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Autore: giambo    21/03/2016    5 recensioni
L'entusiasmo sul volto del moro sparì di colpo, sostituito da un'espressione particolare: un misto di esasperazione e stanchezza.
“Marron...”
“Lo so!”
“Ne abbiamo parlato tante volte...”
“Non sono più una bambina, papà!” sbottò stizzita. “Ormai sono capace di badare a me stessa!”
...
“Marron...” l'androide tentò di dare alla propria voce un tono pacato, ma era palese che stesse per esplodere dalla rabbia. “Ne abbiamo parlato decine di volte. Quante altre volte vuoi litigare?”
“Io non voglio litigare. Vorrei solo sapere perché non posso andarci.”
...
“Più o meno.” dichiarò sghignazzando lei. “Sai perché lo faccio fare a te?”
“Perché non hai voglia di osservare degli adolescenti, vestiti in modo bizzarro, per tutta la sera?”
L'espressione che il volto dell'androide assumette non gli piacque neanche un po'.
“Perché so che tu non commetterai omicidi.” la sua voce era serafica, ma dentro di lei, in quegli istanti, stava ruggendo una vera e propria belva, assetata di sangue.
Il sangue di coloro che avrebbero osato fare del male alla figlia.
...
Storia nata come una One-Shot ma che, causa lunghezza, ho dovuto dividere in più parti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Crilin, Marron | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Capitolo 2
 

 

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Crilin era a disagio in quel posto. Il locale era ampio, ma pieno di tavolini e divanetti fino a scoppiare, dove la gente si sedeva, urlando per parlare tra di loro, a causa della musica sparata a livelli assordanti da numerose casse, poste un po' ovunque. La luce era bassa, soffusa, e variava spesso tonalità, passando dal verde vivo ad un blu scuro in pochi secondi, dandogli l'idea che le persone davanti a lui sparissero e ricomparissero ripetutamente. La gente era ovunque, e si accalcava nella pista da ballo, sotto le urla di incitamento di un uomo sulla quarantina, ed ai due banconi, dove succinte bariste sudate cercavano di soddisfare la sete senza freni del pubblico, con cocktail frettolosi e spesso annacquati.

Il terrestre sospirò, scuotendo leggermente la testa. Che cosa ci facesse un uomo di quasi cinquant'anni lì dentro come lui era un vero e proprio mistero. O meglio, sapeva perché era lì, ma la cosa non gli piaceva: era palese che quello non fosse il suo mondo.

Si fece strada tra la folla, trovando un piccolo tavolino libero, dove si sedette pesantemente. Rimase lì per qualche minuto, mentre individuava il ki di sua figlia, prima che una ragazza mora gli si avvicinasse chiedendogli cosa desiderasse.

Il piccolo guerriero la guardò in volto prima di rispondere. Era carina: non doveva avere più di venticinque anni, di altezza media, e con un bel corpo, racchiuso in un jeans attillato ed una maglia nera senza maniche, che metteva in risalto le proprie forme. Non fosse stato per il volto sudato, e per il sorriso finto, sarebbe stata una piacevole visione.

Gli chiese, con tono gentile, una birra. Non essendo mai stato un grande bevitore, preferiva giocare su un terreno a lui congeniale. La ragazza gliela portò qualche minuto dopo, sempre sorridendo. Nonostante ciò, al terrestre parve che il suo sorriso fosse, nei suoi riguardi, un po' più vero in quell'occasione. Probabilmente erano pochi i clienti che la trattavano in maniera 'umana' nel corso di una serata.

Mentre sorseggiava la propria consumazione, Crilin si sentì osservato. Con la coda dell'occhio vide ad un divanetto poco distante due giovani, in compagnia di altrettante belle ragazze, che lo fissavano ridacchiando. Il guerriero sapeva benissimo il motivo di tale ilarità: era una vita che lottava contro i pregiudizi del proprio aspetto esteriore. L'avere sviluppato una forza inumana, essere diventato l'uomo più forte del pianeta, ed aver visto più volte la morte in faccia di quante volesse ricordare non era servito a nulla. Davanti agli occhi di un viziato bamboccio di città, lui restava un ridicolo ometto, che non avrebbe mai potuto aver successo, fama, soldi e belle donne.

Li osservò con attenzione: erano alti, con una discreta muscolatura, un bel volto, con un taglio di capelli alla moda, e vestiti costosi addosso. A livello di tono muscolare lui era decisamente superiore, ma questo probabilmente non si poteva vedere, a causa della camicia che indossava. Le due ragazze erano veramente belle: entrambe alte, magre, con il volto truccato con cura. Una era bionda, con i capelli dorati lunghi fino alle scapole. Indossava una minigonna di pelle, che lasciava scoperta la pancia, calze a rete scure, ed una camicetta rossa. La sua compagna era invece rossa, di un rosso tinto, sul magenta, con i capelli corti, sparati all'insù in un taglio lievemente punk. Aveva un lungo tatuaggio maori sul braccio sinistro, due piercing sull'orecchio destro, ed un fisico atletico, racchiuso in un vestito da sera scuro e succinto. Con i loro occhi azzurri e languidi, lo degnarono appena di uno sguardo di sufficienza, prima di tornare a rivolgere le loro attenzioni ai loro accompagnatori.

Crilin non diede peso a quegli sguardi. Oltre al fatto di esserci abituato, il terrestre non era stupito. Anzi, con il passare degli anni, si accorgeva di essere molto meno ingenuo nei confronti del resto del mondo. Sapeva che sarebbe accaduto. Avere dei muscoli scolpiti ed una forza sovrumana potevano aiutarlo durante un combattimento all'ultimo sangue con un mostro, ma non certo per evitare il disprezzo della gente.

