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Autore: Heya_17    24/03/2016    0 recensioni
«Sai, tutti parlano di te a scuola» disse un giorno Sarah, tra una chiacchiera e l’altra. «Spesso fermano me o Cole per i corridoi e ci chiedono come stai. Io rispondo sempre che presto ti risveglierai, mentre Cole ignora la domanda e passa avanti. Ho paura che lui stia perdendo le speranze, ma io non lo farò, amica mia!» Tirò su con il naso e riprese a parlare. «Abbiamo così tanti progetti da realizzare: il college, sposarci, avere una famiglia… Non puoi rinunciare a tutto questo. Mi avevi promesso che saremmo rimaste per sempre insieme e che avrei fatto da testimone al tuo matrimonio con Cole e tu al mio con non so ancora chi.» La sua voce cominciò a tremolare. «Tu mantieni sempre le tue promesse. Ti prego, Ingrid, svegliati!»
[...]
Tutti mi dicevano – alcuni con certezza e altri un po’ più insicuri – che presto avrei riaperto gli occhi, ma fui costretta a deludere le loro speranze, perché il 13 maggio 2013 morii.
Ho lottato per loro, lo giuro. Ho provato ad essere forte come loro mi chiedevano, scongiuravano, provai a mantenere la promessa fatta a Sarah, ma non ci riuscii.
- Tratto da "Prologo - L'incidente."
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bere non è la risposta, ma bevendo ti dimentichi la domanda.

 


Mentre alla Foreman High School un nuovo anno stava per avere inizio, a Pittsburgh arrivò una novità dai capelli rossi chiamata Andrea Daley o per gli amici solo Andy. Si trasferì proprio nella mia vecchia casa con suo padre che faceva l’avvocato. Lei era decisamente una bella ragazza, alla Foreman avrebbero stravisto per lei.
La prima volta, Andy entrò in casa con cautela. Si guardava attorno, scrutando ogni singolo angolo. Salì le scale e andò dritta in quella che sarebbe stata camera sua. Aveva con sé uno degli scatoloni e lo poggiò sulla moquette. La vidi rabbrividire leggermente e strofinarsi la mano su una delle braccia scoperte per riscaldarsi. Ma non faceva freddo, era appena cominciato settembre e quel giorno c'era il sole.
«Papà!»
Suo padre era già per il corridoio, quindi arrivò subito in camera di Andy. «Dimmi, tesoro!»
«Hai chiamato qualche esorcista prima di entrare in casa? Non mi sembra che noi siamo soli.»
«Oh, non essere stupida, Andy! Fa presto a prepararti o farai tardi già dal primo giorno di scuola!» concluse suo padre, uscendo.
Andy continuò a sentirsi a disagio, ma si preparò comunque per andare a scuola. Potevo percepire la sua angoscia nel dover andare in una nuova scuola il giorno stesso che era arrivata in città.
Più la scrutavo e più mi rendevo conto di quanto fosse diversa da me, a partire dal nostro aspetto e concludendo con il modo di vestire. Lei rossa e io bionda; lei occhi verdi e io castani; lei si vestiva come le capitava, mentre io ero abituata a vestirmi molto più elegante per andare a scuola. 
Nel guardarla prepararsi, mi venne in mente un’idea. Lei poteva sentire la mia presenza, altrimenti non avrebbe avuto quella reazione appena entrata in casa, quindi se solo avessi provato a concentrarmi un po’ di più, sarebbe riuscita anche a vedermi e sentirmi.
Decisi di seguirla a scuola per studiarla meglio, mi sarebbe potuta tornare utile.

Dopo la prima ora, Andy era già in ritardo per la lezione di biologia.
Suonò la campanella e lei imprecò con un “Maledizione!”, facendo cadere un paio di libri per terra. Li raccolse, ma quando alzò lo sguardo vide una ragazza che non conosceva fissarla. Guardai la scena con un sorriso e con leggera commozione.
«Posso aiutarti?» chiese Andy un po' infastidita dal modo in cui la ragazza la stava fissando.
Lei scosse la testa, sorridendo. Probabilmente si era accorta della sua brutta figura. «Scusami, questo era l'armadietto della mia migliore amica e volevo vedere chi se ne fosse appropriato.»
Andy annuì e mise i libri nell'armadietto, poco interessata a quello che le stesse dicendo l’altra.
«Anche lei usava mettere lo specchietto all’interno, in modo da guardarsi appena apriva l’armadietto.»
«Non l’ho messo io.»Andy chiuse l'armadietto e prese a camminare seguita dalla ragazza. «A quanto pare la tua amica se l’è dimenticato qui.»
«Beh, sicuramente adesso non le servirà più...» Sorrise con un pizzico di malinconia.
«Perchè, dove si trova adesso sono vietati gli specchi negli armadietti?»
«No, lei è solo... morta.»
«Mi.. dispiace.» Andy si fermò e arrossì leggermente, abbassando lo sguardo. Stava facendo una figuraccia ed era stata leggermente scortese con la ragazza.
«Tranquilla, ormai ci ho fatto l'abitudine. Comunque, io mi chiamo Sarah!» Le porse la mano. Sì, era proprio la mia Sarah, la mia migliore amica.
«Andy!» La strinse, ancora imbarazzata. «Io devo entrare in questa classe» annunciò, fermandosi davanti l'aula di biologia «Ci vediamo!»
«A presto!» Sarah guardò Andy entrare in classe. Sapevo che stava pensando che stringere amicizia con quella nuova sarebbe stata una buona idea, ma sperai che non credesse sul serio che lei potesse prendere il mio posto.

