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Autore: Kazaha87    20/03/2016    0 recensioni
[Arthur/Merlin] - Lieto fine.
Dopo 1700 anni di attesa Arthur fa ritorno nel mondo e il tempo per Merlin torna a scorrere.
Questa è la storia di come i due si reincontrano a scuola, di come si perdono e di come i loro destini infine tornano a confluire in uno solo quando, in concomitanza con la successione al trono di Arthur all'età di 39 anni, una terza guerra mondiale già scongiurata una volta in passato e che ora sembra inevitabile si affaccia alle porte e mette in pericolo la pace nel mondo.
Sarà in quel momento che Arthur prenderà la sua decisione e convincerà infine Merlin a tornare al suo fianco definitivamente e a prendere il posto che gli spetta.
Genere: Guerra, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Era il primo giorno di College e si trovavano tutti stipati nella chiesa interna all’Eton dove si teneva tutti gli anni la cerimonia di apertura dell’anno scolastico.

Per quanto non fosse mai stato un grande amante dei libri e fosse più portato per le attività sportive e all’aria aperta, i suoi voti erano sempre stati non meno che eccellenti, ma in fondo doveva rispondere alle aspettative di tutti, che gravavano giustamente su di lui, il primo in successione al trono d’Inghilterra.

Aveva appreso la scherma, l’equitazione, il tiro con l’arco, il tiro a segno, al piattello, al bersaglio sin da piccolo, e come tutti i nobili che aveva conosciuto fino a quel momento si era appassionato alla caccia, soprattutto alla volpe… tutte attività molto da nobili, molto legate alle tradizioni inglesi.

I suoi coetanei spesso lo prendevano un po’ in giro – decisamente poco, perché nessuno osava schernire il futuro sovrano d’Inghilterra – perché aveva i gusti e i vizi dei loro nonni e bisnonni più che dei ragazzi della sua età, ma lui era sempre andato fiero di quel che faceva, ed eccelleva in ogni cosa… e certo non mancava di far notare – e più che talvolta pesare – a tutti la sua bravura.

Lontano dai riflettori dove doveva dimostrare di essere un raffinato principe ereditario, ligio al dovere e serio, era un po’ un bullo. Nulla di eccessivo, ma tendeva all’arroganza, e se nei circoli sportivi che frequentava e nelle classi di educazione fisica che seguiva non c’era una sola persona che non lo stimasse per le sue innate capacità, in giro per i corridoi in tutte le scuole che aveva frequentato fino a quel momento e, a quanto pareva, questa non faceva eccezione nemmeno dal primo giorno, era spesso circondato più che altro da giovani figli di nobili arrivisti, il cui solo interesse era quello di rendersi amico il futuro re d’Inghilterra dietro consiglio dei genitori e parenti, per poter godere, magari, un giorno, di possibili benefici.

Non che Arthur andasse matto per questa situazione, ma suo padre gli aveva ripetuto fino allo sfinimento che un buon principe e futuro re doveva imparare ad essere diplomatico e a farsi amare da tutti, e soprattutto a non inimicarsi gente (o figli di gente) potente.

“Tu sei uno degli studenti squattrinati che è riuscito a entrare in questo prestigioso collegio a spese degli altri, non è così?”, chiese uno del suo seguito, che spesso si prendeva troppe libertà con la scusa che ‘era amico del principe d’Inghilterra’, a un giovane rosso e mingherlino, che dal colorito e dalla costituzione fisica sembrava aver passato tutta la sua vita chinato sui libri e ben poco tempo all’aria aperta.

Il ragazzo annuì e distolse lo sguardo. Era fiero dei suoi successi – glielo si leggeva negli occhi – , ma davanti ad uno che era due volte lui non se l’era sentita di ribattere.

“Non vedi chi hai davanti? Perché non ci lasci il posto? Uno come te non dovrebbe stare in prima fila, ma nell’ultima lì in fondo”, e indicò il fondo della enorme sala. “Vedi? C’è un posto giusto lì che sta aspettando solo te!”, concluse lo stesso ragazzo arrogante di prima e tutti risero, Arthur compreso perché beh, era almeno un po’ divertente…

“Non credete di stare un po’ esagerando voi quattro? Non c’è mica scritto il vostro nome sulle sedie: chiunque può sedersi dove meglio crede!”, una voce dietro di loro attirò la loro attenzione e per qualche ragione ad Arthur mancò il fiato per un istante; ma subito la sensazione di déjà vu passò e quasi rise tra sé e sé per essersi lasciato momentaneamente influenzare da essa.

