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Autore: Deidara94    21/03/2016    0 recensioni
[Kizuna]"Ti proteggerò io, Kei." "Io sono qui. Sarò sempre al tuo fianco."
Quanto può essere forte un sentimento? Per quante difficoltà possa incontrare, se si ha la forza di stringere i denti e andare avanti, tutto è possibile. Anche morire e rinascere. E questo Ranmaru lo sa bene...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Arrivata l’ora di pranzo, Yuki e Ranmaru andarono in cucina ad aiutare la signora Miyo, aiutandola ad apparecchiare e a portare in tavola i piatti cucinati. Il loro aspetto delizioso fece venire l’acquolina a tutti i presenti, e durante il pasto non si risparmiò nessuno.
Fuori cominciò a nevicare. Anche se la casa aveva qualche decorazione, l’aria natalizia era data soprattutto dalla neve che aveva ripreso a cadere in quelle ore e dalle chiacchiere della famiglia completamente riunita: Yuki parlava allegramente con il padre, il nonno e la signora Miyo; Takumi cercava di attirare l’attenzione della mamma; Enjoji e Takuma erano sul punto di fare una gara di lanci di cibo, e Ranmaru era costretto a tenere a bada Enjoji dandogli dei pizzicotti per farlo calmare. Persino il figlio di Takuma sembrava più grande di loro, considerati i suoi quattro anni di età. Infatti, dopo la malriuscita gara di lanci, si cimentarono in una gara di bevute che, con grande gioia di Ranmaru, si concluse con un’alleanza a tempo determinato. In questo modo, Ranmaru poté prendere parte alla conversazione con il nonno e il padre, mentre Yuki portò il figlio appena addormentato in camera da letto.
« Potremmo guardare un film », disse il nonno, nel tentativo di farsi venire in mente qualcosa da fare più tardi tutti insieme ma, Enjoji, preso da una ridarella e un buon umore incontrollabili, ribatté dicendo che sarebbe stato molto più emozionante vivere un’avventura, più che guardarla. Ranmaru, a quel commento, non riuscì a controllarsi e gli urlò contro: « Ma quale avventura e avventura, brutto stupido! Non ne hai avuto abbastanza?! »
« Ma c’eri tu con mee… Ero felice, sai? », rispose Enjoji, con un  sorriso smagliante.
Ranmaru non riuscì a trattenersi e lo colpì. « Enjoji! Anche se sei ubriaco, non posso credere che tu abbia avuto il coraggio di dire una cosa del genere! »
Il padre intervenne, nella speranza di salvare la testa di Enjoji. « Suvvia, Ranmaru. Cerca di capirlo, adesso, non prendertela. »
« Ha ragionee, Samejima! E poi Enjoji è stupidoo! », disse Takuma, anche lui ubriaco fradicio.
Enjoji sorrise soddisfatto. « Ecco. Sentito, Ranchan? »
Ranmaru si mise una mano in faccia, senza parole. « Comunque, ehm… » Stava cercando di riprendere il filo del discorso. « Cosa ne dite di- »
« …andare al Lunapark, stasera o domani? », lo precedette Takuma. La proposta sembrò entusiasmare subito Enjoji, che cercò di buttare a terra Ranmaru e baciarlo di fronte a tutti.
« Cosa stai facendo, emerito cretino?! »
« Andiamo al Lunapark, Raaan! »
« Non sono io che decido! Lasciami, imbecille! »
Il nonno di Ranmaru, assolutamente contrario a questi comportamenti, voltò lo sguardo in un’altra direzione, mentre Takashi cercava di confortarlo dandogli pacche sulla spalla. Gli altri non sapevano cosa fare, così rimasero immobili a fissarli. L’unico che si batteva era il diretto interessato.
« Ma Lunapark vuol dire “amoree”… » Enjoji stava avvicinando il viso sempre più a quello di Ranmaru, ma, non essendo intenzionato a baciarsi in pubblico né a diventare la valvola di sfogo di un ubriaco, lo colpì di nuovo, riuscendo a liberarsi e a rimettersi seduto. Era allo stesso tempo sia rosso che nero in volto.