Sospirò leggermente, mentre ripensava al fatto che neppure i suoi più cari amici, in determinati contesti, erano riusciti ad evitare una fastidiosa pietà nei suoi confronti. Ricordava ancora gli sguardi di Bulma, Yamcha oppure anche di Muten quando gli cadeva l'occhio, con fare sognante, su qualche bella ragazza. Erano colmi di pietà, come se fossero certi che avrebbe vissuto fino alla fine dei suoi giorni completamente solo. Del resto, poteva essere una persona buona, ma alle donne tutto ciò non sarebbe mai fregato. La stessa Bulma si era presa sotto casa un uomo di cui si poteva dire tutto, tranne che fosse un bravo ragazzo.

Ma poi era arrivata lei, ed era stato palese che fosse una che, di ciò che pensano gli altri, non gliene poteva fregare assolutamente nulla.

Crilin sorrise. Ancora a distanza di anni trovava assurdo, sotto un certo aspetto, tutto quello che era accaduto tra lui e sua moglie. Ma la cosa più di tutte trovava incredibile era che, nonostante attualmente entrambi conducessero una vita abitudinaria e piatta, erano felici, incredibilmente felici. Di solito una persona, specie una donna, dopo un certo periodo di anni prendeva a vedere le cose in un modo diverso, a cercare degli sbocchi da una vita sempre uguale, anche con il tradimento, ma non lei. Il moro non sapeva il perché di quella scelta, di quella gioia. Dopotutto, non era mai riuscito a capire se sua moglie fosse veramente felice, dato che non era persona da rivelare a cuore leggero il proprio magma di sentimenti. Ma poteva leggerglielo negli occhi, ogni giorno, ogni mattina, ogni istante che passavano insieme: lei era felice. Contenta di condurre una vita normale, monotona, priva di grandi sconvolgimenti. E lo era anche lui.

Chiuse gli occhi mentre, con un sorriso nostalgico, rimembrava il loro primo incontro. Quell'istante dove paura e stupore si erano mescolati dentro di lui, rendendolo incapace di muoversi. Aveva visto gli zaffiri di lei, di quell'androide dalla forza sovrumana, e se ne era innamorato. Forse, se avesse deciso di ucciderlo in quel momento, non sarebbe stato capace di provare a difendersi, troppo sorpreso dalla bellezza cruda e splendida di quel corpo, di quel volto, di quella voce.

Amarmi per non essermi fermato alle apparenze. Amarmi per aver voluto capire se ci fosse qualcosa oltre quei circuiti... che razza di follia!

Chissà, forse il loro amore per la normalità, per quella vita tranquilla e priva di imprevisti, derivava dalla loro infanzia. Crilin non aveva mai saputo, con esattezza, cosa facesse sua moglie prima di mutare la propria natura, ma da quello raccolto all'epoca dello scontro con Cell aveva potuto comprendere come il suo stile di vita fosse stato duro, difficile, complicato, esattamente come il suo. Per anni, anzi per decenni, il terrestre si era alzato all'alba, ed aveva iniziato ad allenarsi, senza mai smettere, senza dare mai un segno di cedimento, anche quando il proprio corpo inviava scricchiolii sinistri lui non aveva pensato, neanche per un singolo istante, di non allenarsi. Aveva sputato sangue, aveva sofferto, aveva percepito ogni singolo muscolo del proprio organismo urlare disperato. Dopo tutte le sue fatiche, sofferenze, avventure, anelava veramente ad una vita tranquilla. 18 la pensava esattamente allo stesso modo: stanca di lotte, torture, sofferenze e mostri disumani, anche la cyborg desiderava solo una vita pacifica, libera da paura e sofferenza.

Due anime tormentate e cresciute in mezzo a mille difficoltà, che avevano dovuto lottare spesso sul filo che divide la vita e la morte. Cosa ne potevano sapere quei ragazzi, vissuti nella tranquillizzante normalità fin dalla nascita, di come ci si sente ad assaporare la pace? Il destino non avrebbe potuto donargli persona più adatta da amare.

 

Sei morto, piccoletto!”

 

Quelle parole, sussurrategli da lei, la prima volta che avevano fatto l'amore erano state... uniche, come lei. Un misto di potenza, forza e sensualità. Crilin non era sicuro che, con il passare degli anni, sarebbe potuto rimanere all'altezza di lei, della sua bellezza, della sua immortalità. Lui era un semplice uomo, con una forza sovrumana certo, ma pur sempre un uomo, qualcosa di totalmente diverso da lei.

Il suo sorriso divenne più marcato. Quella era una sfida che, molto probabilmente, avrebbe perso, ma che aveva tutte le intenzioni di giocarsela fino in fondo.

Non mi hanno mai insegnato ad arrendermi.

Fu allora, mentre terminava la terza birra della serata con un ultimo sorso, che percepì qualcosa di diverso, qualcosa che non andava. Immerso nei suoi pensieri, aveva momentaneamente accantonato il ki di sua figlia. Non era stato difficile individuarlo nuovamente in mezzo a quella calca. Marron poteva anche essere cresciuta come una ragazzina normale, ma il suo sangue, lo stesso che scorreva nelle sue vene, non mentiva. La sua energia spirituale brillava forte come un incendio, se paragonata a quelle degli altri avventori di quel posto. Un talento grezzo che forse, con qualche aggiustamento, sarebbe potuto esplodere fuori, rivelando una forza addirittura superiore alla sua.

Ma in quel momento Crilin non era interessato a quell'aspetto del ki di sua figlia.

Perché era un'energia che stava lentamente scomparendo.

Marron!

 

 

Marron si guardò attorno, lievemente smarrita in mezzo a quella folla. Dopo essere entrata era rimasta per alcuni minuti ferma, imbambolata tra la gente. Non aveva la più pallida idea di dove dovesse andare. Per un istante fu stata tentata di chiamare Kalì al telefono, ma poi aveva preferito non farlo: voleva farle una sorpresa.

