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Autore: rasha85    23/03/2016    2 recensioni
Denise è una studentessa molto diligente al terzo anno di college ad Harvard. Ha un passato oscuro e tenebroso da cui cerca di fuggire, e per questo pensa solo a studiare e a raggiungere il suo obiettivo, lavorare per le più importante case editrici d’America. Niente e nessuno può distrarla dal suo obiettivo, sicuramente non la sua coinquilina e amica del cuore Alexandra, l’unica persona che abbia mai fatto avvicinare, che cerca in tutti i modi di farle tirare la testa fuori dai libri e farla divertire. Tutto questo fino a quando una mattina si ritrova nel letto di un bellissimo sconosciuto..
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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“Oh, guarda, quello è il posto che occupava Luke”, sento dire una delle due ochette. Alzo gli occhi al cielo, sperando che non stiano venendo seriamente qui solo perché Luke era seduto su una determinata sedia. “Io mi ci siedo, magari ha ancora un po’ del suo odore, e mi sembra di stare vicina a lui”, dice quella che deve essere Dana. Io faccio finta di vomitare a quelle parole: diavolo, ma come si fa ad essere così sceme? Ma davvero ci sono ragazze che dicono queste cose? Pensavo che fossero cose che si sentissero solo nei film, ma ovviamente mi sbagliavo. L’altra amichetta ridacchia, poi dice: “Ehi, ma poi ci voglio stare un po’ anche io. Non ho avuto il piacere di conoscerlo così intimamente come te, ma intanto magari mi posso abituare al suo odore”, e riprendono a salire gli ultimi scalini. No, non è possibile, questa che parla sembra ancora più scema dell’altra, cosa che non credevo possibile. Si vuol abituare al suo odore? Ma che vuol dire? E poi, quale odore? Al massimo quella sedia puzzerà di sudore e di un mix di persone che ci sono state sopra, non certo di Luke. Ma poi, che te ne fai di annusare l’odore di un ragazzo che non conosci nemmeno? Scuoto la testa, mentre i loro passi si fanno sempre più vicini. Smetto di pensare a tutte le frasi sceme che hanno detto negli ultimi cinque minuti, e comincio ad arrovellarmi il cervello per non farmi beccare: dopo che con Luke non abbiamo nemmeno chiarito, e dopo che tutti sanno che ci siamo battibeccati a lezione e che siamo in punizione insieme, ma che non ci sopportiamo, come faccio a dare una spiegazione logica del fatto che mi trovassi in un’aula deserta da sola con lui? No, non posso farmi beccare. Pian piano, sempre accucciata, mi sposto lungo la fila delle sedie, fino ad arrivare in fondo. Sento le ragazze che ridacchiano sempre più vicino e capisco che non ho più molto tempo soprattutto perché ora, insieme a loro, inizieranno ad arrivare anche altre persone. Riesco a girare l’angolo della fila delle sedie e salire sugli scalini della fila successiva, sempre accucciata, appena in tempo, mentre le ragazze entrano nella fila dove fino ad un attimo fa ero rimpiattata anche io. Tiro un sospiro di sollievo, mentre sento Dana dire: “Senti, senti, questo è il suo odore, lo riconoscerei tra mille. Mi fa impazzire”, mentre l’altra risponde: “Cavolo, hai ragione, è sesso puro”, al che il mio cervello parte in quarta e le orecchie mi fumano. Sto per scattare in piedi e dirgliene quattro, quando mi rendo conto che devo principalmente pensare a me e a fare in modo che nessuno sparli di quello che è successo, invece di pensare alle chiacchiere sceme di due ragazze troppo giovani e che capsicono molto poco. Mi rendo conto, comunque, che adesso queste reazioni e commenti su Luke mi fanno saltare i nervi, cosa che prima non mi era mai successa. Prima