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Autore: ValeDowney    24/03/2016    1 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Rose of true Love


 
 
  Capitolo XVIII: Verità e spiegazioni -  Prima Parte

 
Rose rimase a bocca aperta. Da quando aveva un fratello? Suo padre non gliene aveva mai parlato. Tante cose non tornavano e suo padre le stava tenendo nascosta la verità sul passato. Li vide abbracciarsi e vide suo padre… piangere. L’ultima volta aveva pianto quando l’aveva riabbracciata dopo che lei era stata salvata dalla miniera.
“Figlio mio. Figlio mio adorato. È chiedere molto, ma riuscirai a perdonarmi?” domandò Gold tra le lacrime.
“Sì, padre. Ti perdono” rispose August. Anche Rose stava piangendo. Ma non sapeva se per quel dolce ricongiungimento o perché suo padre le aveva nascosto di avere un fratello.
I due si strinsero forte per poi lasciarsi. Poi Gold disse: “Stavi cercando il pugnale, vero?”
“Volevo vedere se l’avevi ancora con te. Perché avrebbe significato che non sei cambiato” disse August. Rose si asciugò le lacrime e sgranò gli occhi. Di quale pugnale stavano parlando?
“Ma io sono cambiato. Lo sono per la piccola Rose” disse Gold. Ma, dopo aver visto lo sguardo poco convinto di August, aggiunse: “Recuperiamolo e me lo dirai tu stesso” e, dopo aver preso una pala lì accanto al cottage, si avventurarono nella foresta. Rose guardò Excalibur e sottovoce le disse: “Seguiamoli. Voglio scoprire di più” ma la volpe scosse negativamente la testa. Quindi Rose aggiunse: “Anche tu stai nascondendo qualcosa come papà? Senti, se verrai con me, non svelerò a papà il tuo nascondiglio segreto di carne che hai vicino alla siepe. Ti ho vista l’altro giorno mentre ci portavi una bistecca che papà aveva appena preso al supermercato. Quindi vedi di seguirmi o spiffererò tutto” e si incamminò per la foresta. Excalibur fece rotolare– per la rabbia – un sasso con una zampetta per poi seguire la padroncina.
Poco dopo, sempre stando nascosti dietro a un albero, videro August scavare con la pala, mentre Gold accanto a lui diceva “L’ho sepolto qui quando è arrivata Emma in città. Le cose stavano cambiando. Non volevo rischiare che lo trovasse Regina.”
“Capisco. E Rose sa di tutto questo?” chiese August continuando a scavare.
“Certo che no. Ho cercato di tenerle nascosto il più possibile sul mio passato” rispose Gold.
“Quindi anche di me?” domandò August guardandolo.
“Non volevo commettere gli stessi errori che avevo commesso con te. Ho cercato sempre di essere un buon padre per lei. Di non farle mancare nulla. Di renderla felice come invece non ho fatto con te. Perdonami per tutti gli sbagli che ho commesso. Voglio molto bene alla mia bambina. Ma voglio molto bene anche a te, Bae” spiegò Gold.
August non disse nulla e continuò a scavare, finché Gold non disse: “Ecco. Dovrebbe essere proprio qui. Guarda” e, dopo essersi abbassato, con una mano tirò via un po’ di terra, dalla quale ne estrasse un panno. Lo adagiò a terra e, aprendolo, prese il pugnale. Era ondulato, grigio e c’era scritto Tremotino. Gold si rialzò aiutandosi con il bastone. Excalibur emise dei versetti e Rose le coprì subito la bocca. Sia Gold che August voltarono gli sguardi nella direzione dalla quale avevano sentito i versetti. Ma, non vedendo nessuno, si riguardarono e Gold, porgendo il pugnale ad August, gli disse: “Prendilo tu. Distruggilo! So che hai sempre desiderato farlo. Ora che ti ho trovato non mi serve più. L’ho scelto a suo tempo. Ora scelgo te.”
August prese in mano l’oggetto per poi dire: “Un gesto ammirevole. Sei davvero cambiato per la piccola Rose.” Ma poi, facendo qualche passo indietro, glielo puntò contro aggiungendo: “In nome del buio e delle tenebre sottomettiti, Oscuro Signore.”
