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Autore: Lights    30/03/2009    7 recensioni
Trama: Una conclusione diversa della mia FF Badb...(ma la storia va da sè, non è collegata, ha giusto qualche accenno) e se non fosse finita in quel modo?, se Ziva avesse agito in modo differente?, come sarebbe andata la storia... non rimane altro che leggere per scoprirlo
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Timothy McGee, Ziva David
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Eccomeeee, della serie prima o poi ritorno ^_^

Per farmi perdonare dell’attesa un capitolo lungo, lungo.

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

Il tempo vola, specialmente quando tutto è perfetto e in sintonia con il resto del mondo, quando il tuo cuore è felice e continua a battere sereno non ti fa accorgere della fortuna che hai tra le mani.

La natura umana è fatta così, dà sempre per scontato la vita quando va tutto bene, ma appena qualcosa viene a mancare e stravolge il tuo essere, solo in quel preciso istante ci si rende conto dell’importanza che ha per noi quello che ormai non si può più avere e allora tenti con tutte le forze di recuperare il perduto ma soltanto se lotti veramente riesci a riprenderti quello che hai perso e tenerlo stretto a te senza mai più lasciarlo andare via.

 

 

 

 

 

 

Ziva era sulla terrazza in pausa, rilassandosi da quella giornata stressante nel fare niente di niente.

Da quando era arrivata a San Diego la sua vita era diventata piatta.

Tony non perdeva occasione per lasciarla in ufficio oppure per affidarle incarichi di poco conto, preferendo al suo posto Callet o a volte Preston, facendola sentire con quel comportamento pari ad una pivella, invece di trattarla come si meritava un Agente con le sue capacità: importante.

Era veramente frustante per lei.

Aveva avuto anche la tentazione di telefonare a Gibbs e lamentarsi con lui di quello che stava succedendo, con la speranza che l’uomo potesse far cambiare le cose, ma per fortuna non aveva ceduto a quell’infantile capriccio.

Era stata tentata di parlarne con DiNozzo ma la paura di rovinare le cose tra loro due per quella sciocchezza l’aveva frenata dal farlo.

 

Stavano bene, meravigliosamente bene eppure….

 

La mattina si svegliava stretta nell’abbraccio di lui, godeva qualche istante di quel gesto e poi dolcemente si girava e respirava a fondo il profumo di muschio bianco che aveva la pelle dell’uomo.

Con il dito indice gli sfiorava delicatamente la guancia e attendeva il momento che lui aprisse gli occhi e poi, una volta lucido, gli augurava il buongiorno.

Era un semplice rituale così intimo che non esigeva altro, che non andava oltre a quello scambio di sguardi complici.

Quella abitudine era iniziata tutto dopo quella mattina.

 

 

Era passata poco più di una settimana dalla sera dove Ziva aveva confidato a DiNozzo di amarlo.

La donna, svegliata dai primi raggi del sole, si era staccata silenziosamente dalle braccia dell’uomo che dormiva tranquillamente al suo fianco. Aveva indossato la tenuta sportiva e dopo aver lasciato un biglietto all’ingresso che lo avvertiva dei suoi piani, era uscita per fare una bella corsa intorno all’isolato.

Tony, sentendo la mancanza di qualcosa, aveva aperto lentamente gli occhi cercando con la mano il corpo della donna accanto a sé.

Accorgendosi che non c’era, si era svegliato di colpo mettendosi a sedere sul letto.

Frastornato si era guardato intorno tentando di individuare la sua presenza.

Tutto era in silenzio, nessun rumore, niente… neanche lei.

Si era alzato velocemente e aveva girato per tutta casa con la paura nel cuore che i suoi timori “di averla persa un’altra volta” fossero realtà.

 

Niente.

 

Era rimasto in piedi in salotto per un paio di minuti, incredulo a quello che era successo, stringendo forte i pugni per non cedere al dolore che stava sentendo il cuore.