non mi interessava nemmeno da lontano quante ragazze si fosse fatto Luke e quante ancora volessero andare con lui. Ma ora mi rendo conto che questa situazione mi dà fastidio, molto molto fastidio. Sospiro piano, cercando di scacciare questi pensieri di gelosia e di tornare a concentrarmi su quello che devo fare, anche se non è propriamente facile, visto che ho sempre amato la mia libertà e non ho mai voluto che qualcuno limitasse i miei spazi, come io non mi sono mai permessa di limitare quegli degli altri. Scuoto forte la testa per smettere di pensarci e concentrarmi sulla cosa più importante adesso: uscire di qui senza destare sospetti a nessuno. Sento di nuovo la porta dell’aula, in basso, che si apre, e un chiacchiericcio indistinto riempie l’aula, e faccio un mezzo sorriso: almeno così evito di sentire i discorsi inutili e che mi facevano venire voglia di prendere a sberle Dana e la sua amica. In un attimo mi viene un lampo di genio: se riesco a salire le ultime due file di scale e a raggiungere la porta superiore, posso approfittare del via vai della gente ed uscire da lì, senza che nessuno mi noti. Sento che chiacchiericcio aumenta, come i passi che salgono le scale e le sedie che cominciano a cigolare perché qualcuno sta prendendo posto, e decido che quello è il momento ideale: faccio, sempre accucciata le scale delle ultime due file di banchi e, sempre abbassata, arrivo alla fine dell’ultima porta. Sospiro di sollievo appena vedo l’uscita: forse ce la faccio ad uscire senza troppi danni, visto che ancora nessuno è arrivato fino a quassù. Aspetto un attimo in quella posizione che mi sta uccidendo le ginocchia poi, non sento più alcun rumore vicino, ma solo nelle file inferiori, mi faccio coraggio, scatto in piedi e in due secondi sono alla porta, la apro ed esco, sperando che nessuno abbia notato la mia fuga. Appena esco nel corridoio, tiro un sospiro di sollievo, ma non mi fermo: non voglio che mi trovino nemmeno lontanamente vicino all’aula dove era Luke da solo, perciò aumento il passo e mi allontano il più velocemente possibile. Appena sono convinta di aver messo abbastanza distanza tra me e l’aula, riprendo a camminare normalmente ed anche a respirare normalmente, lasciando che i pensieri vaghino dio nuovo nella mia testa, senza riuscire a dargli una sequenza logica o una spiegazione. Ripenso ai nostri baci, alle nostre reazioni, al suo discorso così bello e al mio così incerto, ma ancora non riesco a capire se lui si sia offeso e non voglia avere più niente a che fare con me, oppure se vuole provare con me a superare gli ostacoli che mi legano al passato. Anche se, ripensandoci a mente fredda, sono stata una sciocca a dare fiato a tutti i pensieri che mi giravano in testa senza pensarci prima. Ma avevo paura di averlo perso, anche se ora vorrei non essermi esposta così troppo. Cavolo, ma una volta nella vita, riuscirò mai ad essere soddisfatta di me stessa senza dovermi fare un esame continuo su tutte le mie azione, e pensare continuamente che ho sbagliato e che n on ne faccio mai una giusta? Forse dovrei semtterla, ogni tanto, di essere sempre così dura e critica con me stessa. Ma devo anche ringraziare il mio essere così per essere riuscita ad uscire da tutto lo schifo che regnava nel mio passato. Sospiro, scuotendo leggermente la testa: non mi va di pensare alle cose brutte adesso. Adesso è il momento di concedersi uno “zuccherino”, una clemenza che non mi concedo mai, e di pensare solo alle cose belle che mi sono successe, visto che di solito non mi accade mai niente di bello o di interessante. Sorrido, mentre sento la tensione sciogliersi un po’ e la mia pancia