Chiese ad una cameriera, cercando di non apparire nervosa, se sapesse qualcosa dei suoi compagni di classe. Quest'ultima le rispose, con un sorriso posticcio, indicandole uno salone privato, che era stato messo a disposizione di Thomas per la festa. Dopo averla ringraziata, Marron si diede mentalmente della stupida: era ovvio che un ragazzo di buona famiglia come lui non si sarebbe accontentato di un semplice tavolo come tutti.

Arrivò davanti alla porta, da cui poteva vedere, tramite il vetro, delle figure sfuocate. Deglutì, mentre si sistemava i capelli per la decima volta in pochi minuti. Nonostante tutto, era nervosa, anzi a dir poco terrorizzata. Non voleva fare brutta figura, ma aveva come la sensazione che essa fosse inevitabile.

Coraggio! Non sono una vigliacca!

Stava per bussare quando, con un gesto improvviso, cambiò idea ed aprì direttamente la porta: voleva mostrarsi sfacciata per una volta.

L'ambiente dentro era diverso: la luce era soffusa e di tutti i colori anche qui, ma la musica era di stampo più commerciale. Numerosi tavolini, contenenti snack e bevande alcoliche e non, erano disposti un po' ovunque, mentre i ragazzi si muovevano attorno, iniziando già a buttarsi nella mischia per ballare. Molti erano suoi compagni di classe, ma altri no. Comprese, con un pizzico di paura, di aver accettato di partecipare a qualcosa di molto più grande di quanto potesse immaginare.

“Ehi!” udendo una voce a lei familiare, la bionda si girò, trovandosi di fronte il volto sorridente di Kalì. La ragazzina indossava un vestito viola, con calze scure, che le donava molto. Teneva i capelli rossi raccolti in una messa in piega, mentre l'acne era stato parzialmente coperto da un velo di trucco ben messo. Nel complesso era molto carina.

“Kalì! Ti stavo cercando!”

“Uao, che abbigliamento alternativo! Nessuna ragazza avrebbe pensato a qualcosa del genere! Da quando sei così disinibita?!” esclamò sorpresa.

“Non dire cazzate! Anche tu sei molto carina, quasi non ti riconoscevo!” replicò la bionda, arrossendo lievemente.

“Parli dell'acne? Beh, come sai mia madre fa l'estetista. Non è stato difficile convincerla a darmi una sistemata.” le spiegò, con l'occhiolino, l'amica mentre la trascinava a forza verso un tavolino, dove presero da bere. “Che te ne pare? Questa è vodka, figo no?”

Vodka? La figlia di 18 squadrò il bicchierino che la rossa le aveva messo in mano, scrutando il liquido trasparente che ci galleggiava dentro. Non sembrava tanto, non più delle dosi di sciroppo che assumeva quando stava male, ma l'istinto le suggeriva che non fosse proprio salutare per lei quella roba.

“Andiamo, Marron! Vuoi dirmi che non l'hai mai bevuta prima?!” le chiese, leggermente stupita, l'altra. “Fai come me: tutta giù in un colpo solo!” le suggerì, scolandosi il bicchierino di liquore senza problemi.

Marron rimase per alcuni secondi ferma, indecisa su come muoversi. Poi, facendo un profondo respiro, buttò in gola l'intero contenuto del bicchiere. Il sapore era dolce, ma l'alcool le bruciò la gola, riversandosi nello stomaco sotto forma di fuoco liquido. Tossì un paio di volte, mentre l'amica le passava un bicchiere di cola.

“E' sempre così la prima volta, basta abituarsi!” le spiegò.

“Mi basta... che non l'abbia visto... lei!” spiegò la bionda, finendo di bere la cola per calmare il bruciore.

“Stai tranquilla! Quella vipera ed il suo branco di smorfiose sono impegnate a sculettare in pista.” le rispose Kalì. “Da quando sono arrivate non si sono staccate neanche per un istante da Thomas e Aruso.”

Aruso?! Con uno scatto, la ragazzina si avvicinò alla pista da ballo, dove vide Bernadette che si strusciava sensuale addosso al ragazzino moro, il quale sembrava particolarmente interessato a quel gesto. Il vederli assieme fu un colpo tremendo per il cuore della figlia di 18, che strinse i pugni fino a conficcarsi nella carne le unghie.

Brutta vipera schifosa!

“Mi dispiace!” esclamò contrita la rossa, avvicinandosi anch'essa. “Quelle due sono proprio come i polipi, mettono le mani ovunque.”

“Comunque lasciale stare! Di ragazzi carini c'è ne sono una marea, individuane uno e prendilo all'amo!” dichiarò subito dopo, solo per accorgersi che l'amica si era gettata nella mischia con un obiettivo ben preciso.

Kalì sospirò, mentre le andava dietro: aveva come la sensazione che la sua compagna di banco stesse per mettersi nei guai.

Marron non aveva idea di cosa stava facendo. Non aveva mai ballato, tranne in camera sua, e di sicuro non era dell'umore adatto. Eppure, nel bel mezzo di una festa, cosa diavolo avrebbe dovuto fare per attirare l'attenzione di un ragazzo? Non lo sapeva, ma di una cosa era sicura: non si sarebbe tirata indietro senza combattere.

All'inizio, non sapendo di preciso cosa fare, si ritrovò immischiata in mezzo alla calca di compagni e ragazzi, che si agitavano a ritmo. Dopo un po' decise di provare a muoversi. Titubante all'inizio, ma sempre più decisa poi, la bionda sentì il sangue scaldarsi, e prese a muoversi in maniera sciolta, azzardando ancheggiamenti e movimenti di braccia forse un po' grezzi, ma molto sensuali. Fu in quegli istanti che le venne in mente una frase di sua zia Bulma.

