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Autore: Claudiac91    21/03/2016    1 recensioni
Anko Saito, trasferitasi col padre nella Prefettura di Kanagawa, si ritroverà ad affrontare una nuova vita. Scappando da vicende piuttosto dolorose, avrà a che fare con una nuova scuola, nuove conoscenze senza però mai allontanarsi dall'amore della sua vita : il basket.
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Le farfalle nel suo stomaco non smettevano di svolazzare felici. Mai avrebbe pensato che la serata si sarebbe svolta in quel modo. In fila al fast food di fianco all’ospedale, era in coda per prendere la cena da portar via. Non sapeva se definire la cosa come un appuntamento. Lei e Mitsui avevano cominciato a prendere confidenza l’un l’altro solo da qualche giorno. Ma chiederle di accompagnarlo all’ultima visita per il suo ginocchio, di punto in bianco, quella mattina l’aveva lasciata a bocca aperta. Si ritrovava a sistemare gli asciugamani sporchi nel borsone, dentro lo spogliatoio dopo la partita appena vinta. Il giorno dopo si sarebbe disputata quella contro il temutissimo Shoyo, e la cosa la stava già impensierendo più del dovuto. Ma quando Mitsui le si avvicinò, tutto si sarebbe aspettata tranne che le facesse quella proposta. Era comunque importante, intimo, e il fatto che aveva chiesto proprio a lei stava a significare che l’interesse da parte del giocatore c’era realmente. E non era cosa da niente. Tutto stava procedendo bene. Aveva aspettato impaziente nella sala d’attesa che Mitsui finisse la visita. L’ultima. Finalmente non doveva più tornare dal terapista. Le si brillarono gli occhi quando vide il suo volto rilassato che mostrava una lieve felicità e soprattutto serenità. Ed era quello che ci voleva, visto che la tensione era già abbastanza alta. Tuttavia, usciti dall’ospedale ed in procinto di giungere al fast food, si erano imbattuti in Tetsuo. Vestito di giacca di pelle e jeans stretti, montava sulla sua moto che emanava un baccano assurdo. Quando notò Mitsui da sotto il suo casco, si fermò di colpo. Scendendo dal veicolo, si tolse il proteggi-capo e si accese una sigaretta. Con uno sguardo provocatorio e un sorriso beffardo, dapprima osservò l’ex teppista. Poi il suo sguardo si posò su Anko. Allargò gli angoli della bocca mostrando di poco i denti i quali tenevano saldi la sigaretta appena accesa.
 
- Puoi andare a prendere qualcosa da mangiare ? – le chiese d’improvviso Mitsui non distogliendo lo sguardo da Tetsuo. – Ti aspetto nel parco qui vicino -
 
Senza dire nulla, Anko annuì e s’incamminò sfiorando appena la spalla dell’uomo che con lo sguardo la seguì. Pochi minuti dopo si ritrovava in fila attendendo il suo turno. Si chiese in quell’istante cosa aveva spinto il giocatore a voler restare da solo col teppista.
Forse avevano altro da dirsi?
Per un momento una leggera preoccupazione la invase, ma questa non ebbe tempo di espandersi che si accorse di dover ordinare. Una volta preso l’occorrente e uscita dal fast food, si voltò in direzione dell’ospedale e notò che la strada era vuota. Probabilmente Testuo era andato via e Mitsui si era avviato. Provò una sensazione di sollievo quando poco dopo, trovò il giocatore seduto su una panchina di ceramica con le gambe accavallate e lo sguardo perso mentre sorseggiava una bibita gassata presa da un distributore nelle vicinanze. Quando questo si accorse della sua presenza, abbozzò un sorriso che ella ricambiò.
 
- Tutto bene? – gli chiese, posando la busta del cibo al suo fianco.
 
Mitsui annuì – Avevo delle cose da chiarire – rispose tornando serio – E non mi sembrava il caso di coinvolgerti –
 
Anko fece una breve risata – L’ex migliore giocatore dell’anno che si preoccupa per me – esclamò
- Sono onorata -
 
Il ragazzo non ribattè limitandosi a sorridere divertito. Tra una chiacchiera e l’altra consumarono la loro cena poco leggera. Lui le chiese molto riguardo il basket e senza farselo pesare troppo, Anko soddisfò tutte le sue curiosità, tralasciando il dettaglio della scuola privata. Poi le fece domande su Tokyo, affermando che ci era stato una sola volta da piccolo in una gita coi suoi genitori coi quali stava cercando in quel periodo di recuperare il rapporto perso.
 
- Dev’essere stato scioccante per loro vederti da stella del basket a teppista – affermò Anko osservandolo perplessa. Aveva usato un tono delicato, nonostante fosse in netto contrasto con la sua affermazione.
 