La rabbia, dopo qualche istante, si era insinuata dentro di lui, facendolo arrabbiare con se stesso per essere stato così stupido da esserci cascato un’altra volta.

Si era vestito come una furia, prendendo a caso i vestiti dall’armadio e sbattendosi la porta di casa dietro di sé era andato in ufficio.

Nella prima ora non aveva parlato con nessuno e neanche un Agente aveva provato ad avvicinarsi a lui, stando bene attendo di girare lontano dal capo, di non incappare nel suo mirino e scatenare, in quel modo, la furia che teneva dentro sé.

Tony, cogliendo l'occasione di un nuovo caso che gli era capitato per le mani, si era sfogato con i suoi agenti: Callet e Preston impartendogli ordini a tutto spiano.

I due agenti, ormai abituati agli sbalzi d'umore dell’uomo, gli sembrò di ritornare ai primi tempi di quando avevamo formato appena la squadra e DiNozzo gli era apparso un uomo che odiava l’intero mondo: prima fra tutti loro due.

 

 

Ziva era rientrata a casa dopo due ore di corsa. In fretta e furia si era preparata accorgendosi del suo ritardo, ma era un sacco di tempo che non correva e si era lasciata andare scaricando tutta quella tensione che aveva accumulato in quei giorni.

Una volta rientrata a casa, la donna aveva trovato il biglietto, che aveva lasciato a Tony, per terra nell’ingresso.

“Che strano” aveva pensato ignara di quello che era successo un’ora prima, appoggiò il caffè e il sacchettino con il bombolone che aveva preso per lui in cucina e si diresse in bagno a prepararsi.

Si era fatta una doccia veloce, preparata alla svelta e poi era volata in ufficio.

“Beh poteva anche aspettarmi invece di andare direttamente al lavoro” aveva pensato delusa dal comportamento dell’uomo mentre era nel taxi che la stava portando in ufficio.

 

 

- Capo ma Ziva non viene oggi?- Aveva chiesto Preston con aria innocente in un attimo di calma apparente, avendo intuito che il cattivo umore dell'uomo poteva ricollegarsi solamente all'assenza della donna.

Per risposta l’Agente aveva ricevuto solo un’occhiataccia che avrebbe incenerito chiunque fosse passato da lì nei pressi di 10 chilometri.

Tony, senza badare oltre ad Erik, aveva continuato a lavorare stracciando e appallottolando i fogli in palline di carta non trovando neanche un indizio che lo potesse convincere per la soluzione del caso.

Il suono delle porte dell’ascensore attirò la sua attenzione facendolo voltare.

Quando vide Ziva uscirne rimase bloccato per qualche istante, incredulo che lei fossi lì e non se ne fosse andata.

Si era alzato in piedi e in pochi passi le era andato in contro mentre la furia devastante della sua paura si insinuava nell'animo.

- Che ci fai qui?- Aveva esordito tentando di tenere a freno la sua rabbia.

- Che domande mi fai?- Gli aveva sorriso Ziva cercando di ignorare lo sguardo duro dell’uomo – Ci lavoro.- aveva concluso mantenendo il suo tono divertito per alleggerire quella tensione che avvertiva tra loro due.

- Sei in ritardo.- Aveva aggiunto Tony non distogliendo il suo sguardo dagli occhi di lei come se avesse paura che se solo l'avesse fatto potesse svanire nel nulla e cercando di tenere a freno la rabbia per essere stato cosi debole e fragile, tenendo i pugni stretti fino a far diventare le nocche bianche.

- Lo so è solo…- Ziva aveva tentato di spiegare ma lo “stop” che Tony con il gesto della mano le aveva fatto la bloccò.

- Non serve che mi dai spiegazioni Agente Gibbs per me puoi anche andare al diavolo.-

DiNozzo aveva pronunciato le ultime parole con una tale durezza e rabbia che avevano trafitto l’animo della donna, facendo calare l’intero ufficio in un silenzio tombale.

