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Autore: Lily Liddell    26/03/2016    5 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
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Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
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Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
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Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
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Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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Petrichor
8x03 Vecchie abitudini

 
È morto. Una voce nella mia testa continua a ripetere queste due parole, all’infinito. È morto, è morto.
Non potrà più farmi del male.
La notizia me l’ha data Plutarch, pochi giorni dopo il mio crollo nervoso. Non avevo chiesto niente, non volevo nemmeno sapere, ma lui ha fatto comunque le sue ricerche. Fu incarcerato subito dopo la morte di Coin, poco dopo la salita al potere di Paylor. Era morto in carcere, ucciso probabilmente – o un suicidio, per i sensi di colpa. La verità è che non mi interessa.
Non mi interessa più nulla. Il mio Pacificatore dagli occhi verdi è morto e la notizia non mi porta nulla di nuovo. Nulla cambierà quello che mi è successo alla Capitale, nulla cancellerà le cicatrici che ho nell’anima.
Centinaia di volte ho pensato di sottopormi ad un minuscolo intervento, per sistemare tutti i segni che porto sul mio corpo, che mi ricordano giornalmente della mia prigionia… ma poi mi rendo conto che quei segni sono molto più profondi di quanto sembrino.
Non cambierà mai niente, non importa chi salirà al potere, non importa chi prenderà in mano le redini di Panem. Un nuovo presidente non cancellerà i ricordi, il dolore, la disperazione.
Emicranie e malesseri mi tengono relegata al letto da un mese; dal mio angolo sicuro, in camera da letto, mi volto a guardare furi dalla finestra. Il cielo è limpido, vedo le fronde degli alberi che si muovono lente al ritmo del vento. Sembra quasi un sogno.
Lì fuori è tutto tranquillo, come se non stesse succedendo nulla. All’interno della mia camera da letto c’è un temporale.
Ho una spina nel cuore, che si muove e fa male ad ogni mio movimento. Non so che ore sono; potrei alzarmi e andare ad osservare le oche, potrei andare a trovare Katniss e Peeta, o potrei portare i bambini al mercato. Solo l’idea mi dà la nausea. No, magari un altro giorno. Sto meglio qui, a letto. Devo prima riprendermi.
Sono sempre stanca, nonostante io dorma durante la maggior parte del giorno. Più dormo, e più voglio dormire. Ci sono giorni in cui mi sveglio e prego che sia tutto un incubo, che non stia succedendo sul serio.
C’è davvero chi crede in un rinnovamento per Panem? La gente non cambia, rimane uguale. Un nuovo Snow, una nuova Coin, una nuova Paylor…
Vorrei poter addormentarmi e svegliarmi quando sarà tutto finito. Vorrei poter dormire per giorni, senza dovermi svegliare, senza dover mangiare.
Haymitch ha ripreso a bere. Cerca di tenermelo nascosto, ma quando s’infila sotto le coperte, la notte, il suo fiato puzza incredibilmente di liquore. E la cosa più strana è che a me non importa, anzi, sono quasi contenta.
Il mio Haymitch non è cambiato. È sempre lo stesso, e cerca di nascondere i danni. Mi sento un verme perché so che sta passando lo stesso anche lui, e con me a letto tutte le responsabilità ricadono su di lui. Non poteva sopportarlo, non ancora. Però, porta Pan a scuola e fa il bagno a Sophia ogni giorno. Non è stato lui a dirmelo, ma Peeta. Ogni tanto passa a trovarmi, per portarmi i suoi biscotti e si assicura che mangi qualcosa.
Sono due settimane che non vedo Katniss, se non dalla mia finestra. L’ho vista uscire di casa con arco e frecce, e dirigersi verso il bosco. Ci sono giorni in cui la vedo andare via, ma non la vedo rientrare.
Quando Haymitch è troppo ubriaco, Peeta porta i bambini a casa sua e dipinge con loro. Dice loro che anche il papà sta male, e che se resteranno qui si ammaleranno anche loro. Mi chiedo quanta sia la verità dietro queste parole.
