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Autore: giambo    14/03/2016    5 recensioni
L'entusiasmo sul volto del moro sparì di colpo, sostituito da un'espressione particolare: un misto di esasperazione e stanchezza.
“Marron...”
“Lo so!”
“Ne abbiamo parlato tante volte...”
“Non sono più una bambina, papà!” sbottò stizzita. “Ormai sono capace di badare a me stessa!”
...
“Marron...” l'androide tentò di dare alla propria voce un tono pacato, ma era palese che stesse per esplodere dalla rabbia. “Ne abbiamo parlato decine di volte. Quante altre volte vuoi litigare?”
“Io non voglio litigare. Vorrei solo sapere perché non posso andarci.”
...
“Più o meno.” dichiarò sghignazzando lei. “Sai perché lo faccio fare a te?”
“Perché non hai voglia di osservare degli adolescenti, vestiti in modo bizzarro, per tutta la sera?”
L'espressione che il volto dell'androide assumette non gli piacque neanche un po'.
“Perché so che tu non commetterai omicidi.” la sua voce era serafica, ma dentro di lei, in quegli istanti, stava ruggendo una vera e propria belva, assetata di sangue.
Il sangue di coloro che avrebbero osato fare del male alla figlia.
...
Storia nata come una One-Shot ma che, causa lunghezza, ho dovuto dividere in più parti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Crilin, Marron | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Tenagerhood

 

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Capitolo 1

 

 

Guardava la porta davanti a lei, così familiare, senza però avere il coraggio di oltrepassarla.

Avanti... non essere sciocca! Sono i tuoi genitori, sicuramente capiranno le tue esigenze!

Deglutì la massa compatta di saliva che le si era formata in bocca. Nonostante si fosse ripetuta quelle parole continuamente, durante il tragitto dalla scuola a casa, non era così sicura di poter trovare, dall'altra parte, qualcuno disposto a comprenderla.

Coraggio! Si ripeté, sfiorando la maniglia della porta di casa sua. Non è difficile: entri, ti comporti normalmente, e a tavola provi ad accennare alla cosa.

Fece un profondo respiro, calmando così il battito del proprio cuore. Sì, ce l'avrebbe fatta, doveva solo essere più sicura di sé stessa.

Respirò profondamente una seconda volta. Poi, con un gesto deciso, aprì la porta di casa.

Trovò l'ingresso vuoto, come si aspettava del resto. Era sabato, e come tutti i sabati, suo padre doveva essere nella stanza degli allenamenti, mentre sua madre era, quasi certamente, in cucina a preparare il pranzo.

Con un gesto automatico, si tolse le scarpe, percorrendo il corridoio, annunciando con un saluto a voce alta il suo ritorno a casa. Non appena finì di pronunciare la frase, una chioma di capelli paglierini fece capolino dalla cucina, a contornare due occhi cerulei che la fissavano benevola.

“Ciao.” fece 18, squadrando la figlia con espressione impassibile. “Come è andata a scuola?”

“Bene, dai.” non era propriamente la verità, ma Marron non aveva voglia di toccare subito quell'argomento. “Tra quanto si mangia? Ho una fame!” esclamò successivamente, sperando di riuscire a comportarsi normalmente.

“Tra dieci minuti.” rispose la cyborg, ritornando in cucina. “Avvisa tuo padre!” le ricordò a voce alta, prima di immergersi nuovamente tra i fornelli.

La ragazzina, dopo essersi lavata il viso e le mani, si diresse verso la stanza che suo papà usava per allenarsi. Era lievemente nervosa. Forse, se giocava d'astuzia, poteva cominciare ad accennare la cosa al genitore, senza dover interpellare subito la madre, molto meno diplomatica.

Con papà è facile ragionare. Lo posso convincere!

Aprì la porta, osservando la stanza degli allenamenti. Quest'ultima non era altro che un ampio ambiente, ricoperto interamente di pannelli di legno chiaro, con sparsi a terra diversi pesi, che venivano usati raramente però. Proprio in mezzo, in equilibrio verticale sull'indice della mano destra, c'era un uomo, di statura bassa, con folti capelli neri, stemperati però da qualche ciocca grigia, che si dilettava in alcune flessioni. Aveva un fisico statuario, ricoperto solamente da un paio di pantaloncini bianchi, con i muscoli tonici che, lucidi di sudore, si contraevano ritmicamente.

“Ancora duecento... ed è fatta...” borbottò, ignaro della presenza della figlia, mentre muoveva meccanicamente l'indice per spostare il proprio corpo.

Marron rimase alcuni secondi a fissarlo, perplessa. Non aveva mai capito fino in fondo come avevano fatto i suoi a sposarsi. Per quanto suo padre non fosse un brutto uomo, non era sicuramente il tipo di ragazzo che le donne belle ed affascinanti come 18 cercavano. Eppure, da quando aveva ricordo di sé, la ragazzina non aveva mai visto una donna così palesemente, ma soprattutto profondamente, innamorata come lo era sua madre. Le aveva chiesto più volte come si era innamorata del suo papà, ma ogni volta la cyborg si era limitata a sorridere con fare misterioso, borbottando frasi apparentemente senza senso.

 

Non ha mai voluto premere un bottone. E' stato l'unico a fare questo per me.”

 

No, decisamente non avrebbe mai compreso come aveva fatto il genitore a conquistare il cuore di una donna splendida ed elegante come la madre. Era una cosa che esulava dalla sua capacità d'immaginazione.

Si schiarì la gola, ricordandosi perché era lì: era indispensabile che non si distraesse.

Non appena percepì la presenza della figlia, Crilin interruppe l'esercizio, pur senza rimettersi in piedi, sorridendole teneramente.

“Ciao Tesoro! Sei già di ritorno da scuola?”

“Oggi è sabato, papà. Lo sai che finisco sempre prima.” sbuffò Marron, leggermente infastidita dalla sbadataggine del genitore.