 

I ragazzi, Marron, non sono molto intelligenti. Basta che fai in modo di essere per loro più desiderabile del cibo, dell'acqua e dell'aria ed il gioco è fatto!”

 

Più desiderabile del cibo, dell'acqua e dell'aria?

Non sapeva di preciso come interpretare quella frase. Come poteva apparire più desiderabile di tutte quelle cose agli occhi di Aruso? Di fronte a Bernadette poi, splendida nel suo abito da sera rosso fuoco, che metteva in risalto il proprio fisico da ballerina. La sua mente ci pensò a lungo, mentre il corpo si muoveva meccanicamente. Era talmente presa da quel quesito che quasi non si accorse di essere stata raggiunta da Kalì, la quale la fissò sconvolta.

“Marron, mi spieghi cosa diavolo vuoi fare? Vuoi metterti in competizioni con quelle?! Pensi veramente che sculettando glielo soffierai da sotto il naso?”

La bionda la ignorò, mentre prendeva ad avvicinarsi sempre di più ad Aruso e Bernadette.

“Marron! Mi vuoi ascoltare?!”

“Sii più desiderabile del cibo, dell'acqua e dell'aria.” replicò borbottando la figlia di 18.

Kalì rimase sconvolta, non capendo da dove avesse tirato fuori quella stupidaggine. Non sembrava neanche più lei, così gentile, silenziosa, educata. Pareva trasformata, come se volesse buttarsi a testa bassa verso il suo obiettivo, incurante delle conseguenze.

“Faccia come crede!” borbottò, andando a bersi un altro bicchierino di vodka. “Non ha ancora capito che uno così è meglio perderlo che trovarlo!”

 

 

Non era ben sicura di quello che stava facendo, anzi non era neanche sicura di volerlo fare. Eppure, la visione della sua compagna di classe che si strusciava addosso ad Aruso era un colpo al cuore. Fece un profondo respiro, non sapendo cosa fare. La sua idea era quella di attirare l'attenzione del moro ballando lì vicino, ma quest'ultimo in quegli istanti non sembrava particolarmente interessato a guardarsi attorno. Spazientita, la bionda stava per andargli a parlare quando avvenne.

Sgrano gli occhi, smettendo subito di ballare, fissando imbambolata quella visione. Fu sorpresa di non sentire nulla, di non percepire dolore. Probabilmente sarebbe venuto dopo, ma per ora le andava bene così.

Le labbra di Aruso sembravano fatte per incollarsi a quelle di Bernadette. Le mani di entrambi divennero voraci, mentre si esploravano con inesperienza, ma anche con febbrile passione. Gli occhi di entrambi erano chiusi, ciechi, indifferenti a ciò che li circondava, proprio a pochi metri da lei.

Alla fine... aveva ragione lei... non sono proprio capace di apparire così bella, raffinata, elegante.

Digrignò i denti, girandosi di scatto, e correndo al tavolo dove Kalì era intenta ad abbuffarsi di patatine. Non appena vide l'espressione dell'amica, la rossa comprese tutto.

“Io ti avevo avvertita.”

“Sta zitta!” borbottò di rimando la figlia di 18, mentre cominciava a percepire quel dolore che in pista aveva tardato ad apparire. Afferrò con rabbia un bicchierino di vodka, buttandolo giù in un colpo solo. “Dammi da bere qualcosa.”

“Vacci piano con quella roba!” la ammonì la compagna di banco. “Non è propriamente leggera.”

“Tu dammene ancora e basta.”

Passò un'oretta. Marron rimase seduta al tavolo, insieme alla sua amica, cercando di parlare di altro, mentre si passavano più volte la bottiglia alcolica. Ben presto, alla ragazzina bionda i suoni parvero diventare più forti, mentre avvertiva un fastidioso senso di vertigine ogni qualvolta decideva di alzarsi. Si sentiva leggera, stranamente euforica, ridendo di cuore ad ogni sciocchezza che udiva l'amica dire. Neanche la visione di Bernadette che si appartava in un bagno con Aruso ebbe la forza di scalfire quel buon umore artificiale.

“Bene bene... Tappezzeria sembra divertirsi...”

Una voce assai meno gradita irruppe l'idillio. Borbottando insulti, cosa che non faceva quasi mai, Marron si voltò, piantando i propri occhi irritati in quelli di Laurie. Quest'ultima era veramente magnifica nel suo vestito bianco, i capelli castani raccolti in una complicata messa in piega, con il volto truccato alla perfezione. Sembrava una bambola, priva di alcun difetto. Solo i suoi occhi, freddi e pieni di maligna ilarità, dimostravano la sua umanità.

“Mi sa che hai sbagliato festa, Tappezzeria. Il raduno dei camionisti è da un'altra parte.” dichiarò sghignazzando, osservando divertita i jeans e la maglia sportiva che indossava la figlia di 18. Quest'ultima la degnò soltanto di un'altra occhiata, prima di voltarsi e tornare a sorseggiare il proprio drink alcolico con succo di pera.

Lauren rimase basita, incredula che quella sfigata potesse ignorarla così bellamente, voltandole addirittura le spalle. Si riposizionò davanti alla sua vittima con uno scatto rabbioso, sfoderando l'espressione più maligna che possedeva.

“Cosa c'è, ti sei offesa? Perché stai qui tutta sola, in un angolino, assieme a Pustolosa? Perché non vai da Aruso? Ah già, che sbadata, lui è occupato al momento.”

“Laurie...” il tono della bionda non prometteva nulla di buono. Kalì se ne accorse, mentre la mora, apparentemente, ignorò quel segnale di allarme.

“Sai, ho consigliato io a Bernadette di farsi avanti stasera. Del resto, sono settimane che Thomas mi parla di quanto Aruso sia cotto di lei. Non potrai certo biasimarli: i due ragazzi migliori della classe, e forse della scuola, necessitano dei partner adeguati, non credi?”