Tuttavia Mitsui non si offese, limitandosi a fare spallucce e non aggiungendo altro. Consumò in silenzio la cola restante nel contenitore di carta per poi lanciarla nella spazzatura. Si voltò per osservare nuovamente la ragazza che, silente, ricambiava lo sguardo. Le sue guance si colorarono di poco quando notò lo sguardo insistente del ragazzo. Vagava su e giù per il suo viso, coperto da un trucco leggero composto solo da mascara e phard. I lunghi capelli erano sciolti e di tanto in tanto, quando un vento fresco e leggero si alzava, si muovevano di poco.
 
- Coi tuoi invece? – le chiese d’ un tratto Mitsui.
 
Sgranando di poco gli occhi per quell’improvvisa domanda Anko si mise ritta e vagò altrove con lo sguardo.
 
- Non so attualmente com’è la situazione tra i miei al momento – rispose
 
Il ragazzo inarcò un sopracciglio – Vivete sotto lo stesso tetto, dovresti saperlo –
 
Anko scosse il capo, tornando a guardarlo – In verità mia madre è rimasta a Tokyo. Qui siamo solo io e papà –
 
Mitsui si passò una mano tra i corti capelli sospirando – Uno meglio dell’altro – affermò abbozzando un mezzo sorriso. La vice manager ricambiò , prendendo una ciocca dei capelli e arrotolandola attorno l’indice destro.
 
- Immagino che avrai lasciato molti cuori infranti – aggiunse poi il giocatore, sorridendo provocatorio.
 
Anko si grattò il capo – Può darsi – ribattè – sarei ipocrita nel dirti che non ho avuto storie –
 
- Importanti?- chiese ancora quello.
 
La vice manager scosse il capo – Non così importanti – rispose – e tu? –
 
Mitsui rise di gusto – Anche troppi – affermò – Negli ultimi due anni mi sono divertito. Ma ora devo darmi una calmata –
 
Il sorriso di Anko svanì – Cosa intendi? –
 
Lo sguardo del ragazzo vagò rivoltò verso il cielo – Ora che ho ripreso a giocare il sesso può attendere –
 
Il cuore della ragazza stava accelerando. Le sue guance tornarono ad assumere un colore rossiccio e il respiro cominciò ad appesantirsi – Hai avuto solo storie di sesso quindi –
 
Mitsui sospirò – Non ho mai avuto la testa per qualcosa di serio – affermò – Quando giocavo le ragazze non erano tra i miei piani. Avuto l’infortunio ho recuperato il tempo perso. Ma ora che sono tornato niente può distrarmi –
 
Tornò a guardare la ragazza mostrando nuovamente il sorriso provocatorio – O almeno quasi niente-
 
Seria Anko ricambiò lo sguardo. L’ansia che la stava invadendo svanì, lasciando posto ad una seria curiosità. Le farfalle nello stomaco erano tutte morte e quello che aveva definito una sorta di appuntamento stava per divenire un incubo. D’un tratto si ritrovò a provare…disgusto?
L’orgoglio della ragazza di Tokyo stava per riemergere a passo lento. Si era forse sbagliata sul suo conto? Forse aveva dato conclusioni affrettate sulla sua persona, ignorando quella che era probabilmente la realtà dei fatti. Mitsui sarà stato anche un tipo tranquillo il cui pensiero era fisso sul basket. Ma era anche a causa di questo che era divenuto un teppista. E non uno qualunque. Una persona che aveva mandato un giocatore della sua squadra in ospedale e che aveva cercato di rovinare lo Shohoku. Una persona che aveva messo lo sguardo sulle ragazze solo per avere storie di sesso. Una persona orribile. E probabilmente spregevole. Lo pensava soprattutto nell’istante in cui, gli occhi di lui come una sfida si erano posati su di lei. Quest’ultima non riusciva più a vedere quel buono che l’aveva tanto attirata. Era bello da mozzare il fiato. Ma lo era stato ancor di più quando, in lacrime ed in ginocchio, aveva implorato Anzai. Aveva creduto che uno come lui, che era stato lontano dallo sport che amava per tanto tempo potesse comprenderla. Dietro quegli sguardi insistenti si era immaginata una persona profonda come gli occhi volevano far credere. Ma si era sbagliata. Una persona così non l’avrebbe mai capita. E poi si ritrovò ad essere disgustata da sé stessa. A Tokyo era una persona peggiore. A Tokyo non ci si curava dei sentimenti degli altri. A Tokyo riusciva a guardarsi allo specchio e non provare ribrezzo per quello che era. Per un momento la sua mente pensò a sua madre. A tutte le volte le volte che l’aveva rimproverata per la sua superficialità e arroganza. Solo a Kanagawa stava comprendendo tutto. Che era sbagliata. Ed era sbagliato Mitsui per lei. Uno che l’aveva fregata con la storia del ginocchio non faceva assolutamente per lei. Si alzò, distogliendo lo sguardo e volgendolo alle sue spalle per assicurarsi che l’uscita del parco fosse vicina
 
- Devo andare – disse senza degnarlo di uno sguardo
 
Sorpreso, Mitsui si alzò – Vuoi che ti accompagni? – le chiese.
 