“Oh, è vero. Sai...me ne dimentico sempre.” ridacchiò l'uomo, apparentemente ignaro dell'irritazione di lei. “Comunque sei stata molto gentile a venirmi a salutare, ti ringrazio.”

“La mamma dice che tra dieci minuti è pronto il pranzo.” spiegò seccamente la bionda. Era nervosa, e non sapeva come introdurre la cosa. “Papà... io, ecco... volevo chiederti una cosa.”

“Scusa Tesoro, ma vorrei finire questa serie di flessioni prima di andare a tavola. Lo sai che la mamma si arrabbia se poi arrivo tardi a mangiare. Me ne parli tra cinque minuti davanti ad un bel piatto di sushi, che ne dici?”

All'inizio Marron non rispose, sentendosi ignorata ma, soprattutto, trattata come la bambina che non era più. Il suo primo istinto fu quello di urlare di rabbia, mentre il secondo divenne quello di scappare in camera sua, ma si trattenne dal fare entrambe le cose: doveva restare calma se desiderava veramente vincere quella battaglia.

“Veramente... volevo parlarti da sola.” proseguì lei, usando un tono di voce che convinse il terrestre a lasciare perdere le flessioni, rimettendosi in piedi davanti a quest'ultima.

“Di che cosa si tratta? C'è qualche problema a scuola con lo studio?” domandò subito, lievemente preoccupato.

“No, non si tratta dello studio, papà.” rispose la ragazzina. “Il fatto è... che oggi Thomas fa una festa di compleanno.”

Crilin guardò perplesso la figlia, grattandosi la nuca.

“E... chi è Thomas?”

Marron sospirò, chiedendosi come aveva potuto sua mamma sposare un uomo così tardo di comprendonio.

“Thomas è un mio compagno di classe!” spiegò stizzita. “Mi hanno invitata, e mi piacerebbe molto poterci andare... posso?” aggiunse con fare speranzoso.

Un grande sorriso si dipinse sul volto dell'uomo.

“Ma che domande sono, Tesoro? Ma certo che puoi, non vedo dove sia il problema.”

“Il fatto è... che la festa si svolge di sera... in un locale.” aggiunse la bionda, sapendo di aver toccato il punto dolente della questione.

L'entusiasmo sul volto del moro sparì di colpo, sostituito da un'espressione particolare: un misto di esasperazione e stanchezza.

“Marron...”

“Lo so!”

“Ne abbiamo parlato tante volte...”

“Non sono più una bambina, papà!” sbottò stizzita. “Ormai sono capace di badare a me stessa!”

Crilin non sembrava molto convinto di quella frase, ma preferì evitare di litigare con la figlia, almeno non lì.

“Lo sai bene che non è me che devi convincere.” dichiarò con fare brusco. Successivamente, il terrestre uscì fuori dalla stanza, andando a farsi una doccia prima del pranzo.

Marron strinse i pugni con rabbia, infuriata con il mondo. Aveva sperato fino all'ultimo di non arrivare allo scontro frontale, ma sembrava che non avesse scelta.

Ma questa volta non cederò! Per nessuna ragione!

 

 

18 comprese subito che quel giorno non c'era buon'umore nella sua famiglia.

Crilin e Marron mangiavano in silenzio, ognuno con lo sguardo fisso nel piatto. Tuttavia, se il marito le sembrava solamente un po' teso, sua figlia dava l'idea di poter esplodere da un momento all'altro. L'androide provò spesso, per quanto non fosse un'amante delle chiacchiere, a dare il vita ad una conversazione, ma si infrangeva sempre contro un muro fatto di monosillabi e sbuffi. Stanca di quel clima negativo, alla fine sbatte con forza una mano sul tavolo, richiamando l'attenzione degli altri due.

“Si può sapere, per quale diavolo di motivo oggi siete così scorbutici?!” sbottò con voce minacciosa.

Vide Crilin lanciare un'occhiata obliqua in direzione della figlia, facendole capire così che l'origine del malessere proveniva da Marron.

Come se fosse una novità...

“Marron... c'è qualche problema? Hai preso dei voti brutti a scuola?” le chiese successivamente, sperando di poter risolvere il tutto senza doversi arrabbiare.

La ragazzina strinse i pugni, chiedendosi per quale stramaledettissima ragione avrebbe dovuto prendersela per un paio di voti bassi a scuola.

“Non si tratta di quello.” rispose infine, cercando di dare alla propria voce una tonalità normale. “Il fatto è... che stasera un mio compagno fa una festa, e mi piacerebbe andarci.”

L'espressione che fece 18 non le piacque minimamente.

“Che tipo di festa?” domandò con voce gelida la bionda.

“In un locale.” rispose Marron, usando un tono indifferente, come se la cosa fosse secondaria. “Posso andarci?”

La cyborg rimase in silenzio per alcuni secondi, ma da come la sua fronte, di solito liscia, si contorse in una miriade di nervi pulsanti, la ragazzina capì che non sarebbe stato così facile.

“Marron...” l'androide tentò di dare alla propria voce un tono pacato, ma era palese che stesse per esplodere dalla rabbia. “Ne abbiamo parlato decine di volte. Quante altre vuoi litigare?”

“Io non voglio litigare. Vorrei solo sapere perché non posso andarci.”

“Perché no.” rispose semplicemente l'androide. “Lo capirai quando sarai più grande.”

Per la figlia fu la goccia che fece traboccare il vaso.

“Ora basta, mamma!” urlò, alzandosi in piedi di scatto, sbattendo i pugni sul tavolo, osservando il genitore con sguardo furente. “Sono stufa di essere trattata come una bambina!”

“Da come ti comporti, mi sembra che questo è l'unico modo con cui ti devo trattare: come una mocciosa viziata ed arrogante!” replicò, con tono tagliente, la bionda, le iridi azzurre che bruciavano di gelida collera.