“E tu chi ti credi di essere, ragazzino impudente? Vuoi forse scatenare una rissa? Perché dubito che l’avresti vinta, anche uno contro uno. Dovresti imparare a farti gli affari tuoi, sai? Lo dico solo per il tuo bene!”

Fu Arthur a replicare, e non sapeva nemmeno perché. In genere tendeva a lasciar fare agli altri, per mantenere le apparenze, e a godersi i risultati. Ma stavolta aveva zittito, alzando una mano in segno di tacere, il giovane al suo fianco che aveva cominciato quella piccola diatriba.

Non l’aveva mai fatto prima, e soprattutto non quando le prediche non erano rivolte a lui direttamente.

“Dubito che riusciresti a battermi, e in ogni caso, principe Arthur”, marcò sul titolo quasi fosse un insulto, “io sono solo ‘uno degli studenti squattrinati che è riuscito ad entrare in questo prestigioso collegio a spese degli altri’.”, citò l’arrogante ragazzone dietro il biondo.

Arthur alzò un sopracciglio piuttosto scettico dinanzi a un ragazzo che, per quanto più o meno della sua statura, era piuttosto mingherlino e certo non sembrava in grado di batterlo in qualsivoglia lotta. Sembrava così fragile e indifeso, eppure la sua lingua era tagliente come una spada.

Gli rise in faccia, e così fecero tutti coloro che erano a portata d’orecchio e non solo i suoi ‘amici’, tutti fatta eccezione per il povero ragazzo che era stato ‘soccorso’ da lui. Ma il giovane sconosciuto e squattrinato si limitò a guardare il futuro re d’Inghilterra dritto negli occhi, serio.

“Che ne dici di vedercela più tardi, una volta terminata la cerimonia? Uno contro uno nel cortile del dormitorio, lontano dagli sguardi dei professori… Non vorrai finire nei guai il tuo primo giorno, principino.”

Arthur sbuffò incredulo alle sue orecchie: nessuno, nessuno prima di allora aveva mai anche solo immaginato di rivolgerglisi in quel modo.

“Sicuramente rischi tu molto più di me, visto che sei qui ‘a spese dei contribuenti’… ma accetto la tua sfida. Terminata la cerimonia ci vediamo lì. Ad ogni modo è scortese non presentarsi, soprattutto se poi vai in giro a sfidare impunemente la gente. Non trovi?”, lo sfotté, ma il giovane si limitò ad ignorare l’insulto velato e gli sorrise. E in quel momento la sensazione di déjà vu in Arthur tornò e se ne andò come prima, in un istante.

“Mi presenterò quando ti avrò battuto, Sire.”, rispose, e, con un ghigno beffardo e l’abbozzo di un inchino, si voltò verso il preside che stava iniziando il suo discorso di apertura dell’anno scolastico e il loro primo battibecco si estinse momentaneamente per cause di forza maggiore.

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“Dimmi, è per caso un tuo hobby venir pestato da chi è più forte di te?”, lo derise Arthur giusto per scaldare un po’ l’atmosfera, ma il ragazzo che gli stava di fronte e che aveva osato sfidarlo sorrise con malizia per l’ennesima volta.

“Siete sicuro che sia così? State per fare una figuraccia, sire.”

Tsé! E se la tira anche! Quella mezza calzetta!

“Se davvero credi di potermi battere sei davvero uno sciocco!”, dichiarò Arthur a gran voce mentre si avvicinava al suo avversario e si mise saldo sui suoi piedi allargando leggermente le gambe per essere più stabile. “Dimmi, ragazzo squattrinato: sei davvero sicuro di volerle prendere da me? Sei ancora in tempo per ritirarti e chiedermi scusa se vuoi. In fondo non ho iniziato io questa storia e sono sufficientemente misericordioso da lasciarti un’ultima via di scampo.”, concesse.

“Se avete paura, vostra maestà, basta che lo ammettiate e prometto che ne uscirete indenne!”, ribatté il giovane con aria di sfida e Arthur scoppiò a ridere.

Io, indenne?! Dovresti preoccuparti solo di te stesso e della tua salute, sciocco! E sia! E che non si dica che non ti ho dato una possibilità quando ti ritroverai a terra dolorante.”, concluse e si mise in guardia, i pugni chiusi allineati a difesa del volto, pronto ad attaccare, e non appena il suo sfidante prese la stessa posizione fece per colpirlo, ma questi lo schivò, e, a dirla tutta, senza nemmeno troppe difficoltà.

