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Autore: Robin Nightingale    23/03/2016    1 recensioni
Piccola raccolta di ricordi.
Kanon di Gemini ricorda vari momenti della sua vita: dall'infanzia, all'adolescenza, alla sua vita al Santuario e, soprattutto, ciò che di più prezioso possiede.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< Che ci facevi nella foresta? >>

Sapevo che prima o poi sarebbe successo.
Sapevo che prima o poi avrei fatto i conti con quella domanda e che al momento opportuno avrei fatto scena muta.
Le nostre bugie non potevano reggere, non davanti a lui, che con sotto quella inespressiva maschera che portava sul volto, mi guardava guardingo, con i suoi occhi dolci e il suo sorriso rilassato, certo di riuscire a mettermi in soggezione.
E ci riusciva, nonostante fosse l’uomo più pacifico e tollerante che io avessi mai conosciuto.
Mi ha pregato di seguirlo nelle sue stanze e io, con le spalle ormai al muro, non ho potuto far altro che acconsentire alla sua richiesta. In silenzio siamo arrivati al Grande Tempio, percorrendo strade di cui non ero mai stato a conoscenza; piccoli sentieri rocciosi, stretti e pericolanti, che circondavano il Santuario e, addirittura, conducevano alle dodici case. Durante il tragitto, mi sono chiesto come potesse un uomo così anziano avere l’agilità di un ventenne: si muoveva rapido e sicuro per quei sentieri instabili, a differenza mia che a stento riuscivo a mantenermi in piedi e ho rischiato di cadere in avanti più volte. Era chiaro che conoscesse quelle strade come le sue tasche, e a pensarci bene, mi era sempre più chiaro come riuscisse a giungere in qualsiasi angolo del Santuario al solo primo richiamo.
Non mi era chiaro, invece, perché mai preferisse perdere così tanto tempo a passeggiare, quando era risaputo da tutti che, tra le sue grandi abilità, vi era anche il teletrasporto.
Ad ogni modo, ciò che mi premeva più sapere non era il come avremmo raggiunto il Tredicesimo Tempio, bensì cosa sarebbe successo una volta arrivati a destinazione.
Mi avrebbe ucciso? Avrebbe ucciso te? Ti avrebbe tolto l’incarico e l’armatura dei Gemelli? Questo non mi sarebbe dispiaciuto, se solo la mia testa non sarebbe rotolata sul pavimento una volta accaduto.
Ma di cosa mi preoccupavo? Se fossi sopravvissuto al Grande Sacerdote, la mia vita sarebbe comunque finita dopo il nostro faccia a faccia.
E tutto perché ho desiderato un po’ di liberta e della semplice aria pulita!
Sono scappato via dalla Terza Casa: non ne potevo più di vedere intorno a me degli insulsi muri bianchi senza vita e ciò che rimaneva dei miei stessi affetti, che avevo ridotto in frantumi dopo l’ennesimo moto di rabbia!
Volevo godermi il sole di Settembre, i raggi tiepidi di fine Estate e magari andare a mare. Ed era proprio quella la mia meta, se non mi fossi sentito troppo in colpa nei tuoi confronti e non avessi deciso di fermarmi in una delle tante foreste che circondavano il Santuario, appena fuori dai suoi confini.
Mi sono fermato sulle rive di un ruscello; dalla gioia mi sono sciacquato la faccia, immergendoci la testa, perché non ero sicuro di essere sveglio, tanta era la meraviglia di riconoscere il verde delle foglie, l’odore dei muschi, la freschezza dell’aria che mi carezzava il viso.
Sarei rimasto lì in eterno pur di non tornare in quella prigione.
Cinque minuti e vado via, mi sono ripromesso nella testa, mentre mi rotolavo sull’erba come un bambino.
Quei cinque minuti divennero, dieci; poi divennero quindici ed infine venti.
Che c’era di male nel concedersi un po’ di libertà?
Nulla, così mi sono addormentato e non mi sono reso conto del tempo che passava.
Mi svegliai che il sole era sull’orlo di tramontare; balzai in piedi e mi incamminai verso casa a passo svelto. Sulla strada del ritorno, proprio sul confine che separa il Santuario di Athena dal resto del mondo, mi trovai davanti alla figura del Grande Sacerdote, che come molti anni fa era girato di spalle, con le braccia incrociate dietro la schiena. Era in attesa, e sapevo già di chi.
Impallidii quando si voltò: il suo sguardo inespressivo mi fece tremare le gambe, e del tutto istintivamente corsi via verso la foresta. Non sapevo dove stessi realmente andando, sapevo solo che non dovevo farmi prendere, ma non appena mi lasciai alle spalle il Grande Tempio e raggiunsi nuovamente il mio piccolo paradiso, me lo ritrovai davanti, sempre nella medesima posizione.
Non avevo via di fuga, ancora una volta ero in gabbia.
 