“Ho quattordici anni! Non sono una mocciosa!!!” urlò con tutto il fiato che aveva Marron, trattenendo a stento le lacrime. “Non ti sopporto più! Sei asfissiante, pesante... cattiva! Non riesco a capire come ha fatto papà a sposarti! Sei una persona orribile!”

Uno schiaffo risuonò con violenza nella stanza. La ragazzina si toccò la guancia destra, arrossata, con il fiatone, mentre 18, che si era alzata in piedi, sembrava pronta a mettere le mani attorno al collo della figlia.

“Non osare... mai più parlarmi in quel modo!” dichiarò con tono minaccioso la cyborg. “Non mi sono mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, e non inizierò certo con te. Capito, mocciosa?!”

Marron non rispose subito, mentre tratteneva a stento le lacrime, mordendosi il labbro superiore, il petto che sembrava scoppiare dalla rabbia e dalla frustrazione.

“Ti odio!” sibilò con tono cattivo, prima di scappare in camera sua. Nel silenzio che seguì, i coniugi udirono la porta della stanza della figlia sbattere con violenza, seguita da un giro di chiave, chiaro segnale che la ragazzina si era chiusa dentro.

Crilin, che fino a quell'istante non aveva pronunciato una sola sillaba, si limitò a fissare la moglie, che si era seduta, riprendendo a mangiare come se niente fosse, ma capì subito che, nonostante le apparenze, era come una bomba pronta ad esplodere.

“Tesoro...” esordì il terrestre, appoggiando le posate, ma venne subito interrotto.

“Non iniziare, Crilin!” sbottò esasperata la bionda. “Per oggi ne ho abbastanza di litigi!”

“Non voglio litigare.” spiegò lui, con tono pacato. “Vorrei solo che questa situazione si sistemasse.”

“Cosa c'è da sistemare?” replicò l'androide, cacciandosi in bocca con malagrazia un onigiri. “Le passerà... come sempre.”

“Può essere. Ma tutto questo le farà solo accumulare rancore nei tuoi confronti.”

“Avevamo deciso che non sarebbe mai andata a questo genere di uscite prima dei sedici anni!” rispose con tono duro l'androide. Era pericolosamente vicina a perdere il controllo, e non avrebbe retto una litigata anche con il marito, ma quest'ultimo la conosceva troppo bene per tentare lo scontro diretto.

“Lo so, e credo tutt'ora che fosse una scelta saggia. Ma penso che questa volta stiamo sbagliando.”

“Si può sapere cosa diavolo stai dicendo?!” 18 sbatté una mano sul tavolo, digrignando i denti. “Quindi secondo te dovrei mandarla a quella festa? In mezzo a bambocci viziati che fumano e bevono?! È questo che vuoi che diventi nostra figlia?! Guarda che razza di scenata ha fatto solo perché le ho detto di no! Se gliela dessi vinta, sarebbe solo peggio!”

Il moro sospirò, cercando le parole giuste per esprimere il proprio pensiero.

“Pensi che così facendo le farai cambiare atteggiamento? Diventerà sempre più aggressiva, perché avrà come l'impressione che tu le impedisci di vivere. Si sentirà isolata dai suoi coetanei, e rivolgerà la propria frustrazione per questo fatto contro di te.”

Fu felice di vedere che la moglie non rispose, prendendo a fissare il proprio piatto con sguardo impassibile. Era la dimostrazione che le sue parole stavano iniziando ad ammorbidire la bella cyborg, rendendola più disponibile al dialogo.

“Posso capire il tuo desiderio di proteggerla, perché è anche il mio.” proseguì, con tono dolce, stringendole la mano. “Noi siamo cresciuti in un'epoca diversa, ed abbiamo avuti infanzie difficili, che non augureremmo a nessuno... non desidero però che mia figlia, tra qualche anno, abbia un brutto ricordo di questi anni e di noi, e so che anche tu speri questo.”

L'androide sospirò, portandosi le mani alle tempie, massaggiandosele lentamente.

“E' piccola, Crilin!” sbottò subito dopo, anche se con voce più dolce. “Non si rende conto... di cosa c'è là fuori. Di come l'uomo si comporta. Tu hai visto fin dove può spingersi la crudeltà degli uomini, quali orrori possono nascere e svilupparsi dentro di loro.” i suoi occhi si adombrarono, ricordando la prigionia all'interno del laboratorio di Gero, e la caccia che aveva subito da Cell. “Io stessa... pur non avendone ricordo... sento di essere stata come lei. Ero arrogante, sbruffona, incosciente. Ero convinta di poter essere immune a tutto.” rivolse le iridi chiare verso il marito, il quale ci lesse dentro una profonda angoscia, seppure ben nascosta. “Guarda cosa abbiamo ottenuto io e mio fratello comportandoci così.”

Nella cucina ci furono alcuni secondi di silenzio.

“Marron sta crescendo, Juu.” dichiarò infine il terrestre, riprendendo a stringerle la mano. “Non sarà chiudendola in una prigione comoda ed accogliente che la prepareremo a ciò che c'è la fuori. So quello che hai vissuto, e ti posso assicurare che non è passato giorno, da quando ti ho conosciuta, che ciò non mi ha spezzato il cuore.” sentì le dita di lei ricambiare con più vigore la presa sulla sua mano, e si sentì il petto scaldare. “Tutto quello che possiamo fare... è fare in modo che possa avere le sue esperienze di vita. Non dobbiamo tarparle le ali, ma accompagnarla durante il suo volo, fino a quando non sarà abbastanza grande per camminare per la sua strada da sola.”

18 non disse nulla per alcuni minuti, piluccando ciò che aveva nel piatto. I suoi occhi chiari si incrociarono con quelli neri come la notte del marito. Guardò quel volto dai lineamenti semplici, e si sentì il cuore battere con più violenza, proprio come la prima volta che aveva compreso di amarlo.