Tony non voleva ascoltare oltre, quelle poche parole che la donna aveva pronunciato gli erano sembrate così false che l'unica cosa che gli era rimasta da fare per non essere di nuovo la vittima era stata quella di attaccarla con tutta la rabbia che covava dentro di sé.

Ziva aveva stretto forte la presa del sacchetto che teneva in mano, cercando di trattenere le lacrime di delusione per quelle parole che l’avevano ferita fino in fondo al cuore.

Lo aveva osservato per un istante prima di voltarsi senza dire niente, poi aveva buttato nel cestino quello che gli aveva preso ed infine era andata via.

L’uomo l'aveva guardata allontanarsi, senza muovere un muscolo per fermarla. Si era voltato e aveva incontrato gli occhi dell'intero ufficio su di sé, ma era bastato una sua occhiataccia per far riprendere il lavoro a tutti gli agenti come se niente fosse successo.

Il resto della giornata era trascorsa lentamente ma la sera era arrivata inesorabile, lasciandolo solo in ufficio.

DiNozzo quando si decise a tornare a casa era ormai sera tardi.

Si era trascinato a casa senza togliersi dalla mente lo sguardo ferito della donna che gli aveva rivolto prima che gli voltasse le spalle per andare via.

Non aveva saputo più niente di Ziva da quella mattina.

Se n’era andata, o meglio l’aveva fatta andare via, ma quando l’aveva vista di fronte a sé i suoi timori si erano frantumati lasciandogli il vuoto dentro, la sensazione di paura nel cuore e non aveva potuto impedire a se stesso di attaccarla piuttosto di ammettere di essere stato male per lei.

Aveva aperto la porta di casa con la speranza di trovarla là ma l’accolse solamente il silenzio che regnava in quelle quattro mura.

Entrò dentro, appoggiando le chiavi sul mobile e solo allora si accorse del biglietto.

Lo prese in mano e lo lesse.

 

“Vado a sgranchirmi un po’, l’aria fresca del mattino è davvero invitante per una corsa all’aperto, se non dormissi così bene ti avrei chiesto di venire con me ma mi è sembrato un delitto svegliarti. Per farmi perdonare ti porto il caffè e un bombolone di quelli che a te piacciono tanto! A dopo. Ziva”

 

DiNozzo era rimasto fermo, incredulo a quello che aveva letto.

Ma dov’era il biglietto quella mattina? Perché non l’aveva trovato?

Era stato uno stupido, l’aveva aggredita senza darle la possibilità di spiegare.

Si era fatto fregare dai suoi timori.

Preso dalla sua paura più grande era saltato subito alla conclusione che lei lo avesse lasciato.

Era un idiota.

Doveva trovarla, ma dove?

Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che l’aveva vista.

Un timore l’assalì all’improvviso.

Corse in camera ma trovò solo il suo armadio vuoto.

Ogni cosa della donna era scomparsa.

 

Ziva se n’era andata... ed era solo colpa sua.

 

Tony si sedette sul letto, si prese la testa tra le mani disperato.

Perché era stato così stupido.

Aveva avuto la felicità tra le mani e invece se l’era fatta scappare.

Doveva trovarla a qualsiasi costo, farla tornare da lui.

Prese in mano il cellulare e compose il numero dell’unica persona che potesse dirgli dove poter trovare la donna.

- Gibbs.- Rispose l’uomo con il suo consueto tono autoritario.

- Dov’è?- Gli chiese subito Tony senza aspettare.

- DiNozzo che cosa le hai fatto?- Gli domandò Jethro a sua volta con tono alterato non appena capì il senso di quella domanda così disperata.

- Io…- tentò di giustificarsi ma si fermò subito sentendo su di sé lo sguardo duro del capo – sono un’idiota Gibbs.- Ammise l'uomo sconfitto dai sensi di colpa.