<< Kanon? >>

Mi aveva richiamato con voce bassa, fermandosi al centro del Tredicesimo Tempio, ma io ero troppo impegnato a guardarmi attorno e a riconoscere quel luogo come il luogo che mi aveva salvato la vita da bambina, per poi scoprire che così non era stato una volta cresciuto.
Persino Shion era cambiato ai miei occhi: ho cominciato a nutrire sempre più odio per quel vecchio, reo solo di avermi allontanato da ciò che avevo di più caro, eppure, da bambino, per me era un eroe.
Covavo il mio odio in silenzio, in quella maledetta stanza in cui ero stato relegato, dove lui stesso mi aveva gettato senza un briciolo di umanità. Diveniva ogni giorno più marcio, come il nostro rapporto.
 
<< Kanon! >>

Alzò la voce, questa volta catturando la mia attenzione del tutto.
Poggiò una mano dietro la mie spalle e mi invitò a seguirlo nelle sue stanza private. Lì mi invitò a sedermi al suo tavolo, dove vi erano migliaia di fogli e scartoffie sparsi alla rinfusa.
Prima di accettare l’invito, non capendone il motivo, rimasi in piedi a fissarlo. Doveva punirmi o farmi assistere al suo noioso lavoro? Non capivo.
Senza alzare gli occhi dalle carte, tirò indietro la sedia accanto a lui, invitandomi ancora una volta a prendere posto. Accettai senza dire una parola, mi limitai a sospirare spazientito.
Non appena mi sedetti, un’ancella entrò nella stanza, portando con sé un vassoio di biscotti che poggiò sotto il mio naso, dopodiché uscì, non prima di aver reso omaggio al Grande Sacerdote.
Guardai quest’ultimo incredulo, poi di nuovo i biscotti: me li stava offrendo.
Perché farmi mangiare, se poi doveva punirmi, magari con la morte? Ancora una volta non capivo.
 
<< Non sono avvelenati, se è questo che stai pensando.. >>

Disse con leggera ironia, per poi incitarmi a prenderne uno. Li guardai nuovamente e solo allora mi accorsi che erano i miei preferiti: i kourabiedes.
Avevano lo stesso odore di quelli che faceva la nonna, persino la stessa forma, lo stesso colore e lo stesso sapore.
 
<< Non ha intenzione di uccidermi? >>

Chiesi con un leggerissimo timore nella voce.
 
<< Io non uccido, non è il mio compito >>

Rispose tranquillamente, senza alcuna alterazione della voce.
Assottigliai gli occhi, guardandolo torvo, sapendo su chi sarebbero potute ricadere le conseguenze delle mie azioni.
 
<< Non farò del male neanche a tuo fratello, puoi anche abbassare la guardia >>

Disse ancora ironico, lasciandomi a bocca aperta per lo stupore e poi silenzio. Solo il rumore della penna che scorreva sulla carta era udibile in quell’enorme stanza, che seppur calda, era spoglia da qualsiasi tipo di affetto appartenente al proprietario.
 
<< Che ci facevi nella foresta? Hai trovato ciò che cercavi? >>

Ancora quella domanda, alla quale, però, se n’era aggiunta un’altra. Inutile dire che neanche ad essa sapevo dar risposta, più che altro perché non ne capivo il senso.
Cosa avrei dovuto cercare, se non un po’ di libertà?
 