Marron non disse nulla. Terminò il proprio cocktail con un lungo sorso, appoggiò il bicchiere al tavolo e si alzò. Non era molto sicura di rimanere in equilibrio per molto, ma la rabbia che le bruciava nello stomaco era più forte dei suoi timori di cadere.

“Vattene.” biascicò, con voce minacciosa. “Non ho voglia di vederti.”

La sua rivale le rise in faccia, squadrandola con sufficienza.

“D'accordo, d'accordo, andrò via.” rispose, facendo un passo indietro. “Del resto, devo raggiungere Thomas. Sai, stavamo parlando di fare un'uscita a quattro uno di questi giorni. Tu con chi pensi di farla? Con Pustolosa, il nano da giardino di tuo padre e chi altro?”

Successe tutto molto in fretta. Del resto, non sapeva neanche lei da dove provenisse tutta quella forza. Con un rapido scatto, Marron afferrò il vestito di Laurie, prendendola in contro tempo. Poi, prima che quest'ultima potesse fare o dire qualcosa, le tirò un violento pugno sul volto, colpendola sullo zigomo sinistro. La bestia che si era destata dentro di lei ruggì di gioia nel percepire le proprie nocche a contatto con il viso della persona che più detestava al mondo. Sentì Laurie urlare, ma fu un suono ovattato, quasi un sussurro alle sue orecchie, mentre con sguardo freddo, quasi folle, rialzava di nuovo il pugno per calarlo questa volta sul naso. Stava quasi per frantumare il setto nasale della sua rivale, quando Kalì la fermò con uno spintone, facendola cadere pesantemente a terra.

“Marron! Sei diventata pazza?!” esclamò la rossa, fissando sconvolta la sua amica, non riconoscendola più.

Laurie aveva il respiro affannoso. Nonostante non fosse ferita, il pugno della figlia di 18 le aveva lasciato un segno rosso sulla guancia, che forse sarebbe sfociato in un livido. Fissò con disgusto la bionda, che si stava rialzando a fatica.

“Brutta, manesca e pure ubriacona!” sibilò, arretrando di un passo. “Questa te la faccio pagare, puoi starne certa, puttanella!”

Corse via, mentre Marron si risedette scompostamente sulla propria sedia, il tutto mentre Kalì la fissava sconvolta.

“Mi spieghi cosa diavolo hai stasera?! Non ti riconosco più!”

“Quella vipera...” rispose la ragazzina, digrignando i denti. Era ancora troppo furiosa e confusa per ragionare in maniera lucida. “Le vuole prendere... stasera la mando all'ospedale se mi ricapita sotto tiro!”

“Tu non mandi all'ospedale nessuno, capito?!” replicò la rossa, vedendola accaldata. “Dai, andiamo in bagno. Un po' di acqua fredda ti aiuterà a sbollirti!”

Si diressero verso i servizi. La bionda era ancora un po' malferma, e dovette appoggiarsi all'amica, la quale non sembrava molto felice di ciò.

“Hai esagerato con il bere! Non mi meraviglierei se vomitassi tutto!”

Marron rispose che stava bene, ma la sua faccia non era dello stesso avviso. La rabbia si era tramutata in nausea, mista ad un forte malessere che le liquefaceva le gambe, rendendola instabile.

Entrarono in bagno. Quest'ultimo non era altro che un piccolo locale, con due lavandini muniti di uno specchio, e due toilette. Barcollando, la figlia di 18 si avvicinò al primo lavabo, prendendosi subito a sciacquarsi il volto con acqua gelida. Le parve di sentire la pelle punta da migliaia di spilli gelati, che ebbero però l'effetto di darle più serenità. Anche la nausea si affievolì fortemente.

“Va un po' meglio?” le chiese Kalì. La bionda stava per rispondere in modo affermativo quando avvennero molte cose.

Quattro persone entrarono di corsa nel bagno, spintonando violentemente Kalì, che cadde al suolo. Marron fece per soccorrerla, ma i nuovi arrivati, che scoprì essere tutti ragazzi, la bloccarono, torcendole con violenza le braccia dietro la schiena. La ragazzina fece per ribellarsi, ma loro le sbatterono con sadismo la faccia contro il muro per tre volte, spaccandole il naso e un arcata sopraccigliare. Intontita dal dolore, le cedettero le gambe. Gli aggressori ne approfittarono per buttarla con malagrazia dentro una delle cabine, dove cadde in mezzo alle mattonelle sporche di urina ed acqua.

“Adesso ci divertiamo!” sghignazzò uno di loro, avvicinandosi con passo pesante. Fuori dalla toilette si potevano sentire le urla di dolore di Kalì, e lo scatto della serratura del bagno. La bionda ebbe un sussulto al cuore di paura: erano chiuse dentro con quelle belve.

Quello che le aveva parlato la strattonò violentemente per i capelli, strusciandole la faccia sul cavallo dei pantaloni. Per quanto avesse solo quattordici anni, Marron sapeva che il gonfiore che percepiva non era sinonimo di buone intenzioni.

“Sai succhiarlo?” le chiese il tipo. Quando non ottenne risposta, le sbatté con violenza la faccia sul bordo di ceramica della tazza. “Rispondi!”

“N-no...” sussurrò, colma di terrore la ragazzina. Aveva come il cervello bloccato, incapace di reagire. Tutto quello che fece fu di stringere le gambe con la forza della disperazione, mentre udiva il rumore di una zip che si abbassava, ed un forte odore di ormoni maschili e sudore che si diffondeva attorno a lei.