- Che cosa stai aspettando DiNozzo? Trovala!- Gli ordinò con durezza stringendo tra le mani il cellulare prima di chiudere la conversazione.

 

 

Jethro lanciò il cellulare sul divano con forza e corse in camera a fare la valigia.

- Hei! Che cosa ti ha preso?- Gli chiese Hollis  vedendolo entrare come una furia.

Notando l’espressione seria dell’uomo si alzò da letto e gli andò vicino.

- E’ successo qualcosa?- Gli domandò.

Lui per risposta la guardò serio.

- Me lo dici tu o lo indovino io?- Gli propose abbozzando un sorriso.

Ancora niente solo un leggero piegamento degli angoli della bocca verso l’alto.

- E va bene… che ha combinato DiNozzo per farsi scappare Ziva?- Sospirò Hollis.

Gibbs la guardò più calmo, non si era ancora abituato a come la donna riuscisse a leggergli i suoi pensieri.

- Non lo so. Vado a San Diego per scoprirlo.- Le rispose duro.

- E cosa pensi di fare, uccidere DiNozzo?- Scherzò lei per smorzare la tensione ma in cambio ricevette solo un’occhiataccia.

Hollis gli prese la mano e gliela strinse nella sua facendolo sedere accanto a sé sul letto.

- Lo so, anche se non lo dici apertamente, vorresti proteggere Ziva da tutto questo, ma non puoi farci niente, devono risolvere tra di loro questa situazione.-

Gli appoggiò una mano sulla guancia facendogli voltare il volto verso di sé.

- Andrà tutto bene vedrai.- Gli sorrise prima di sfiorargli le labbra con un bacio delicato.

Gibbs, sentendo la dolcezza di quel bacio, si rilassò prendendo piano il viso della donna tra le sue mani attirandola più a sé in modo da approfondire quel contatto.

- E' solo...- Le disse appoggiando la fronte sulla sua.

- Andrà tutto  bene, vedrai. Quei due testoni devono concedersi un'altra possibilità... altrimenti gliela faremo vedere noi.-

I due si scambiarono un'occhiata complice.

 

 

L'aeroporto era l'ultimo posto che gli rimaneva da cercare.

“Se non dovessi trovarla? Se fosse scomparsa nel nulla anche questa volta?” Tony chiuse gli occhi per scacciare quei brutti pensieri dalla mente.

A passo spedito si diresse verso la sala d'attesa dopo che diede un'occhiata veloce al tabellone delle partenze.

“Deve essere qui!” pensò deciso.

Varcò la soglia della sala d'attesa e rimase immobile.

Una giovane donna era in piedi davanti alla grande vetrata illuminata dalla luce dei lampioni della pista di atterraggio.

Tony avanzò di qualche passo incapace di dire neanche una parola.

Vedendola aveva tirato un sospiro di sollievo, non era tutto perduto.

Ziva lo aveva sentito arrivare, il suo passo l'avrebbe riconosciuto fra mille. Non appena aveva capito che era lui il suo cuore aveva iniziato a battere velocemente.

Era riuscito a trovarla. Aveva capito le sue intenzioni.

Sorrise leggermente di se stessa.

Era rimasta in attesa di lui per tutto quel tempo e ora che era a pochissima distanza da lei non voleva assolutamente incontrare quegli occhi che le avevano fatto tanto male.

- Non abbiamo più niente da darci, oggi sei stato più che chiaro.- Lo anticipò in tono duro prima che potesse l'uomo aprire bocca.

- Guardami Ziva.- Le disse calmo avvicinandosi ancora di qualche passo.

La donna rimase ferma nella sua posizione.

- Ziva...- La chiamò Tony non perdendosi d'animo e aggrappandosi a quell'esile speranza che se l'aveva trovata poteva salvare quel poco che restava tra loro.

- Vai via DiNozzo!- L'ammonì lei.

- No!- Rispose deciso.

