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Autore: Elle Douglas    20/03/2016    1 recensioni
We don’t meet people by a c c i d e n t.
They are meant to cross our path for a r e a s o n
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‘Nell’istante stesso in cui ti ho incontrata, in un caso del tutto fortuito e inaspettato, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo bisogno. Ma non era un qualcosa. Eri tu. Sin dall’inizio ho capito che tu eri una parte di me, ed e’ per questo che non ho piu’ intenzione di lasciarti andare. Io senza te sono incompleto e non voglio più esserlo.’
La ragazza non poteva credere a simili parole, a un simile sentimento tutto per lei.
Lei a cui era stato tutto negato.
Sorrise con gli occhi lucidi e il cuore che dentro il petto sembrava avere finalmente vita. Sorrise e sprofondo’ il viso nel suo petto e si ritrovo’ a sentirsi completa, dopo lunghi, estenuanti secoli.
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Seconda parte di ‘I thought I’d lost you forever.’ | Gli avvenimenti narrati avvengono dopo la 4x11.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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CAPITOLO XV
 
Prima di inoltrarvi nel capitolo vi lascio questa melodia per accompagnarvi nella sua lettura.
E’ ciò che ho ascoltato ininterrottamente mentre scrivevo quindi ve lo lascio come suggerimento, se volete ascoltarla.
Buona lettura.

 
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Era difficile rendersi conto di ciò che era accaduto. era difficile anche solo rendersi conto che tutto ciò era la realtà.
Ognuno di loro si era chiuso in se stesso dopo l'accaduto. Come era potuto succedere? E come era successo? Tutt'intorno, insieme, ripercorrevano quelle fasi mentalmente con una certa incredulità. La scena si era materializzata dinanzi a loro, ma ora erano tutti in fase di negazione.
Pierre non se lo spiegava: perché il suo bacio non aveva funzionato? Non era mai stato vero amore allora? Era da giorni che non si dava pace sprofondando nell'oscurità più profonda. Se ne stava lì, senza mai lasciarla davvero. Vagava tra una stanza all'altra come uno zombie cercando forse di ricredersi, cercando una spiegazione, cercando un ritorno che non sarebbe arrivato.
Aveva fallito e in quel pensiero si rimuginava l'anima senza darsi pace. Aveva preso a pugni un muro, per sfogare quella rabbia repressa, fino a farsi sanguinare le nocche. Da quando tutto era accaduto non aveva toccato cibo, beveva un po', anche alcol, ma a stomaco vuoto come il suo cuore e tutto faceva ancora più male.
Granny più volte gli portò da mangiare e più volte aveva rifiutato. Si era chiuso in se stesso incapace di proferir parola con tutti.
Come si superava una cosa così? Ci aveva creduto, e per quanto aveva potuto, aveva lottato per salvarla. Aveva lottato per portarla via dalle grinfie di Frollo e non era servito a nulla. A nulla.
A nulla erano serviti i suoi sforzi e a nulla era servito il suo bacio.
Il pensiero che ancora di più si annidava nella sua mente era che Frollo aveva ragione: Lui non era mai stato niente per lei ed era stato facilissimo espropriarlo dalla sua mente. Quel pensiero che all’inizio credeva un suo gioco si era rivelato reale e andava dritto a colpire il cuore in modo più netto, ora.
Questa cosa aggiungeva ancora di più una rabbia che non riusciva a cacciare da sé, ad esternare. Con chi avrebbe dovuto sfogarsi?
Esmeralda non era più cosa sua.
Esmeralda se n’era andata.
Esmeralda era morta lì, sul ciglio della strada.
Dopo lo straziante episodio che ne conseguì, tutte le persone che le volevano bene si radunarono intorno al suo corpo inerme e immobile. Gli occhi serrati a nascondere quegli smeraldi ormai spenti. Il dolore che dipinse i loro volti squarciò l’anima. Belle era incredula, mentre scrollava la testa cercando di rifiutare ciò che aveva di fronte a sé come la peggiore delle maledizioni. Ruby l’accolse tra le braccia, anche lei nello strazio più totale. E Ray? Ray restò lontano da quel corpo quasi a non riconoscerlo, quasi a non voler accettare che sua sorella se ne fosse andata senza più ritorno. Il solo toccarla avrebbe dato una prova tangibile di ciò che era, e Ray non lo voleva. Era tutto rosso in viso e si poteva ben dire che quasi non respirasse più mentre lo guardavi. Sembrava essere entrato in uno stato di catatonia.
