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Autore: Youth_    18/03/2016    3 recensioni
[What if?]
Cosa sarebbe successo se la Regina "Cattiva" non avesse mai lanciato il sortilegio? E se Emma fosse cresciuta con i suoi genitori, lodata e ammirata in quanto futura erede al trono, sarebbe stata diversa? Avrebbe incontrato Killian Jones, e se sì, come?
Ma soprattutto, come sarebbe andata la storia?
Un gioco di scacchi dalle mosse imprevedibili, uno spettacolo di marionette in cui i pupazzi e i burattinai si confondono tra loro; il re cadrà, e la corona verrà spezzata, rivelandone le debolezze.
Un prigioniero temibile, un mozzo, una regina esiliata e una traditrice: Once Upon A Time, come non l'avete mai visto.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“L’animo umano è sempre ingannato nelle sue speranze, e sempre ingannabile: sempre deluso dalla speranza medesima, e sempre capace di esserlo: aperto non solo, ma posseduto dalla speranza nell’atto stesso dell’ultima disperazione.
- Giacomo Leopardi”



Quella sera, fu diversa.
Il porto era rumoroso, nonostante non ce ne fosse apparente motivo.
Non avevano pescato nulla, non ci avevano nemmeno provato; i fuochi accesi, sparpagliati sulla spiaggia, riscaldavano le braccia deboli, quelle che non potevano aiutare il flusso di uomini che saltavano come cavallette dalla nave alla terraferma.
Tra loro, disteso sul bagnasciuga, c’era Killian, considerato troppo piccolo per poter trasportare le casse, nonostante i sedici anni suonati di cui lui si vantava.
Il ragazzo osservò tutto quel fermento con circospezione.
La banchina pullulava di marinai che caricavano casse di viveri, botti di vino, oppure sacchi, pieni di ciò che loro chiamavano (non senza una strizzatina d’occhio) “il raccolto”, che altro non era se non denaro guadagnato frugando nelle tasche dei ricconi ubriachi nei bar ogni sera.
C’erano veramente pochi soldi che loro potessero definire legittimi, ma d’altra parte, nessuna delle persone che incontravano aveva la fedina pulita.

- Jones Junior!- urlò Harold, uno dei mozzi, ex secondo in comando surclassato dall’età avanzata, che era seduto proprio accanto al ragazzo.
Gli diede una pacca energica sulla spalla, diede una boccata al sigaro che teneva tra le mani, e con sublime soddisfazione glielo mostrò:- Vò fare un tiro?-
- Sono troppo giovane per fumare....-
- Oh, ma và al diavolo, Jones!- esclamò lui, ficcandoglielo tra le mani:- Tu sei troppo piccolo, io sò troppo vecchio... Te pare che non potrei accopparli a tutti*, con un movimento del polso?-
- Certo, Harold...- annuì condiscendente il ragazzo, esaminando il sigaro come se fosse stata una bomba ad orologeria, rigirandoselo delicatamente tra le dita:- Ti temono tutti-
- Lo dico anche io, eh!-
Il vecchio tossì un paio di volte, si batté il petto con fierezza (o forse lo fece solo per spronare i suoi polmoni ridotti a sacchi della spazzatura), e squadrò Killian con sufficienza:- Allora, non vuoi provare?-
- Male non fa- rincarò un altro marinaio, torcendo il collo sfregiato da una lunga cicatrice che gli era valso il soprannome di Scar:- Io l’ho provato quando ero ancora un pupo. Guardami adesso!-
- No, non guardare a lui- ridacchiò Harold, grattandosi la pancia con pigrizia:- Che minimo te viene ‘na malattia-
Gli altri marinai si sganasciarono dalle risate, nonostante non ci fosse veramente nulla da ridere.
Killian si lasciò trasportare dalla corrente dell’ilarità, e alla fine accettò di provare il sigaro: al primo tentativo, però, i polmoni gli bruciarono come se gli stessero andando a fuoco e non riuscì a respirare per diversi secondi: si piegò in avanti, mentre l’ossigeno cominciava a circolare di nuovo, e più tossiva più i compagni ridevano; più ridevano, più lui si divertiva, nonostante per qualche attimo si fosse sentito morire.
- Diamine, Jones!- esclamò Scar:- Non devi mai inspirare-
- E mica lo sapevo!- si scusò energicamente il ragazzo, passando il sigaro ad Harold, che ne gustò un’ultima boccata prima di buttarlo via.
- Un pirata non si chiama pirata se non sa fumare-
- Beh, un giorno io sarò un pirata-
- Ammagara!- esclamò Harold, battendo le mani con energia:- Diventerai un disgraziato, Jones-
Killian arrossì, e i compagni di falò si passarono un cartone di vino, che lui evitò accuratamente.
Imbarazzato, e incuriosito dal continuo andirivieni della ciurma, si alzò e corse alla nave.
Appostato all’entrata del boccaporto, dove le casse venivano trasportate, c’era suo padre, il capitano per eccellenza.