<< Niente, Signore >>

Mugugnò poco convinto e le mani cominciavano a sudarmi. Mi agitavo su quella sedia nel tentativo di trovare una scusa convincente, pregando allo stesso tempo che quella tortura psicologica finisse al più presto.
 
<< Ma tu sai cosa stavi cercando? >>
 
<< Forse… >>
 
<< Tuo fratello? >>
 
Scrollai le spalle poco convinto e annuii, abbassando velocemente gli occhi.
 
<< Non puoi cercare qualcosa che già hai! >>

Deglutii nervosamente, cominciando a dondolarmi su se stesso, poi aggrottai la fronte, una volta elaborato e compreso al meglio le sue parole.
Mi voltai incredulo verso di lui e con sgomento notai che non stava più scrivendo, ma mi stava fissando, con il mento poggiato su entrambe le mani.
Quella maschera scura, con quei profondi occhi rossi mi osservava con insistenza e sotto di essa, sapevo che i suoi veri occhi facevano lo stesso, accusandomi e rammentandomi di non essere altro che un bugiardo.
Il complice di un bugiardo, ad essere onesti. Ma questo non mi scagionava affatto, anzi.
 
<< Lei lo sapeva? >>
 
<< Non basta un labirinto, creato a regola d’arte, per far si che qualcosa sfugga al mio controllo, ma riconosco le grandi capacità illusorie di Saga… è davvero sorprendente >>

Io vivevo come un cane e aveva pure il coraggio di esaltare la tua follia!
Tutto questo era assurdo e mi lasciava del tutto senza parole, ancor di più se pensavo a quanta pena ci siamo dati affinché non venissimo scoperti!
Tutto inutile!
 
<< Nessuno sarebbe arrivato a te, a meno che tuo fratello non l’avesse voluto; una casa apparentemente vuota, ma che al suo interno cela un segreto fin troppo grande per due ragazzini; un labirinto che conduce ovunque e da nessuna parte, a discrezione del creatore, tranne che ad una sola stanza della casa…perché mi guardi così sconvolto? Concorderai con me, quando dico che tuo fratello è un essere straordinario: ha continuato a proteggerti persino dall’altra parte del mondo e ha allontanato da te tutti coloro che riteneva essere una minaccia per il vostro segreto…è un peccato che io abbia così tanta esperienza, non è vero? Anche se, ho sempre saputo che non avrebbe mai portato a termine la missione.. >>

Rise da sotto la protezione, mentre io mi chiedevo se la sua fosse una ramanzina nei miei confronti o l’ennesima esaltazione del tuo essere speciale, perfetto, magnifico e altre stupidaggini con il solo fine di farmi infuriare!
 
<< Quindi era solo una prova, voleva testare la sua fedeltà?! >>
 
<< No >>
 
Mi lasciai cadere sullo schienale della sedia atterrito.
Lui invece era calmo e rilassato, così come la sua voce; si drizzò sulla sedia, poggiando entrambe le mani sui braccioli in oro, ridendo ancora, forse per la mia espressione attonita.
Mi stava forse prendendo in giro? Probabile, dopotutto l’aveva fatto per anni.
 
<< Perché gli ha affidato l’incarico? >>
  
<< Perché è mio dover far rispettare le regole e il volere della Dea e due gemelli non sono consentiti >>

“Due gemelli sono una disgrazia! Ti ho sempre detto che quel piccolo demonio non avrebbe portato altro che guai! Sbarazzatene finché sei in tempo!”
Le parole che mia nonna disse a mio padre, e io, quella sera, ero accidentalmente dietro la porta. Non le ho mai dimenticate, come non ho mai dimenticato i tuoi vani tentativi di consolazione, ma io non aprii mai bocca.
Le parole di Shion erano le stesse, seppur dette con più garbo e comprensione, e sortirono lo stesso effetto di allora; avevo un grosso nodo in gola, gli occhi cominciavano ad inumidirsi, ma non potevo piangere davanti a lui, non l’avrei mai permesso.
 
<< Quando due giovani ambiscono alla stessa armatura, di solito, uno dei due soccombe…ma tu sei ancora vivo.. >>

Spiegò con voce roca, fin quando non sparì del tutto, tramutandosi in una roca tosse.
 