Yuki, appena tornata, aveva fatto in tempo a vedere l’ultima scena. « Fratellone… »
« Puzzi di birra, idiota! Prima di avvicinarti a me, fatti passare la sbronza e poi ne riparliamo! »
Il padre cercò di calmarlo, ma Ranmaru non volle sentire ragioni, soprattutto perché il nonno non aveva ancora accettato del tutto la loro relazione e Takuma non ne era proprio a conoscenza.
Enjoji, non ancora arresosi, si aggrappò alla caviglia di Ranmaru. Il signor Samejima sospirò, ma Takashi, Yuki e Miyo sorrisero con grande pazienza. Infine, Ranmaru spostò con uno strattone la gamba e si allontanò dalla stanza, lasciandosi alle spalle le bambinate del compagno, ancora disteso a terra. Dopo essersi calmato un po’ grazie alla pazienza di Miyo, Takuma, che non aveva capito niente, si avvicinò all’orecchio della moglie. « Secondo te Enjoji e Samejima sono gay? »
Abilmente, Yuki, dopo essersi ripresa dalla domanda peggiore che potesse arrivarle, riuscì a fargli cambiare discorso e, dopo qualche canzone cantata insieme a Enjoji e qualche bicchiere di troppo, a farli addormentare entrambi.
« Grazie, Yuki », disse, infine, il signor Samejima.
 
Non appena Ranmaru si fu calmato, tornò nella sala da pranzo e notò con piacere che i suoi erano riusciti a mettere fuori gioco i due. Si fece scappare una risata soffocata.
Rifiutò l’invito del padre a unirsi a loro e scelse di recuperare il compagno e di metterlo a dormire in camera loro. Però, appena si mise attorno al collo il braccio di Enjoji per sollevarlo, Takashi lo fermò. « Ranmaru, aspetta. Alla fine, abbiamo deciso di andare al Lunapark domani, visto il loro stato. » E indicò Enjoji e Takuma. « Tu sei d’accordo? »
Ranmaru lo guardò ma non rispose. Non era proprio eccitato all’idea. Cercò di convincerlo anche Yuki che, al contrario, non vedeva l’ora. « Dai, fratellone, vieni con noi! Viene persino il nonno! »
Ranmaru lo guardò sorpreso. « Davvero? »
Il signor Samejima intervenne tossicchiando. « Veramente ho detto “forse”… Ho anch’io la mia età… »
« Oh, avanti! Non fare il guastafeste, nonno! »
Alla fine, Ranmaru accettò, pensando che, se avesse rifiutato, Enjoji lo avrebbe stressato fino all’esaurimento. « Allora ci vediamo dopo. Scusate. » Chinò il capo e si caricò nuovamente Enjoji sulle spalle. Aveva sul viso la tipica espressione da pervertito felicemente sbronzo, cosa che a Ranmaru faceva irritare un po’. Scosse il capo, esasperato, e girò a destra dopo aver percorso il lungo andito della casa. La loro stanza era poco più avanti del bagno, sulla parete opposta. Appena entrato dentro la camera, notò con piacere che Miyo aveva già provveduto alla sistemazione dei futon, così si limitò a mettere Enjoji sotto le coperte. La temperatura era piuttosto bassa, sebbene il riscaldamento fosse acceso in tutta la casa.
Si sedette al suo fianco e si mise a pensare alle parole che aveva detto al nonno, a quello che avrebbe fatto dopo la laurea. Il suo sogno di diventare il miglior spadaccino del Giappone era distrutto, però… l’amore per il kendo era troppo grande per lasciarlo definitivamente. Era la sua vita, e lo aveva praticato per troppi anni per poterlo lasciare così.