Jones (quello vero, come diceva l’equipaggio, spesso per infastidire il figlio) era un uomo ben piazzato, con i tratti mediterranei di chi è nato ed ha vissuto in sintonia con il mare dal primo istante.
Stava bene nella sua divisa, tirato a lucido come pronto per celebrare una grande vittoria, anche se a lui piaceva molto di più quando dava veramente il meglio di sé, col sudore sulla fronte e i vestiti zuppi, il sangue che stilla dalle nocche e la sua incredibile capacità di sopravvivere a qualunque cosa.
Killian non aveva mai capito veramente perché fosse obbligato ad indossare “il vestito buono” ogni qualvolta dovevano lasciare un regno; lui gli aveva sempre risposto che la forma è tutto, nella vita.
Suo padre non si faceva problemi ad attaccare una nave carica di vite umane per avere il bottino, ma avrebbe preferito uccidersi piuttosto che rubare il pane ad un bambino malnutrito.
Era un uomo d’onore, e l’onore era l’unica cosa a cui Killian fosse veramente devoto, all’infuori di suo padre.
- Killian, non ti voglio tra i piedi quando controllo la merce- protestò immediatamente il capitano, rivolgendo un’occhiata truce ad un sacco di patate:- Quelli secondo me ci hanno messo i topi. Ci vogliono decimare, come se non li avessimo salvati da una carestia-
- Non penso sia nel loro interesse azzerare gli scambi commerciali, capitano- commentò il figlio, con l’aria di chi la sapeva lunga:- L’hanno già fatto in passato. Si sono sempre sentiti in debito con DunBroch per quella volta che non ritennero più utile fare i controlli annuali per le classi povere, e interruppero il baratto delle merci. Il re è stato decapitato dai contadini stessi-
Il padre alzò un sopracciglio, diffidente:- E tu come lo sai?-
- Me l’ha detto la Swan-
Una strana sensazione sembrò forgiare quelle parole, come un’amara consapevolezza del loro significato.

Emma.
Volse lo sguardo verso sud-est, dove sorgeva il castello. Da lì, ovviamente, non si vedeva bene: le fronde degli alberi coprivano la vista delle torri, eppure già gli sembrava di poterla vedere, vestita di tutto punto come solo lei sapeva fare, pur disprezzandosi proprio per questo.
Probabilmente, a quest’ora stava già dormendo: oppure, in preda ad un attacco d’insonnia (cosa che le capitava spesso), stava girovagando per il castello, alla ricerca di qualche guaio in cui cacciarsi.
L’aveva vista giusto quella mattina, dato che lei l’aveva raggiunto nei boschi, chiacchierando con lui per qualche minuto, concessole grazie ad un piccolo spazio ricavato tra la pausa pranzo e una certa lezione di musica.  
“Odio dover suonare il violino solo per compiacere gli ospiti” aveva detto lei, in vista di un incontro con il signor ChissàChi e sua moglie ChissàCheCosa: “Tanto, a loro non gliene importerà un fico secco. Vogliono solo intascare la marcia e andarsene”
“Si dice la mancia” l’aveva corretta lui, divertito.
“Stessa cosa!” aveva esclamato allora lei, indispettita: “Sono abituata a dire semplicemente monete. Oppure il vil denaro
Si era lanciata in un’esilarante imitazione di una certa duchessa che amava atteggiarsi in modo talmente raffinato da essere stucchevole e ridicolo, e allora aveva deciso che non le avrebbe detto che se ne stava andando, probabilmente per non tornare.
Preferiva immaginarla tranquilla, accovacciata nelle pieghe dei suoi sogni da bambina ai quali si era disperatamente aggrappata, in vista della grande festa che i suoi genitori stavano organizzando per annunciarla alla società.
Non voleva esserci, questa era la verità.
Non voleva essere presente quel giorno, quando l’avrebbero venduta agli occhi adoranti dei pretendenti, che l’avrebbero presa e trasformata in una bambola da riporre su uno scaffale. Non voleva vedere la sua migliore amica portata via dall’acquirente più audace.
Non voleva vedere Emma tramutata in un titolo, nella famosa principessa Swan.