<< Era il suo piano sin dall’inizio, o me o lui?! >>
 
<< Io non uccido, te l’ho già detto >>

Tossì ancora, poi, lentamente, si sfilò la maschera dal viso.
Finalmente riuscivo a vederlo e con enorme stupore non vidi uno sguardo cattivo, freddo o calcolatore, ma un volto ormai segnato dal tempo e stanco; due grandi occhi dal taglio orientale, di un azzurro quasi sbiadito, come il colore dei suoi capelli, segnati da profonde occhiaie e rughe. Mi guardavano con dolcezza e compassione, quasi come se non volessero farmi pesare il fatto di non essere accettato per l’ennesima volta.
Un sorriso serafico dipinto sulle labbra, che si allungarono appena, una volta compreso il mio disagio.
 
<< Tu e Saga siete gli unici ad aver visto il mio volto. Perché usare dei filtri con chi ti conosce già? E poi, non posso proprio nascondermi da voi.. >>

Scossi la testa turbato: tutto ciò era inconcepibile! Eravamo seduti su quel tavolo da un buon quarto d’ora e avevamo parlato di tutto e niente, mi chiedevo allora a che scopo farmi salire fino alla Tredicesima Casa se, in realtà, io e te potevamo vivere tranquillamente come aveva sempre fatto.
 
<< Io non capisco…davvero >>

Confessai, buttando indietro la schiena, ormai arreso.
Se il suo scopo era quello di confondermi vi era riuscito in pieno. In questo era persino peggio di te, e non mi sarei dovuto sorprendere, in fin dei conti il Grande Sacerdote è sempre stato avvolto da uno strano alone di mistero, ma fino all’ultimo ho sperato che fossero solo dicerie.
 
<< Allora è il caso di ricominciare da capo: tu cosa stai cercando? >>

Esordì con lo stesso entusiasmo di un bambino davanti ad un giocattolo nuovo; io alzai dubbioso un sopracciglio, pensando che non vi era tortura peggiore di qualcuno che cerca disperatamente di scavare dentro la tua anima, e senza una valida ragione.
Pensandoci, forse era proprio quella la mia punizione.
 
<< In questo momento risposte.. >>

Annuì, esortandomi a proseguire,  e io, ormai con le spalle al muro, decisi di reggere quel suo strano gioco.
 
<< C’è qualcosa che devi dirmi? >>
 
<< Perché mi ha portato qui? >>
 
<< Perché tutto accade per un motivo >>

A quella affermazione sbiancai.
Quelle erano le mie parole, il mio personale palliativo alle continue disgrazie e ai miei continui fallimenti.
Sgranai gli occhi e dovetti ammettere di essere leggermente terrorizzato da quel vecchio, per cui io ero un libro aperto.
 
<<  Non ti sei ma chiesto perché tuoi parigrado muoiono durante l’addestramento, mentre tu sei ancora qui? Sei qui, ma non dovresti, perché? >>
 
<< Non lo so, Signore >>
 
<< Eppure tutto ha un perché… >>
 
<< No, non è vero! Io non so cosa vuole sentirsi dire, non sono perfetto come lui, non ho sempre la risposta pronta o un sapere innato che mi permetta di risolvere qualsiasi problema della vita! Io non so perché sono qui, non so cosa devo fare! >>

Sorrise soddisfatto, felice di udire quelle parole, che sembrava aspettare da tempo.
A quel punto mi soffermai un po’ a pensare, sperando di venir a capo a quello strano rebus che era diventata la nostra conversazione.
E finalmente capii.
 
<< Ora sapresti rispondere a quella domanda? >>
 
<< No, non l’ho trovato. Non ci riesco >>
 
<< Perché? >>
 
<< Come faccio a trovare la mia strada, se sono un semplice un ragazzo? Che scopo può avere uno come me? >>
 
<< Tutti siamo utili e tutti abbiamo uno scopo >> tentò di tranquillizzarmi, scompigliandomi i capelli << Vedi, Kanon, non siamo tutti uguali e non tutti troviamo ciò che cerchiamo allo stesso modo. A volte, la strada non ci si presenta sempre dritta, ci sono muri, buche, deviazioni da prendere, e tutti questi ostacoli hanno un compito ben preciso: farci crescere. Sono le nostre decisioni e le nostre azioni a determinare chi siamo. Ti senti inutile perché hai fallito la tua prova, ma non hai mai pensato che, forse, il tuo scopo è un altro? >>
 
<< Ad esempio? >>
 
Chiesi e questa volta incuriosito davvero. Non ero del tutto convinto di seguirlo, anzi, ero estremamente convinto che il vecchio stesse vaneggiando, considerando anche la veneranda età, eppure sembrava perfettamente lucido e nel pieno delle sue facoltà mentali.
 
