cadere di schiena.
Si girò a fissare l’animaletto che si allontanava ed aspettò che Sanji smettesse di tremare e di ripetere le parole ‘schifo’ e ‘uccidilo’ e si rendesse conto di essergli seduto sopra con le braccia attorno al suo collo e il volto sulla sua spalla.
Gli circondò i fianchi e sentì il biondo tossire.
“Ora puoi anche sfottere”
“E perché dovrei? Hai solo urlato come una ragazzina e mi hai abbracciato, nulla di cui vergognarsi”
“Stronzo” sibilò mollandogli una tallonata sulla schiena, rendendosi conto per la prima volta della posa equivoca in cui si trovava.
Zoro gli morse la spalla ed infilò le dita oltre l’elastico dei pantaloni, posizionando le mani sul fondoschiena dell’altro.
“Ehi, ti ho già detto che la volta scorsa è stato un errore”
“Lo hai detto anche la volta prima”
“E lo dirò anche questa volta”
Zoro sorrise.
“Se ti fa sentire meglio, cuoco idiota. Ti farò ammettere che ti piace quando ti fotto”
“Ti metterò della belladonna nel sakè la prossima volta”
“Possibile che pensi sempre alle donne?”
“Quanto sei stupido” 
“Puoi ripetere?”
“Stupido, cretino, deficiente”
“Oh, guarda dov'è finito il ragno”
Sanji fece quasi un salto.
“Ah, no, errore mio”

Si guardarono negli occhi per qualche secondo e cominciarono a picchiarsi subito dopo, intervallando pugni e calci a baci e morsi e finendo per ripetere quell’errore ancora una volta.
Per il momento Sanji preferiva pensare che andasse a letto con l’altro per semplice voglia, il fatto che gli venisse solo quando ce lo aveva di fianco era un’altra questione.



 

-


 

Kidd non fu mai grato al suo capo come quel giorno; Franky gli aveva proposto di riparare una vecchia Berlina blu e lui aveva acconsentito subito.
L’alternativa era quella di tornare a casa e solitamente non ci avrebbe pensato due volte a rimandare al giorno dopo un’auto tanto impegnativa, ma se nel suo appartamento si trovava quel dottore maniaco la questione cambiava.

Stava lavorando da un po’ a quel motore senza venire a capo di cosa fosse che aveva fatto saltare l’alimentazione. Trattandosi di una macchina vecchia, aveva molti fili in più e appena scopriva a cosa serviva uno ne trovava tre di nuovi.
Arrivò ad un punto che pensò si moltiplicassero al momento.
Tra un commento rivolto ai suini e a qualche santo, non si rese conto dello sguardo divertito del suo capo, che si avvicinò non appena vide l’olio nero uscire a fiotti dal motore e inondarlo da capo a piedi.

“Kidd, sbaglio o oggi sei un po’ meno suuuuper del solito?” chiese porgendogli un fazzoletto.
“Non ho dormito bene” tagliò corto il ragazzo; di certo non poteva dirgli che aveva un cazzo di dottore che gli faceva attacchi notturni e gli ficcava le mani tatuate nei pantaloni.
“Capisco, allora perché non vai a casa a riposare?”
“Perché il mio problema mi aspetta a casa a braccia aperte” ringhiò, riuscendo a trattenersi dall’aggiungere ‘anche a gambe aperte’.
Franky lo fissò e annuì.
“Problemi con la tua metà? Allora prenditi pure tutto il tempo che vuoi, basta che ritorni suuuuper in forma al più presto” concluse alzando un pollice in segno di approvazione e lasciandolo di nuovo solo.
“Ah, giusto!” Gli urlò poco dopo dall’altra stanza facendo capolino con ciuffo azzurro e faccia da dietro l’angolo, “Quei due fili non devono toccarsi”
Kidd guardò i fili in questione e gli si accese la famosa lampadina sulla testa.
“I due fili non si devono toccare. Non solo un filo deve toccare l’altro, ma è reciproco. Sono un vero idiota, a volte quel cretino a ragione” commentò sbattendo un pugno per terra.
La macchina gli dimostrò di essere d'accordo spruzzandogli addosso un altro po’ di olio.

Killer passò di lì per salutare Kidd ma non appena lo vide ridere da solo di fianco ad una Berlina che emetteva olio a scatti decise che non era proprio il caso di disturbare. Si allontanò per iniziare il suo turno rispondendo prima ad un messaggio di Penguin e dicendogli che quella sera andava bene per il cinema. Si cambiò e diede un’ultima occhiata al cellulare.
“Deadpool, eh?”