“Beh, vorrà dire che stasera farai un po' di pratica. Usa i denti e ti finisco di spaccare quella brutta faccia da troietta che ti ritrovi, chiaro?!” con uno scatto, il suo violentatore le avvicinò il volto al proprio sesso. Da vicino non le piaceva neanche un po', e tentò disperatamente di resistere, mentre udiva le strilla angosciate di Kalì da fuori. Vedendola opporre resistenza, il ragazzo le diede un paio di violenti ceffoni, facendole fischiare le orecchie. Cadde a terra, respirando angosciata, mentre tentava di fuggire, invano. Il tipo la riafferrò per i capelli, riposizionandole il volto davanti alla propria virilità.

“Poche storie e succhia! Vedrai che sorpresina finale se lo farai bene...”

Ormai sconfitta, con le lacrime agli occhi, Marron era a pochi centimetri da quel bastone di carne quando si udì un boato. I tre ragazzi fuori dalla toilette si girarono di scatto, sorpresi, ma neanche un secondo dopo, con un frastuono assordante, vennero schiantati contro il muro, incastrandosi tra i detriti, sotto le strilla terrorizzate di Kalì. Perplesso, il violentatore della bionda fece per girarsi, quando una morsa d'acciaio gli dilaniò la spalla destra.

“Non sono un assassino.” esordì una voce adulta, da uomo, deformata dalla collera. “Ma giuro sugli dei che ti faccio a pezzi a mani nude se non molli subito mia figlia.”

Figlia?! Sentendo la mano del proprio aggressore lasciarla libera, Marron cadde a terra, alzando stancamente gli occhi. Da dietro la patina di lacrime e sangue vide suo padre, furente come non l'aveva mai visto. Scintille di energia azzurre gli crepitavano attorno, mentre le urla di dolore del ragazzo che aveva provato a violentarla si diffondevano nel locale. Indifferente a quegli strilli, Crilin, gli occhi neri gelidi, affondò con sadismo le dita nella spalla del giovane, spaccandogliela con un rumore orrendo. Mentre quest'ultimo tentava di accasciarsi, il guerriero, non sazio, con un rapido movimento della mano destra gli frantumò anche i legamenti di entrambe le ginocchia. Reso ormai una figura piangente al suolo, il violentatore venne scaraventato, con un calcio disumano, contro il muro, sfondandolo. Nell'aria si poterono udire i rumori sinistri delle sue ossa che si spezzavano una dopo l'altra.

Poi venne il silenzio.

Con il respiro affannoso, Crilin si avvicinò alla figlia, mentre fuori si accalcava un piccola folla di curiosi, oltre che il personale del locale. Indifferente a tutti, il terrestre tirò su la figlia, osservando con occhi angosciati le sue ferite.

“Stai bene?” le chiese, con tono gentile.

Marron avrebbe voluto dirgli di sì, lo desiderava con tutto il suo essere. Tuttavia, quello che le uscì dalla gola fu un mugolio disperato. Scoppiò in lacrime, affondando il volto nel petto del padre, mentre sentiva sullo stomaco la paura ed il sollievo mescolarsi, confondendola. Non capiva perché lui fosse lì, ma non le importava. Era solo immensamente felice di vederlo.

“Su, dai, non piangere.” la consolò il guerriero, sorridendo comprensivo. “E' passato ormai.”

“H-ho a-avuto p-paura, papà!” urlò la ragazzina, il corpo scosso da singhiozzi. “Ho avuto v-veramente tanta paura!”

Senza smettere di consolarla, Crilin andò a sincerarsi delle condizioni di Kalì. La ragazzina aveva il vestito stracciato, il volto pieno di ecchimosi ed era ricoperta di un liquido odoroso. Con un moto di disgusto, il terrestre comprese che i suoi violentatori le avevano urinato addosso. Non si pentì minimamente di averli, con ogni probabilità, condannati all'infermità per il resto della loro vita.

In quell'istante, un addetto alla sicurezza del locale si fece strada tra i curiosi. Una volta entrato, fece fatica a mascherare il proprio stupore di fronte a tanta devastazione.

“Cosa diavolo è successo?!” chiese, dopo alcuni istanti di pausa.

“Mia figlia ed una sua amica hanno subito un tentativo di stupro.” spiegò Crilin, mentre aiutava Kalì ad alzarsi. “Sono riuscito ad arrivare appena in tempo. Prima che accadesse qualcosa di irrecuperabile.”

L'uomo lo fissò in volto, apparentemente stupito che tutta quella distruzione fosse stata causata da lui: sembrava che fosse esplosa una bomba lì dentro.

“Dovremo chiamare la polizia, lo sapete?”

“Chiamate un'ambulanza, piuttosto!” ringhiò il terrestre, con un tono da mettere i brividi. “Queste ragazzine hanno bisogno di cure immediate!”

 

 

18 arrivò a tutta velocità, sgommando con violenza, ai limiti della follia. Una volta raggiunto il pronto soccorso della città, la cyborg buttò di malagrazia la moto, entrando dentro come una furia, gli occhi cerulei iniettati di sangue. Non appena vide la figlia, corse ad abbracciarla con forza, sentendosi sul punto di scoppiare a piangere per il sollievo.

“Marron...” sussurrò, trattenendo a stento le lacrime. “Stai bene?” le chiese, dopo averla lasciata.

Quest'ultima annuì. Per fortuna, a parte per un paio di cerotti sui tagli, era illesa. Anche i medici dicevano che, tempo un paio d'ore, sarebbe potuta tornare a casa. Accarezzandola dolcemente, 18 sorrise. Aveva corso con l'angoscia nel cuore, lungo le strade della città, rischiando di bruciare il motore della moto non appena Crilin l'aveva chiamata chiedendole di raggiungerlo in pronto soccorso, dove si trovava Marron.

“18-san.” sentendo il marito chiamarla in quel modo, l'androide si girò, sapendo che solo in casi gravi il suo uomo usava quel tono. Squadrandolo, poté constatare come fosse ancora molto arrabbiato. Era palese che stesse facendo fatica a trattenersi.