Il silenzio fu rotto dal tentativo di Yuki e Takashi di portare Takuma nella stanza dove riposava anche il piccolo Takumi, ma il suo corpo, rispetto a quello di Enjoji, era molto più grosso e pesante, il che comportava qualche problema in più, anche se a trascinarlo erano due persone.
Vedendo tutti impegnati, annoiato, Ranmaru decise di alzarsi e di andare a chiacchierare un po’ con gli altri. Era Natale, dopotutto, e sarebbe stato uno spreco restare da soli.
 
Di sera, Enjoji, svegliatosi con un gran mal di testa, raggiunse il resto della famiglia, trasferitasi in salotto.
« Enjoji… Stai bene? », chiese Ranmaru, nella speranza che non provocasse altre situazioni imbarazzanti.
« Sì, ma… la testa mi sta scoppiando… e non ricordo quasi niente. »
Vedendolo in quello stato, Ranmaru si alzò e lo aiutò a sedersi. « È perché esageri sempre, stupido! »
« Non rimproverarlo, Ranmaru. » Lo difese comprensivo Takashi. « È anche colpa nostra, abbiamo esagerato anche noi. »
Ma Ranmaru cercò di tacerlo alzando la mano, e approfittò dell’occasione per metterlo un po’ in riga, anche se sapeva che non sarebbe stato ascoltato. « Te l’ho detto mille volte di regolarti quando bevi. Lo sai, poi, come va a finire! »
Enjoji si tenne la testa e strizzò gli occhi dal dolore. « Non urlare, ti prego… »
Appena incrociato il suo sguardo, la signora Miyo intuì immediatamente la muta richiesta che Ranmaru le stava facendo. « Mi dispiace, ma non abbiamo niente che possa aiutarlo… »
Ranmaru le sorrise e si alzò dal suo posto, battendo una mano sulla spalla di Enjoji. « Ci penso io, sta’ qua. » Uscì dalla stanza e tornò pochi minuti dopo con una scatoletta in mano. Gliela porse dopo aver versato dell’acqua in un bicchiere pulito. Enjoji lo guardò perplesso, e a Ranmaru non fu chiaro il perché di quell’espressione. « Che c’è? »
« Perché tu hai…? »
Non ci fu bisogno di completare la frase: Ranmaru aveva già intuito il seguito. « Perché ti conosco troppo bene e so che non riusciresti mai a resistere alla tentazione di bere, se ne avessi l’opportunità. »
Enjoji lo guardò incredulo. Quando cercò di abbracciarlo, Ranmaru prese nuovamente in mano la scatoletta e si scansò, facendolo cadere sui cuscini attorno al tavolo. I presenti sorrisero.
« Vuoi la pastiglia o il mal di testa ti è già passato? »
« No, no, no! Ce l’ho, dammi la pastiglia, Ranchan… », lo pregò. Nel momento in cui Enjoji inghiottì la pastiglia e bevve l’acqua, vedendo che i suoi parenti stavano sorridendo e si scambiavano occhiate divertite, Ranmaru si unì ai loro sorrisi e fece un breve occhiolino intenditore. Enjoji aveva una strana sensazione, come se si sentisse preso in giro, e li scrutò bieco.
A un certo punto, la signora Miyo si accorse dell’ora tarda e richiese l’attenzione di tutti. « Signori, sono sorpresa anch’io per l’ora, ma… ormai è quasi ora di cena… »
Tutti la guardarono spaventati, quasi come se avesse annunciato di aver commesso un omicidio. Dopodiché si scambiarono lamentele sui loro mali, annunciando di non avere assolutamente fame o di non essere ancora riusciti a digerire il pranzo, dal momento che, in realtà, non avevano mai smesso di mangiare. I dolci che Ranmaru aveva portato erano stati graditi, e ogni tanto qualcuno vi allungava le mani.
A un certo punto, Yuki sussultò. « Oddio, ho lasciato Takumi in camera! Stanotte non dormirà, e io con lui », disse, sconsolata. « Corro a svegliarlo. » Ma quando Yuki arrivò nella camera da letto, vide che il figlio stava giocando facendo camminare la macchinina che aveva anche all’ora di pranzo sul corpo addormentato del padre e, a quanto sembrava, non lo stava facendo nemmeno da poco.