Rose rimase a bocca aperta ed Excalibur drizzò le orecchie. Suo padre era il Signore Oscuro? Henry gli aveva accennato di lui. Ma non si sarebbe mai immaginata di essere sua figlia.
Gold guardò stranamente August. Poi stupito domandò: “Stai cercando di controllarmi?!”
“Obbedisci ai miei ordini, Oscuro Signore!” gridò August. Rose voleva tanto uscire e aiutare suo padre, ma sapeva benissimo che quest’ultimo sapeva difendersi anche da solo. Infatti Gold, dopo aver fatto qualche passo verso August, replicò puntandogli un dito contro: “Tu non sei mio figlio! Tu non sei Baelfire, vero?!”
“Padre, perché pensi questo? Cerco solo di usare il tuo potere per…” chiese August. Gold lo bloccò, replicando: “Fa' silenzio! E’ finita, Booth, o chiunque tu sia! Mio figlio non avrebbe mai cercato di usarmi! Lui saprebbe che questo pugnale non è in grado di fare magie in questo mondo perché non esiste la magia in questo mondo! Ecco il motivo per cui ha scelto questo posto: non voleva che adoperassi la magia!” e, prendendo August per il polso, riuscì a riprendersi il pugnale.
“Perché seppellirlo se è inoffensivo?” domandò August.
“Io non lo definirei inoffensivo: è affilato e taglia la carne in modo eccellente. Ma ora è giunta l’ora di rispondere a qualche domanda, non trovi? Perché questa messinscena? Ma perché non venire subito da me?” chiese Gold.
“Dovevi desiderare questo incontro. E desiderarlo così disperatamente da ignorare quello che ti dicevano i tuoi occhi. Gli assomiglio almeno un po’?” rispose August.
“E come facevi a sapere del pugnale?” replicò Gold.
“Ho sentito delle cose” rispose August.
“Qui nessuno sa di questo pugnale!” replicò Gold avvicinandosi a lui. August indietreggiò fino a finire con la schiena contro un albero. Per poi dire: “No. Qui nessuno ne ha memoria.”
“Tu sì, però. Tu vieni da lì, dico bene? Dal mio mondo” disse Gold.
“Se mi fai questa domanda vuol dire che sai già la risposta” disse August.
“Ora che questo dettaglio è stato chiarito” iniziò col dire Gold e, avventandosi su August, mettendogli il pugnale alla gola, aggiunse: “ Potrai rispondere alle altre domande. Come fai a sapere di me e di questo pugnale?”
“Me l’ha detto una fata” rispose August.
“Per quale ragione lo volevi? Appurato che sai ogni cosa di me, dovresti anche sapere di cosa sono capace e che le tue possibilità di sopravvivere a questo incontro sono piuttosto limitate. Perché correre un rischio simile? Soprattutto se consideriamo il fatto che hai usato la mia piccola Rose per arrivare a me! Nessuno si serve della mia bambina per dei loschi scopi come i tuoi! Ti sei approfittato della sua gentilezza per diventarle amico e avvicinarti ancora di più a me! Sappilo, mio caro, che non le starai più accanto e non la rivedrai più!”
“Coraggio, uccidimi. Intanto sono destinato a morire comunque” disse August. Gold stupito disse: “Cosa?” e Rose rimase a bocca aperta.
“Sono malato e ho bisogno della magia. Volevo che la Salvatrice iniziasse a credere. Ma è testarda e io non vivrò abbastanza per assistere all’evento. Così ho pensato di tentare con Rose. Ma anche con tua figlia, all’inizio, è stato molto difficile. Stentava ad avvicinarsi a me. Diceva che tu non volevi che parlasse con gli sconosciuti. Hai una brava bambina e dovresti essere orgoglioso di lei” spiegò August. Gold gli spostò il pugnale sulla guancia, costringendolo a voltarsi da una parte. Poi replicò: “Lo sono e molto. Ma mia figlia non è più di tua importanza. Il tuo unico scopo deve rimanere la Signorina Swan. Lei si fida di te e potrebbe bastare. Tenta di nuovo” e gli tolse il pugnale da sopra la guancia per poi allontanarsi.
