Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Earth    24/03/2016    4 recensioni
Questa storia narrerà dei fatti di un futuro lontano, lontanissimo.
Di un tempo in cui di Soli ve ne saranno a milioni e le stelle si conteranno sulla punta delle dita.
Racconterà di quello che viene dopo le avventure, dopo che i cuori saranno stati rattoppati e anche gli orologi avranno finito i rintocchi.
Se vorrete potrete leggere di quell'ultima, fuggevole, volta in cui Dalia Black e Malachite Braian Comei s'incontreranno, persi tra le schegge dell'universo.
(Non è il sequel di niente, è da leggere autonomamente.)
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


DNA



Nel corridoio i passi svelti di Dalia risuonavano cantilenanti tra le pareti color mogano. Il rumore degli stivali, che calpestavano il pavimento freddo, rimbalzava sulle porte a vetri come una pallina matta finendo sul soffitto e creando un impossibile effetto eco. La prossima volta che avrebbero fatto rifornimento su Akhaten doveva ricordarsi di convincere il Capitano a prendere dei tappeti; magari non di quelli con l'allarme antifurto incorporato, ma dei semplici e noiosi tappeti, per evitare di essere svegliati quando qualcuno passeggiava cercando il bagno sul ponte di tribordo, quelli sì.
Erano in viaggio da quattro giorni-Greenwich, il tempo necessario affinché Bathilda tornasse ad avere una cospicua taglia sulla testa, e Dalia si era già ritrovata a dover prendere parte a sei riunioni della massima urgenza che, ora come ora, le avevano lasciato solo un mucchio di pettegolezzi su come Omi, il cuoco, fosse riuscito a convincere il forno che, tra i due, era lui quello che decideva il menù.
Svoltò l'angolo, si appoggiò alla parete e diede una furtiva occhiata alle sue spalle, ma, a quanto pareva, il vecchio Willy non aveva più l'età per starle dietro. Bene, uno in meno da convincere che non aveva alcuna intenzione di prendere parte al torneo di scarabeo di quella sera.
Così tornò a rivolgere tutto il suo interesse all'ala sud della nave. Accanto a lei una targa se ne stava appuntata, come una spilla su di una camicia, su una porta dal vetro opaco: “ M. B. Comei ” recitava.
Dalia la fissò scettica e sorpresa per qualche secondo poi, sentendo la voce di Bathilda che la chiamava da un punto imprecisato alle sue spalle, si disse che non sarebbe finita in bocca a nessun drago sputa fuoco ed entrò.
Dietro di lei la porta si richiuse in automatico sibilando leggermente. La stanza era uno dei tre laboratori dai muri tappezzati di carte nautiche e costellazioni antiche che, fino ad un paio di viaggi precedenti, erano stati off-limits a tutti i componenti della ciurma senza un dottorato in astroscienza delle nebulose bianche oppure un master in cosmologia quantica. E nonostante tra di loro vi erano sapientoni e eruditi, nessuno era mia stato veramente attirato dal ramo della disinteressata ricerca delle possibilità che le stelle avevano da offrire – ben altro discorso era per il loro lato sonante e facoltoso – praticamente i tre laboratori erano stati adibiti a ripostiglio.
E Dalia si scoprì meravigliata nel ritrovare la camera ordinata ed arredata, adornata di due grossi tavoli bianchi pieni di cianfrusaglie dall'aspetto tutt'altro che trascurato. La luce era calda e soffusa e una grossa finestra ovale si incastrava sulla parete di fronte a lei, all'altro capo della stanza.
Il cigolio di una sedia la fece voltare di scatto.
Il giovane dalla pelle ambrata che quattro giorni-Greenwich prima ammaliava le aliene di Porthaven adesso l'osservava sorridendo da dietro una scrivania alla sua destra.