Tra tutti, poi, inginocchiato lì accanto a quel corpo e a lui c’era Killian Jones. Il suo pirata, quello che mai aveva o avrebbe potuto battere nel suo cuore. Guardava il corpo di Esm con la paura anche solo di toccarlo. Forse perché era tra le braccia di Pierre e gli sembrò uno sgarbo o forse perché stava ancora elaborando la cosa ad occhi fissi su di lei. Erano vari minuti che non sbatteva le palpebre e un lieve tremore gli muoveva il corpo, poi parve risvegliarsi e uno sguardo vitreo incontrò quello del poeta.
‘Provaci ancora! Provaci!’ lo incitò. ‘Non è finita. Devi solo… riprovarci.’ Fiatò con la voce sul punto di rompersi. Deglutii per rimettersi in sesto.
‘Killian non posso fare più nulla.’ La voce vuota e incolore di Pierre mentre l’aveva ancora tra le braccia.
‘No! Non è vero. Lei non andrà via così. Lei non andrà via!’ e con decisione levò il suo corpo inerme dalle braccia di Pierre per prenderla tra le sue. La osservò ancora una volta mentre piano se l’adagiava al petto come una bambina e la rimirava. Le spostò una ciocca di capelli dal viso. Niente l’avrebbe coperta. Niente avrebbe celato la sua bellezza.
‘Ehi Esm, sono qui. Sono qui, mi senti?’ alcune lacrime copiose iniziarono a riempirgli gli occhi. ‘Non puoi andartene. Non puoi.’ Scosse il capo mentre continuava a parlarle convinto di poter cambiare le cose. ‘Ricordi cosa ci siamo detti una volta? Eravamo io e te, nel tuo alloggio sulla Jolly Roger, e mi hai detto: Dovunque andrai tu, verrò anche io e dovunque andrò io verrai anche tu. Noi due non possiamo dividerci. Nessuno ci avrebbe dovuto dividere e ci siamo già divisi una volta. Non puoi farlo di nuovo, non permettere a qualcun altro di dividerci perché noi siamo indivisibili, lo sai. Certo che lo sai, ce lo siamo ripetuti tante volte. E non puoi andartene senza di me. Non puoi lasciarmi.’ Un pianto incontenibile si scatenò nel pirata mentre il cielo su di lui e su quella scena sembrava essere suo complice: una pioggia forte e battente aveva iniziato a ripercuotersi sulla piccola cittadina del Maine e lui non se n’era nemmeno accorto.
 
Una tempesta si era abbattuta quel giorno sulla Jolly Roger, e navigare in piena tempesta su una nave era ancor peggio del solito per una fanciulla che alla vita di mare non era abituata per niente: Il vascello soleva oscillare ancora di più, mosso dalle onde di un mare in tumulto, e l’instabilità di Esmeralda con tanto di nausea si faceva ancor di più sentire in quei momenti.
Ella si affacciò dall’oblò giù in camera per osservare i suoi effetti sul mare. Odiava tutto ciò, lì, ma di per sé aveva sempre amato la pioggia quando era nel suo regno: osservare il suo cielo urlare e piangere per chissà quale motivo la faceva sentire triste ma allo stesso tempo rapita. La pioggia era sempre stata una cosa strana per lei, ma vedere che effetti aveva anche sull’oceano era ancora più affascinante. Vedere le onde perdere il controllo mentre il cielo strepitava era assolutamente meraviglioso.
‘E’ la tua prima tempesta in mare, milady. Devi proprio vederla!’ disse il pirata entrando con veemenza ed entusiasmo nel suo alloggio. Quella si spaurì in un primo momento per poi restarne scioccata: ‘E’ questo ciò che intendi quando dici che sei un gentiluomo? Irrompere così nella mia stanza! E se fossi stata…’ Esmeralda si arrestò pensando all’impetuosità con la quale aveva pronunciato quelle parole, e alla parola che stava per pronunciare. Si vergognava troppo, mentre invece il pirata ne parve divertito.