“Ti devo parlare.” le spiegò. “Tu aspettaci qui, Tesoro.” aggiunse rivolto alla figlia. La ragazzina annuì, ancora troppo intontita dal dolore e dalla stanchezza per pensare in modo logico a ciò che aveva passato. Tutto quello che fece, fu di andare a sedersi vicino a Kalì. Quest'ultima era stata lavata, e si era cambiata di abito, attendendo, come lei, di essere lasciata libera di tornare a casa.

“Marron...” la rossa fece fatica a trovare le parole. Del resto, cosa avrebbero potuto dire per esprimere l'orrore e la paura che avevano provato? Tutto quello che fece fu afferrare la mano della bionda, sorridendo a fatica.

“Tuo padre è proprio una bomba!” esclamò. “Perfino i miei sono rimasti stupiti di ciò che ha fatto. Ha messo fuori gioco quei bastardi in meno di dieci secondi!”

La figlia di 18 non poté fare altro che sorridere, mentre un'ondata di gratitudine nei confronti del padre la sommergeva.

Papà... grazie. Avevi ragione... su tutto!

 

 

“Cosa vuoi dirmi?” domandò subito 18, desiderosa di tornare vicino alla figlia.

Crilin sospirò, preparandosi a dare un'orribile notizia alla moglie.

“Marron ha subito un tentativo di stupro da un gruppo di ragazzi.” disse seccamente. “Sono intervenuto un attimo prima che avvenisse una tragedia.”

La cyborg spalancò i propri occhi, dilatando le pupille. Rimase immobile, mentre l'enormità di quella notizia la sommergeva, stringendo lentamente le mani a pugno.

“Dove sono?” domandò con voce glaciale, quasi robotica. Erano palesi le sue intenzioni in merito, ma il terrestre non si scompose.

“All'ospedale, e ci rimarranno per molto tempo.” fu la sua secca replica. “Probabilmente riceverò qualche grana legale, ma la cosa non mi interessa.”

“Hai sbagliato: dovevi farli fuori.” lo rimproverò, con voce fredda, l'androide, mentre sangue scuro prese a colarle dalle nocche: si era conficcata le unghie nella carne con così tanta forza da sanguinare. Crilin gliele prese, aprendole, e baciandole con dolcezza.

“Non sono un assassino, e per fortuna sono riuscito ad evitare il peggio.”

“Ma io sì!” il tono di 18 divenne più feroce, mentre digrignava i denti. “Strapperò loro la virilità a mani nude! Quei maledetti bastardi...”

“Juu, non voglio che tu perda la ragione. Marron sta bene, e quei farabutti hanno avuto ciò che si meritavano. Quello che volevo dirti è altro.”

La bionda ci mise parecchi minuti a calmarsi. L'ira che le pervadeva l'anima era forte, le offuscava la ragione, e non fu facile sopprimerla.

“Cosa vuoi?” chiese infine, non ancora del tutto tranquilla.

“Mi piacerebbe che, una volta a casa, non affrontassi l'argomento con Marron.” di fronte allo sguardo perplesso della moglie, Crilin spiegò. “Nostra figlia sta bene, ma ha passato un momento a dir poco orribile, e ci vorrà del tempo perché riesca a superare questo trauma. Credo che la soluzione migliore sia aspettare che faccia lei il primo passo. Metterle fretta potrebbe solo peggiorare la situazione.”

La cyborg non rispose subito, riflettendo a lungo su quelle parole.

“D'accordo.” dichiarò infine. Subito dopo, con un gesto veloce, diede un soffice bacio al marito, fissandolo con affetto.

“Grazie.”

 

 

Marron rimase ferma, immobile, guardando con sguardo sconvolto il display del proprio telefono, leggendo e rileggendo quelle poche righe con angoscia crescente, mandatele da Kalì.

'E' stata Laurie. Con Aruso.'

Quelle poche parole la svuotarono, definitivamente. Non credeva che la cattiveria delle persone potesse arrivare ad ordire uno stupro ai suoi danni. All'inizio pensò di provare ad architettare una vendetta, qualcosa per fargliela pagare, ma durò poco. Una profonda stanchezza la invase, mentre si sdraiava a letto, la mente vuota: non voleva più pensare a nulla. Era stanca, di tutto. Arrabbiarsi contro delle persone così cattive non aveva alcun senso a suo avviso: alla fine avrebbe sempre e comunque perso.

Vorrei tanto... degli amici. Amici di cui potermi fidare. Qualcuno che possa proteggermi.

Strinse i pugni, mentre ripensava a quegli istanti angoscianti in quel sudicio bagno. Erano passate poche ore, meno di un giorno da allora. Il ricordo era ancora fresco e capace di farla rabbrividire. Si chiese se sarebbe mai stata capace di superarlo.

Qualcuno mi aiuti. Una lacrima le scese lentamente dall'occhio sinistro, mentre si mordeva le labbra con nervoso dolore. Vi prego.

 

 

Nello stesso istante Crilin, seduto in salotto, con le mani strette a pugno, rifletteva su ciò che aveva visto la notte precedente, quando aveva portato la figlia e l'amica di lei al pronto soccorso.

Nessuno mi ha chiesto nulla.

Era qualcosa di intollerabile per lui. Nessuno dei compagni di classe di Marron aveva provato a manifestare qualcosa di più di una sordida curiosità. Anzi, il festeggiato aveva anche avuto la faccia tosta di andargli a chiedere di andarsene, perché stava rovinando la festa.

 

Vecchio, porta via le ragazze e vattene. Qui abbiamo voglia di ballare, capito?”

 

Un sorriso amaro gli si dipinse sulle labbra, mentre ricordava come aveva reagito. Non era da lui abbassarsi a malmenare un bamboccio viziato, ma in quegli istanti non era dell'umore adatto a sentire un simile cumulo di stupidaggini.