“Non mi vuoi uccidere?” domandò August.
“Sei destinato a morire comunque. Se non ti uccido ho la possibilità di guadagnarci qualcosa. E poi, odio doverlo ammettere, ma sembri simpatico a Rose” rispose Gold e, voltandosi, si incamminò. Si sentirono dei versetti e videro comparire Excalibur, che camminò verso August. Gold la seguì con lo sguardo e stupito disse: “Excalibur?! Tu dovevi essere a casa con…” Ma non fece in tempo a finire la frase che da dietro un albero vide spuntare Rose, che semplicemente disse: “Ciao, papà.”
“Rose, che cosa ci fai qua? Ti avevo detto di rimanere a casa” chiese Gold.
“E invece, a quanto pare, ho fatto bene a venire, perché non avrei mai scoperto di avere un fratello. Anche se non è August. E non avrei neanche scoperto che tu sei il Signore Oscuro. Che cos’altro mi vuoi ancora nascondere?!” replicò Rose. Gold non disse nulla. Rose si voltò per andarsene. Ma il padre la raggiunse e, dopo averle messo una mano sulla spalla, la girò verso di sé, dicendole: “Pensavo che dirti la verità, ti avrebbe fatto scoprire quel lato oscuro di me e io non volevo che mi vedessi come un padre cattivo.”
“Non è il nascondermi di avere un fratello che ti rende un cattivo padre. Ma il fatto che continui a non rivelarmi nulla sul tuo passato. Sul nostro passato. Ho scoperto più cose dagli altri che da te, che sei mio padre. Perché ti comporti così?” disse Rose. Gold la guardò. Poi, disse: “Vieni con me. Ho molte cose da dirti” e si incamminò verso il cottage. Rose guardò August e, vedendo che stava accarezzando Excalibur sulla testa, decise di lasciarli da solo e seguire il padre.
Poco dopo, Gold e Rose erano seduti nel retro del cottage e stavano guardando il lago davanti a loro. C’era silenzio. Ma poi Gold parlò: “Quando eri piccola ti portavo qua ogni estate, per stare lontano dagli sguardi indiscreti degli altri abitanti. Loro hanno sempre pensato che io non fossi capace di fare il padre e amare qualcun altro. Così venivamo qua. Volevo stare solo con te.” Ci fu altro silenzio. Poi fu Rose a parlare: “Come hai perso Baelfire?” e guardò il padre. Quest’ultimo la guardò a sua volta e, dopo aver fatto un lungo sospiro, spiegò: “A causa del potere. L’ho scelto al posto di mio figlio. Lui vedeva che il potere mi stava consumando. Mi stava facendo diventare oscuro e sempre meno il padre premuroso che lui conosceva e che l’aveva allevato da solo.”
“Da solo? E la sua mamma?” domandò Rose.
“Mia moglie – Milah era il suo nome – non voleva più stare con un uomo come me. Ero diventato il codardo del villaggio, dopo che avevo abbandonato la guerra degli orchi lasciando che i miei compagni andassero incontro a morte certa. Ma non volevo che mio figlio restasse senza padre. Così ritornai da mia moglie e da Bae appena nato. Appena me lo mise tra le braccia, capii subito che dovevo proteggerlo. Gli sarei sempre stato accanto. Così come ho fatto la stessa identica promessa quando tenni te per la prima volta tra le mie braccia” spiegò Gold e le accarezzò una guancia con il dorso della mano. Rose sorrise. Poi chiese: “Ma Milah che fine ha fatto?”
“L’hanno presa dei pirati e non è più tornata. Così ho dovuto raccontare a Bae che sua madre era morta. Mi sono occupato di lui fino all’adolescenza. Fino a che non doveva essere preso per la guerra degli orchi. A quel tempo, venivano reclutati i ragazzi e le ragazze che avevano compiuto quattordici anni. Non volevo perdere mio figlio e così scappammo. Fu però invano. Bae doveva andare in guerra. Così decisi di affrontare il Signore Oscuro e lo uccisi non rendendomi conto che tutto quel potere passò poi a me. Con il trascorrere del tempo il potere mi dava soddisfazione.  Mi stava anche facendo cambiare e Bae lo aveva notato. Così chiese aiuto a Reul Ghorm, la Fata Turchina, che gli diede un fagiolo magico” spiegò Gold.