Un sorriso beffardo era lì ad incitarla a continuare. Ella abbassò lo sguardo incrociando le mani.
‘… se fossi stata nuda?’ camminava quasi gongolando mentre si avvicinò sempre più a lei per esaminarla meglio. Lo faceva sempre per scorgere ciò che non diceva a parole.
‘Beh, sì!’ disse Esmeralda sentendosi troppo al centro della sua attenzione mentre, decisa, alzò lo sguardo velocemente.
Quel sorriso si aprì ancor di più mentre non le toglieva gli occhi furbi di dosso. Mise le mani dietro la schiena e si voltò dopo mezzo secondo quasi ad andarsene. Si allontanò di poco.
‘Beh, in quel caso ci saremmo divertiti…’ Si voltò. ‘… insieme.’ Ed alzò il sopracciglio intento a farle intendere che tipo di divertimento avrebbero avuto. Giocava con lei e con ciò che sospettava provasse, o la stava mettendo alla prova, o ancora – cosa più probabile – lo faceva con tutte.
‘Oh, Killian!’ cercò di svincolarsi lei.
‘In ogni caso, ho bussato. Sei tu che non hai sentito perché, a quanto vedo, sei troppo presa dal cielo.’ Fece avvicinandosi nuovamente. Quasi Esmeralda poteva sentire il suo odore inebriarle la mente. Era dietro di lei a fissare nella stessa direzione oltre la piccola finestra.
‘Ho sempre adorato la pioggia, il moto che porta con il suo ribellarsi e lasciarsi andare, e vedere cosa è capace di fare al mare m’inquieta ma allo stesso tempo mi affascina.’ Disse completamente rapita dallo spettacolo che aveva dinanzi. Killian la osservava anche in quella penombra. Era affascinante osservarla guardare qualcosa che dichiarava di amare.
‘Dal ponte è ancora più affascinante osservare tutto ciò.’ Le suggerì per smuoverla. Esmeralda l’osservò non capendo il suo intento. Killian le porse una mano. ‘Vieni con me e ti porto su.’
‘Ma rischiamo di bagnarci e di beccare un fulmine.’ Fece preoccupata. La madre era sempre stata quella che le vietava di uscire di fronte a quei temporali funesti ed Esmeralda era cresciuta con quell’idea e quel timore.
‘Non succederà nulla. Te lo assicuro, e poi non è la prima volta che sali sul ponte.’
‘E considerando com’è andata la prima volta non ci tengo a ripetere quell’emozione.’ Rimembrò Esmeralda riportando l’episodio in mente anche al pirata. La volta precedente aveva quasi rischiato di finire in mare per uno scossone della nave. La fanciulla si ritirò dalla finestra e, cercando equilibrio, cercò di muovere i passi verso la branda.
‘Questa volta ti tengo.’ Le prese una mano e la tirò a sé prendendola alla sprovvista e facendola spaventare. Esmeralda aveva già sentito quelle parole, erano le stesse che le aveva detto la volta precedente. Lo guardò con scherno. ‘… In maniera più salda.’ Aggiunse il pirata per essere più convincente.
‘Se mi lasci andare anche stavolta…’
‘Non ti lascerò mai.’ Fece serio. Esmeralda notò quel repentino cambiamento nel suo sguardo e un po’ ne fu contenta perché quella frase suonava quasi come una promessa che nessuno le aveva mai fatto e volle crederci.
‘Dovunque andrai tu, verrò anche io e dovunque andrò io verrai anche tu. Noi due non possiamo dividerci.’ Disse convinta, e quasi divertita perché si sentiva di farlo e perché quella persona per quanto l’avesse rapita non l’aveva mai ingannata o maltrattata. A modo suo l’aveva sempre protetta e in qualche modo si sentiva amata, per quanto potesse essere immaginaria come cosa voleva crederci, e credere di appartenere a qualcuno in qualche modo la faceva sentire bene perciò quella promessa – se così poteva chiamarsi – le usci sincera e forse troppo in fretta.