brontolare: cavolo, dovevo essere già andata a pranzo a quest’ ora. Guardo l’orologio e vedo che sono le una e un quarto, quindi accelero il passo e mi avvio verso la mensa: ho bisogno di energie per finire questa giornata e cercare di parlare di nuovo con Luke. Entro in mensa che ovviamente è piena di studenti: cavolo, cerco sempre di evitare quest’ora perché non mi piace mangiare in un angolo del tavolo circondata da persone che non conosco nemmeno, preferisco avere un po’ più di spazio e magari leggermi un libro mentre mangio, mentre ora mi tocca starmene in fila ad aspettare il mio turno, mentre con gli occhi cerco di vedere se c’è un tavolo che abbia un po’ più di posto libero, ma la mia ricerca sembra vana. Sbuffo mentre la fila scorre lentamente, e lascio la mia mente di nuovo vagare: perché Luke non mi ha aspettato fuori dall’aula? Perché non ha cercato di sviare le due ragazze fuori da lì, dando anche a me la possibilità di uscire? E perché non mi ha aspettato da qualche parte in modo da poter chiarire e parlare? Devo dedurre che del mio discorso non gli è importato nulla, e quindi ha deciso che è meglio restare così? Oddio, se le cose stessero davvero così, io mi sono esposta per niente. Comincio a battere nervosamente un piede a terra, mentre il ragazzo in fila davanti a me, si volta e dice: “Scusa, hai fretta? Tanto è inutile che ti agiti, qui siamo tutti sulla stessa barca”, e mi fa un mezzo sorriso. Io lo fulmino con lo sguardo: non ho certo intenzione di mettermi a parlare con uno che non conosco nemmeno: ho fin troppi casini con le nuove conoscenze, in questo momento. Ma per evitare discussioni, faccio un mezzo sorriso e smetto di battere il piede, sperando che non dica più niente. Lui sorride compiaciuto, ma purtroppo apre di nuovo la bocca: “Ecco, vedi? Se non sei agitata sei anche più carina. Io sono Mark, piacere”, dice, porgendomi una mano un po’ unta. Io la guardo, un po’ schifata, ma non gliela stringo, limitandomi a dirgli a denti stretti: “Denise”. Lui mi guarda male per non avergli stretto la mano e se la mette rapidamente in tasca, mentre la fila sembra scorrere più lenta di prima. Ma perché non me ne sono andata alla pizzeria del campus o dal paninaro, almeno avrei evitato l’incontro anche con questo tizio abbastanza sporco? Non mi piace neanche un po’, ha l’aria strana, non è nemmeno molto carino, sembra che indossi i vestiti di suo padre, tanto sono larghi, e sembra non si faccia la doccia da settimane. E poi, ha proprio un’aria che non mi convince, che mi spaventa quasi. Ma decido di non farmi vedere impaurita e continuo a tenere lo sguardo alto e ben dritto davanti a me: non ho bisogno anche di questo per incrementare la mia lista infinita di problemi. “Mmmhh, Denise, ma che bel nome”, dice guardandomi con l’occhio famelico e avvicinandosi a me. Io indietreggio un po’, ma purtroppo ho poco spazio di manovra e inevitabilmente finisco per trovarmelo a due centimetri dal mio viso. Cavolo, già ho bisogno del mio spazio vitale di normale, e poi non sopporto particolarmente le persone che mi si appiccicano addosso e che nemmeno conosco. E poi questo Mark puzza davvero tanto, talmente tanto che devo trattenere il fiato, tanto è vicino. “Perché non vieni a sederti al tavolo con me e i miei amici? Ci potremmo divertire tanto insieme, sai?”, dice, alzando la sua mano unta e avvicinandosi al mio viso. Io deglutisco forte mentre vedo la sua mano avvicinarsi a me: non voglio fare una scenata, ma credo che gliela stroncherò, se solo si azzarda a toccarmi. Ma gli idioti li devo proprio trovare tutti io? Mentre sto per alzare la mano per fermare la sua, vedo un’altra