“Sei un maledetto idiota.” dichiarò infine, con fare scorbutico. Afferrò il moro per il colletto della maglia, portandoselo sulle ginocchia, ed abbracciandolo. “Il mio idiota.”

Lui le diede un soffice bacio sulle labbra, aspirando a pieni polmoni l'odore della pelle di lei.

“Vuoi che vada a parlarle io?” si offrì.

“Solo se mi prometti una cosa.” rispose la bionda, guardandolo severa. “Voglio che stasera la terrai costantemente d'occhio.”

Crilin sospirò.

“Juu... cosa ti ho appena detto?”

“Ovviamente lei non dovrà saperlo.” replicò la bella cyborg, mettendolo giù, ed iniziando a sparecchiare. “Forse hai ragione, ma preferisco che, almeno per le prime volte, tu possa proteggerla, in caso ne abbia bisogno.”

Gli occhi neri del piccolo guerriero si illuminarono di una luce vagamente divertita.

“Un angelo custode?”

“Più o meno.” dichiarò sghignazzando lei. “Sai perché lo faccio fare a te?”

“Perché non hai voglia di osservare degli adolescenti, vestiti in modo bizzarro, per tutta la sera?”

L'espressione che il volto dell'androide assumette non gli piacque neanche un po'.

“Perché so che tu non commetterai omicidi.” la sua voce era serafica, ma dentro di lei, in quegli istanti, stava ruggendo una vera e propria belva, assetata di sangue.

Il sangue di coloro che avrebbero osato fare del male alla figlia.

 

 

Hai sentito che Thomas farà una festa in un vero locale stasera?”

Sì, ovvio, per chi mi hai presa?! Sarà bellissimo, e sono sicuro che lui sarà estremamente affascinante!”

Come se non lo fosse sempre!”

Udì delle risatine alle sue spalle, mentre riponeva i propri quaderni con amore nella cartella. Sapeva di cosa stavano parlando, anche perché erano settimane che si sussurrava tra i banchi di classe sua: Thomas, il più carino e popolare ragazzo della classe, avrebbe organizzato una festa pazzesca per festeggiare il proprio quindicesimo compleanno. L'eccitazione era alle stelle, specie tra le ragazze, perse costantemente a sognare dentro le iridi verdi dell'affascinante ragazzino.

Marron sospirò, sapendo benissimo che lei, anche questa volta, sarebbe rimasta a casa. I suoi erano molto rigidi in fatto di uscite serali, specie la madre. Questo, unito al suo carattere timido ed educato, non l'aiutava a socializzare con gli altri, che tendevano spesso ad escluderla dalle attività di gruppo, trovandola noiosa e troppo conformista.

Ehi, Marron!” la ragazzina si girò, osservando il volto lentigginoso e sorridente di Kalì, la sua compagnia di banco, ed anche l'unica persona della sua classe che non la trattasse con sufficienza. “Pensi di andarci?”

A cosa?” chiese, anche se sapeva benissimo cosa intendeva l'altra. Quest'ultima, sistemandosi i capelli rossicci in una comoda coda, le mandò un'occhiata complice.

Dai, sai anche tu di cosa sto parlando!” insistette. “Ci vieni? Da quello che so, sei l'unica che non ha ancora dato conferma a Thomas.”

La bionda arrossì leggermente, punta sul vivo. Era vero, non era ancora riuscita a trovare il coraggio di dare una risposta, positiva o negativa, al ragazzino. Anche perché si sentiva sempre terribilmente a disagio quando doveva rivolgere la parola all'affascinante biondo. Ma forse, più che lui, a mandarle il cervello in pappa era Aruso, il migliore amico di quest'ultimo, con i suoi capelli scuri, gli occhi azzurri, e quel sorriso sempre sicuro e perfetto sul volto.

Si mise a giocherellare con una penna, tenendo gli occhi bassi, cercando una soluzione al suo dilemma.

Non dirmi che non ne hai ancora parlato con i tuoi?!” esclamò la compagna, guardandola sorpresa. “La festa è stasera, e tu non sei ancora riuscita ad affrontare la cosa?”

Marron borbottò qualcosa riguardo ad un brutto voto di matematica, lasciando intendere che i suoi genitori non erano dell'umore adatto.

Marron... non puoi mancare! Questa è la tua grande occasione!”

Di cosa? Per rendermi ridicola? Non so ballare, non ho un vestito decente da mettermi, ed il fatto che mi soprannomino 'tappezzeria' il resto delle ragazze non aiuta!” replicò la bionda, con voce irritata e triste allo stesso tempo.

Proprio per questo devi venire! Avrai la possibilità di far ricredere tutti!” insistette Kalì. “E, soprattutto...” aggiunse con voce più bassa. “Potresti stare da sola per un po' con Aruso!”

Scoppiò a ridere quando vide il volto della compagnia di banco diventare rosso come un pomodoro.

Guarda guarda... parli del diavolo.” sussurrò la rossa subito dopo, vedendo avvicinarsi l'oggetto dei desideri dell'amica.

Essere l'amico del ragazzo più affascinante e carino della classe non rendeva il passaggio di Aruso inosservato, anche perché lui stesso poteva disporre di un certo fascino. Quest'ultimo, sfoderando un sorriso bianchissimo e perfetto, si avvicinò alle due amiche, rivolgendo i propri occhi azzurri al viso infuocato della figlia di 18.

Ciao ragazze!” esordì, con voce suadente, il ragazzino. “Come andiamo?”

Non c'è male!” replicò allegramente Kalìì, mentre Marron si limitava a mormorare un “Bene, grazie.”

Ascoltate... voi due stasera venite, vero? Sto facendo un ultimo giro, giusto per avere la certezza. Sapete...” proseguì, gonfiando il petto. “Thomas si fida di me.”

Beh, io penso proprio che verrò!” rispose la rossa, sorridendogli con fare civettuolo. “E tu, Marron?”