Il pirata, che ormai la teneva per i fianchi, sorrise a quella dichiarazione avventata.
‘E’ una promessa.’ Consolidò Killian mantenendo il contatto visivo.
Sorrisero entrambi.
‘Quindi, considerando la promessa appena fatta, se mi fai cadere giù tu cadi con me!’ il capitano rise di gusto a quella deduzione e al guaio in cui si era cacciato se fosse accaduto, e la portò con sé al livello superiore stando ben attento a non perdere quella parte di sé che stringeva tra le braccia.
 
‘Killian? … Killian, Esmeralda è… morta. Dobbiamo portarla via di qui.’ Emma gli mise una mano sulla spalla riportandolo alla realtà mentre, con sguardo afflitto, cercava di convincerlo di come stessero le cose. Killian la guardò stranito, quasi a non riconoscerla, quasi ancora lì in quei ricordi. Sulla Jolly Roger secoli addietro, con lei. La pioggia, che batteva forte su di loro, li aveva bagnati tutti e anche Esmeralda era completamente fradicia. Sul suo volto delle gocce avide scorrevano sul suo viso proprio come quella volta sul ponte di comando: come rideva e quanta meraviglia era riuscita ad emanare in quel frangente. Nella pioggia sembrava libera e spensierata mentre lui continuava a tenerla per mano, o stretta a sé, mentre lei era completamente rapita da ciò che riteneva uno spettacolo della natura e lui era rapito da lei quasi come se non avesse mai visto una donna in vita sua.
Alla fine ritornarono all’interno bagnati fradici di pioggia che era caduta e aveva occupato una parte della loro vita che si ritrovava anche ora come il ricordo più prezioso. Esmeralda era come allora in quel momento, i capelli erano incollati al suo viso ma non stava lì a spostarseli, Esmeralda non sorrideva come allora sotto quella pioggia che amava tanto, e non si stringeva forte a lui quando aveva paura di cadere perché non aveva più forze. Esmeralda non c’era più. Esmeralda se n’era andata e l’aveva lasciato solo.
Del tutto solo.
Il pirata forte che era si smaterializzò lasciando il posto ad un uomo del tutto distrutto.
 
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Killian era fermo sulla soglia della tomba gelida, la fiaschetta in mano. Era strano per lui osservare quella ragazza, la sua ragazza così silenziosa e immobile priva di ogni luce, lontana da ogni sorriso che soleva regalargli ad ogni loro incontro. Aveva le braccia incrociate sul petto in una posa del tutto solenne ed era distesa sul blocco di pietra, quasi a voler riposare. Se non fosse stato per quel pallore, del tutto inappropriato su di lei, e le labbra livide nessuno avrebbe mai immaginato che fosse morta.
In fin dei conti però l’aveva rivista, no? L’aveva rivista per un solo attimo prima che lasciasse quel mondo. Le aveva parlato e aveva cercato di aiutarla… invano. A niente era servita la pozione procurata in tutta fretta, a nulla era servito il suo correre per prendere un oggetto che le appartenesse. Se n’era andata, e nel peggiore dei modi.
Che fosse stata la pozione nessuno lo sapeva, tutto era successo così in fretta appena l’aveva ingurgitata che nessuno badò più a quell’intruglio. Era caduto chissà dove, ora, e forse si era del tutto disperso sotto la pioggia. La colpa di tutto ciò, colui che aveva fatto tutto quello era Frollo. Quel monaco malvagio che le aveva fatto il lavaggio del cervello e l’aveva manipolata e modellata a suo piacimento provocandone il crollo definitivo.
Come poteva essere stato per lei ricordarsi ciò che era, sforzarsi di trovare la sua identità dopo che era stata soggiogata? La sua mente aveva ceduto trasportando con sé tutto il resto e a poco era servito portarla in ospedale, ma Killian si era accanito come chi non vuol lasciar andare via quel qualcosa di prezioso e caro. Killian sentiva di non demordere mentre la vita aveva già abbandonato la sua amata Esmeralda.