“Sei veloce, te lo concedo!”

“E sono anche addestrato in una manciata di arti del combattimento… è stato uno dei miei ‘hobbies’, come li avete chiamati voi, per molto tempo, anche se ammetto di essere leggermente arrugginito ormai…”

“Di certo non parli come un sedicenne. Quanti anni hai? Ottanta?!”, lo derise Arthur sferrando un altro pugno che il ragazzo di fronte a lui evitò ancora senza problemi. Ma rimase interdetto davanti al mezzo sorriso che gli rispose e si distrasse per un secondo, che tuttavia bastò per ricevere un colpo in pieno stomaco senza riuscire a schivarlo.

“Tutto fumo e niente arrosto come immaginavo, testa di fagiolo!”, lo schernì il ragazzo mingherlino e Arthur trasalì e fece un paio di passi indietro.

“…ti conosco, per caso?”, gli chiese incerto e la piccola folla acclamante che si era formata attorno a loro e che ovviamente tifava per il principe ereditario tacque alla reazione del loro idolo.

Ma ancora una volta la sola risposta che ricevette fu un sorriso sempre più sornione e uno sguardo sempre più saccente e malizioso.

E la sensazione di conoscere quello sguardo, quel volto e soprattutto quell’atteggiamento tornò ora più forte di prima.

“Dimmi il tuo nome!” gli intimò, quasi spaventato dalla sua stessa reazione, dal presentimento che l’aveva colto.

“Sono qualcuno che ha atteso il vostro ritorno molto, molto a lungo, Arthur.”, rispose e fece un mezzo inchino e in quell’istante Arthur capì.

Gli tornarono in mente i sogni che faceva da bambino e gli tornò in mente quel volto che ora era dinanzi a lui e che aveva dimenticato, dopo anni che non faceva più quei sogni… il volto di colui che era sempre stato al suo fianco, al fianco del principe e poi re di Camelot.

“O mio Dio… non può…”

Gli mancò il respiro e si sentì soffocare.

“Essere vero?”, completò il ragazzo che – per quanto assurdo potesse sembrare – ora non era più uno sconosciuto.

La piccola folla radunata attorno a loro li guardava alternativamente senza capire cosa stesse succedendo.

“Temo che il combattimento sia rimandato… mi dispiace. Non c’è più nulla di interessante da vedere!”, dichiarò con un sorriso divertito il giovane sconosciuto del quale ancora nessuno a parte il principe sapeva il nome, e fu necessario insistere un paio di volte perché la maggior parte degli spettatori che si erano radunati lì si dileguasse.

Erano rimasti infine solo in quattro: il ragazzo bullato – che comunque aveva deciso, seppur rimanendo in disparte a sufficienza per potersela dare a gambe nel caso le cose fossero andate male e i bulli di prima avessero deciso di prendersela di nuovo con lui, di andare a guardare –, e, per l’appunto, i tre bulli che già dal primo giorno di scuola sembravano inseparabili appendici del principe Arthur.

“Ragazzi: se non si fosse capito, io e lui vorremmo fare quattro chiacchiere in privato dopo tanto tempo, quindi se poteste lasciarci soli per un po’ ci fareste un favore.”, insistette, ma tutti loro, troppo incuriositi dalla piega che aveva preso tutta quella faccenda, erano restii ad andarsene.

“Per favore, fate come dice. Ci vediamo in classe più tardi…”, intervenne Arthur a quel punto e, seppur ancora poco convinti soprattutto dal tono confuso del giovane principe, i quattro li lasciarono soli.

“Su, su! Non lo mangio mica!”, ribadì ridendo il giovane sconosciuto quando vide che ci stavano mettendo troppo ad allontanarsi.

“...Merlin?!”, chiese incerto il ragazzo biondo in un sussurro a malapena udibile e l’altro gli rispose con un ampio sorriso. Un sorriso che conosceva bene.

“Al vostro servizio, oggi come allora… anche se spero che non mi farete lavare la vostra biancheria e pulire le stalle dei vostri cavalli. Oh, e lucidarvi le scarpe, vestirvi, portarvi la colazione e farvi da facchino…”, rise.

“E cosa sei disposto a fare, dunque? Un servo così è del tutto inutile, non trovi?”, ribatté il giovane principe prima ancora di rendersi conto di quel che stava dicendo.

