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Autore: WillofD_04    23/03/2016    3 recensioni
Questa storia è il seguito di "Lost boys". Per leggerla non è necessario aver letto "Lost boys", ma è consigliato.
A quanto pare, l'avventura di Cami non è affatto finita, anzi, è appena cominciata! Che cosa le è successo? Sarà in grado, questa volta, di risolvere la situazione? Questo per lei sarà un viaggio pieno di avventure e di emozioni, che condividerà con persone molto speciali.
Non posso svelarvi più di così, se siete curiosi di sapere cosa le è capitato, leggete!
DAL TESTO:
Poco ci mancò che non caddi all’indietro dall’incredulità. Infatti dovetti reggermi agli stipiti della porta che era dietro di me per rimanere in piedi. Dieci paia di occhi mi fissavano, tutti con un’espressione diversa. C’era chi era divertito, chi indifferente, chi curioso e chi stupito.
«Oh cazzo...è successo di nuovo!» esclamai, al limite dell’esasperazione.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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«Cami?»
Aprii lentamente gli occhi nella direzione del proprietario della voce, Sanji.
«Mi dispiace disturbarti, ma sono le tre del pomeriggio passate»
Le tre del pomeriggio? Avevo dormito così tanto? Era vero che mi ero addormentata all’alba e che avevo del sonno arretrato, parecchio sonno arretrato, ma non pensavo che sarei riuscita a dormire così tanto. La scena mi aveva ricordato l’ultima mattina che in teoria avrei dovuto passare con loro, quando Marco mi aveva dolcemente svegliata. Tanto più che entrambi erano biondi.
Annuii con gli occhi ancora un po’ socchiusi e mi trascinai giù dal letto.
«Hai saltato il pranzo» mi disse il cuoco un po’ pensieroso.
“Al diavolo il pranzo” pensai. Avevo questioni più urgenti da risolvere. Tipo che ero stata catapultata in un mondo a me praticamente sconosciuto e non sapevo come tornare a casa. O che nello sparire non avevo lasciato tracce e nessuno sapeva dove ero andata. O che non avevo niente con me a parte un telefono che non prendeva, il suo caricabatterie e delle cuffiette. A pensarci bene, quest’ultima non era una cosa negativa, perché erano gli oggetti che avrei voluto con me se fossi finita su un’isola deserta. Ma forse non erano gli unici oggetti che erano stati trasportati con me. L’occhio mi cadde sulla scrivania dell’infermeria. Il giorno prima nella fretta e nello scompiglio non l’avevo notato, ma c’era un libro. Mi avvicinai, guardai la copertina e non potei fare a meno di sorridere quando lessi il titolo. “Le avventure di Peter Pan” di James Matthew Barrie. Lo toccai, quasi mi servisse a confermare che fosse reale. Non sapevo perché la Stella avesse deciso di trasportarlo qui ma se non altro mi avrebbe tenuto compagnia.
«Ehm...» il biondo si schiarì la voce un po’ imbarazzato, come a ricordarmi della sua presenza. Mi girai verso di lui e vidi che aveva in mano la cintura argentea che mi avevano fatto Usop e Franky e che la sera prima avevo gettato malamente in qualche parte dell’infermeria. Senza fargli dire altro la presi e me la misi. Poi mi avviai verso il ponte della nave. Ancora una volta il sole pomeridiano mi costrinse a mettere una mano sulla fronte per farmi ombra sugli occhi. Una volta che ebbi messo a fuoco la situazione, mi imposi di sorridere. Ci avevo riflettuto a lungo la sera precedente ed ero giunta alla conclusione che non potevo mostrarmi triste o depressa. Principalmente per due motivi: non volevo rovinare la giornata a nessuno con il mio broncio e soprattutto la nuova Cami non era questo. La nuova Cami non si sarebbe lasciata guidare dalla tristezza e dalla negatività.
«Buongiorno ragazzi!» gridai al resto della ciurma aprendomi in un sorriso «anzi forse sarebbe meglio dire buon pomeriggio» ci ripensai, grattandomi la nuca leggermente imbarazzata.
«Cami! Come ti senti oggi? La testa ti fa male?» mi chiese premuroso il piccolo Chopper
«Sto benissimo, grazie per la premura!» gli sorrisi dolcemente e lui ricambiò.
«Mia dea, posso prepararti qualcosa?» mi domandò il biondo cuoco alle mie spalle. Feci segno di no con la testa. Al momento più che di cibo avevo bisogno di spazzolino da denti e dentifricio, seguiti da deodorante, bagnoschiuma e saponi vari, spazzola, pigiama e vestiti di ricambio. Di certo non avrei chiesto queste cose a Nami e Robin, non avevo la confidenza tale per fare una cosa del genere. Però potevo chiedere un’altra cosa alla navigatrice.
«Nami scusa, quanto pensi che manchi alla prossima isola?»
La rossa, che stava sorseggiando quello che presupponevo essere un succo al mandarino, mi squadrò con un’espressione indecifrabile. Sinceramente un po’ la temevo e temevo che potesse perdere le staffe con molto poco. Ma la mia ipotesi quella volta venne scartata quando la vidi sogghignare.
