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Autore: FreddyOllow    26/03/2016    1 recensioni
Dopo che l'infezione ha divorato mezza città, Erik e il suo fratellino Brad trovano rifugio in un campo profughi della BlackWatch. Ben presto si accorgeranno che la Blackwatch non è lì per salvarli, ma per usarli come cavie. Cominciano così a prendere i bambini e trascinarli nei laboratori con la forza. Quando i sopravvissuti ribellano, i soldati li fucilano tutti.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre la ragazza piangeva, Erik non se la sentiva di uscire allo scoperto, ma doveva farlo. Il sole stava calando dietro gli edifici e la visibilità si era ridotta notevolmente. Lui guardò le nuvole ammassate nel cielo e pensò che doveva piovere da un momento all'altro. E non sarebbe stata un pioggia normale. Nella zona gialla l'acqua era radioattiva.
Nella zona rossa, invece, pioveva poco o niente. E quando accadeva, si scatenavano delle vere tempeste. Grandine, fulmini, vento impetuoso e pioggia che liquefaceva pelle e indumenti. Se una persona ne veniva a contatto, si infettava e diventava uno zombie in pochi minuti. Quindi era importante cercare e aspettare in un posto sicuro.
La ragazza si alzò e si guardò attorno, afflitta. Voleva trovare un posto sicuro per poi andarsene dalla zona gialla, che era diventata una parte della zona rossa. Si diresse verso il muretto che dava su un palazzo di sei piani. Un tempo la struttura ospitava un giornale locale chiamato Estros.
Erik la fissava incuriosito dietro il muro, cercando di trovare il coraggio di uscire allo scoperto.
La ragazza scrutò l'edificio per un lungo momento, poi guardò l'entrata principale. Nessun segno di infetti. Solo cadaveri e auto abbandonate. Sembrava il posto giusto per passare la notte e pensare a un piano per lasciare la zona rossa.
Erik la seguì da lontano, attento a non fare nessun rumore.
La ragazza scese le scale antincendio dell'edificio, s'incamminò verso l'entrata del giornale e si fermo poco prima della soglia. Lanciò uno sguardo all'interno ed entrò.
L'atrio era puntellato da una dozzina di cadaveri crivellati di pallottole e una pila di corpi in unn angolo. L'acre odore di putrefazione era insopportabile. La ragazza si tappò il naso con la mano e represse un conato di vomito. Intorno a lei, sedie rivoltate, tavoli distrutti e fogli macchiati sparpagliati ovunque. Le pareti e il pavimento imbrattati di sangue rappreso.
La ragazza raggiunse l'unica porta rimasta in piedi. Le pareva strano che non fosse stata abbattuta come le altre. Allungò una mano verso la maniglia, ma la fermò. Forse c'erano degli infetti all'interno. Ci pensò per un momento, poi girò la maniglia.
Sbarrò gli occhi e si portò una mano sulla bocca, sconvolta.
Una dozzina di neonati erano adagiati sui lettini uno accanto all'altro. Avevano folti capelli neri, la pelle verdognola, percorsa da venette nere e piccoli artigli sulle dita. Le spalle mostruosamente sproporzionate. Sembravano tutti uguali. Stessi capelli, stesso fisico, stessa altezza. Non aveva mai visto niente del genere prima d'ora.