« Takumi, cosa stai facendo? Non fare così! » Prese in braccio il bimbo e lo allontanò dal marito. Lo osservò un momento. “Probabilmente dormirà fino a domani mattina…”, pensò. A un certo punto, sentì dei passi che si avvicinavano in prossimità della sua stanza. Quando si voltò verso la porta, vide il padre. « Come va? »
Takumi tese le mani verso il nonno, speranzoso di poter stare in braccio a lui.
« L’ho trovato mentre giocava sul padre. »
Takashi alzò un sopracciglio, convinto di non aver capito bene. « Scusa, in che senso “sul padre”? » Gli venne istintivo guardare Takuma, e lì noto la macchinina parcheggiata vicino al suo braccio. Gli venne da ridere.
« Non posso lasciarlo un attimo solo… », proseguì Yuki, come se non avesse notato la reazione divertita del padre.
« Beh, in questo caso l’hai lasciato solo per ore. » Vedendo una Yuki colpita nel segno, concluse. « Non preoccuparti, posso stare io con lui. »
Yuki si riprese immediatamente, al suono di quell’offerta. « Davvero, papà? Allora io vado in cucina ad aiutare la signora Miyo. Sarà sommersa di piatti da lavare, poverina. »
« Vai pure, non preoccuparti. » Detto questo, Takashi si sedette e prese in braccio un Takumi superfelice di poter stare col tanto adorato nonno. Yuki, invece, andò in cucina come stabilito.
Con Takashi, Takuma e Takumi da una parte, Yuki e Miyo dall’altra e il signor Samejima che era stato battuto dalla stanchezza, la sala da pranzo e il salotto erano ormai vuoti, fatta eccezione per Enjoji e Ranmaru, che stavano guardando un film.
 
Il giorno dopo, si svegliarono tutti riposati e di buon umore, tranne Enjoji che, siccome aveva dormito quasi tutta la sera, non era riuscito a riprendere sonno tanto in fretta, e le battute di Takuma non aiutarono a calmarlo… fino a che non arrivò il momento di uscire. Era arrivato il pomeriggio da poche ore, ma la luce della giornata, sebbene nuvolosa, non sarebbe durata ancora a lungo.
Usciti in giardino, Enjoji si sedette al posto di guida. Subito dopo, Ranmaru aprì lo sportello della macchina e si sedette nei sedili posteriori assieme a Takuma, il padre e la sorella, mentre il nonno si sedette nel posto anteriore. Erano leggermente pressati, ma fortunatamente Yuki era piccolina. Takumi, invece, si sedette in braccio al papà, euforico per le giostre che lo aspettavano. La signora Miyo, che invece non voleva lasciare la casa incustodita, li salutò, felice di avere una serata tutta per sé.
Arrivarono in pochi minuti ma impiegarono quasi il doppio del tempo per trovare un parcheggio libero. L’unico disponibile trovato era davanti a una piccola piazzetta che divideva il parcheggio in due parti, ornata da un albero circondato da vari tipi di fiori. Dietro, c’era un enorme terreno dove erano state fissate diverse giostre, da quelle per adulti a quelle per bambini, lontane rispetto a loro. Inoltre, ai bordi della recinzione, c’erano numerose bancarelle, sia da gioco che da ristoro.
Inevitabilmente, il gruppo si divise in tre sottogruppi: Ranmaru ed Enjoji; Yuki, Takuma e Takumi; Takashi e il signor Samejima. Però, si accorsero tutti quasi subito che i due fidanzati tendevano a rimanere indietro, così decisero di disturbarli il meno possibile. Attorno a loro si era già creata un’aria romantica, incrementata dalle luci multicolori che splendevano nel crepuscolo e dall’ambiente che li circondava. Anche se le musiche delle giostre si sovrapponevano le une sulle altre, per loro era come se non ci fosse nessun suono, a parte quello delle loro voci che ridevano e chiacchieravano.