Beh... ecco... non sono ancora sicura che posso...” balbettò, cadendo nel panico più totale, persa negli occhi limpidi di lui.

Dai Marron!” a parlare fu, incredibilmente, Aruso. “Perché non vuoi venire? Ci divertiremo! Avrei molto piacere che tu ci fossi questa sera.”

Non seppe cosa la fece comportare in quel modo. Forse le parole incredibili di lui, probabilmente l'occhiata divertita dell'amica, o quasi certamente il desiderio di non essere più ostracizzata dal resto della classe. Quello che fu certo, è che Kalì non si aspettava di vederla sorridere, con fare accattivante, all'affascinante ragazzino, rispondendogli affermativamente.

Grande! Perfetto, allora ci vediamo stasera alle dieci!” e rivolgendo un ultimo, sensuale, sorriso alla ragazzina bionda, il moro se ne andò a terminare il proprio giro di conferme.

Uao!” esclamò la rossa. “Da quando sei così grintosa, amica mia?!”

Marron non rispose. Si stava già pentendo della sua risposta avventata, anche perché sapeva che non sarebbe stato facile convincere i suoi. Era ancora persa nei suoi pensieri, quando udì una voce sgradevole alle sue spalle.

Ho sentito bene? Tappezzeria verrà alla festa di Thomas?”

Si girò, sentendo il petto fremere di rabbia, come ogni volta che veniva apostrofata con quell'ignobile nomignolo del resto. I suoi occhi chiari incrociarono un viso affilato, grazioso, contorto in quell'istante in un'espressione beffarda.

Sai, mi stai sorprendendo Tappezzeria.” proseguì la nuova arrivata, una moretta molto carina, dagli occhi verdi, con lunghi capelli ad incorniciare un volto truccato, forse un po' troppo per la giovane età che aveva. “Non pensavo che sapessi cosa fosse una festa. Spero solo che avrai il buon gusto di non vestirti come una mocciosa di tre anni.”

Marron arrossì lievemente, stringendo con le dita la stoffa del grazioso abito bianco, a fiori rossi, che indossava quel giorno. Le era sempre piaciuto quel vestito, un regalo di Bulma-san per il suo ultimo compleanno.

Ehi, vedi di andartela a tirare da un'altra parte!” replicò Kalì, squadrando in cagnesco la nuova arrivata, circondata da uno stuolo di adoranti seguaci. “Qui non c'è posto per le smorfiose, Laurie.”

Quest'ultima, incurvando le proprie carnose labbra in un sorrisetto beffardo, si guardò le unghie laccate di rosso, rimanendo indifferente all'insulto della rossa.

Non ho voglia di litigare con due perdenti: una muta ed una pustolosa.” la rossa divenne paonazza quando udì il riferimento al proprio acne, suo tormento interiore da anni. “Vi consiglio solo di restare nel vostro angolino stasera. Tutti sanno che Thomas avrà bisogno di una compagna di ballo. E quella sarò io.”

Ma chi se ne frega!” borbottò l'amica di Marron. “Tanto alla fine sceglierà lui, mica tu!”

Tu dici?” Laurie scoppiò in una risata stridula, subito imitata dalle 'amiche'. “Povera pustolosa... non hai ancora capito come funzionano le cose. Sarò io, stasera, in qualità di compagna del festeggiato, a designare le coppie. E farò in modo che voi abbiate i partner che vi meritate.”

Cioè un fondotinta per te, ed un muro per la tua amica!” aggiunse una seconda ragazzina, coi capelli color biondo cenere racchiusi in uno chignon. Era alta, magra, con proporzioni da ballerina. Aveva un viso lungo, con occhi scuri, contorto in un'espressione di gioia maligna. Marron sapeva chi era: Bernadette, la più fidata, e velenosa, amica di Laurie.

Sparite!” sbottò la figlia di 18, vedendo come la sua impetuosa compagnia di banco fosse sul punto di aggredirle fisicamente. “Non ci interessa cosa pensate. Andate da un'altra parte.”

Uhhhh! Tappezzeria è in vena di parlare oggi!” replicò, con finta sorpresa, l'altra bionda. “Ho una paura!” I suoi occhi castani divennero colmi di cattiveria. “E se volessimo restare cosa fai? Ci piangi addosso? Del resto, dalla figlia di un nano da circo cosa mi posso aspettare?”

Ho detto che dovete sparire!” urlò Marron, alzandosi di scatto. Non sapeva neanche lei dove aveva trovato il coraggio di rispondere a tono. Tutto quello che le importava era di sfogare la bruciante collera che le attanagliava il petto. Poteva accettare gli insulti rivolti a lei, ma non quelli contro i suoi genitori.

Bernadette fece per rispondere a tono quando, con un gesto della mano, Laurie la bloccò, fissando con sguardo cattivo la figlia di 18. Desiderava umiliare quella sfrontata che aveva osato urlarle contro, ma sapeva che ora, avendo gli sguardi di tutti puntati addosso, non era il caso.

Stasera me la paghi, pidocchio.” sibilò, per poi allontanarsi con il proprio seguito alle calcagna. Il tutto sotto lo sguardo dardeggiante della bionda.

Questo lo vedremo...”

 

 

Trattenne l'ennesimo singhiozzo, soffocando la faccia nel cuscino ormai zuppo, mentre sentiva dentro di lei di essere incompresa dal mondo intero.

Perché? Perché ho dei genitori così?! Non è giusto!

Forse era la rabbia, la sensazione di frustante impotenza che avvertiva, ma in quegli istanti stava odiando sua madre con tutto il suo essere. Il solo pensiero di non poter andare alla festa quella sera la faceva inorridire. Come avrebbe potuto giustificarsi, dopo che aveva dato la propria disponibilità? Kalì l'avrebbe presa come un vero e proprio tradimento, mentre Laurie ed il suo gruppo di smorfiose le avrebbero dato il tormento per mesi e mesi, chiamandola codarda. Per non parlare del fatto che, molto probabilmente, così facendo si sarebbe giocata la sua unica chance con Aruso.