« Mi hai spaventa » esclamò la ragazza « che ci fai qui? » Dalia avanzò di qualche metro; era veramente un bel laboratorio, con tanto di microscopi quantici e una fila di ampolle colorate dalle forme curiose che ciondolavano sugli scaffali di una gigantesca libreria.
« Ciao anche a te Dalia, è un vero piacere rivederti » la salutò il ragazzo in tono curioso e divertito appoggiando i gomiti al tavolo davanti a lui « se non lo hai notato: c'è il mio nome sulla porta. »
Dalia gli lanciò un occhiata « sì, ho visto » non era cambiato affatto « e così adesso tu hai una suite di lusso, mentre a me tocca dividere la cambusa con Bath » si voltò facendo un mezzo giro su se stessa, rischiando di far cadere una traballante pila di vecchi libri, e guardandolo con cipiglio capriccioso. Si morse il labbro.
« È un laboratorio, non una suite » le rispose lui appoggiandosi allo schienale e giocherellando con una piuma di fenicottero di un improbabile blu notte.
« Malachi te l'ho già detto che sei sempre il solito pignolo? » pignolo e terribilmente attraente, con quella sua insopportabile aria svogliata e indolente.
« No, non da un secolo e mezzo a questa parte » Malachi alzò lo sguardo che, come una calamita, finì negli occhi di Dalia.
« Bene: sei sempre il solito pignolo » gli ricordò « e poi non è “un secolo e mezzo”, sono passati solo tre anni. »
« Appunto: un secolo e mezzo per il popolo Vega. »
Dalia rise. Il tempo ultimamente poteva essere alquanto relativo eppure erano già passati tre anni-Greenwich in cui lei si era dimenticata degli occhi vermigli di Malachi, del suo disperato tentativo di avere sempre l'ultima parola e del voler lasciare costantemente la porta sul retro aperta perché prima o poi sarebbe arrivato il momento di scappare.
Dalia gli sorrise: « Il tuo nuovo impiego sa che sei qui? » chiese, avvicinandosi alla finestra ovale che troneggiava sul fondo della camera; forse non era il caso di toccare tasti dolenti, ma nemmeno di fare finta che nulla fosse.
« Ti hanno già raccontato di come Omi abbia impedito al forno di avvelenarci tutti? » Malachi aveva cambiato argomento; evidentemente non aveva intenzione di rivangare il motivo per cui si erano lasciati, proprio per niente.
« Sì, devono avermi accennato qualcosa a riguardo » Dalia si appoggiò al davanzale della vetrata « però non ti ho visto a nessuna riunione da quando siamo salpati » aggiunse poi passandosi una mano tra i capelli.
« Io ti ho vista ieri sera alla festa sul ponte-due; sembrava ti stessi divertendo » le rispose lui con una nota di malizia.
Dalia sorrise, ma poi spostò lo sguardo e, sfortunatamente, si ritrovò a fissare, per un istante, la mano destra di Malachi su cui correvano, fini e silenziose, sottili stringhe metalliche, chip e fibre di carbonio. Come dei nastri gli avvolgevano le dita, rotolavano sul palmo e sul dorso incastrandosi con la sua pelle come perfetti pezzi di un puzzle. Si intrecciavano, lucidi e splendenti, al suo polso per poi scivolare sull'avambraccio e andare a nascondersi sotto la manica della maglia chiara, riapparire sul collo e arrampicarsi fin sotto l'orecchio: l'upgrade.
E allora non poté farci niente : « L'imperatrice delle Pleiadi ha gradito l'aggiornamento almeno? » gli disse senza riuscire a evitare che tutta la polvere che aveva accumulato in quegli ultimi inutili tre anni venisse sbatacchiata via, così da una misera folata di vento, e il risentimento e la rabbia tornassero lustri e scintillanti.