<< Sei tu che devi trovare la strada, non posso farlo io per te. Non c’è bisogno che ti dica quanto la vita possa essere crudele e, spesso, è proprio lei stessa ad essere nostra nemica, mettendoci davanti a delle difficoltà e costringendoci a prendere decisioni  che potrebbero farci soffrire. Non è forse quello che è accaduto a tuo fratello? Pensaci, forse non è stato solo un capriccio.. >>
 
Non avevo mai visto le tue azioni sotto questo punto di vista. Ho sempre pensato che dietro ad esse vi fosse solo un’evidente squilibrio mentale; cercando più a fondo, l’unica cosa che mi veniva in mente era l’affetto che provavi nei miei confronti, seppur discutibile, considerando anche quanto ti piacesse giocare a Mamma e Figlio.
Qualcosa negli occhi di Shion, mi suggeriva che quella non era altro che la punta dell’iceberg e che avrei dovuto scavare ancora più in profondità
 
<< No, credo di no.. >>

Risposi ancora assorto nei miei pensieri, specchiandomi nei suoi occhi vispi e tristi allo stesso tempo.
 
<< Tutto accade per un motivo. Tutti noi prendiamo delle decisioni, persino io ne sono costretto in questo momento e ti confesso che ho paura, tanta paura, ma ho un mio percorso e devo percorrerlo, per quanto buio e sconnesso >>
 
<< C’è un motivo se è stato Lei a trovarmi, non è così? >>

L’uomo sorrise caldamente, rilassandosi sulla sedia, ormai pienamente soddisfatto, direi quasi contento.
 
<< Molte strade sono destinate ad incrociarsi, altre a perdersi e poi ricongiungersi. Tutto dipende da noi >>
 
<< Dimentica una cosa: io non sono bravo in queste situazioni, potrei accidentalmente cadere in un buca.. >>
 
<< E’ più utile una buca, che un sentiero ben assestato. Si impara più da un errore che dal successo, non dimenticarlo mai, Kanon. A volte, è necessario cadere e smarrire la via, per imparare a rialzarsi e trovare la forza di riprenderla, ed è il modo in cui scegli di rialzarti a fare la differenza >>
 
<< Ma io non voglio perdermi >>
 
<< Chi non si è mai perso una volta? Persino gli déi lo fanno. Ad esempio: se Castore non fosse mai sceso in battaglia e se non fosse mai morto, credi che lui e Polluce si sarebbero ricongiunti? >>
 
Un brivido mi percorse lungo la schiena e, probabilmente, il sangue mi si gelò nelle vene, letteralmente.
Tempo fa mi avevi parlato dei Dioscuri e come allora provai la stessa situazione di disagio, sentendomi paragonare per l’ennesima volta al Fratello Mortale.
Non poteva essere un caso, e niente riusciva a togliermi dalla mente che quel vecchio sapesse molto di più di quanto ci era concesso sapere. Ma io volevo sapere! Volevo capire se un giorno anch’io avrei goduto della stessa tua fama e se quel giorno le nostre differenze avrebbero, finalmente, cessato di esistere, rendendoci uguali, un unico individuo.
Ma non si sarebbe sbilanciato, continuava a parlare tramite metafore e frasi pseudofilosofiche che faticavo a comprendere!
 
<< Nella vita ci sono dei fattori scatenanti che ci permettono di andare avanti lungo il percorso, Castore ha scelto il suo >>
 
<< Mi serve qualcosa che mi aiuti a cambiare la mia situazione.. >>

La mia risposta fuoriuscì in maniera automatica, senza pensare, come se già sapessi cosa dovevo dire.
 