«Se le condizioni atmosferiche sono a nostro favore potremmo arrivare anche stasera. Altrimenti non attraccheremo più tardi di domattina. La prossima isola è un’isola primaverile».
La ringraziai e esultai mentalmente. Almeno non avrei puzzato a lungo e non sarei morta di freddo.
«Cami- chan» mi richiamò lei «non è che per caso hai dei soldi con te?»
«No, mi dispiace ma sono povera. Non ho niente» alzai le spalle e lei dopo un primo momento di avvilimento mi lasciò perdere.
 Non sapevo che fare, quindi feci una panoramica di tutti i mugiwara. Zoro e Franky non si rivedevano, molto probabilmente il primo era in palestra ad allenarsi, mentre il secondo nel suo laboratorio a mettere a punto qualche strana invenzione. Chopper stava tranquillamente bevendo latte, buttando un occhio ogni tanto alle erbe che stava facendo essiccare poco più in là. Robin al contrario annaffiava le sue amate piantine. Sanji volteggiava per tutta la nave senza pace, offrendo cibo e bevande a destra e a manca – solo a noi donne ovviamente –. In tutto ciò Rufy – che altrimenti avrebbe disturbato il vagabondaggio del cuoco – dormiva beatamente appoggiato schiena contro schiena al suo compagno cecchino anch’esso addormentato sulla balaustra, con la canna da pesca in mano. Era una scena molto tenera e il fatto che nessuno vi prestasse attenzione significava che accadeva più spesso di quanto immaginassi. Ma la mia attenzione fu catturata da altro. Precisamente da una figura che se ne stava per conto suo, all’ombra, con un’espressione seria. Passai oltre Brook che stava componendo una ballata con il violino e mi appropinquai a raggiungere l’impassibile uomo dagli occhi di ghiaccio, che ora mi fissavano.
«Sei ancora su questa nave?»
«Io posso andarmene quando voglio, a differenza tua»
Lo fulminai con lo sguardo. Questo era un colpo basso. Poi però mi venne l’illuminazione.
«Certo, puoi andartene quando vuoi, ma perché andarsene da una nave grande, soleggiata e allegra come questa quando l’altra opzione che hai è passare il resto dei tuoi giorni segregato nella sala operatoria del tuo angusto sottomarino dove un orso polare non la smette più di lamentarsi per il caldo?» ghignai malefica. Non volevo offendere Bepo, insomma chi offenderebbe mai Bepo? Però dovevo vendicarmi.
«Sei qui da meno di un giorno e ti sei già fatta un nemico» mi disse, ma non era del tutto serio
«Chi, tu? Non mi spaventi affatto» poi mi avvicinai al suo orecchio – il tanto che la mia misera altezza concedeva – e gli sussurrai «conosco i tuoi punti deboli»
«Non parlavo di me infatti, ma del mio lamentoso orso polare»
«Sono sicura che invece gli starò simpatica» lo lasciai lì ai suoi pensieri e me ne andai. Ero davvero sicura che sarei stata simpatica a Bepo, se mai lo avessi conosciuto. Di sicuro lui mi sarebbe stato simpatico più del suo capitano.
«Cami-san!» una voce mi distolse dalle mie riflessioni, facendomi alzare la testa. Ora, ad altezza occhi c’era una gabbia toracica e capii subito che doveva appartenere a Brook. Alzai ancora un po’ la testa e infatti eccolo lì, sorridente – o forse era solo una mia impressione – come al solito.
«Brook» mi aspettavo la sua abituale richiesta giornaliera di mostrargli le mutande, invece riuscì a stupirmi.
«Posso fare qualcosa per te, signorina?» mi chiese garbatamente
Ci pensai su e poi risposi «In effetti sì, qualcosa che potresti fare per me c’è»
«Qualsiasi cosa!»
«Potremmo cantare insieme “Il liquore di Binks”»
«Conosci “il liquore di Binks?» domandò sorpreso
«Puoi scommetterci!»
«Sentire queste parole è una tale gioia per le mie orecchie! Anche se io...le orecchie non ce l’ho! Yohohoho»
Dopo una breve risata lo incitai a cominciare. Cantammo tutta la canzone a squarciagola e in quei minuti mi sentii bene. Riuscii a dimenticarmi perfino della sventura, se così si poteva chiamare, che mi era capitata. A noi si unirono anche Chopper, Nami, Usop e Rufy, che con tutto quel baccano si erano svegliati. Una volta finita, mi sedetti per riprendere fiato e così fece lo scheletro canterino.
«Hai grinta!» mi fece. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere e sentirla da un membro della ciurma di cappello di paglia mi fece ancora più piacere. Stavo per rispondergli, ma qualcosa sulla giacca del musicista mi distrasse. Lo notò anche lui e si controllò la manica.
«Ah! Maledetti! Con quei denti affilati mi hanno bucato tutti i completi che avevo! Dovrò rifarmi il guardaroba!» si lamentò
«Parli dei visoni di Zou?»