A quel “no” categorico Ziva si girò all'istante presa dall'ira ritrovandoselo più vicino di quanto credesse.

- Non ti basta avermi umiliata oggi? Vuoi infierire ancora? E' inutile che ci illudiamo, non potrà mai esserci qualcosa tra noi.- Gli riversò contro tutta la sua rabbia, prima di prendere la valigia e allontanarsi da lui.

Tony l'afferrò per il braccio attirandola a sé.

- Perdonami non volevo farti del male.- La strinse più forte nel suo abbraccio affondando il viso tra i suoi capelli – Io non posso più stare senza di te.- Ziva tentò di sottrarsi da quell'abbraccio ma l'uomo la strinse più forte.

- Sta mattina quando mi sono svegliato e non ti ho trovato al mio fianco mi sono sentito perso, come se un'altra volta una parte di me fosse stata cancellata. Non volevo credere ma il timore che te ne eri andata è stato più forte. Poi ti ho vista in ufficio, nella tua semplice bellezza, di fronte a me... non ho capito più niente. Ero stato uno stupido a pensarlo ma invece di accettare il dolore ho preferito attaccarti.-

- Io ti ho detto che ti amo!- Gli disse Ziva staccandosi con forza da lui e guardandola duramente negli occhi – perché non ti basta?- Gli chiese triste calmandosi.

- Semplicemente perché la ferita che ho nel cuore  che mi hai lasciato è così profonda che non riesco a guarirla. È stata una tua scelta andartene, tu hai realizzato di allontanarti da me anche se eri costretta... ma è stata una tua decisione...- La guardò seriamente come se fosse un atto di accusa.

- Ma per me non è stato facile accettarlo e penso di non esserci mai riuscito completamente, per la prima volta avevo aperto veramente il mio cuore alla persona che amavo e alla fine che cosa ho avuto in cambio?- Le chiese esausto – Niente, il vuoto, il silenzio, il nulla… mi sono ritrovato solamente con delle illusioni tra le mani. Credimi, vorrei tanto riuscire a fidarmi del tuo amore ma non riesco a lasciarmi andare...- ma non riuscì ad andare avanti.

Ziva gli sorrise tristemente consapevole di quello che stava provando DiNozzo.

Aveva ragione in tutto.

Lei aveva deciso di andarsene, lei aveva fatto quella scelta, lei aveva avuto tutto il tempo di abituarsi all'idea del distacco, a lui non gli era stato concesso niente di tutto ciò, si era trovato di fronte il vuoto.

Non voleva neanche immaginarsi come avrebbe reagito se fosse stato al suo posto... forse l'avrebbe cancellato con tutte le sue forze dalla sua vita, dalla sua mente, dal suo cuore...ma ci sarebbe realmente riuscita?

 

No

 

La donna gli prese il volto tra le mani e lo avvicinò al suo appoggiandogli dolcemente le labbra sulle sue. Lo baciò con delicatezza, piano per fargli capire che non doveva più dubitare di lei.

Tony a quella dolcezza si lasciò andare stringendo a sé la donna e approfondendo l'intimità di quel momento.

Quando si staccarono per prendere fiato Ziva si immerse in quello sguardo carico di passione.

- Ti amo non dubitarne mai più.- Gli disse dolce ma decisa.

DiNozzo le sorrise più sereno, le prese la valigia e insieme tornarono a casa.

 

 

Ziva si stiracchiò racchiudendo dentro di sé quel ricordo.

Ora stavano bene, meravigliosamente bene eppure….

La donna chiuse gli occhi beandosi del calore dei raggi del sole sul viso.

Non poté impedirsi di far tornare a galla quel momento, erano trascorse appena 24 ore da quando era accaduto e ogni volta che ci pensava la sensazione che le provocava quel ricordo le faceva vibrare il corpo di brividi caldi.

Stava trascorrendo uno dei soliti noiosi pomeriggi in ufficio… da sola, si perché gli altri della squadra erano usciti a trovare prove, tutti, compreso Tony, ma non lei.