<< Trovalo e troverai ciò che cerchi >>

Sentenziò, infine, dandomi una pacca sulla spalla.
Il perché mi stesse aiutando a trovare la mia strada era ancora un mistero, ma non potevo non ammettere che, a modo suo, era stato decisamente illuminante, anche se solo in parte.
 
<< Ma non so cosa cercare, esattamente! >>

Risposi spazientito, stufo di cose dette e non dette, io volevo certezze! Perché non poteva semplicemente dirmi cosa fare, invece di fare esempi su esempi, con il solo risultato di confondermi le idee!
Stavo per ribattere, alzarmi e tornare a casa, quando la nostra conversazione venne interrotta da uno stridulo pianto di un’infante, provenire dalla stanza dietro le nostre spalle.
Il Grande Sacerdote si alzò, pronto a prendersi cura di quella marmocchia insopportabile, venuta fuori dal nulla.
E pensare che era proprio lei la causa dei nostri guai e quasi me ne vergognavo al pensiero! Provavo più vergogna per te, a dire il vero, che avevi rinunciato a tutto per metterti a servizio di una neonata, come se fosse capace di guidare un esercito e garantire la pace!
Prima di andare via, Shion si fermò ancora qualche secondo con me, dicendo:
 
<< Lo sai, dentro di te lo sai. Spesso non serve neanche cercare, abbiamo tutto sotto gli occhi. Perché non provi a guardarti intorno? >>
 
Detto questo, dopo avermi scompigliato i capelli in modo affettuoso, scomparve dietro ad una tenda.
Alle successive urla della piccola, dovetti coprirmi le orecchie per evitare di diventar sordo! Dopo la chiacchierata con il Grande Sacerdote ero frastornato, la testa mi scoppiava ed ero addirittura stanco, e quel  pianto disperato di certo non mi giovava: speravo che la zittisse al più presto, poi decisi di tornare nella mia “tana” ad aspettare il tuo ritorno, o a sorbirmi anche la tua di ramanzina.
Prima di lasciare la stanza, qualcosa catturò la mia attenzione: uno scrigno dorato, poggiato su un piedistallo in legno.
Era l’unico oggetto di valore presente nella stanza; così, spinto dalla curiosità, mi avvicinai ad esso; mi guardai le spalle per timore di essere scoperto, poi decisi di guardare cosa vi fosse al suo interno.
Dall’aspetto sembrava qualcosa di importante, mi chiedevo perché fosse lasciato incustodito; poi mi ricordai che nessuno aveva accesso alle stanze del Grande Sacerdote, persino chiedergli udienza sembrava un’impresa impossibile, figuriamoci se poteva preoccuparsi di qualche povero sventurato intento a curiosare all’interno del Tredicesimo Tempio!
Io, però, non ero uno sventurato, ero stato invitato, e se tutto accade per una ragione, allora vi era anche una ragione per cui io aprissi quello scrigno.
E così feci.
Sopra la stoffa di velluto rosso, vi era poggiata una daga dorata.
La presi in mano, la guardai affascinato e me la rigirai tra le mani.
E lì, mi sono perso.


Note
Ragazzi, stappiamo! Finalmente ce l'abbiamo fatta.
E niente, questo è ciò che accade quando scrivi durante la sessione d'esami e riprendi quando cominci a studiare la filosofia tedesca.
Questo capitolo non ha niente a che fare con la filosofia tedesca, o la filosofia in generla, fortunatamente...più che altro sono un miscuglio di vaneggiamenti, anche un po' personali.
Io amo Shion, dopo Saga è il mio personaggio preferito, e non avrei mai pensato di poterlo odiare un giorno, ma dopo aver scritto questo capitolo è successo! E' stato molto difficile scriverlo, se non il più difficile, per questo ci ho messo più del solito.
Spero che non vi confonda le idee, anche se mi rendo conto che è decisamente confusionario. Ho un po' di difficoltà con gli anziani maestri, infatti ho scritto su Shion sempre e solo in versino giovane, mi sono aiutata come meglio potevo.
Spero vi piaccia lo stesso, pur non avendo grandi pretese.
Un bacio e alla prossima.
Buona lettura.
  
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