“Un fagiolo magico?! Proprio come quello che c’è nella storia che mi racconti di “Jack e il Fagiolo Magico" disse stupita Rose.
“Sì, ma questo non fece crescere un’enorme pianta di fagiolo. Aprì un portale per un altro mondo. Un mondo senza magia. Dove voleva andare Bae insieme a me. Lui ci scivolò dentro e non riuscii a tenergli la mano. Il portale si chiuse e lo persi per sempre. Passai anni per cercare un sortilegio adatto per venire qua. Fu così che creai la maledizione che poi Regina scagliò” spiegò Gold. Nessuno dei due proferì parola. Poi Rose domandò: “E per quanto riguarda la mamma? Come vi siete conosciuti? Ed è vero che l’hai salvata dai lupi?”
Gold la guardò stranamente. Poi rispose: “Sì, l’ho salvata dai lupi. Tua madre era una testona e…” dopo aver visto Rose inarcare un sopracciglio, si schiarì la voce e proseguì: “Diciamo che l’avevo un po’ spaventata. Lei scappò via nella foresta per poi essere inseguita dai lupi. Fortunatamente arrivai in suo soccorso. Spaventai i lupi e ritornammo al castello. Da quel momento mi promisi di non perderla più d’occhio. E per quanto riguarda come l’ho conosciuta, è stato tramite un patto. Lei chiamò aiuto per fermare la guerra degli orchi nel suo regno. Avonlea. Fermai la guerra ma, in cambio, volevo tua madre con me, per sempre. Lei accettò. Rinunciò a tutto. A suo padre. Al suo regno. Lei era la donna più coraggiosa che conoscessi e non la trattai mai come una serva. Lei era una donna eccezionale. Premurosa e gentile, seppur io la trattassi a volte male. Lei vide del buono in me. Riuscì ad andare oltre le apparenze. Ritrovò quel lato umano che avevo perso da tempo. Ci innamorammo e tempo dopo nacqui tu. Insieme a tua madre eravate ciò che avevo di più prezioso e sapevo che avrei dovuto proteggervi da qualunque cosa.” Rose si appoggiò contro la spalla di suo padre e quest’ultimo la strinse forte a sé.
I due guardarono in silenzio il lago di fronte a loro. Poi Rose chiese: “Allora, come ti senti?”
“Dovrei essere io a fare questa domanda a te, no?” domandò Gold.
“Sì… Allora come ti senti?” chiese nuovamente Rose. Gold sorrise e scosse negativamente la testa. Poi baciò Rose sulla fronte e  guardandola  le rispose: “Bene. Molto bene” e anche Rose sorrise.
Poco dopo i quattro – ormai usciti dalla foresta – si incamminarono verso il centro della città.
“Sai papà, dovremmo andare spesso al tuo cottage: si sta bene” propose Rose mentre camminava di fianco a Gold, che disse: “Quando tutto questo sarà finito, ti prometto che ci andremo e passeremo lì tutto il tempo che vorrai.” Sentirono dei rumori e poi August, dietro di loro, replicare: “Per favore, potete farla smettere? Mi sta irritando.” Voltarono lo sguardo per vedere Excalibur mordere un rametto. Guardare August e morderlo nuovamente.
“Si sta solo divertendo” disse Gold.
“Divertendo?! Lo sta facendo apposta!” replicò August ed Excalibur morse ancora il rametto. Gold riguardò avanti e, facendo un piccolo sorriso, disse: “Se ti dà tanto fastidio la cosa, perché non le giri semplicemente alla larga? Non vedo quale sia il problema.” August preferì non replicare. Sapeva che con Gold era una battaglia persa.
Arrivarono in centro. C’era tanta gente intenta a fare compere tra le varie bancarelle. A loro si affiancarono Jefferson e Paige.
“Ma dove eravate finiti? Vi abbiamo cercato dappertutto” domandò Jefferson.
“A fare una passeggiata nel bosco” rispose Gold.
“A quest’ora?!” disse stupito Jefferson.