Strinse i denti, mordendo la stoffa umida, mentre sentiva il proprio petto scosso da singhiozzi secchi e rabbiosi. Si chiedeva cosa ci fosse di sbagliato in quello che desiderava. In fondo, lei voleva solo non essere più lo zimbello della classe, avere degli amici che le volessero bene, non sentire attorno a sé sguardi carichi di sufficienza e cattiveria.

Non chiedo tanto...

Tirò su con il naso, mentre le lacrime riprendevano a scorrere sul suo viso. Non c'è la faceva. Questa volta le era davvero impossibile pensare che tutto si sarebbe sistemato, che avrebbe avuto la forza di andare avanti, di superare quella difficoltà.

Probabilmente mamma non ha avuto questi problemi da giovane. Lei è così... maledettamente bella! Sono sicura che avesse tutti ai suoi piedi, e che non abbia mai provato il significato di essere soli, abbandonati, non amati... cosa ne può sapere lei?! Ragionò con stizza, tirando un pugno sul materasso sotto di lei. Desiderò con tutte le sue forze essere perfetta come sua madre, almeno non avrebbe subito costantemente le prese in giro dei suoi compagni di classe.

Udì bussare alla porta, ma non rispose, voleva rimanere da sola con il suo dolore e la sua rabbia. Quando risentì di nuovo bussare, la sua ira esplose.

“Andate via!” urlò con voce scossa dai singhiozzi. “Lasciatemi in pace!”

“Se non aprì sarò costretto a sfondarla. Poi chi la sente tua madre?” udì la voce pacata e rilassata di Crilin, e la cosa la indispettì ancora di più, perché sapeva cosa avrebbe tentato di fare: rabbonirla, consolarla, usando parole dolci e cariche d'amore.

Ma lei non era più una bambina, che piangeva perché si era sbucciata un ginocchio o perché le era caduto il gelato dalla mano. Ora era grande, e certi trucchetti non funzionavano più.

“Tesoro? Guarda che lo so che mi stai ascoltando.”

“Voglio restare da sola!” borbottò scontrosa.

Udì il padre sospirare.

“Marron... non voglio litigare, voglio solo parlarti.” vedendo come la figlia si ostinasse nel proprio mutismo, decise di scoprire un po' le carte. “Ti conviene aprirmi, se stasera vuoi andare a quella festa.”

Ci furono ancora alcuni istanti di silenzio. Poi, con un secco giro di chiave, la porta si aprì, permettendo al terrestre di entrare in camera della figlia. La vide con gli occhi rossi e gonfi di pianto, mentre si asciugava il naso con un gesto stizzito della mano. Le porse un fazzoletto, che lei accettò riluttante, andando a sedersi di nuovo sul letto sfatto.

“Come stai?” gli chiese il piccolo guerriero, sistemandosi al suo fianco.

Lei non rispose subito, preferendo guardarsi le ginocchia. Crilin attese con pazienza che la figlia trovasse la forza di dirgli ciò che provava, lasciando nel frattempo vagare il proprio sguardo sull'ambiente attorno.

La stanza di Marron sembrava riflettere le profonde differenze di carattere dei suoi genitori: era sobria come la madre nell'arredamento, ma allo stesso tempo i colori caldi dei muri e le foto piene di allegria poste sopra la scrivania scaldavano il cuore come il padre. Per quanto 18 tentasse di tenerla in ordine, con scarso sostegno da parte della figlia, era un continuo ammasso di libri, vestiti, peluche e fogli sparsi un po' ovunque. Il mobilio era scarno, e comprendeva due armadi pieni zeppi di vestiti, un letto, un comodino lì affianco, una piccola libreria, ed un'ampia scrivania di legno chiaro, dove in mezzo all'ammasso di carte, libri, mutande e vestiti spiccava il moderno e costoso portatile della giovane, anche quello regalo di sua zia Bulma. Davanti al tavolo, una grande finestra illuminava l'ambiente, dando una piacevole visuale del quartiere moderno e tranquillo dove vivevano.

Crilin le accarezzò le guance umide, ricevendo però un pugno da parte della figlia, stizzita dal gesto.

“Non sono un cane, papà!” sbottò.

Lui sospirò, mentre si posizionava meglio affianco a lei.

“Si può sapere cosa ti è preso prima?” le chiese, sinceramente perplesso dalla reazione spropositata di lei. “Urlare in quel modo a tua madre... e per di più offenderla! Provare a discuterne pacificamente era troppo per te?”

“Tanto cosa cambiava?” replicò la bionda, tirando su con il naso, ancora un po' scossa dal pianto precedente. “Mi avrebbe detto di no comunque! È cattiva!”

“La mamma non è cattiva.” rispose il moro. “Ha solo paura che ti capiti qualcosa.”

“Non sono più una bambina, papà! Penso di potermela cavare a restare con i miei compagni di classe per qualche ora. Lo faccio già tutti i giorni a scuola!”

“Un locale, di sabato sera, non è come la scuola.” osservò il terrestre. “Tu non sai cosa c'è là fuori.”

Marron sbuffò, domandandosi mentalmente quale problemi avessero i suoi. Leggendole in faccia ciò che stava pensando, il padre le prese una mano, costringendola a guardarlo in faccia.

“So cosa stai pensando, e te lo posso assicurare: non sono paranoico. Ti dico così perché ho visto con i miei occhi cosa può accadere ad una persona sprovveduta.” dichiarò. “Ti sei mai chiesta perché tua madre è così protettiva nei tuoi confronti? Hai mai provato ad immaginare, anche solo minimamente, cosa abbia passato da giovane?”

La ragazzina rimase, per qualche istante, sorpresa da quella domanda, facendo caso al fatto che i suoi non parlavano mai del passato della madre, come se fosse tabù anche solo immaginare cosa aveva fatto prima di sposare Crilin.