DiNozzo con una banale scusa l’aveva costretta a rimanere bloccata in ufficio.

Ziva, per l’ennesima volta, aveva represso quel sentimento di opposizione che negli ultimi tempi stava diventando più forte in lei, e aveva accettato con un cenno della testa la decisione dell’uomo per tenere a bada quella calma apparente che si era instaurata fra loro.

Non appena aveva finito di riordinare l’ultimo fascicolo, aveva preso le sue cose e se n’era andata a casa rassegnata che anche per quella sera sarebbero rientrati tardi e sarebbe stato inutile aspettarli.

Aveva riordinato l’appartamento, aveva fatto il bucato e poi si era lasciata andare sotto una doccia calda.

Era rimasta a lungo sotto il getto dell’acqua calda cercando di cancellare quella sensazione di soffocamento e frustrazione che non riusciva più a nascondere a se stessa.

Da quella sera il tempo era volato, ormai non sapeva neanche più quanti giorni erano trascorsi da allora… tre o quattro mesi? Non contava, almeno fino ad allora.

Si erano concessi del tempo, ma quanto tempo ancora aveva bisogno Tony per capire di potersi fidare del suo amore?

Una domanda che ormai era diventata opprimente e ogni giorno che passava aveva sempre più bisogno di una risposta.

Chiuse il rubinetto dell’acqua e uscì dalla doccia.

Si asciugò con cura e andò a vestirsi.

Su letto vide la camicia di Tony.

Ziva agì d’istinto e la indossò respirando a fondo il profumo di muschio bianco dell’uomo.

Si spazzolò i capelli e solo con indosso quella camicia andò a preparare la cena.

Era stato un gesto stupido indossare la sua camicia, lo sapeva, non aveva motivo eppure ne aveva bisogno, bisogno di sentirlo vicino.

Sorrise di se stessa e di quanto si sentisse stupida.

Erano accanto giorno e notte eppure si stavano allontanando sempre di più perché lui non era capace di abbattere quel muro che aveva eretto tra loro e lei non riusciva a trovare un varco per entrarci.

Sospirò profondamente.

Era inutile pensarci, avevano bisogno di tempo, ma allora perché aveva la sensazione che il tempo stesse per scadere?

Non posso aspettarti in eterno” quella frase detta quasi per scherzo quella sera ora le sembrava più una verità.

Ziva andò in cucina e si concentrò nel preparare la cena.

Tony era rientrato in ufficio e come ogni volta che non la vedeva una leggera ansia si insinuava dentro di lui.

- Capo l’Agente Gibbs è già andata a casa.- Gli disse Erik anticipando la sua domanda conoscendo ormai alla perfezione il significato di quello sguardo.

- E voi che cosa ci fate ancora qui?- Gli aveva risposto Tony con il suo tono scontroso che assumeva ormai quando non c’era lei.

L’uomo aveva preso le sue cose e si era diretto a casa anche lui.

Aveva aperto la porta di casa individuando i rumori tipici della cucina.

Si tolse la cravatta e la giacca lasciandoli sulla poltrona e si diresse verso la donna.

Quando entrò nella stanza si bloccò vedendola.

Lasciò vagare lo sguardo sul corpo di lei. Sorrise accorgendosi che Ziva indossava una sua camicia.  I capelli mossi e bagnati le accarezzavano la schiena mentre un ricciolo ribelle le toccava la guancia.

Si mosse di qualche passo senza mai togliere lo sguardo da lei. Avvicinò il viso al suo orecchio.

- Che cosa c’è per cena?- Le chiese per poi respirare a fondo il suo profumo di vaniglia e rosa.

Ziva accorgendosi della sua presenza si irrigidì.

Era abituata ad essergli vicino ma quella volta era diverso, c’era una strana tensione tra loro.

