Prologo:

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Quelle urla non le dimentichi mai.
Quella sofferenza farà parte di te, e per un momento sarà una delle cose più belle che tu possa avere.
Era questo ciò che mi insegnava, la felicità nella sofferenza.
Che senso poteva avere?
Nessuno.
Ma ad un certo punto tutto smette di avere senso, anche la cosa più banale, anche ciò che ti sembrava logico.
Tutto ha smesso di avere senso quando sono nata.
Un’unione proibita, proibita ovunque, quasi impossibile.
Ma è successo, e sono convinta che le cose non accadono sempre per caso, ma accadono perché vogliamo che accadono.
Ma questo  non ha senso.
Tutto smette di avere senso, ed io sono confusa e dolorante.
Mi guardavo intorno con un sorriso sghembo, ma perché avevo questo sorriso?
Sono due persone.
Due persone molto diverse.
Sono un demone.
Sono un’umana.
Cosa diavolo sono?
Ci sono momenti in cui le domande sono le uniche risposte.
Ma che senso ha?

-“Pensi troppo, figlia mia.” Camminava con passo svelto, ed io dovevo stargli dietro.
Non rallentare, testa alta, occhi aperti, orecchie tese, sorriso sghembo. –“Pensare non è un male, padre.” Corrugai la fronte in attesa di una sua risposta, di un suo rimprovero. –“Sono cose da umani, sei per caso umana?” Vidi le sue spalle irrigidirsi e fui subito pronta a scuotere la testa.
-“No,  non lo sono.” Serrai le labbra e portai le braccia dietro le spalle, stringendole più che potevo, lui si girò di scatto.
-“In questi giorni ho preso parecchie decisioni, senza pensarci.” Mi irrigidii all’istante, quasi la gola mi si chiuse.
Annui mantenendo uno sguardo freddo, sentivo solo lo strusciare della sua e della mia coda e questo mi innervosiva.
-“Andrai nel mondo dei peccatori, nel mondo di quelle bestie orribili.” Quasi mi veniva da sorridere, ma non lo feci e mi limitai ad annuire.
Non provavo a ribattere, non provavo a rispondere, non provavo a fare nulla.
Per quanto mi costasse ammetterlo avevo paura di lui, poteva fare di tutto anche a sua figlia.
Alla fine io cosa ero?
Solo frutto di un attento stratagemma, diciamocelo.
Un’erede, per ogni evenienza.
Per anni avevo solo osservato, non sono mai stata pronta a prendere delle decisioni e non mi è mai stato concesso.
Ora dovevo andare e sarei stata sola per molto tempo, per molto tempo avrei dovuto osservare e decidere.
Ero pronta?
No, solo terrorizzata.
Ma io non potevo essere terrorizzata, io dovevo essere pronta, furba, coraggiosa, forte.
Ma non lo ero, e la testa mi doleva.
I pensieri scivolavano cosi, come il fiume gange, o l’acheronte,   scorrevano velocemente e all’improvviso la paura si trasformava in eccitazione, poi in paura, e poi di nuovo in eccitazione.
Scoppiai a ridere.

Le persone non mi conoscono, ma presto mi conosceranno.
Il mio nome è Daiana, sono una principessa, una principessa particolare, la principessa degli inferi o almeno cosi dicono.
E si, da come si è potuto capire sono Daiana, la figlia di Lucifero.

 

SPAZIO AUTRICE:

Non scrivevo da tanto e non so davvero cosa dire.
E' una storia che mi è venuta cosi, all'improvviso.
Spero possiate lasciarmi un piacere, anche se è 
abbastanza corto, ma è solo un'introduzione.
Lasciatemi un parere e niente, vi ringrazio.
Baci, fanni.