Senza guardarlo, Anko scosse il capo – Torno come sono venuta – affermò fredda.
 
Il giocatore sbattè le palpebre perplesso – Ok – disse – Ci vediamo domani? –
 
La vice manager sospirò – Si, riposati a domani –
 
E senza aggiungere altro, si diresse velocemente fuori dal parco, senza mai voltarsi.
 
*
 
Sia Anko che la signora Kamoto sobbalzarono per lo spavento. Per poco la domestica non stava per rovesciare l’intera tisana che stava servendo su un vassoio, ma la ragazza con riflessi pronti riuscì ad evitare il danno. Si voltò poi verso la porta del salotto rimasta aperta ed intravide il padre, rosso in viso, mente si allargava il nodo della cravatta. Era entrato in casa sbattendo la porta alle sue spalle, e il rumore era risuonato per le stanze silenziose. Anko, in compagnia della signora, era semistesa sul divano in pelle mentre guardava una maratona di cartoni animati in tv. Non era molto serena a causa dell’imminente partita contro lo Shoyo. Ed in particolar modo per la conversazione avuta con Mitsui. Il padre non sarebbe dovuto ritornare prima del mattino seguente, ma per chissà quale strano motivo, si era anticipato. L’uomo alzò di poco lo sguardo accorgendosi che la figlia e la domestica lo osservavano da lontano, silenti. Sospirò, poi con lentezza entrò in salotto e abbozzò un sorriso gentile nei confronti della signora
 
- ‘Sera signora – disse.
 
La donna senza dir nulla fece un breve inchino.
 
- So che non mi aspettava prima di domani – aggiunse Daisuke – Ma sarò lieto di accompagnarla a casa-
 
La signora Kamoto mormorò un “ certo” , poi salutando velocemente Anko uscì dal salotto, con la scusa di dover prendere la sua roba. Rimasti soli, la ragazza si alzò avvicinandosi di poco al padre. I suoi occhi verdi scrutarono l’uomo alla ricerca di una risposta. Daisuke scosse il capo
 
- Per favore Anko – sbottò – Non chiedermi nulla -
 
Senza ribattere, la ragazza annuì. Il padre le sorrise appena, le regalò una carezza sul capo ed uscì anch’egli dal salotto, chiudendosi la porta alle spalle. Anko tornò a riaccomodarsi sul divano, afferrò il telecomando e mise l’opzione muto della tv per ascoltare i rumori al di fuori della stanza.
Sentì appena la domestica e suo padre mormorare qualcosa. Poi la porta dell’entrata che venne aperta e successivamente chiusa. Buttò l’occhio sulla finestra, coperta dalle tende chiuse. Potè intravedere i fari che si accendevano e udì poco dopo il motore dell’auto. Man mano si allontanò, dopodichè silenzio. Qualcosa doveva essere successo a Tokyo. E si chiedeva cosa. Un altro litigio?
Probabile. Suo padre non era uomo da sbottare. Quelle volte in cui era seriamente nervoso come quella sera, erano legate principalmente a due fattori : sua madre e il lavoro. Ma qualcosa nella testa della ragazza le diceva che il motivo riguardava la prima. Sospirò pesantemente. Non ci voleva una situazione del genere. Non solo era perplessa per il suo rapporto con Mitsui, del quale era del tutto insicura. Il giorno dopo avrebbe dovuto scontrarsi contro lo Shoyo e ciliegina sulla torta, suo padre non era di ottimo umore. Decise di alzarsi, spegnere tutto e chiudersi in camera sua. Sarebbe stato inutile parlare con suo padre. E dal canto suo non voleva che lui sapesse che in lei c’era qualcosa che si stava muovendo. Una cosa chiamata sentimento.
 
 
 
** Continua**
 
Non mi linciate! Forse ci ho messo un po’ troppo. Ma vorrei giustificarmi dicendovi che gli impegni e la mancanza d’ispirazione mi hanno bloccata. Tuttavia meglio tardi che mai! Come avete potuto leggere, il “ primo appuntamento” non è andato a buon fine e la nostra Anko è rimasta delusa. E voi? Siete delusi per il capitolo o vi è piaciuto? Fatemelo sapere! Un bacio a t
   
 
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