“Non saprei.” rispose infine, sentendosi gli occhi del padre addosso con disagio. “Ho sempre pensato che fosse solo troppo ansiosa e scorbutica!”

Il piccolo guerriero sospirò, passandosi una mano sul volto, mentre si chiedeva se fosse stata una buona cosa nascondere il passato di 18 alla figlia per tutto quel tempo.

“Non è una cosa che posso dirti io.” mormorò. “Si tratta del passato di tua madre, pertanto è giusto che sia lei a parlartene, quando si sentirà pronta a farlo. Sappi però questo: ha passato degli orrori indescrivibili, nel vero senso della parola. Se si comporta così, è perché ha il terrore che possa capitarti qualcosa di brutto.”

“Orrori?” ripeté la bionda, guardando scettica il padre. Era convinta che fosse la solita esagerazione, attuata al solo scopo di farle cambiare idea in merito alla festa di quella sera. Dubitava fortemente che la madre avesse passato un'infanzia così difficile, tanto da definirla in quei termini.

“So che non mi credi.” osservò, con un sorriso amaro, l'uomo. “Ma non importa, un giorno capirai.”

Nella stanza, per qualche secondo, cadde un silenzio imbarazzante.

“Vuoi ancora andare a quella festa?” gli chiese il padre all'improvviso.

Lei si limitò ad annuire, fissandosi le mani che teneva in grembo.

“Potrei mandarti.” iniziò titubante Crilin, guadagnandosi un'occhiata stupita e speranzosa da parte della figlia. “Ma devi promettermi prima due cose.”

“Cosa?” chiese a bruciapelo Marron, pronta a dire di sì a qualsiasi richiesta.

“Voglio che tu mi prometta che stasera userai il cervello, e che non farai niente di stupido o avventato.”

“D'accordo.” rispose subito lei, senza dare troppo peso a quella promessa. Probabilmente lui se ne accorse, dato che la guardò con severità.

“La seconda mia richiesta è che tu vada subito a scusarti con tua madre, promettendole che non ti comporterai più in quel modo nei suoi confronti.”

Per quella richiesta la ragazzina ci mise più tempo a trovare la forza di rispondere in modo affermativo. Era ancora molto arrabbiata per il tono sferzante e tagliente di 18, senza contare che la guancia dove l'androide l'aveva colpita le bruciava ancora.

“Marron...” il tono del moro era fermo e severo. “Su questo punto non transigo. Dovrai scusarti, e che siano delle scuse sincere.”

“Anche lei si è comportata in modo scortese con me...” borbottò lei, tormentandosi le mani.

“Non importa. Sei stata tu ad iniziare, quindi è giusto che il primo passo parta da te.”

Lentamente, deglutendo, Marron annuì. Ora che stava per ottenere ciò che più desiderava, le sembrò sciocco aggrapparsi a quella piccola ripicca.

Crilin sorrise, distendendo i muscoli del volto. Amava la figlia, anche se spesso avrebbe preferito che non avesse ereditato il carattere battagliero della madre, rendeva tutto più difficile.

“Va da lei.” gli disse. “Le parole di prima l'hanno ferita molto più di quanto vuole far credere.”

“Va bene.“ un sorriso si fece strada sul suo volto. Sarebbe andata alla festa, dove avrebbe potuto parlare con Aruso! Tale pensiero ebbe la forza di farla andare su di giri, come se avesse bevuto alcolici.

“A volte mi domando come hai fatto a conquistare la mamma. Siete così diversi!” chiese, senza smettere di sorridere.

Il piccolo guerriero si passò una mano tra i capelli, sorridendo imbarazzato.

“Questa... è una lunga storia.” rispose vago. “Un giorno te la racconterò, ma oggi non è il caso.”

“Uff! Siete sempre così misteriosi!” replicò infastidita la figlia, incrociando le braccia in una posa molto simile a quella della madre. “Neanche la mamma avesse ucciso una persona!”

Crilin non disse nulla, sorridendo, ma dentro di sé si sentì triste nel pensare al passato della moglie.

Non immagini neanche quanto sia vero ciò che dici, figlia mia.

 

 

Marron deglutì, mentre fissava la madre che, a braccia conserte, la squadrava con fare impassibile.

“Cosa c'è?” borbottò scontrosa l'androide.

Cercando di trattenersi dall'essere scortese, la ragazzina sospirò, ricordandosi mentalmente perché stava facendo tutto quello.

Non posso rovinare tutto ora.

“Io... volevo chiederti scusa, mamma.” dichiarò lentamente, la voce atona. “Ho sbagliato... a risponderti male prima.” un groppo le si formò in gola. Nonostante tutto, era veramente dispiaciuta di aver litigato con la madre. “Non è vero che ti odio... perdonami per favore.” sussurrò infine.

All'inizio 18 non dichiarò nulla, rimanendo immobile. I secondi trascorsero lenti, mentre la ragazzina si chiese se sarebbe stata mai scusata. Sua madre era molto esigente in termini di rispetto, e non era incline al perdono.

Poi, all'improvviso, con una mossa fulminea, la cyborg afferrò la figlia, stringendola al petto in un forte abbraccio.

“Ho sbagliato.” sussurrò 18. “Non avrei mai dovuto colpirti.” le diede una carezza, appoggiando la fronte su quella della sua bambina. “Non sei una mocciosa, Marron. Sono fiera di te.” soffiò.

E nonostante detestasse essere trattata come una bambina, in quegli istanti la ragazza si sentì felice, al sicuro, tra le braccia della sua mamma. Desiderò che quegli istanti non finissero mai, mentre affondava la faccia nel petto di lei.

“Grazie.”

 

 

Marron si fissò allo specchio, non molto convinta di ciò che vedeva.

Farò ridere anche i polli!