Finì a mala pena di pronunciare quelle parole che, infatti, si coprì la bocca con una mano, ancora incredulo alle sue stesse orecchie.

Come poteva credere a quel che stava succedendo senza problemi, senza almeno porsi delle domande?!

…eppure quelle parole gli erano uscite di bocca prima ancora che il suo cervello si collegasse alla sua lingua, come se fosse abituato… come se fosse la cosa più normale del mondo!

Non gli era mai accaduta una cosa del genere in tutta la sua vita, eppure ora si trovava dinanzi a un ragazzo che proclamava di essere davvero chi pensava che fosse e che parlava come un tizio uscito da un film ambientato in altri tempi…

E il Merlin che conosceva lui, colui che sognava da bambino, era infatti sempre stato diverso da quello delle favole che suo padre o sua madre gli leggevano, e identico in tutto e per tutto, anche nel carattere, al giovane che gli stava davanti: non poteva essere una mera coincidenza…

“Sono troppo vecchio per queste cose: forse potresti tu prenderti cura di un povero anziano questa volta, invece…”

Ad Arthur mancò il fiato per l’implicazione di quell’ultimo commento.

“Che vuoi dire?”, gli chiese senza capire: dinanzi a sé stava un ragazzo che aveva la sua età!

Merlin fece spallucce.

“…il tempo per me non ha più significato. Passato, presente e futuro non sono altro che un’unica realtà per chi è in grado di comprenderla. E si dice che io sia il più grande stregone che il mondo abbia mai visto camminare sulla Terra, quindi se altri prima di me hanno vissuto molto più a lungo di ciò che la gente reputa normale, non è strano che io sia ora colui che voi avete conosciuto durante la vostra prima vita, non trovate?”

“Non puoi dire sul serio…”, Arthur lo fissò orripilato.

“Voi siete Arthur, re una volta, re in futuro, e il mio destino è legato al vostro indissolubilmente. Era stato predetto che nel momento in cui Albione avesse avuto bisogno di voi, voi sareste tornato, e che io sarei stato al vostro fianco per guidarvi e proteggervi. E ora, finalmente, posso adempiere ancora una volta al mio destino.”, fece serio e poi gli sfoggiò uno dei suoi ampi sorrisi, così solari, così allegri… come quelli che aveva imparato a conoscere e ad apprezzare negli anni. “Ed è meraviglioso rivedervi!”, concluse afferrandogli una mano tra le sue guardandolo dritto negli occhi e quasi si commosse.

E Arthur scoppiò a ridere e in lacrime come un uomo e soprattutto un principe non dovrebbe mai fare e lo strinse a sé con il braccio libero.

“L’ho sempre detto che eri un idiota! Un vero imbecille, Merlin! Un vero imbecille…”

“Forse, testa di fagiolo. Forse hai ragione… ma non si può combattere il destino di un uomo. Ci ho provato tante volte durante il vostro regno, sire, ma non è servito a nulla…”, e lasciò la presa sulla sua mano ricambiando l’abbraccio.

“Smettila di passare al voi e smettila con le formalità, Merlin! Siamo amici prima di tutto, no? In nulla sono superiore a te. E sono quasi certo che possa essere il contrario, invece…”, buttò lì non del tutto a mo’ di battuta.

“Beh, in rango lo siete…”

“Sempre a badare a dettagli insignificanti!”, sbuffò il biondo e gli sorrise, ma Merlin si fece serio tutto d’un tratto.

“…spero che questa volta lo sia davvero, perché la parte più difficile della mia vita è stata quella di doverti tacere molte verità sapendo che non mi avresti mai creduto.”

“Sarà diverso d’ora in avanti, Merlin. Te lo giuro sulla vita di mio padre.”, replicò improvvisamente serio a sua volta il giovane principe ereditario, allontanandolo abbastanza da riuscire a guardarlo negli occhi e poi stringendolo nuovamente a sé, più stretto, come se avesse timore di perderlo anche se si erano appena ritrovati e non era stato lui ad attenderlo per quasi millesettecento anni.

“Ne sono sicuro, testa di fagiolo!”, gli sorrise allegro Merlin e infine riuscì a staccarsi da lui, e tuttavia un braccio rimase attorno al suo collo, una mano salda sulla sua spalla come a non volerlo lasciare ora che finalmente lo aveva ritrovato ed erano lì, insieme. E il braccio attorno alla sua vita e la mano di Arthur sul suo fianco gli fecero intendere che non era il solo a provare la necessità di quel contatto.

   
 
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