mano maschile spuntare nel mio campo visivo, e il braccio di Mark che si torce innaturalmente dietro la sua schiena. “Ahia, ahia, mi fai male, ma chi cazzo ti credi di essere?”, sbiascica Mark quasi piagnucolando. Io alzo gli occhi verso il possessore del braccio, e tiro un sospiro di sollievo: non è chi volevo e speravo di vedere, ma almeno è qualcuno di cui mi posso fidare. Alex mi lancia uno sguardo che non riesco bene a decifrare, poi guarda di nuovo Mark, continuando a piegargli il braccio e gli dice in cagnesco: “Se ti vedo anche solo lontanamente avvicinarti di nuovo a lei, ti garantisco che non è solo il braccio l’unica cosa di cui sentirai la mancanza. Non devi nemmeno guardarla più, torna nel tuo universo con le persone come te, e lascia stare le persone normali come lei”. Mark ridacchia nonostante Alex gli stia torcendo sempre di più il braccio, e temo che glielo voglia spezzare davvero. Poi dice: “E va bene, Mitchell, te la lascio, anche se non stavo facendo niente di male. Ci stavamo solo conoscendo, no?”, e mi fa un occhiolino. Io lo guardo disgustata, Alex guarda prima me poi lui, e poi, piegandogli ancora di più il braccio e avvicinandosi a lui, con tono duro gli dice: “Cosa non hai ben capito della frase “non guardarla più?”. Per te e i tuoi amichetti lei è offlimits, ci siamo capiti? Cerca qualcuna che ha i tuoi stessi gusti”. Mark fa una smorfia di dolore, mentre io mi guardo intorno, impaurita: non mi ero accorta che dall’ingresso di Alex in questa scenetta quasi tutta la mensa si fosse fermata a guardarci. Mamma che vergogna: più che cerco di stare in disparte e più che mi ritrovo al centro dell’attenzione. “Ok, ok, è tutta tua. Tanto quando avrai finito con lei, qualcosa toccherà anche a noi, come sempre”,dice ridacchiando. Io lo guardo con gli occhi spalancati: che cosa intendeva dire con quella frase? Ma prima che possa chiedere qualunque cosa, Alex ha mollato il braccio di Mark e gli ha assestato un pugno dritto in faccia, facendolo cadere a terra e con la faccia sanguinante. Io mi copro il volto con le mani e urlo, mentre i ragazzi che erano con Mark, lo circondano e poi guardano Alex in cagnesco, dicendo: “Diavolo, Mitchell, ma che ti è preso? Non ci siamo mai dato fastidio con te, e ora vieni a picchiare uno di noi? Ma che ti è preso? Guarda come lo hai ridotto!”. Ma nessuno sembra cercare di andare verso Alex per difendere il proprio amico. Alex si massaggia la mano indolenzita, continuando a fulminare con lo sguardo gli amici di Mark, mentre lui continua a gemere per terra. Io continuo a guardare prima Mark, poi Alex con gli occhi sbarrati, mentre mi rendo conto che si è formato un cerchio attorno a noi, e che ora tutti quelli presenti in mensa sono intenti a guardare la scena. “Così imparare a dire le cose senza senso, questo verme. Vi ho tirato fuori dai guai molto spesso, vi ho aiutato con tutto, e questo è il vostro modo di ringraziarmi? Dovete imparare a stare al vostro posto”, dice, tirando un calcio nel fianco di Mark. Il ragazzo geme più forte, con le mani che continuano a coprirgli la faccia, mentre resta ancora disteso per terra. Uno degli altri ragazzi, quello un po’ più robusto, si avvicina ad Alex e gli dice in tono minaccioso: “Adesso basta, hai spiegato il tuo punto di vista, abbiamo capito. Nessuno la toccherà, ma ora smettila, se no la tregua non esisterà per nessuno”. Alex continua a respirare velocemente, guardando con i suoi occhi scuri senza alcun sentimento, prima il ragazzo che gli ha parlato, poi Mark. Poi chiude per un attimo gli occhi e, come gli riapre dice: “Bene, basta che abbiate capito. Lo sapete che le cose possono andare