All'ora di pranzo, Andy preferì andare fuori in giardino a mangiare il suo panino piuttosto che nella mensa con tutti gli altri studenti, ma quando sentì la campanella suonare dovette alzarsi a malincuore dall'erba e ritornare dentro. Mentre rientrava si scontrò con chi io speravo incontrasse: Cole.
«Perdonami, non ti avevo visto!» si scusò Andy.
«Togliti dai piedi!» rispose scortese Cole, colpendola con la spalla.
«Ma dico la buona educazione dove l'hai lasciata?» chiese scorbutica e sconcertata, ma Cole non le rispose e continuò per la sua strada.
Negli atteggiamenti di Cole non ci fu nulla di nuovo. Trattò Andy come trattava tutti gli altri.
Per un attimo sembrò che Andy volesse rincorrerlo per fermarlo e picchiarlo, ma poi si rigirò e rientrò a scuola, sbuffando.

La giornata scolastica di Andy si concluse e io decisi che era il mio momento.
Tornò a casa, esclamando un «Sono tornata!» senza ricevere alcuna risposta. Andò in cucina per prendere un bicchiere di succo all’arancia e vide un bigliettino da parte di suo padre.

Ho molto lavoro da svolgere come primo giorno e questa sera ho una cena con il mio primo cliente, quindi non aspettarmi sveglia. Ti voglio bene!

-Papà.

Andy accartocciò il bigliettino e lo buttò su uno dei mobili della cucina. Probabilmente non era la prima volta che  suo padre la lasciava sola per cena.
Finì il suo bicchiere di succo e riprese la cartella, andando nella sua stanza.
Io ero seduta sul suo letto e la vidi fermarsi con gli occhi sgranati davanti la porta.
Sì, può vedermi!
Le cadde la cartella dalle mani. Era scioccata, ma non sembrava spaventata. «Ti prego, non uccidermi! Ti chiedo scusa se ci siamo impossessati della tua casa, se vuoi dico a mio padre di trovarne un’altra. Ma lasciaci vivere!» Si inginocchiò, incrociando le mani davanti al petto in segno di supplica.
Sorrisi. Era incredibilmente buffa. «Non voglio farti del male!»
«Ah, no?» Si rimise in piedi. «C-chi sei?»
«Mi chiamo Ingrid Handerson. Prima che tu arrivassi, abitavo in questa casa.»
Ad Andy sembrò accendersi una lampadina. «Per caso sei l’amica di...» Ci pensò qualche secondo poi decisi di aiutarla.
«Sarah.»
«Sì, lei!»
Aveva anche la memoria corta.
«Quindi se non vuoi uccidermi… Cosa vuoi da me?»
«Io voglio che mi aiuti a fare una cosa.»
Andy scosse leggermente la testa, confusa. «In cosa dovrei aiutarti?»
«Siediti, perché la storia è davvero lunga.»
Andy fece come le ordinai, ancora scossa. Si andò a sedere alla sedia che era vicino la sua scrivania da montare.
Le raccontai tutto dall’inizio alla fine, dal mio primo incontro con Cole a come ero morta. Le raccontai anche di cosa feci in quei mesi e di come mi fossi sentita nella mia totale solitudine.
Andy sembrò ascoltarmi attentamente e a volte mi faceva qualche domanda per capirci di più di tutta quella storia. Penso che quello che maggiormente la stupisse fosse che stesse parlando con un fantasma, ma presto cominciò sentirsi a suo agio. Non provò a negare la presenza di un fantasma in casa sua, pensando di essere pazza. No, lei ci credeva già che i fantasmi esistessero.
«Allora, se ho capito bene» esordì Andy, pronta a fare un riepilogo della situazione, «tu stavi con questo ragazzo, Cole, che prendeva buoni voti, era gentile, gli piaceva giocare a calcio e che adesso è un alcolizzato scorbutico che spinge delle povere ragazze.»
«Esattamente!»
«E tu vorresti che io lo faccia tornare come era prima.»
«Sì» annuii con la testa.
«Ok, accetto.»
«Davvero?» Probabilmente sembrai ancora più sorpresa di quanto lo fosse stata lei dopo avermi vista seduta sul suo letto.
«Già, tanto non ho niente di meglio da fare in questa città.»
«Dio mio, è fantastico!» Corsi verso di lei per abbracciarla, ma il mio corpo oltrepassò quello di Andy.
Lei rimase pietrificata per un po’. Sicuramente non doveva essere stata una bella sensazione farsi attraversare il corpo da un fantasma.
Mi ero completamente dimenticata che non potevo toccare nessuno e non potevo essere toccata. Mi guardai le mani. Che amarezza non poter interagire fisicamente.
«Ti andrebbe di accompagnarmi in uno dei locali che frequenta Cole?» disse Andy. «Vorrei provare un approccio diverso con lui, cercando di non farmi scaraventare di nuovo via da lui.»
«Certo!»
Non perdemmo tempo, così io ed Andy andammo alla sua macchina, ma io rimasi ferma fuori per un attimo.
«Che c’è?» chiese già seduta al posto del conducente.
Non entravo in una macchina dal mio incidente e per questo il ricordo di quelle luci e del clacson che suonava mi ritornò nella mente.
«Ingrid!» mi richiamò Andy e tornai sul pianeta Terra.
Di cosa avevo paura? Tanto ero già morta.
«Nulla, scusami!» Salii in macchina, sedendomi sul sedile del passeggero, accanto a quello di Andy che mise subito in moto la macchina.