Con un pizzico di ironia, Yuki commentò a voce alta i propri pensieri, uditi dal padre che si dimostrò comprensivo verso il proprio figlio. « Meno male che non voleva venire… »
« Cerca di capirlo… Si vedeva che era ancora stressato e stanco, dopo tutto quello studio. »
« Almeno non può lamentarsi di aver passato delle vacanze noiose », intervenne il nonno.
Takuma, nel mentre, aveva preso il figlio dalle braccia della moglie e lo stava facendo divertire a modo suo, fortunatamente con buoni risultati. Probabilmente, far divertire Takumi era una delle poche cose in cui Takuma era davvero bravo.
Alla fine, vedendo che stavano girando a vuoto da un po’, Yuki decise di voltarsi verso Ranmaru ed Enjoji. « Dove volete andare, voi due? »
« Ah, noi stavamo pensando di provare quello », disse Enjoji, e indicò una giostra vicino a loro composta da più sedili, alcuni per due e altri per tre persone, sparsi in una grande pedana il cui scopo era quello di girare velocemente in tutte le direzioni. La molla che li teneva attaccati a terra era molto flessibile, e rendeva il tutto più dinamico.
Alla sola vista, il signor Samejima fece una smorfia di dissenso. Anche Yuki e Takashi sembravano del suo stesso parere. Takuma, invece, si infiammò all’istante, e guardò con occhi speranzosi la moglie, invano. Yuki riprese in braccio il figlio e diede una pacca sulla spalla al marito, decisa di tono. « Divertiti, con mio fratello ed Enjoji. Noialtri passiamo, grazie. »
Takuma stentò a crederci. « Ma come, Yuki? Pensavo ti piacesse il brivido… » Voltò lo sguardo verso i due genitori. « E voi, signor Todo e signor Samejima? »
« Io preferisco qualcosa di più tranquillo, come Yuki. », rispose Takashi.
« E io sono troppo vecchio, non sono venuto qui per salire su queste diavolerie. »
Sconsolato, Takuma indirizzò l’attenzione a Ranmaru e a Enjoji. « Va be’, mi accontenterò di voi… »
I due ragazzi si guardarono, leggermente offesi per la sua mancanza di tatto. Poi, il gruppo si separò e i tre si diressero alla biglietteria. Gli altri, invece, andarono verso le giostre per bambini perché Takumi stava iniziando ad agitarsi.
Una volta comprati i biglietti, i posti da tre furono occupati tutti subito da gruppi di amici che si erano messi a correre per prenderli, quindi Takuma era stato costretto a sedersi da solo, lasciando insieme Ranmaru ed Enjoji, che sedettero poco più indietro rispetto a lui.
La velocità a cui andava la giostra era impressionante, cosa inaspettata per chi osservava e basta. Sembrava che i sedili, quando cambiavano improvvisamente direzione, si stessero per staccare da un momento all’altro, perché giravano in tondo con violenza. La musica, sebbene fosse molto alta,  non riusciva a coprire interamente le urla. Era questo che stavano cercando: una giostra che li distraesse, facendo sperimentare loro emozioni e sensazioni che non provavano mai. Non erano emozioni di paura o di angoscia, come poteva sembrare, ma emozioni che li facevano sentire vivi, uniti… anche se un giro fu più che sufficiente. Si alzarono a fatica e camminarono verso l’uscita della pedana lentamente, poiché sembrava non toccassero un terreno solido da una vita. Tuttavia risero, notando il controsenso tra le loro percezioni e i loro sentimenti. Cercarono con lo sguardo Takuma, convinti fosse appoggiato da qualche parte per non cadere, ma lo videro correre nuovamente verso la biglietteria. Li invitò a unirsi a lui con un movimento del braccio, ma scossero la testa e andarono a sedersi su una panchina lì vicino, in attesa del suo ritorno. Osservarono la giostra ripartire. Poi Enjoji si alzò e andò a comprare due gelati nella bancarella a fianco. Finito anche il secondo giro, i due sgranarono gli occhi alla vista di Takuma che andò a comprare il terzo biglietto. Quindi si alzarono, decisi a finire il gelato lontano da quel matto, e si mossero verso la stessa direzione percorsa dal resto del gruppo.