Fu un colpo ancor peggiore quando il Dottor Whale, con sguardo truce, gli rivelò di non poter far nulla in suo potere per rianimarla. Esmeralda era ormai un caso perso.
Killian ricordava quegli istanti come i più eterni e i peggiori mai vissuti. Niente erano stati i 28 anni con Cora nella foresta incantata, e niente era stato quel tempo infinito in cui aveva cercato di vendicarsi del coccodrillo. Niente era comparabile all’eternità intrisa in quei momenti.
In quanto a Frollo, Emma non gli permise di avvicinarsi a lui e non perché non volesse giustizia ma perché sapeva che con quel dolore non sarebbe arrivato a nulla di buono se lo avesse avuto sottomano. Quell’oscurità l’avrebbe di nuovo annebbiato e l’avrebbe portato con sé in gesti che poi gli si sarebbero ritorti contro.
‘Esmeralda non vorrebbe.’ Disse la salvatrice ponendogli una mano sul petto per fermarlo. ‘Credi che Esm voglia che tu ti macchi del suo sangue per vendicarla? Non vuole. Lo rinchiuderemo, non potrà più fare del male a nessuno e non potrà andarsene e quando sarai lucido abbastanza, e se lo vorrai, parlerai con lui.’
‘Con i mostri non si parla, i mostri si distruggono e basta.’ Digrignò, Killian, tra i denti con gli occhi puntati sul frate che affranto sembrava guardare dispiaciuto la sua vittima.
‘Tu non lo distruggerai, Killian. Esmeralda non vorrebbe che macchiasse anche la tua vita come ha fatto con lei. L’unica cosa da fare è dare un saluto dignitoso a lei.’ E le rivolse uno sguardo invitando Killian a fare lo stesso. ‘ E’ a lei che devi pensare.’ Gli disse, ed era vero.
Killian non avrebbe lasciato Esmeralda nemmeno per un secondo. Nemmeno in quel momento.
E forse era per questo che era lì, immobile quasi a farle da guardia e da compagnia. Il pirata prese un altro sorso di rum, godendosi il familiare bruciore alla gola.
Era rimasto a guardare le persone che entravano nella sala per porgere l’estremo saluto ad Esmeralda: erano arrivati i nani, uno per uno, e la nonna, che non riusciva a trattenere le lacrime e persino Regina e Robin era arrivati il più presto possibile per lei. Alcuni erano passati davanti al suo corpo con le lacrime agli occhi, poi si erano inginocchiati e avevano pregato. Era arrivata anche sua madre, Agnese, che era da tempo che non vedeva: era una totale maschera di dolore mentre attraversava la sala per vedere la figlia e accasciarsi piangendo sul suo corpo. Accanto a lei, Belle, l’aiutò a risollevarsi, piangendo anch’ella. Probabilmente non aveva mai smesso di piangere l’amica perduta quasi come se avesse perso una sorella.
Agnese, non aveva mai conosciuto la figlia. era stata ripudiata e allontanata da lei dopo che quest’ultima aveva scoperto tutto e portava con sé il rimorso ancora più grande di aver fatto la cosa sbagliata unita ora al fatto che l’avesse persa per sempre. Per mesi aveva cercato di rimediare, di contattarla, ma Esm era stata categorica e impassibile: non voleva più saperne perché non riusciva ad andare oltre la visione della madre e fu per questo che ora i suoi lamenti e le sua grida erano la cosa più straziante in quella sala in cui sembravano riecheggiare.
Erano le grida di una madre disperata che perde la propria figlia, e come si poteva darle torto. I suoi lineamenti ricordavano quelli della fanciulla sdraiata sulla lastra di marmo, ma molto più scuri e scavati. Due borse sotto gli occhi che la dicevano lunga su quanto avesse pianto già dapprima di essere lì. Ray era fuori da quella sala, oltre la porte, con Ruby e Pierre ad ascoltarla senza batter ciglio. Non si sarebbe allontanato da quella porta, ma non sarebbe accorso a sostenere la madre in quel momento di dolore che avrebbero potuto condividere. I loro rapporti erano ormai chiusi da tempo, ed ecco perché ad accompagnarla era stata Belle. Non se la sentiva di lasciarla sola di fronte a quella visione.