Questa malattia terribile, che Haymitch combatte con l’alcool e io nascondendomi nel letto, è possibile trasmetterla ai nostri figli?
Non so se la mia domanda troverà mai risposta.
È una mattina di metà giugno quando sento dal piano di sotto la porta di casa aprirsi e richiudersi. Pan è già andato a scuola e Sophia oggi è con i ragazzi. Forse Haymitch è uscito per andare a comprare da bere, o semplicemente è andato a controllare le oche.
Anche oggi è una bella giornata e per una manciata di minuti considero l’idea di alzarmi dal letto, ma quando ci provo delle catene invisibili mi portano giù. Il mio corpo è debole, la mia mente è stanca.
Un’altra ora di sonno, mi dico, e poi mi alzerò.
Mi riaddormento, e quando mi sveglio è già passata l’ora di pranzo. Avverto la presenza di Haymitch accanto a me, è steso sul letto sopra le coperte, io sono protetta dal mio involucro di lenzuola. Nell’aria aleggia un leggero olezzo di whiskey, poi sento il rumore del liquido che si muove all’interno della bottiglia, e il rumore sordo che fa il vetro quando tocca piano il pavimento.
« Sei sveglia, Principessa? » mi chiede con un tono di voce abbastanza sobrio. Quella bottiglia deve essere la prima.
Non rispondo, ma mi volto fra le lenzuola, appoggiandomi sul fianco e osservandolo dal basso. Ha un aspetto dimesso, la barba è ispida, gli occhi sono stanchi e segnati da profonde occhiaie, ha un colorito malaticcio e sicuramente non si cambia da almeno tre giorni.
« L’insegnante di Pan ha chiamato a casa qualche ora fa, sono dovuto andare a prenderlo » dice, con una voce cauta. Se fosse successo qualcosa a nostro figlio non sarebbe così calmo, di sicuro non avrebbe aspettato che mi fossi svegliata per parlarmene, quindi aspetto che continui. « Ha fatto a cazzotti con un suo compagno di classe ».
Mentre elaboro la notizia, studio con attenzione i lineamenti del suo volto. È rilassato, ma probabilmente è l’alcool a renderlo così tranquillo. « Si è fatto male? » chiedo e la voce fatica ad uscire. Ultimamente non sto esercitando molto le mie corde vocali, e la mia voce risulta un po’ roca.
Haymitch scuote la testa. « No, lui ha solo qualche graffio, ma ha quasi rotto il naso all’altro ragazzino ».
Chiudo gli occhi, e la scena mi si ripresenta dietro le palpebre chiuse. Sono terribilmente stanca. « Perché lo ha fatto? »
Haymitch esita, e quel suo esitare mi manda in allarme. Raccoglie la bottiglia, la porta alle labbra e beve un altro lungo sorso. Un po’ di liquido ambrato cade dagli angoli della sua bocca e finisce direttamente sul letto. Un forte odore di liquore s’insinua nelle mie narici e gli occhi s’inumidiscono di lacrime automaticamente. Adesso dovrò lavare tutte le coperte. Odio le coperte appena lavate. Sono fredde e ruvide.
« Hanno parlato delle elezioni, oggi in classe » dice, quando si stacca dalla bottiglia. Si pulisce la bocca con la manica e si lascia andare contro la spalliera del letto. Poggia nuovamente la bottiglia sul pavimento e chiude gli occhi. « A quanto pare qualcuno ha tirato in ballo gli Hunger Games, e qualcun altro ha messo in mezzo il tuo nome. Un ragazzino ha fatto un commento e Pan l’ha ammazzato di botte ».
Un lungo e profondo respiro mi riempie d’aria i polmoni, poi espiro pesantemente. Sapevo che sarebbe successo, era solo questione di tempo. « Dov’è? »
« In camera sua, gli ho detto di non uscire » aveva la risposta pronta, ma c’è qualcos’altro che esita a dirmi. Gli serve un altro sorso di liquore per continuare. « L’insegnante vuole vederci entrambi domani mattina ».