«Esatto»
«Beh, hanno trovato pane per i loro denti...o in questo caso ossa»
«Yohohoho! Mi piaci ragazza! Suonerò qualcosa per te»
Lo ringraziai e ascoltai la melodia emessa dal suo violino. Ma a proposito di Zou, non avevo avuto modo di leggere com’era finita la vicenda, per cui decisi di chiedere al capitano. Non che lo ritenessi affidabile, ma da quando ero lì non avevo avuto modo di farci due chiacchiere e ne approfittai. Come al solito, se ne stava seduto a gambe incrociate sul muso della polena della nave e per raggiungerlo dovetti salire su una scala. Tuttavia mi fermai alla criniera del leone – non senza aver avuto difficoltà ad arrivarci – sapendo che tra lo sballottamento dato dalle onde e il mio scarso senso dell’equilibrio sarei sicuramente caduta in mare se mi fossi spericolata come Rufy.
«Ehi» dissi una volta arrivata in cima. Non lo vedevo bene, ma notai che si girò al suono della mia voce
«Cami! Che ci fai quassù? Sappi che questo è il mio posto»
«Lo so, non avevo intenzione di rubartelo» feci poi aggrappandomi al primo appiglio che trovai e chiedendomi come facesse a stare in equilibrio come se niente fosse
«Ah. Bene. Spero che tu non sia più triste»
«Come? Ah no, no» feci un gesto con la mano come a scacciare quel pensiero
«Ottimo! Perché sai, si vedeva che eri infelice nel tuo mondo. Almeno qui puoi essere felice come hai sempre desiderato».
Giuro, quelle parole pronunciate proprio da Monkey D. Rufy mi fecero venire i brividi. Mi destabilizzarono a tal punto che mi dovetti mettere seduta. Se lui aveva notato una cosa del genere dovevo proprio essere in una condizione disastrosa. Forse non aveva tutti i torti. Era ora di farla finita con tutta quella tristezza e cominciare a guardare i lati positivi delle cose. Il primo della lista, ad esempio, era il non dover più andare a scuola. Solo questo mi portava grande felicità.
«Che volevi dirmi?» la voce del moro mi riportò alla realtà. Non lo vedevo per niente ora perché ero di spalle e nascosta dalla chioma della testa del leone.
«Ehm...ah si. Di Zou. Volevo chiederti di Zou»
Fece una faccia perplessa. Gli spiegai che volevo sapere com’era andata a finire la vicenda nel paese dei visoni. Lui mi raccontò tutto – ovvero quello che si ricordava, che era relativamente poco – e scoprii che in mia assenza Kinemon, Kanjuro e Momonosuke, non avendo trovato chi cercavano avevano ripreso il viaggio per conto loro, Sanji aveva consegnato Caesar a Big Mom ed era riuscito a tornare indietro, non dopo aver scoperto di appartenere a una famiglia nobile e aver scampato un matrimonio con una delle figlie di Big Mom – motivo per cui erano inseguiti dall’imperatrice –  mentre loro, una volta aiutati gli abitanti a far rifiorire la loro isola-elefante, si stavano dirigendo da Jack per “prenderlo a calci in culo” come aveva detto Rufy, tuttavia sempre con l'aiuto di Traffy, con cui il patto di alleanza ancora valeva. Sinceramente la cosa mi inquietava parecchio, visto che mi sarei trovata non tra due ma tra tre fuochi. L’idea di essere inseguiti da Charlotte LinLin non mi entusiasmava molto e ancora meno quella di mettersi contro un altro imperatore contemporaneamente. E sicuramente sarei stata costretta – se non dai mugiwara, dal senso di fratellanza – a combattere e io di armi ne sapevo quanto Zoro ne sapeva di orientamento. Per precauzione chiesi se la prossima isola non fosse l’isola dove stava Jack. A quanto pareva no, quella era solo un’isola dove fermarsi per fare scorte varie. Cappello di paglia ci tenne a precisare che non saremmo andati dal sottoposto di Kaido finché non si fosse rimesso. Certo. Perché andare da lui mentre era debole e indifeso, quando potevamo complicarci la vita e aspettare che colui che è stato capace di radere al suolo un’intera nazione solo per il gusto di farlo avesse recuperato le forze e fosse più incazzato che mai? Se le cose stavano così, ok. Mi serviva decisamente un’arma e qualcuno che mi insegnasse a combattere. E io sapevo da chi andare.



Angolo autrice:
Prima di tutto, scusate il ritardo. Come al solito, purtroppo sono stata parecchio impegnata.
Poi, volevo informarvi che ho scritto questo capitolo prima di venire a sapere del matrimonio di Sanji, pertanto ho dovuto adeguare la fan fiction al delinearsi delle ultime situazioni e ne è uscito questo. Spero non vi dia fastidio, ma essendo una storia che è stata pensata prima che nel manga accadessero tutti gli ultimi eventi, probabilmente si discosterà un po' (anche più di un po') dall'originale.
Mi auguro come sempre che il capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima e grazie a chiunque vorrà recensire! :)
   
 
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