Lui rimase in silenzio per qualche secondo, come a riflettere se ignorare la domanda, ma non ci riuscì: « Lo ha trovato indispensabile. »
Poi Malachi si alzò, girò attorno alla scrivania e le si avvicinò: « Dalia... non ce l'avrai ancora per questo? »
« Credo di averti dato le mie spiegazioni un secolo-Vega e mezzo fa. »
A dire il vero, quando Malachi le aveva detto che aveva deciso di entrare a far parte del corpo degli scienziati al servizio dell'Imperatrice e che questo avrebbe comportato inevitabilmente il diventare un umano potenziato, un cyborg di primo livello, a Dalia la cosa non era andata giù nemmeno un po', e dopo un turbine di incomprensioni e litigi avevano entrambi trovato giusto fuggire dalla porta sul retro.
« Oh per favore... non credi che sia giunto il momento di smetterla con i capricci? » insistette lui e Dalia si chiese perché non avesse continuato a sfuggire a Bathilda correndo giù per il corridoio.
« Malachi non mi interessa se- »
La mano di Malachi si era stretta attorno al suo braccio e al contatto con quelle dita gelide e metalliche lei aveva sentito come una scossa. « Perché non provi a capire? Adesso potrei perfino leggere nel tuo DNA se volessi. »
Dalia si sentiva lo sguardo del ragazzo sul collo, ma strinse i denti e, cocciutamente, guardò verso il nero dell'universo al di là della finestra. « Come se ti servisse leggere nel mio DNA per sapere chi sono. »
E poi, prima che uno dei due potesse aggiungere ancora una sillaba, uno scossone fece sobbalzare il laboratorio facendo perdere l'equilibrio ai due alieni tanto che Malachi lasciò andare Dalia nel tentativo di rimanere in piedi.
« Cos'è stato?! » esclamò lui allarmato, mentre una pila di scartoffie finiva sul pavimento.
« Come credi che possa saperlo! » gli rispose lei sopra il rumore delle ampolle colorate che traballavano « sembra che qualcosa stia modificando la rotta dall'esterno. »
« E tu per quale motivo sei qui e non nella cabina di pilotaggio?! » effettivamente Malachi aveva ragione.
Dalia si rialzò e, facendosi strada tra i dossier che erano volati sul pavimento, scivolò via veloce verso la sala di controllo.
Per i corridoi buona parte dell'equipaggio correva in direzione della propria postazione; a quanto pareva la cosa aveva preso i più alla sprovvista e così un vociare aggrovigliato e spasmodico di ordini e grida confuse andava riempendo la nave fuori rotta.
Lei non fece in tempo a raggiungere il timone che un altro scossone colpì il velivolo, facendole perdere nuovamente l'equilibrio. Si aggrappò al bordo di una finestra e non appena riuscì e recuperare un briciolo di stabilità sulle gambe guardò fuori: una coltre di nuvole rosse accerchiava il vascello, una nebbia densa intervallata da pezzi di un cielo chiaro si mescolava oltre il vetro creando un curioso effetto a macchie di leopardo, poi, mentre l'altoparlante ordinava a tutti i piloti incarica di recarsi immediatamente nella sala di comando, le nuvole si diramarono e il bordo di un pianeta sconosciuto si stagliò all'orizzonte.





# Due parole ^.^: Salve a tutti :-) Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto il precedente capitolo! A questa storia ci tengo molto e mi farebbe molto piacere poter migliorarla anche, e soprattutto, con l'aiuto di voi lettori, quindi non esitate a farmi saper quelo che ne pensate, accetto ogni tipo di consiglio!! (fatemi saperere se è noiosa, se non si capisce un accidente, se i dialoghi sono improbabili... sono pronta a inserire note, a spiegare e a modificare dove serva XD)
I nomi di: Porthaven, Akhaten e Bathilda Bath non sono farina delmio sacco, ma mi piaceva molto come sunavano, e perciò sono stati gentilmente presi in prestito rispettivamente dalle opere de "Il castello errante di Howl", "Doctor Who" e "Harry Potter".

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Earth