molto peggio di così”, e fa un mezzo sorriso. Io sono rimasta impietrita a guardare la scena: Alex, in questo momento, sembra una persona senza anima, uno di cui non gli importa niente né degli altri né di quello che fa anzi, sembra provare piacere nel far valere la sua predominanza fisica. E questa cosa mi spaventa a morte. La sua forza e la sua totale mancanza di sentimenti, in questo caso, mi fanno venire la pelle d’oca. Forse era questo che non mi convinceva tanto in lui, ma che non mi aveva mai mostrato. E poi, tutti i discorsi che hanno fatto tra di loro sono alquanto strani. E tutta questa violenza per niente, senza nessuna giustificazione e senza nessun senso di colpa, mi riporta troppo indietro nel passato, in un passato in cui avevo giurato di non ricadere. Presa dal panico e da una caterva di emozioni che rischiano di inghiottirmi e riportarmi indietro, comincio a indietreggiare lentamente, sperando che Alex non si volti proprio adesso, visto che fino ad ora non mi è sembrato molto che gli importasse di me, ma gli interessava solo dare una lezione a Mark. Faccio due passi indietro e mi ritrovo un muro di ragazzi che si stanno gustando la scena, provo a spostarmi verso sinistra, ma si ripete la stessa cosa, lancio un’occhiata a destra ma la situazione non cambia: sono circondata e non posso andarmene senza che Alex non se ne accorga. Vedo che lui si volta e mi cerca con lo sguardo e, appena i nostri occhi si incrociano, quello che vedo dentro ai suoi mi spaventa da morire: felicità e fierezza per quello che ha fatto. I suoi occhi sono di un nero torbido, quasi maligno, ma la sua espressione dice che lui è pienamente soddisfatto di quello che ha fatto. E io non posso permettermi di stare vicino ad una persona così, non adesso che sono così sotto shock: rischierei di dire o fare delle cose che magari non penso nemmeno. “Denise?!”, sento che mi chiama con voce dolce. Ma io ora proprio non ce la faccio ad affrontarlo e chiedergli spiegazioni: non dopo questa mattinata che ha messo in crisi tutte le mie certezze e i miei muri che sono crollati tutti insieme come castelli di carta. Non ce la faccio nemmeno a guardarlo in faccia: punto lo sguardo verso il basso e, in un attimo mi volto e comincio a spintonare la gente per farmi passare. Riesco ad aprirmi un varco e inizio a correre, senza nemmeno sapere dove vado, spintonando tutti quelli che si frappongono tra di me e la mia via di fuga. Sento Alex che grida: “Denise, fermati, ti voglio spiegare”, ma non ho nessuna intenzione di fermarmi né di accertarmi a che distanza si trovi da me. Continuo a correre a perdifiato per tutto il campus, sperando di aver messo una discreta distanza tra me e lui, anche se penso di sì visto che non lo sento più urlare dietro di me. Per sicurezza, corro ancora in mezzo al giardino, continuando a guardare in basso, senza curarmi delle persone che incrocio e che mi guardano stranite, cercando di trovare un posto tranquillo in cui potermi calmare e tornare padrona di me stessa. Ma ad un tratto, sento un braccio tirare il mio, io cerco di divincolarmi, ma il braccio dell’altra persona continua a tenermi bloccata, e io non riesco più a correre: il mio cuore comincia a battere all’impazzata, perché so che si tratta di Alex e che ora non posso più nascondermi od evitarlo, e devo essere pronta a qualsiasi tipo di reazione da parte sua, anche a quella più brutta che ha avuto nei confronti dell’altro ragazzo. Ma io ci sono già passata e non ho intenzione di ripetere gi stessi errori, quindi prendo un profondo respiro e mi decido ad alzare gli occhi.
   
 
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