“Ci andava di fare una passeggiata nel bosco a quest’ora. E, per la cronaca, non sono affari tuoi” disse Gold.
“A proposito di affari, dovresti andarne fiero: alla bancarella del convento non è ancora stata venduta nessuna candela. Sai cosa vuol dire?” disse Jefferson.
“Che tutti usano l’elettricità” disse Gold. Ma dopo che Jefferson lo ebbe guardato stranamente, aggiunse: “So benissimo cosa vuol dire ma la cosa, per ora, non mi importa.”
“Dovrebbe, anche perché la Signorina Blanchard e Leroy sono spariti” disse Paige. Quindi Rose, alzando lo sguardo, disse: “Ehi, guardate là” e anche gli altri cinque alzarono lo sguardo nella direzione che stava indicando, per vedere Leroy e Mary Margaret sul tetto dell’edificio dietro di loro.
“Che stanno facendo?” chiese Jefferson.
“Non lo so e non mi interessa” replicò Gold.
“Gentile come sempre nel preoccuparti dei tuoi affittuari” disse Jefferson. Quindi Leroy, utilizzando un piccone, ruppe le luci. Tutto divenne buio. La gente incominciò ad andare nel panico.
“Jefferson, lasciami subito la mano” disse Gold.
“Come hai fatto a capire che sono io?” domandò Jefferson.
“Perché uno sano di mente non lo avrebbe mai fatto. E tu non sei sano di mente” rispose Gold. Jefferson tolse subito la mano per poi dire: “Rilassati, amico. E goditi ogni giorno come se fosse il tuo compleanno.”
“Volevi dire non compleanno” lo corresse Gold.
“Mi hai preceduto, ma sai bene quanto me che meno nomino quel posto e meglio sto” disse Jefferson. La gente continuava ad agitarsi, quindi Gold disse alla figlia: “Rose, mi raccomando, stammi vicino.” Seppur il padre non potesse vederla, la bambina annuì. Poco a poco le acque si calmarono e tutti, per farsi luce, acquistarono le candele delle suore. Leroy e Mary Margaret le venderono tutte. Quasi tutte.
“Una, per favore” disse sorridendo Rose, mostrando ai due una banconota da dieci dollari.
“Rose, dieci dollari ma…” iniziò col dire stupita Mary Margaret. Ma Leroy, prendendo la banconota, disse: “Vanno benissimo ed è fortunata, Signorina Gold, perché è rimasta giusto l’ultima candela. Chissà che non sia speciale” e consegnò la candela a Rose. A lei si affiancò Gold che, con accendino in mano, disse: “Come è diventato caritatevole, e tutto per avere cinquemila dollari. Si è abbassato bene per delle suore” e accese la candela.
“A quanto pare anche lei si è abbassato bene, visto che ha acquistato una candela. Oh, ma se ben ricordo, era già accaduto anche quella volta davanti al supermercato dove prese una candela a sua figlia che ne voleva una. Si potrebbe pensare che non voglia proprio chiudere il convento e che le suore, sotto sotto, le stiano anche simpatiche” spiegò Leroy. Gold lo guardò malamente per poi dire: “Attento a come parli, perché il naso ti si potrebbe anche allungare” e, mettendo un braccio intorno a Rose, si allontanò dalla bancarella.
“Sa benissimo che è la verità” disse Leroy.
Gold e Rose raggiunsero Jefferson, Paige, August ed Excalibur.
“Tutto è bene quel che finisce bene e sono contenta che la tua idea di aiutare Mary Margaret sia andata a buon fine” disse Paige.
“Shhh! Zitta, Paige” disse Rose. Ma era troppo tardi, perché Gold aveva già ascoltato tutto. Infatti chiese, guardando la figlia: “Che cosa ti avevo detto a proposito della Signorina Blanchard?”
“Che è una brava ragazza che non ha mai fatto del male a nessuno e che odia le mele rosse?” domandò Rose, sorridendo.
“Sul fatto che odi le mele rosse ti do ragione. Ma è sul resto che non mi hai ascoltato. Ti avevo detto di lasciare perdere e di non immischiarti nelle sue faccende sentimentali. Invece ti becco a vendere candele insieme a lei e a quel nanerottolo scorbutico” spiegò Gold. Poi guardò Jefferson e aggiunse: “E tu non glielo hai nemmeno impedito!”