‘Belle ha compassione anche per chi non lo merita.’ Disse Ray, con sguardo duro rivolto alla madre e facendo in modo che le arrivasse quel pensiero.
Una volta che tutti furono oltre la porta e quel via vai di gente si arrestò per qualche minuto il pirata si avvicinò di un passo alla ragazza, tracannando ciò che restava del rum, nella speranza che lo stordisse ancora di più.
‘Eccoci qui.’ Disse, con la voce che rimbombava nella sala vuota e gelida. ‘Dove tutto finisce. Non avrei mai pensato di vederti… così. Di dirti addio.’ Si sporse verso di lei, notando la rigidità marmorea che il suo corpo aveva assunto, come le sue dita che divennero difficili da intrecciare alle sue. La sua pelle era fredda come il ghiaccio.
Non sopportava di vederla a quel modo, priva di vita.
Gli sarebbe mancato tutto di lei, ogni singola, minima e minuscola cosa: dalla sua voce, alle sue risate che riempivano l’aria circostante contagiando anche lui, alla sua gran forza che l’aveva spinta a vivere da sola e ad affrontare il mondo come una guerriera.
Se fosse arrivato prima… appena dopo la chiamata di Belle si era subito diretto nel bosco, sfrecciando tra le betulle, e percorrendo fortissimo la strada di fronte a sé fino a non distinguere alcunché e lasciando indietro gli altri, ma non ce l’aveva fatta.
‘Stai dormendo, vero?’ disse disperando ingurgitando un altro sorso. ‘Proprio come quando, più volte, ti ritrovavo a fare sulla Jolly Roger. A volte mi fermavo ad osservarti e a starti accanto come ora. Emma ha detto che in questi tempi sarei stato uno stalker.’ Rise tra sé, immaginando Esmeralda ridere con lui. ‘Tra un po’ ti sveglierai, non è vero? Tra un po’ ti sveglierai e tornerai nella mia vita sempre lì, a starmi dietro, a sorridermi e a litigare per sciocchezze di poco conto. Non avrei mai dovuto chiederti di scegliere. Ti chiedo scusa.’ Allungò la mano buona quasi a voler sfiorare la sua, non era certo di poterlo fare. Di riuscire a farlo. Le toccò lentamente sentendone il gelo pervadergli la pelle.
Deglutii a fatica, Esm non avrebbe certo voluto che piangesse, almeno non lì. Davanti a lei. ‘Avrei dovuto proteggerti. Meritavi meglio che me, e magari se fossi rimasta nel tuo villaggio e non mi avessi mai incontrato tutto questo non sarebbe accaduto.’ Continuò. Poi le studiò il viso, i capelli di quel nero pece erano sciolti e acconciati in qualche ricciolo ribelle. Qualcuno le aveva poi messo una rosa tra i capelli, e Killian si ritrovò subito a pensare ad Agnese. Doveva essere stata lei. ‘Ma nonostante tutto, nonostante tutto ciò che ci è capitato voglio che tu sappia che ti ho amata.’ Dichiarò, quasi come se la fanciulla potesse sentirlo. Quasi come se Esmeralda fosse ancora viva. Con l’alcol che lo animava era anche più facile parlare. ‘Ti ho amata più di ogni cosa, più di chiunque altro al mondo sin da quando sei entrata a far parte della mia ciurma. Sino a quel momento non avevo mai provato nulla di simile, mai nella vita aveva provato un simile sentimento tanto da non riconoscerlo sin da subito e per equivoci e fraintendimenti ti ho persa e ti ho lasciata sola.’ La sua voce si ruppe. ‘Se solo… se solo non mi fossi allontanato da te, se solo non avessi permesso a Milah di insinuarsi tra noi chissà dove saremmo adesso. Ti ho lasciata sola e ti ho lasciato alla mercé di un mondo che non meritavi di conoscere, ho permesso a quell’uomo di perseguitarti e non me lo perdonerò mai, come non perdonerò mai Milah e quei soldati per averti presa quella notte. Io non ti meritavo, ecco tutto.’ Le sue parole vacillarono mentre gli saliva un groppo in gola. Quanto era difficile dirle addio? Come era difficile dire addio a quella persona tanto preziosa? ‘Mi dispiace tanto di averti delusa.’ Killian si fermò un attimo per riprender fiato e cercare la forza di abbandonarla per sempre.