Scacciò quel pensiero dalla mente, e si concentrò su suo padre, che lo stava esaminando di sottecchi.
- La tua amica sembra un tipo troppo raffinato per te, non trovi?-
- Decisamente- annuì il ragazzo, che preferì non sottolineare quanto invece fosse anti convenzionale.
- Però è una bella ragazza-
- Immagino che, sì, possa piacere-
- E le vuoi bene?-
Sì, certo che le voglio bene. Per questo non le ho detto niente: per questo, non devo dire niente a nessuno.
- Il voler bene è un concetto troppo astratto, la debole denominazione di un sentimento morto e sepolto- affermò lui, con tutta la compostezza che riuscì a spremere dalla sua educazione:- L’ho voluta come compagna di giochi, un piccolo desiderio infantile. Nient’altro-
- Bene- annuì il padre, rilassando i muscoli delle spalle:- Perché non è saggio innamorarsi dell’effimero, ricordatelo. Fa male vederlo volare via, e noi non possiamo perderci in questi dettagli-
- Certo che no, signore-

Qualche ora più tardi, persino la luna sembrava stanca di quello scenario, di quel formicaio che continuava incessantemente ad operare laborioso sulle poche mansioni rimaste.
L’ultima cassa venne caricata, e il ponte di legno sistemato alla bell’e meglio per salire facilmente sulla nave stava per essere rimosso.
Il mare carezzava i lati dell’imbarcazione, le vele sussultavano, come incoraggiate da quel richiamo.
La Jolly Roger non vedeva l’ora di poter sgranchire le sue assi cigolanti e partire per un nuovo, meraviglioso viaggio. I pochi abitanti che frequentavano le zone vicine durante le prime ore della notte si erano dileguati già da un bel po’, portando con loro i calici spumeggianti e i nasi arricciati.
Killian camminava su e giù per il ponte, vicino al padre che, fermo e immobile come una statua, aspettava il momento propizio per dare l’ordine di salpare.
Il ragazzo sentiva l’ansia scuoterlo violentemente, come se stesse cercando di risvegliarsi da un brutto sogno.
Continuava a chiedersi perché se ne dovesse andare da lì.
Ne aveva mille di motivazioni, in realtà: il suo mondo, la sua vita non apparteneva alla Foresta Incantata; eppure, nonostante ne fosse consapevole, aveva passato gran parte della sua vita lì. Erano giunti in quella terra ben dieci anni prima, e lui aveva evitato con impressionante maestria tutti i viaggi necessari per garantire l’apporto di viveri e tessuti che l’equipaggio doveva intraprendere, come stipulato nel contratto.
Solo in quel momento, si rendeva conto di quanto valessero poco quegli anni di fronte all’addio che gli bruciava sulle labbra, incapace di uscire, di rivelarsi a chi non c’era.
Odiava dover essere così.
Così maledettamente umano, per certi versi, con i suoi rimpianti e ripensamenti, le sue emozioni contrastanti, il suo egoismo e il suo orgoglio. Era troppo, per aver collezionato solo sedici miseri anni.

- A vela!- urlò il capitano.
Stavano seriamente partendo.
I marinai addetti al compito, due trentenni dalle braccia di ferro, si affrettarono a salire sull’albero maestro, per spiegare le vele.
Suo padre aveva uno sguardo glaciale, di chi esegue semplicemente gli ordini.
Anche lui, un giorno, sarebbe stato così.
Si mise nella sua stessa posizione; da piccolo, amava giocare ad imitarlo, ma in quel momento lo fece con tutta la serietà possibile. Schiena dritta, petto in fuori, occhi vitrei, sguardo perso nel vuoto.
La sua mano si posizionò istintivamente sul cuore, lì dove gli doleva il morbo senza nome di cui era affetto.
Suo padre lo notò, ma non si scompose: annuì, in segno di approvazione, e riprese la sua posa, immobile ed altero come una statua di marmo.
Killian sentì, almeno così gli parve, tanto il momento era inteso, i nodi che si scioglievano, la nave che prendeva lentamente il largo, accompagnata dal mare. Il momento doveva ancora arrivare; le corde si slacciavano una ad una, e ogni secondo era un passo indietro ad occhi chiusi.
E fu proprio in quel momento in cui la maschera che Killian si era imposto cadde.
Una figura solitaria emerse dal bosco, come la luce dell’alba si rivela improvvisamente alla notte.
Ne vide i fili dorati dei capelli, l’azzurro degli occhi appannati, la smorfia di stupore.
Ne vide le mani chiuse in due pugni.
Ne vide la bellezza travolgente quanto indesiderata, seppur tanto bramata, segretamente.
Vide Emma.