“Ehi, perché mi tiri in ballo?! Non è mica mia figlia!” replicò Jefferson.
“Erano sotto la tua responsabilità” disse Gold.
“E tu te ne andavi a zonzo per seguire questo qua” disse Jefferson indicando August. Quest’ultimo disse: “Per favore, ora non tiratemi in ballo. Preferisco non prendere le difese di nessuno.”
“Infatti non voglio la tua difesa” replicò Gold.
“Non starlo ad ascoltare. Comunque, non credo di esserci mai presentati” disse Jefferson e, allungando un braccio, aggiunse: “Jefferson”
“August Booth” disse August e i due finirono di stringersi le mani.
“Bene. Ora che vi siete presentati possiamo anche andarcene a casa” disse Gold.
“Che fretta hai? Qui si sta benissimo” disse Jefferson.
“Parla per te. Per me ci sono troppe persone nocive” disse Gold e squadrò le suore.
“La metti sempre sul catastrofico. Dovresti invece prendere il tutto con serenità. Sai, staresti anche meglio” disse Jefferson.
“Sto già meglio, senza che tu mi consigli i metodi migliori per farmi piacere quelle suore! Non lo prenderò mai in considerazione” replicò Gold. Mentre loro parlavano, Excalibur drizzò le orecchie. Voltò lo sguardo quando sentì dei fischietti e vide una mano tra i cespugli che teneva una pallina. La volpe andò quatta quatta verso la siepe e, quando vi fu vicina, la mano scomparve. Excalibur, allora, sorpassò la siepe. Rose e Paige la guardarono appena videro scomparire la lunga coda al di là della siepe.
“Dove pensi stia andando?” chiese Paige.
“Non lo so. Ma sento che succederà qualcosa di brutto se non la fermiamo” rispose Rose e seguì la volpe.
“Rose, ma dove vai?” disse Paige. Vedendo che l’amica non l’ascoltava, stava per seguirla quando a lei si affiancò Henry. Quest’ultimo la salutò per poi domandarle: “Dove è andata Rose?”
“Sta seguendo Excalibur che, a sua volta, segue qualcosa per lei interessante” rispose Paige. Henry la guardò stranamente. Quindi Paige spiegò: “Henry, è una volpe: seguirebbe qualsiasi cosa che l’attiri. Anche qualcuno che non conosce che la vuole attirare da qualche parte… …oh …oh.”
“Che c’è?” chiese preoccupato Henry.
“C’è che Excalibur e Rose sono nei guai. Presto, dobbiamo seguirle” rispose Paige e, dopo aver preso l’amico per mano, corse nella direzione nella quale erano andate Rose ed Excalibur. Proprio queste due si erano ritrovate in mezzo a una piccola boscaglia. Era ormai evidente che non si trovavano più in centro città. Excalibur annusava a terra alla ricerca della pallina – ma soprattutto di quel qualcuno che l’aveva - ma, stranamente, si era come volatilizzata.
“Excalibur, ritorniamo dagli altri. Quella cosa che stavi seguendo non c’è più. Anche se non capisco il senso di tutto questo” disse Rose.
“Ma noi invece sì” disse, a un certo punto, una voce e davanti alle due comparve una persona. Excalibur le ringhiò contro.
“Lucy! Che cosa ci f…” replicò Rose. Ma non fece in tempo a finire la frase che qualcuno comparve dietro di lei, mettendole un panno sotto il naso. Rose si sentì mancare e svenne tra le braccia di questo qualcuno.
“Ottimo lavoro, mio fido collaboratore. Ora portiamola via prima che arrivino i suoi soccorritori. Prima mi è sembrato di sentire dei passi” disse Lucy. Ma, prima che i due se ne andassero, Excalibur saltò addosso a questo qualcuno, mordendogli il sedere.  Henry e Paige fortunatamente sentirono il grido.
“Hai sentito anche tu?” domandò Paige, fermandosi.
“Sì: sembrava un grido” rispose Henry.