 

Dopo aver finito con l’auto maledetta, circa qualche ora dopo, Kidd se ne tornò a casa sorridendo e pregustandosi già la sua dolce vendetta.
Aprì la porta ed entrò trovando Trafalgar seduto sulla poltrona con una sua maglietta addosso e senza nient'altro. Fortunatamente copriva fin sotto il sedere del dottore, e quello era proprio un colpo basso, dovette ammetterlo, ma vedendo gli occhi sgranati del moro continuò a ridere.
“Eustass-ya” sibilò mentre lui appoggiava le chiavi all’ingresso.
“Dimmi” rispose con un tono fintamente sorpreso.
Law non rispose; si limitò a mangiarsi con gli occhi l’intera figura dell’altro.

La maglia giallo pallido era a macchie, le maniche arrotolate sulle spalle, i pantaloni di una tuta leggermente abbassati, tanto da fargli intravedere le ossa del bacino.
Alcuni capelli gli ricadevano sul volto.
Il tutto mentre la pelle quasi risplendeva a causa del sudore e del fottuto olio di motore, che lo aveva macchiato un po’ ovunque.

I dottore accavallò le gambe mentre un sorriso tirato svettava sul suo volto.
“Sei tornato tardi oggi” commentò cercando di cambiare discorso mentre Kidd spariva dalla sua visuale, per poi ricomparire poco dopo con una birra in mano.
Perché se lui non poteva toccare Trafalgar, la cosa era reciproca, ed era ora che si rifacesse di tutti i soprusi subiti negli ultimi giorni.

“Tutto bene dottore?”


Porca troia, ha pure il rossetto leggermente sbavato. Io gli taglio le palle.


“Non prendermi per il culo”
“Sai che non posso farlo, poi perderei la scommessa”
Law inspirò e non mutò di espressione anche quando vide l’altro avvicinarsi.

Cosa vuole fare?

Si ritrovò a fremere dall’aspettativa che lo prendesse lì, su quella cazzo di poltrona e con quei vestiti addosso.
Kidd gli appoggiò una mano sulla fronte continuando ad ignorare la palese erezione che il dottore cercava di nascondere.
“Sei caldo, cretino”
Law lo guardò e si leccò le labbra.
“Vuoi misurare meglio la temperatura?”
Il rosso si allontanò e si attaccò alla birra.
“No, sono sicuro che, essendo tu un medico, te la possa misurare da solo”

A quel punto il moro ringhiò di frustrazione; non gli era mai successo di rimanere in astinenza per così tanto tempo, ma quasi una settimana era abbastanza da farlo uscire di testa.
All’inizio si era divertito a punzecchiare quel cretino senza cervello, ma non aveva messo in conto che l’altro potesse essere così furbo da fare lo stesso.

Sbatté un pugno sul bracciolo della poltrona e si alzò, dirigendosi in bagno.
Poco dopo uscì e quasi corse in salotto dove Kidd lo fissava incuriosito.
“Ho preso il chilogrammo stabilito, ora se non mi fotti fino a domattina giuro che ti stacco le palle con delle forbici e ci gioco a biliardo”
Il rosso ghignò, lanciò la bottiglia di birra per terra, che si infranse in mille pezzi e prese in braccio il moro mettendogli le mani sul fondoschiena e unendo la sua bocca a quella dell’altro.
Ovviamente mantenne la promessa di farselo fino a che non avesse perso i sensi, e Trafalgar fu solo felice di liberarsi del nervoso accumulato in quei giorni, sentendo ancora più piacere del solito.



 

Cercò di aprire gli occhi, rinunciando poco dopo.
Riprovò e questa volta le palpebre risposero all’impulso nervoso inviato dal cervello; provò a mettersi a sedere finendo per ricadere disteso data la scarica di dolore che si diffuse lungo la spina dorsale.
Dopo qualche tentativo, trovò la posizione che gli procurava meno fastidio e si guardò attorno.
La camera era un vero casino, avevano buttato per terra ogni oggetto che ostacolava il loro cammino e, una volta arrivati al letto, avevano quasi distrutto pure quello.
Al pensiero delle dita di Kidd dentro di sé dovette passarsi una mano sul volto per calmarsi.
Guardò distrattamente l’orologio e sbiancò sentendo il sangue fermarsi e il cuore rallentare.

Erano le due del pomeriggio.