Era proprio lei, senza margine d’errore, che si precipitava lì dove, un secondo prima, sembrava appoggiarsi la barca. Tutto, in lei, esprimeva l’assoluta impotenza.
Killian la osservò, più rassegnato che stupito, come se in fondo, non volesse crederci.
Schiena dritta, petto in fuori, occhi vitrei.
- KILLIAN, VIENI QUI!-
Il capitano arricciò il naso, infastidito.
Il ragazzo, in un improvviso slancio, si protese in avanti, aggrappandosi al corrimano.
Ci sarebbero state tante cose da dire, in un momento come quello, in quegli attimi eterni divisi solo dal mare.
Eppure lui ne disse solo una.
- Arrivederci-
Emma lo guardò con gli occhi spalancati, come incapaci di concepire un immaginario simile.
Come colta da un’idea folle, si sfilò le scarpe, probabilmente raccattate all’ultimo minuto dall’armadio, prese un gran respiro e si tuffò in acqua.
I marinai accorsero, incuriositi, guardando quello scricciolo rimanere faticosamente a galla.
- Killian, non puoi andartene così! Dovevi avvertirmi, dovevi...-
- A che pro?- chiese lui, e si stupì di come risultasse freddo, distaccato:- Sarei dovuto partire comunque-
La principessa sembrò voler ribattere, ma le parole le morirono in gola, forse incapaci di fuoriuscire dinanzi ad una realtà così prorompente.
La nave andava troppo veloce, persino per i loro pensieri, ed Emma questo lo capì.
Annaspò, cercando quanto ossigeno possibile per esprimere quello che nemmeno sedici anni avevano saputo dare:- Domani vieni... V-vero?-
Killian sorrise, come aveva sorriso quel pomeriggio al cancello:- Certo. E non riuscirai a prendermi-
- Questo... Questo è tutto da vedere!- singhiozzò lei, più per la mancanza di dimestichezza col nuoto che per altro, come avrebbe specificato anni dopo.
I due si guardarono con tenerezza. Era un giuramento, e si sarebbero impegnati a mantenerlo.
- Arrivederci, Swan- mormorò Killian.
La barca sparì lentamente, diventando un tutt’uno con l’orizzonte, senza lasciare traccia di tutto ciò.
Solo ore dopo, quando si trovò di nuovo in camera sua, tra le coperte calde, poco prima che il sole sorgesse, Emma ebbe il coraggio di rispondergli:- Arrivederci, piccolo marinaio-



* molte delle frasi pronunciate dal marinaio Harold prendono spunto da una mia interpretazione inesperta dei dialetti italiani, specie romano e siciliano, con qualche inesattezza grammaticale assolutamente intenzionale. Cercherò di fare del mio meglio, per rendere l’idea di un linguaggio simpatico e semplice ma non strettamente legato alla tradizione dello stesso (la maggior parte delle battute sarà in italiano, non in volgare, nel senso puramente etimologico del termine) per comodità, in modo che tutti possano comprendere il significato della frase pur non conoscendo il dialetto.

Nota dell’autrice.
Salve cari lettori,
eccoci ad un nuovo capitolo di quest’arcana fan fiction. Spero vivamente che vi sia piaciuto e che non sia risultato troppo sdolcinato, perché comunque il melenso non si addice troppo, secondo me, al carattere di Killian Jones, ma ho voluto comunque scoperchiare questo lato più tenero, dato che in seguito avremo modo di conoscere aspetti molto più macabri. A proposito di questo, vorrei concedermi una piccola anticipazione: la crescita personale dei due personaggi principali è l’argomento fulcro della fan fiction, e proprio per questo vi assicuro che, andando avanti con la storia, sarà ben più intrigante il modo in cui entrambi svilupperanno le proprie scelte spesso in modi non del tutto prevedibili; questo capitolo è, infatti, la vera origine della storia, poiché possibilmente, se Killian non fosse partito, il finale sarebbe stato molto più fiabesco, ed è una cosa che avrete modo di constatare più avanti.
Forse mi sono lasciata scappare qualche informazione di troppo, ma sono molto felice che questa storia mi sia finalmente congeniale (di solito nessuna di quelle che comincio lo è), e che venga apprezzata.
Con tanto affetto,
Al prossimo capitolo.
Fede xx
   
 
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