«Mi sento un agente in missione» ammise per rompere il silenzio. «E il mio capo è un fantasma. La CIA mi fa un baffo!»
Sorrisi. Andy era davvero simpatica. «Comunque, siamo arrivate!» annunciai, indicandole il locale sulla destra con una mano.
Andy parcheggiò, scese dalla macchina ed entrò nel locale quasi senza aspettarmi. Aveva un occhio abbastanza acuto perché non le ci volle molto a trovare Cole al bancone a bere sicuramente non il suo primo bicchiere della serata. Era completamente solo, come sempre. Si avvicinò a lui, quasi innervosita nel vedere che stesse chiedendo un altro bicchiere.
«Non credi che basti così?» gli domandò, prendendo il bicchiere prima di lui.
«E tu chi saresti? Mia madre?» controbattè innervosito, riprendendosi il bicchiere.
«Io vorrei aiutarti!»
«Io non voglio l’aiuto di nessuno, figuriamoci di una sconosciuta con le lentiggini!»
«Cos’hai contro le lentiggini?»
«Levati dalle palle e basta!» concluse Cole ed Andy se ne andò prima di tirargli un pugno in faccia.
Camminava a grandi passi furiosa verso la sua macchina. «Chi si crede di essere quel pallone gonfiato?»
«Andy, non puoi arrenderti così!» le urlai dietro.
Lei si fermò e mi guardò.
«Per favore.»
«E va bene. Ci provo un’ultima volta, ma se va male anche questa per stasera mi fermo!»
Sorrisi. «D’accordo!»
Andy rientrò nel locale e guardò verso il bancone dove prima era seduto Cole, ma lui non c’era più. «E adesso dove si è cacciato?»
«Andy, sento che gli è successo qualcosa.»
«E io come faccio a sapere cosa se non so nemmeno dove si trova?»
«Prova nel bagno!» le consigliai e lei si diresse verso i bagni degli uomini, scansando la gente che puzzava d’alcol ed entrò senza vergogna.
Cole era lì, steso per terra semi-incosciente.
Mi portai una mano sulla bocca e scoppiai a piangere.
«Cole!» Andy si piegò sulle ginocchia e gli diede qualche schiaffo sulla faccia. Controllò che respirasse ancora e che il battito del cuore fosse regolare.
«Dimmi che non sta avendo un coma etilico.»
«No, è solo abbastanza ubriaco da non potersi reggere con i suoi piedi.»
Cole si mosse e bofonchiò qualcosa di incomprensibile.
«Andiamo, amico, ti porto a casa.»
Andy mise le sue braccia sotto le ascelle di Cole e lo rimise in piedi, più o meno, poi mise un braccio di lui sulle sue spalle e lo trascinò verso la macchina con estrema calma. Lo fece sdraiare sui sedili posteriori e la guidai verso casa Somerset, cercando di mantenere la calma, come faceva lei.
Andy accostò, fece rialzare Cole e lo trascinò dentro casa. Avrei voluto aiutarla, ma non sapevo come.
In casa i Somerset stavano già dormendo, quindi non lo sentirono rientrare con Andy. La diressi indisturbata fino alla stanza di Cole dove lo buttò a peso morto sul letto.
«Ecco fatto!» disse a bassa voce. «Torniamo a casa, prima che mio padre rientri e si chieda dove abbia passato la serata sua figlia.»
Stavamo per andarcene ma la voce di Cole ci fermò.
«Tu non sei Ingrid...» disse, rigirandosi nel letto. «Ma le tue lentiggini… Sono belle.»
«Che stai dicendo?»
Cole smise di parlare e si addormentò con un respiro pesante.
Andy mi guardò confusa e io le risposi scrollando semplicemente le spalle.
 

Rieccomi!
Questo è il primo capitolo. Al momento le cose non sono
ancora molto intriganti, ma presto lo saranno, giuro.
Sono ancora alla ricerca di qualcuno che possa
crearmi un banner.
Per favore, aiutatemi ç.ç
A presto con il prossimo capitolo!

  
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