Il rosso si svegliò brontolando e, dopo essersi stiracchiato si girò a guardare il dottore che sembrava avere avuto una paralisi.
“Ohi, che ti prende?”
“Eustass-ya, sono le 14” sibilò con un filo di voce.
“Lo vedo”
“No, non capisci” cercò di articolare “sono le 14 di sabato
“E quindi?”
“E quindi sono morto”



 

-

 

Doflamingo rigirò il bicchiere di vino nella mano, notando la somiglianza del Lambrusco con il sangue endovenoso e cominciando a ridere.
Quel giorno Rocinante sperava che Law si presentasse, ma quando non lo vide entrare dalla porta d'ingresso si fece il segno della croce e sperò solo di non doverlo portare fuori dal paese nascosto magari in una valigia.
Anche perché neanche Crocodile era presente e quindi non c'era nessun blocco che potesse fermare suo fratello dal fare una pazzia.
Quando sentì il telefono suonare e notò sullo schermo il nome di Law, uscì in fretta dalla sala e si isolò in una camera.


“Law dove diavolo sei?”
“Cora-san, mi sono … addormentato”

Rocinante alzò un sopracciglio, ben sapendo che il suo figlioccio aveva problemi a dormire e non riusciva a stare a letto per più di quattro ore.
“Come scusa fa un pochino schifo” rispose guardando preoccupato la porta, preso dal terrore che Doflamingo potesse scoprirlo.
“Non...non è una scusa. Senti, ora non posso spiegarti, se arrivo nelle prossime ore mi ucciderà lo stesso, vero?”
“Speravo fossi già scappato in Messico. Se vuoi venire qui devi avere una buonissima offerta di pace”
“Digli che per farmi perdonare porto Eustass-ya”
“Chi?”
“La mia anima gemella”

Rocinante deglutì immaginandosi già la villa esplodere e suo fratello ridere su una montagna di cadaveri.
“Sei proprio sicuro?”
“No. Ma è questo coglione che ha insistito, quindi prendo due piccioni con una fava. Ah, Cora-san?”
“Dimmi”
“Chiama Wani-ya”



-



Crocodile si accese un sigaro godendosi la calma del suo appartamento; quel giorno non aveva piani, poteva farsi un bagno caldo e guardarsi un film sulla televisione a 42 pollici.
Quando sentì il telefono vibrare si bloccò.
“Rocinante, spero sia importante”
“Mio fratello ride da solo, Law non si è presentato a pranzo, ma tra un po’ viene qui con la sua anima gemella”
“Direi che hai un bel problema”
“Ha cominciato a parlare di telenovelas spagnole”
“Arrivo”

Perché entrambi sapevano che Doflamingo aveva due stadi prima di esplodere: il primo, quando cominciava a citare serie che guardava solo lui e dalla trama discutibile (quasi tutte spagnole); il secondo, quando cominciava a cantare canzoni più o meno datate.
Dancing Queen era una chiara sentenza di morte.

Crocodile prese sigari e accendino e indossò il cappotto sospirando.
Le cose si stavano complicando.

Entrò in auto e girò la chiave, dirigendosi alla Residenza Donquixote.



-



Doflamingo, stufo di parlare del Segreto e di Un Paso Adelante, si alzò sotto lo sguardo terrorizzato del fratello e prese il Nintendo.

Il telefono suonò di nuovo e lui accese il bluetooth dell’auto, così da non dover accostare per rispondere.

“Cosa c'è?”
“Dimmi che sei quasi arrivato”
“Rocinante, calmati”

Per tutta risposta il biondo allungò il cellulare avvicinandolo al fratello e Crocodile sentì la voce di Doflamingo risuonare nell’abitacolo.
“Calmo dici” commentò mentre in sottofondo si sentiva il fenicottero cantare “Non dirmi di stare calmo, l’ultima volta che si è messo a cantare ha ucciso a mani nude quattro persone e ha sparato in testa a due, non posso calmarmi”
“Hellooo from the other siiiiiideeee”

Crocodile sbatté le palpebre e la sua mente materializzò la scena di parecchi anni prima, con il biondo che rompeva l’osso del collo ad un uomo come se avesse appena spezzato a metà un cracker.
Si ritrovò a spingere il piede sull’acceleratore più forte che poteva.














 



Angolo dell'Autrice:

Salve a tutti! so che sono in mega ritardo, ma in queste settimane ho avuto parecchio da fare e zero tempo di scrivere e aggiornare. Spero che con questo capitolo mi perdonerete.
Tra poco avverrà il fatidico incotro tra Kidd e Doflamingo e scopriremo cosa vuole fare il fenicottero al rosso. Intanto scopriamo che al Donquixote maggiore piacciono le telenovelas e canta quando sta per commettere un omicidio, tanto da preoccupare Roci e Crocodile.
Kidd alla fine ha usato il cervello ed è riuscito a prendersi una piccola rivincita nei confronti del bel dottore. E Shanks? Vedremo...

Grazie a tutti quelli che, nonostante i ritardi, mi leggono ancora.

A presto,

Ace of Spades

  
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