Il viso etereo del pirata era ormai umido di pianto.
Killian le carezzò i capelli per l’ultima volta. ‘Ora potrai rincontrare Quasimodo, quell’amico che ha fatto molto più di quanto ho fatto io e che amavi tanto. Sarai una delle più belle lassù.’ Rise immaginandola. ‘Sappi che però non ti dimenticherò mai e che potranno passare i secoli ma tu resterai sempre la mia Esmeralda. Oltre l’eternità. Saremmo divisi fisicamente, forse, ma mai lontani. Tu sarai sempre qui al mio fianco e io sarò sempre qui a tenerti per mano. Ti amerò per sempre, mia Esmeralda.’
Si abbassò poi, e per un istante accostò le labbra a quelle di lei, con un gesto sereno. Quasi a salutarla in quel viaggio, dovunque ella fosse. L’avrebbe sempre amata, per l’eternità e forse anche dopo.
Poi si voltò e decise di uscire un attimo dopo quella lunga giornata. Aveva bisogno d’aria.
Killian lasciò la sala e i suoi passi riecheggiarono lungo le pareti. Non si guardò indietro nemmeno una volta, ma se l’avesse fatto, se avesse osservato Esmeralda con attenzione prima di uscire dalla porta, avrebbe visto le sua pelle cominciare a riprendere il suo colore, avrebbe colto un fremito nelle palpebre. Esmeralda schiuse le labbra, fece il primo respiro di una nuova vita. Un piccolo soffio che si poteva udire appena nella sala immensa e gelida.

 
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ANGOLO AUTRICE:
 
Salve miei cari lettori, e grazie per essere arrivati fin qui dopo un capitolo cupo e straziante.
Ogni volta prendere una decisione, decidere che strada prendere mentre si scrive è la parte più difficile. Quella che la maggior parte delle volte mi tiene ferma a fissare il foglio bianco di Word aspettando che si illumini la via, in un certo senso. Ogni volta alla storia piace cambiare direzione – un po’ come le scale in Harry Potter. -. Pensi una cosa e mentre scrivi ti ritrovi da tutt’altra parte a fare l’esatto opposto di ciò che avevi pensato. Di solito è sempre la storia che mi porta con sé e non il contrario. Non sono io che conduco ma i miei personaggi ed Esmeralda ha deciso per me mentre vagliavo mille opzione per la – quasi – fine di questa storia.
Mi riterrete proprio malvagia (?) arrivata a questo punto ma a tutto c’è un motivo, a tutto c’è una spiegazione e se leggete tra le righe avrete un po’ di speranza e gioia (?) verso la fine.
Io, come sempre, spero che ciò che scrivo, come scrivo vi entusiasmi abbastanza da lasciarvi una qualche emozione e sentimento. Spero di esservi arrivati al cuore con questo e aver suscitato in voi qualcosa che vi spinga a lasciarmi un vostro parere positivo o negativo che sia.
Tutte le recensioni sono benzina per portare avanti questa macchina di idee e fantasia che non smette mai di girare, anche quando non ho un pc davanti.
Spero mi farete sapere, e ringrazio tutti quelli che lo fanno già costantemente. Tutti quelli che hanno da poco iniziato la storia e sono arrivati già sino a questo punto perché l’hanno divorata. Ogni volta mi vengono fatti dei complimenti bellissimi anche in pagina che mi riempiono il cuore di gioia e io per questo vi ringrazio e abbraccio tutti perché non sapete quanto valgano per me.
Ora finisco questo papiro, che tra un po’ renderò più lungo del capitolo, e vi saluto.
Il prossimo capitolo arriverà presto, cercherò di farcela.
 
Un abbraccio enorme a tutti voi.
- Elle. 
   
 
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