 

Le urla dei ragazzi, mischiate alle imprecazioni degli inservienti, si alzarono in un macabro coro, mentre tutti cercavano di capire le condizioni del giovane Thomas. Quest'ultimo, dopo aver sfondato un muro, era svenuto, con le ossa del volto completamente frantumate ed i lineamenti deformati.

Nello stesso istante, schioccandosi le nocche della mano destra, Crilin uscì dal locale a testa bassa, portando con sé Marron e Kalì.

 

Sospirò, passandosi una mano sul volto. Spaccare la faccia a quel ragazzino era stato un errore, anche perché ora la situazione generale non era particolarmente rosea per sua figlia. Di lui non si preoccupava: aveva avvertito Bulma, spiegandole la situazione, ed aveva ricevuto conferma che l'influente amica avrebbe fatto cadere ogni accusa contro di lui. Certo, avrebbe sempre potuto cambiare città, ma sarebbe stato fastidioso.

Però sua figlia ora sarebbe dovuta tornare in quella classe, piena di ragazzini che la disprezzavano e la isolavano. Il piccolo guerriero si sentì uno schifo: per tutti quegli anni non si era mai accorto della sofferenza della sua bambina, pensando che stesse vivendo un'adolescenza libera e felice. Era rimasto sconvolto nel sapere che tutto ciò esisteva solo nelle sue fantasie.

Sta vivendo gli stessi dolori miei e di 18.

Si morse un labbro, non sapendo cosa fare per aiutarla. In quelle ore aveva pensato a lungo, giungendo alla conclusione che, più di quello che aveva già fatto, non era in suo potere fare. Non poteva aiutare sua figlia nello stringere amicizie. Poteva proteggerla, ma anche così, lei sarebbe rimasta infelice, sola, incapace di capire cosa ci fosse di sbagliato in lei.

Nulla! Non c'è nulla di sbagliato te, amore mio! È questa... maledetta società! Questo... posto, pieno di gente ridicola! Pensò con rabbia, digrignando i denti. Se solo Marron potesse avere la fortuna di conoscere qualcuno di speciale, qualcuno come Goku...

Rimase fermo, immobile, bloccato in una posizione grottesca. Il pensiero che l'aveva appena colpito era di una semplicità unica. Si diede dell'idiota per non averci pensato prima. Scattò verso la porta di casa, infilandosi le scarpe al volo, pronto ad uscire: quello era un discorso che preferiva affrontare di persona.

“Crilin?” sentì la voce di sua moglie. Si girò, notando come lei lo stesse osservando, perplessa. “Dove stai andando?”

Lui sospirò, chiedendosi per un istante se fosse saggio provare ad immischiarsi in quella situazione. C'era il rischio che sua figlia non accettasse di buon grado l'essere 'forzata'.

“Nostra figlia è sola, Juu.” spiegò rapidamente, mentre si metteva la giacca. Forzatura o meno, non avrebbe lasciato intentato qualcosa solo per i suoi stupidi dubbi. “Non ha ancora stretto un'amicizia degna di questo nome, voglio che questo finisca!”

La cyborg gli si avvicinò, scrutandolo con fare impassibile. Era in quei momenti, mentre la fissava in volto, che il guerriero sentiva di amarla come non mai, con tutto il suo cuore.

Juu-chan...

Poi, con un movimento rapido, lei gli afferrò il mento, regalandogli un dolce bacio.

“Sei un brav'uomo.” gli soffio, accarezzandolo. “Grazie, per tutto.” avrebbe voluto dirgli molto di più, ma non era nel suo carattere aprire lo scrigno dei propri sentimenti, neanche con l'uomo della sua vita.

Crilin sorrise. Si liberò dalla stretta di lei, uscendo di casa a passo spedito. Aveva capito ciò che la moglie non era riuscita a dirgli, e ne era felice. Ma non bastava a togliergli quella sgradevole sensazione dallo stomaco: non avrebbe mai dimenticato il volto insanguinato e piangente della figlia. Ogni volta che la sua mente gli inviava quel ricordo, sentiva il sangue ribollirgli come magma, mentre una bestia nel petto gli urlava di uccidere coloro che avevano compiuto un simile crimine.

Ho giurato di proteggere la mia famiglia, ma non potrò farlo per sempre. Voglio che tu sia al sicuro quando io non ci sarò più, Marron.

I suoi occhi erano gelidi, esattamente come la notte prima.

Non lascerò niente di intentato, è una promessa.

E lui non era persona da non mantenerle.

 

 

CONTINUA

 

 

Sì, lo so. Avevo detto che questa storia sarebbe terminata con questo capitolo. Tuttavia, alla fine, ho preferito allungarlo ulteriormente, dividendo la storia in tre parti. So che può sembrare stucchevole, ma mi sto affezionando a questa storia, e vorrei approfondirla fino in fondo.

Non ho alcuna idea in proposito al fatto se il rating arancione sia corretto, visto quanto ho narrato in questo capitolo. Tuttavia, non essendo stata 'consumata' la violenza ai danni delle ragazzine, ho preferito rimanere con questo rating. Se trovate che tale scelta sia sbagliata non esitate a dirmelo.

So benissimo che molti dei temi qui affrontati sono stati romanzati. Nella vita di tutti i giorni non credo che due ragazzini di quattordici anni possano ordine uno stupro a delle compagne di classe. Tuttavia, ho letto in giro abbastanza notizie da aver capito che ci sono stati casi in giro, da lì la mia intenzione di voler parlarne, ovviamente a modo mio. Nel prossimo capitolo tenterò di capire ed analizzare come si supera una simile esperienza, e come si può fare per evitare che accada di nuovo.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre, qualsiasi recensioni, positiva o negativa, sarà ben accetta.

Un saluto!

Giambo

  
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