Non era stato facile scegliere come vestirsi per la festa, anche perché era la prima volta che partecipava a simili eventi. Certo, spesso sua zia Bulma faceva grandi feste a casa sua, ma erano ritrovi da adulti, dove il modo in cui vestiva veniva a malapena notato. La ragazzina era sicura che gli amici dei suoi le avrebbero fatto i complimenti anche se fosse andata vestita con un pigiama in quelle occasioni.

Sospirò, torcendosi una ciocca bionda, mentre si chiedeva perché doveva apparire ridicola con qualsiasi cosa avesse indosso. Era in quei momenti che invidiava l'eleganza di sua mamma, che riusciva ad apparire splendida anche con addosso una tuta da ginnastica.

Laurie riderà fino ad avere i crampi alla pancia...

Dopo aver passato tutto il pomeriggio a rovistare nel proprio guardaroba, la ragazza era giunta ad un'orribile conclusione: non aveva un vestito adatto. Tutti quelli che possedeva le sembravano troppo semplici, oppure troppo infantili. Avrebbe desiderato possedere un lungo abito di seta nero, tempestato di diamanti, come quello che aveva la madre, un regalo del padre risalente ad uno dei loro primi anniversari. In preda allo sconforto, la ragazzina sarebbe scoppiata di nuovo a piangere, se non fosse giunta 18 in suo soccorso.

 

Come sarebbe a dire che non hai un abito decente?! Ho speso un mucchio di soldi per riempirti l'armadio di roba decente, come la definisci tu!”

Non capisci, mamma! Non posso andare in giro con uno dei miei soliti vestiti, sarebbe ridicolo in un locale come quello dove si terrà la festa!”

E che problema c'è? Non metterti un vestito!”

 

Gli occhi cerulei della bionda ispezionarono di nuovo il proprio vestiario, trovandolo carino, ma terribilmente inadatto a dove sarebbe andata. Indossava un jeans stretto e scuro, tenuto su da una bella cintura azzurra, con degli strappi alla moda sulle ginocchia, una maglietta senza maniche bianca, con sopra un giubbotto di pelle marrone, regalo di suo zio Yamcha. I capelli, di solito tenuti con delle trecce, erano raccolti in una coda di cavallo molto sportiva. In definitiva: non stava male, ma sperava solo di non aver sbagliato abbigliamento.

“Uao!” esclamò suo padre, entrando nella stanza. “Mi sa che se non fossi impegnato, ti chiederei di uscire con me!” la prese in giro, facendola arrossire.

“Ehi, giù le mani!” abbaiò 18, seguendolo a ruota, e squadrandolo severamente. Anche la cyborg si era cambiata, avendo deciso di accompagnare la figlia alla festa. Indossava lunghi pantaloni di pelle neri, giubbotto scuro da motociclista, anfibi militari ai piedi, e guanti da moto alle mani. Sotto braccio teneva due caschi neri, uno per sé ed uno per la figlia. “Dobbiamo andare, altrimenti farai tardi.”

“D'accordo.” rispose con voce atona la ragazzina, senza muoversi però.

“Che c'è?” le chiese il padre, andandole affianco. “Andrà bene. Sei uno schianto, fidati!” ricevette un sorriso tremulo di risposta, ma almeno ora ebbe il coraggio di mettersi le proprie scarpe, alla moda, di un bel colore nero, seguendo la madre verso l'ingresso.

“Allora divertiti!” la salutò il padre, con un bacio. Sarebbe uscito di casa subito dopo loro due, senza così dare sospetti alla figlia, che nel frattempo si metteva una piccola borsa a tracolla.

“Ci vediamo dopo.” dichiarò freddamente la cyborg, senza dare minimamente segno di aver chiesto al marito di spiare Marron, la quale, dopo aver ricambiato il bacio del moro, la seguì fuori di casa.

Andarono in garage a tirare fuori la moto personale di 18, un vero e proprio bolide della strada: trecento cavalli di cattive intenzioni, supportati da una cilindrata pari a mille, il tutto sorretto da un lucido telaio di un rosso fiammeggiante, con disegnato davanti un grande teschio sogghignante, completamente nero.

“Sei pronta?” le chiese la madre, passandole un casco.

Marron annuì, cercando di contenere il tumulto di emozioni che la squassavano. Era la prima festa a cui avrebbe partecipato, e la cosa la riempiva di un'eccitazione potente, mista al terrore di apparire inadatta.

Tra poco vedrò Aruso...

“Andiamo.” si limitò a dire, salendo a bordo, stringendo la madre alla vita. Quest'ultima annuì, accendendo, con un rombo di tuono, la moto.

 

 

L'insegna del locale illuminava a giorno la piccola piazzola davanti ad esso, dove già numerose persone, di tutte le età, si erano radunate per bere, fumare una sigaretta e scambiare due chiacchiere, in attesa che la serata entrasse nel vivo.

L'arrivo della cyborg con la figlia non passò inosservato. Era raro infatti vedere una donna così sensuale guidare abilmente una moto di grossa cilindrata. Molti curiosi la fissarono, mentre faceva scendere la figlia, e la salutava con un bacio sulla fronte.

“Smettila, mamma!” esclamò quest'ultima, leggermente rossa. “Mi vergogno!”

“D'accordo.” replicò pazientemente l'androide. “Passò a prenderti sulle due, va bene?”

“Mamma...” Marron sembrò fare fatica a trovare le parole. “Grazie, cercherò di non deludere la tua fiducia!”

18 sorrise, mentre si rimetteva il casco. Poi, con un rombo assordante, partì, cercando di nascondere in quella folle corsa la propria angoscia.

Crilin... ti scongiuro, bada a nostra figlia!

 

 

Poco distante, un uomo basso pianto i propri occhi sulla figura di Marron che entrava con passo titubante all'interno del locale.

Crilin sospirò, accingendosi, a sua volta, ad entrare.

Si preannuncia una lunga notte.

 

 

CONTINUA

 

 

 

  
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