“Presto, non c’è un minuto da perdere” disse Paige e ripresero a camminare nella direzione dalla quale avevano sentito il grido.
Le mandibole di Excalibur erano ben salde sul sedere dell’aggressore, che non riusciva  a togliersi di dosso la volpe. Quindi gettò lo sguardo su Lucy, che lo fissava a sua volta divertita.
“Non stare lì a non fare nulla e aiutami!” replicò l’aggressore. Lucy sbuffò e, dopo aver preso un rametto lì a terra, si avvicinò a lui dicendo: “Quanto la fai tragica. È solo un piccolo sacco di pulci che non smette di ficcanasare il naso in faccende che non le riguardano” e colpì Excalibur con il rametto, facendola guaire e cadere a terra. Gettò quindi il rametto da una parte e, guardando l’aggressore, aggiunse: “E ora andiamocene prima che il caro paparino si accorga della scomparsa della sua adorata figlia. E poi dobbiamo continuare a rispettare il piano stabilito” e, con l’aggressore che teneva una Rose svenuta sulla schiena, se ne andarono.
Poco dopo, in quello stesso posto, arrivarono Paige e Henry. Si fermarono e, mentre riprendevano fiato per la corsa appena fatta, si guardarono intorno cercando la loro amica.
“Sei sicura che il grido provenisse proprio da qua?” chiese Henry.
“Sicurissima. Rose ed Excalibur devono essere state qua. E scommetto che con loro c’era anche qualcun altro” rispose Paige. Sentirono dei guaiti. Abbassarono lo sguardo per vedere Excalibur – con qualcosa in bocca – zoppicare verso di loro. Si inginocchiarono.
“Excalibur, che cosa ti è successo? Sembra che qualcuno ti abbia fatto del male” disse stupita Paige accarezzando la volpe sulla testa.
“Che cosa ha in bocca?” domandò Henry e prese quel che la volpe teneva fra i denti. Entrambi guardarono l’oggetto.
“Sembrerebbe un pezzo di vestito” rispose Paige.
“Excalibur deve averlo strappato a colui che abbiamo sentito gridare prima. Ben fatto” disse Henry guardando la volpe.
“Ma Rose dov’è? Non mi dire che…” disse preoccupata Paige.
“… che qualcuno l’ha rapita” finì Henry.
“No. Fa’ che non sia vero. Ti prego” disse Paige.
“Purtroppo credo che sia così” disse Henry guardandola. Sentirono Excalibur emettere dei guaiti. La guardarono e videro che con il muso stava indicando qualcosa. Paige si avvicinò e prese in mano l’oggetto: si trattava di un taccuino.
“L’aggressore deve averlo perso quando Excalibur lo ha morso ….lì” spiegò Paige un po’ imbarazzata.
“Credi veramente che appartenga all’aggressore?” chiese Henry, prendendo il taccuino. Entrambi si rialzarono.
“Henry, quanta gente perde taccuini nel bosco? E’ una prova per scoprire chi ha portato via Rose” rispose Paige.
“Allora faremo meglio a ritornare dagli altri e avvertirli. E prepararci alle ire del Signor Gold” disse Henry e, dopo che Paige ebbe preso in braccio Excalibur, se ne ritornarono al centro.




Note dell'autrice: Buona sera ed eccomi qua con la prima parte di un nuovo capitolo. Siamo agli sgoccioli della prima stagione (conto di fare altri due episodi e poi di passare alla seconda) Qua Gold si apre del tutto alla figlia (finalmente. ma nn diciamo proprio del tutto (nn le dice come è morta Belle) ) e Rose è felice che finalmente sia il padre  (e nn qualcun altro) a raccontarle la verità. Ma non è finita qua: Rose viene rapita da Lucy (che vuole fargliela pagare dal capitolo Polvere Dorata) insieme a .... (vediamo se indovinate) Chissà dove sarà stata portata? E Gold quando lo saprà come reagirà?
Ringrazio tutti coloro che continuano a seguire la fanfict (sperando di nn annoiarvi); chi la recensisce e l'ha messa tra le preferite o seguite. Grazie ancora infinitamente alla mia amica Lucia
Alla prossima Oncers e buona notte
 


 





  
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