A un certo punto, notarono due loro vecchie conoscenze: Minoru, la persona che li aveva fatti litigare, e Kai Sagano, fratello minore di Enjoji da parte di padre, che discutevano animatamente. I passanti stavano a distanza di sicurezza, intimiditi dalle loro urla.
Enjoji, già sul punto di correre verso il fratello, fu fermato da Ranmaru. Dalle apparenze, sembrava che si fossero urtati e che si fossero messi a litigare per questo. Conoscendo i loro caratteri, pensarono entrambi, poteva essere abbastanza comprensibile, ma una volta avvicinatigli, capirono che non era così. Come percependo la loro presenza, i due smisero subito di litigare: Minoru sgranò gli occhi, pietrificato, e Kai cercò di scappare, cosa che Enjoji non gli permise. Lo bloccò e gli chiese senza troppi giri di parole il perché della sua presenza a Tokyo e cosa stesse combinando.
Kai gli rispose acidamente, come era suo solito fare quando si rivolgeva al fratello. « Non sono affari tuoi, lasciami! »
« Sì, che sono affari miei, moccioso! Sei qui da solo? »
Kai volse lo sguardo verso i passanti. « Non ti riguarda. »
Ranmaru allontanò i due e cercò di parlare con tutta la calma che quella circostanza gli permetteva, ma Minoru lo interruppe ancora prima di fargli prendere fiato. « Perché voi due siete qui?! »
Enjoji lo guardò di sbieco, arrabbiato più che mai. « Secondo te cosa fa una coppia al Lunapark il giorno dopo Natale? E vedi di starci alla larga, dannato! »
Minoru replicò, alterandosi a sua volta. « Guarda che sei tu che ti sei avvicinato! »
« Ma non per parlare con te, stronzo! Dopo tutto quello che hai combinato, sei l’ultima persona con cui avrò il piacere di parlare! »
Le loro urla avevano fatto sparire gran parte delle persone, e venivano evitati come la peste. Attorno a loro non c’era più anima viva, a parte qualche temerario a cui non importava granché dei litigi altrui. Poiché stava iniziando a vergognarsi, Ranmaru coprì la bocca di Enjoji con una mano. « Smettetela di urlare, state dando spettacolo! Datevi una calmata! »
Enjoji smise di fare resistenza e cercò di abbassare il tono, anche se il tentativo non andò a buon fine. Vedendo che le acque si erano un po’ calmate, Ranmaru proseguì. « Cerchiamo di fare ordine… Sagano, cosa ci fai qui? Non dovresti essere a Kyoto? »
Kai cambiò immediatamente espressione, e sorrise solare all’adorato amico e spadaccino tanto ammirato, cosa che infastidì ulteriormente Enjoji: odiava non essere preso in considerazione. « Sono venuto qui con Masa, ma per colpa di questo stupido, l’ho perso di vista. » E indicò Minoru, che cercò di colpirlo. « Stupido a chi?! »
« Ho detto basta! », urlò Ranmaru.
Si bloccarono. Era meglio non far arrabbiare Ranmaru perché, anche se aveva abbandonato il kendo, riusciva a intimorire lo stesso le persone, e questo Kai lo sapeva bene. Si ricordò di quando, una volta, per la paura di perdere un Enjoji in fin di vita, brandì una spada vera contro alcuni membri della Yakuza. Se Masanori Araki, colui che ha cresciuto Kai, non l’avesse fermato, sarebbe stato anche capace di ucciderli. Certo, in questo caso non sarebbe arrivato a tanto, ma era sempre meglio non tentare la sorte.
   
 
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