La notizia mi colpisce come una doccia gelata. Lo stomaco mi si contrae in una dolorosa morsa e la nausea sale immediatamente. Mi porto una mano alla testa, mentre un forte capogiro comincia a infastidirmi. Se non fossi stesa sarei già caduta per terra.
« Non posso, » gli dico, mentre cerco di combattere le vertigini. « Non posso uscire, non puoi—? »
Non mi fa nemmeno finire, si è già alzato e ha già agguantato la sua bottiglia di liquore. « Maledizione, Effie! » ringhia, e io m’irrigidisco. Non voglio sentire. « Non ti ho detto nulla, non ti sto chiedendo niente e non mi sto lamentando, ma devi reagire ».
Le sue parole dovrebbero ferirmi, ma non sento più niente. Almeno è quello che continuo a ripetermi. Ho voglia di piangere, ma trattengo le lacrime. Non adesso, non mentre può ancora vedermi.
« Non farlo per me, fallo per Pan, cazzo » la rabbia nella sua voce si scioglie e lo vedo mentre chiude gli occhi e si siede sul letto, guardandomi in silenzio. Mi poggia una mano sul fianco, e un leggero formicolio mi avvisa che dentro questo guscio ferito, sono ancora viva, dopotutto. « Non ti sto chiedendo di alzarti e di tornare a comportarti come se niente fosse, » mi dice, stringendo la mano sul mio fianco in segno di conforto. « Ti sto chiedendo di fingere, solo per un giorno. Eri la migliore a fingere, Dolcezza. Le vecchie abitudini sono dure a morire, non provare a dirmi di non esserne capace ».
Rimango in silenzio, riflettendo sulle sue parole. Ha ragione… lui ha ripreso a bere, io posso riprendere a fingere.
Solo per un giorno, mi dico. Solo per un giorno, come se non fosse cambiato niente. Come se lui fosse sempre lo stesso Haymitch, ed io sempre la stessa Effie.
Domani farò finta che non sia cambiato nulla.
E così, il giorno dopo, mi alzo e riesco a trascinarmi sotto la doccia. Quando mi siedo davanti allo specchio, con i miei pochi trucchi e i pochi prodotti di bellezza, comincio a giocare come avrei fatto un tempo, trasformando quel muso triste in un bel sorriso, con un po’ di rossetto.
Aggiusto i capelli e scelgo un bel vestito.
Non m’interessa cos’avrà da dirmi l’insegnante di Pan, non gli farò una paternale per avermi difesa. So che Haymitch ha parlato con lui, e nonostante l’alcool, mi fido ancora del suo giudizio. Oggi sorriderò, e annuirò, e acconsentirò ad ogni cosa che mi verrà detta.
Sono in grado di farlo, Haymitch ha ragione. Ero la migliore a fingere e sono ancora capace di farlo. Forse starò male, e nella mia camera da letto continuerò a piangere da sola, fra le coperte, mentre Haymitch continuerà ad ubriacarsi sul divano del salotto – ma fuori dalla mia stanza, nessuno deve notare la differenza.
Non importa quanto stia male, devo continuare a sorridere finché non mi faranno male le guance. Devo continuare vivere la mia vita finché la finzione non diventerà abitudine, e tornerà ad essere la quotidianità. Devo continuare ad essere Effie Trinket-Abernathy.

A/N: salve, non so se qualcuno ancora si ricorda di questa storia, magari qualcuno c'è.
Non aggiornavo da un anno, e mi scuso tantissimo. Non sono sicura di riuscire a riprendere a scrivere, ma di sicuro ci proverò.
Sono molto impegnata in questo periodo, ma questa storia è ancora nel mio cuore, e spero che sia ancora anche nel vostro.
Spero di sentirvi presto, grazie per esserci ancora e benvenuti ai nuovi lettori.
x Lily
ps_ finalmente siamo canon!!!!
   
 
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