- Sto preparando un risotto.- Gli aveva risposto senza voltarsi smettendo però di girare il riso nella pentola.

- Mmmm… buono.- Apprezzò Tony con voce calda scostando i capelli dalla spalla in modo da poter lasciare libero il suo collo.

Quel contatto le fece venire i brividi sulla pelle e afferrò il mobile con le mani per tenersi salda perché le gambe avevano iniziato a cedere

- Hai fatto la doccia?- Le chiese avvicinando il naso al collo respirando a fondo il profumo che lasciava la sua pelle e sfiorando con le labbra l’incavo della spalla.

- Si.- Rispose cercando di tenere ferma la voce, chiudendo gli occhi e concentrandosi sulle labbra dell’uomo che avevano iniziato a salire sul collo.

- Che cosa stiamo facendo?- Gli chiese aggrappandosi a quel poco di lucidità che era rimasta.

- Ancora niente…- Sorrise Tony.

La prese dolcemente per i fianchi e la fece voltare in modo che si potessero guardare negli occhi.

- Sei bellissima.- Si lasciò sfuggire estasiato nell’ammirare il corpo della donna con indosso la sua camicia.

DiNozzo con il dito indice percorse il petto, il collo fino ad arrivare alle labbra di lei che disegnò. Le guardò per un istante e poi la baciò.

Un bacio calmo, dolce che più andava avanti più diventava esigente, impetuoso.

Ziva in un primo momento era rimasta di stucco. Non avrebbe mai immaginato che Tony potesse agire in quel modo ma poi si lasciò trasportare da quella passione.

Le mani dell’uomo iniziarono a scendere dal collo percorrendo il corpo della donna fino a farsi strada sotto la camicia e toccare la pelle calda di lei.

DiNozzo la spinse verso il mobile bloccandola con il suo corpo mentre lentamente le slacciava i bottoni della camicia. Abbandonò le sue labbra e iniziò a lasciarle una scia di baci soffermandosi sul collo. Ziva piegò indietro la testa mordendosi le labbra dal piacere che stava provando spingendo il bacino contro quello di lui.

Quel gesto fece accendere ancora di più Tony che si rimpossessò delle sue labbra mentre con le mani esplorava ogni parte di lei.

- Ti amo Tony.- Gli disse Ziva con voce roca quando si staccarono per riprendere fiato con un trasporto e un’intensità che colpirono l’uomo.

DiNozzo ritornò indietro nel tempo alla loro prima volta e qualcosa si infranse in lui.

Paura, solamente paura che ti blocca e non ti lascia libero di vivere.

Si staccò dalla donna cercando di tenere sotto controllo le sue emozioni.

- Io…- Tentò di dire ma si fermò – Scusami, non so che cosa mi ha preso.- Si giustificò allontanandosi ancora di qualche passo evitando di guardarla negli occhi sentendosi colpevole.

Quelle parole per Ziva ebbero lo stesso effetto di un pugno nello stomaco.

Gli aveva aperto il suo cuore veramente, completamente ma neanche questo era bastato.

Si abbottonò la camicia. Spense il gas sotto alla pentola.

Strinse forte i pugni per non cedere.

Si voltò a guardarlo mascherando il suo dolore.

- Mi è passata la fame.- Gli disse in tono neutro.

Andò in camera e si cambiò, indossando dei jeans e una maglietta.

Prese la borsa,  il cellulare e le chiavi della macchina.

Tony vedendola apparire vestita si parò davanti bloccandole il passaggio.

- Lasciami andare.- Iniziò senza guardarlo negli occhi

- Aspetta… parliamone… fammi spiegare.- Tentò lui.

- Credimi è meglio di no… non adesso.- Si sforzò di sorridere – Questa volta ho bisogno io di tempo.-

E con quelle ultime parole era uscita lasciandolo li da solo.