Quando Erik entrò nell'edificio, rimase inorridito dai cadaveri. Si tappò il naso e si guardò intorno. Aveva perso di vista la ragazza. Dov'era finita? C'erano tre porte nell'atrio. Due abbattute e la terza aperta. Forse la ragazza era entrata da questa porta. Ci si avvicinò di soppiatto e sbirciò all'interno.
La ragazza era accanto ai corpicini con gli occhi lucidi.
Erik spalancò gli occhi inorridito e pensò subito al suo fratellino Brad. Forse gli avevano fatto la stessa cosa. Forse Alex Mercer aveva ragione. Brad era morto e lui era alla ricerca di un fantasma. Non voleva crederci. Brad era vivo, se lo sentiva.
La ragazza si voltò nella sua direzione e si pietrificò per lo spavento. - Non... non farmi del male, ti prego. - Indietreggiò verso il muro, cercando di rimanere calma.
Erik fu buttato fuori dai suoi pensieri e restò di stucco. Non sapeva cosa fare. Il suo sguardo vagò nella stanza, l'abbassò e guardò la donna. - Ehi... Io... Ehm... Sono Erik... - balbettò, imbarazzato.
Quando lui si mosse in avanti, la ragazza arretrò fino a sbattere le spalle contro il muro. Trasalì. Aveva le labbra secche e le mani cominciarono a tremarle.
Erik spalancò le braccia per far capire che non aveva brutte intenzioni. - Non voglio farti del male...
Lei lo squadrò per un momento. Aveva incontrato molta gente in strada e non sempre era finita bene. Un gruppo di ragazzi aveva cercato di stuprarla, ma gli infetti erano sbucati nel vicolo e li avevano uccisi. Lei si era nascosta nel cassonetto della spazzatura e ci rimase per due giorni. Quando uscì, le strade erano ormai invase dagli infetti
E adesso che guardava Erik, si domandava se poteva fidarsi, oppure fuggire?
Lui si fermò e abbassò lo sguardo. Non riusciva a guardarla negli occhi, non dopo quello che era successo sul tetto.
I due rimasero in silenzio per un lungo momento, gli sguardi che si incrociavano e si abbassavano.
D'un tratto dall'entrata giunse un cigolio, come una porta che si apre. La ragazza si nascose dietro un paravento medico. Erik sgattaiolò verso l'entrata e sbirciò nell'atrio.
Un infetto si rialzò, gemette e si contorse con gesti rapidi, macabri. Sembrava preda di una crisi isterica. Alzò la testa per un attimo, poi si voltò di scatto e fissò l'uscita per un lungo momento. Alla fine barcollò fino a un muro macchiato di sangue rappreso e rimase a fissarlo, contorcendosi con vari gorgogli e gemiti.
Erik lo osservò, incuriosito e spavento. Sembrava che quella cosa stesse piangendo, ma non n'era sicuro.
Uno sparo echeggiò nell'atrio. La testa dell'infetto esplose in mille pezzi. Sangue e cervella imbrattarono il muro dirimpetto.
- Fuori uno! - urlò estasiato un capitano della Blackwatch, la pistola fumante in una mano. Si trovava sull'uscio dell'entrata principale insieme a tre soldati.
Erik serrò gli occhi, irato. Qualcosa in lui stava cercando di emergere, ma cercava di tenerlo a freno.
- Non siamo già venuti qui? - chiese il soldato con il fucile a pompa. - Lo abbiamo ripulito quattro giorni fa. Non c'era nessuno.
- Sì, hai ragione - rispose il soldato con il fucile d'assalto. - Solo cinque infetti. L'unità Charlie 2, ci ha preceduto e non ci avevano nemmeno avvisato.
- Aspettate un attimo... - aggiunse il capitano, perplesso. - Quella porta non era aperta.
I tre guardarono verso l'entrata. Erik smise di sbirciare
- Era aperta, capitano - rispose il soldato con il fucile a pompa. - Ricordi male. Abbiamo ancora due quartiere da ripulire e non voglio fare tardi, capitano.
- Rimani qua, soldato! - gridò il capitano. - Può esserci qualcuno in quella stanza. Andiamo a controllare.
La ragazza scattò dietro la scrivania con il cuore a mille per la paura. Erik restò immobile. Cercava di ricordare le parole di Alex, quello che gli aveva insegnato. Non poteva scappare e l'unica soluzione era affrontarli. Se non lo avesse fatto, i soldati avrebbe ucciso lui e la ragazza. Non aveva altra scelta.
Sapeva che era un evoluto un poco particolare, come sapeva che i suoi potere andavano e venivano senza averne un effettivo controllo. L'ultima volta che ne aveva fatto uso, avevo perso i sensi e la cosa che viveva in lui ne aveva preso le redini. Non voleva più essere cacciato negli anfratti oscuri della sua mente. Questa volta avrebbe combattuto contro quell'essere e lo avrebbe domato.
Quando i soldati stavano per superare la porta, Erik mutò le sue mani in grossi pugni, uscì allo scoperto e sferrò un pugno al soldato con il fucile a pompa. Quello si spiaccicò contro il muro, come fosse caduto da un grattacielo.
Gli altri due indietreggiarono spaventati e aprirono il fuoco. Mentre i proiettili fischiavano tutt'attorno, Erik scattò in avanti e colpì entrambi con un pugno. Il soldato con il fucile d'assalto si schiantò contro la porta principale. Il capitano contro la pila di cadaveri, in un angolo.
Le mani di Erik cominciarono a tremare. L'essere cercava di uscire. Lo sentiva contorcersi nello stomaco e farsi largo verso la sua mente. Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi compiendo grossi respiri. D'un tratto una mano si posò sulla sua spalla. Si voltò. La ragazza lo fissava negli occhi. Lui la ricambio, confuso. Poi lei lo abbracciò intensamente e poggiò la testa sul suo petto.
L'essere si acquiettò.

   
 
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