Ziva era rientrata solo qualche ora prima dell’alba. Aveva guidato per tutto il tempo. Il primo istinto che aveva avuto era stato quello di andarsene, di tornare a Washington da Gibbs, alla sua vita di Agente operativo, ma poi si era convinta che non poteva farlo, doveva affrontare questa volta la situazione senza fuggire e lasciarsi le cose alle spalle.

Aveva fatto marcia indietro ed era tornata da lui.

Era entrata silenziosamente in casa e non appena aveva mosso i primi passi la luce si era accesa mostrando ai suoi occhi la presenza di Tony.

- Puoi toglierti quell’espressione dal viso, come vedi sono qui, non sono scomparsa.- Gli aveva detto con ironia tagliente.

- Attaccami pure se ti fa sentire meglio ma in questo modo non risolveremo quello che c’è tra noi.- Le rispose pacatamente.

- Che cosa c’è tra noi?!!- Gli urlò guardandolo dritto negli occhi. Respirò a fondo cercando di calmarsi. – Non lo so più che cosa c’è tra noi, vorrei tanto saperlo. Mi tieni lontano da te. Almeno prima eravamo colleghi, partner, ora neanche questo. Non ti fidi neanche più di me come Agente?- Gli chiese esasperata.

- Non è questo e lo sai anche tu. Io… io non voglio perderti.- Ammise guardandola dritto negli occhi.

Ziva rimase ferma un attimo nella sua posizione e poi mosse qualche passo nella sua direzione.

- Non te ne rendi conto, ma mi stai già perdendo.- Gli disse triste, passò oltre e si chiuse in camera.

Si cambiò, indossò il pigiama e si mise a letto.

Il tempo passa, la stanchezza predomina sui sensi e un leggero torpore si impossessa della mente.

Il mondo dei sogni è vicino, basterebbe un passo per entrarci da sola, ma due braccia che l’afferrano e stringono a sé la riportano alla realtà.

Ziva aprì gli occhi sentendosi abbracciare.

- Sto lottando per te… per noi. Abbatterò le mie paure… per me… per te.- Tony le baciò la nuca stringendola a sé più forte, affondando il viso nei suoi capelli.

La donna appoggiò le mani su quelle dell’uomo per qualche minuto e poi si sciolse dal suo abbraccio girandosi a guardarlo.

- Non aspetterò in eterno Tony.- Gli ripetè come l’ultima volta.

Gli sfiorò le labbra con le sue e poi si rifugiò nel suo abbraccio stringendo forte le palpebre per non cedere a quella consapevolezza che il tempo era ormai finito.

Una tregua.

La calma dopo la tempesta ma che lascia dietro di sé tracce di nuvole.

 

 

Ziva aprì gli occhi, sbattendo le palpebre diverse volte per riabituarsi al sole.

Era passato un giorno ma nulla era cambiato e lei si trovava ancora lì, bloccata.

- Sono stufa!- Affermò ad alta voce sferrando un pugno nell’aria.

- Complimenti!!! Bel gancio.- La voce allegra di Erik la fece voltare.

- Siete tornati.- Lo accolse senza enfasi.

- Si da poco e il capo si sta già innervosendo.- Gli sorrise sornione.

La donna per tutta risposta sbuffò.

- Lo sai che quando rientra in ufficio e per prima cosa non ti vede entra in paranoie.- Scherzò ancora.

- Non dire sciocchezze.- Gli rispose seccata, avviandosi verso l'entrata, sorridendo appena. - Che fai non vieni???!!- Gli urlò dietro mentre scendeva le scale.

Preston la raggiunse e le batté affettuosamente la mano sulla spalla.

- Che cos'hai? È da un po' che ti vedo strana?- Le chiese osservandola con la coda dell'occhio.

Ziva non rispose, lo guardò semplicemente scrutando nel suo sguardo se confessargli la verità o no, ma poi riconoscendo la voce dell'uomo si voltò di scatto illuminando il viso con un grande sorriso.

 

 

 

 

Continua…

 

   
 
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