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Autore: ElaineAnneMarley    29/03/2016    0 recensioni
È il primo giorno d’estate e Agata viene avvicinata da un ragazzo dall’aria smarrita. È la prima volta che incontra qualcuno di Levante, il continente al di là delle montagne. Lui ha i tratti tipici dei levantini: la pelle olivastra e gli occhi a mandorla. Gli occhi. Occhi di un colore simile non esistono, neanche a Levante. Sono di un blu intenso con scaglie ambrate e sembrano racchiudere la storia del mondo.
«Ti ho trovata» e il ragazzo lascia andare un sospiro di sollievo «appena in tempo.»
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10

PONENTE, 6 ANNI E 17 GIORNI FA – Nel villaggio

 
Quando giunsero al villaggio di pescatori dove Agata era nata e aveva vissuto fino a tre anni prima, era già buio pesto, le uniche luci, a parte quelle che filtravano dalle finestre socchiuse, erano quelle che brillavano nel cielo. Il primo quarto di luna aveva cominciato a ingrassare, come ogni mese.
La ragazza si fermò davanti alla più malconcia delle catapecchie. Da molto tempo aveva smesso di essere imbarazzata per la sua condizione, e in ogni caso aveva il sentore che Tseren non avrebbe giudicato né commiserato la povertà della sua famiglia.
Aprì piano l’uscio ed entrò. La stanza era illuminata da un piccolo fuoco, intorno al quale sedevano due vecchie. In un angolo, un bambino di circa sette anni dormiva placidamente, avvolto in una coperta composta da pezzi di tessuti diversi cuciti insieme. Accanto al fuoco una pila traballante di piatti indicava che un numero ben maggiore di persone aveva cenato lì dentro. Tseren notò una porticina chiusa nella parete di fronte, dietro la quale si sentiva russare.
Le due vecchie erano molto diverse tra loro, una aveva una corporatura robusta e indossava un abito molto semplice coperto di macchie, l’altra, più gracile, aveva un aspetto stravagante. L’acconciatura ricordava quella tipica delle spose nei matrimoni della zona stepposa di Levante, un insieme di trecce intrecciate tra loro. Anche gli abiti erano bizzarri, per non parlare dello scialle, sui cui erano appuntate un numero considerevole di minute cianfrusaglie, spillette, ciondoli, pergamene, persino delle piantine.
Quest’ultima, nonostante l’età, era scattata in piedi non appena aveva visto i due ragazzi entrare.
“Agata, sei tu?” disse il donnone.
La vecchia magra invece si era avvicinata alla porta e prima che Agata potesse dire qualcosa, aveva preso la mano della ragazzina e con l’altra cercava di raggiungere il viso di Tseren. Il levantino si scostò prima che la donna potesse toccarlo.
“Zia ti presento Tseren, il mio amico di Levante” spiegò la ragazza, sorreggendo la vecchia zia. “Ciao, nonna” aggiunse rivolta all’altra signora.
Quella che aveva chiamato zia sembrava su di giri, continuava a guardare Tseren con occhi avidi. Agata la condusse vicino al fuoco e fece cenno al ragazzo di avvicinarsi.
“E questo chi sarebbe?” la nonna non sembrava altrettanto impressionata. “Perché ha la pelle scura e questi occhi strani?”.
“Non essere maleducata, non vedi che abbiamo un ospite che arriva dall’altra parte del mondo? Tesoro, parla ponentese?” intervenne la zia dando un colpetto all’altra vecchia.
“No, zia. Ma capisce un poco…” mentì la ragazza.
L’altra donna si era alzata e aveva cominciato a preparare dei giacigli sbuffando. “E adesso chi la regge? Parlerà per giorni di questa visita…”. Agata si era alzata per aiutare la nonna.
“Tseren, mia zia è molto commossa perché ha sempre sognato di conoscere qualcuno di Levante” spiegò la ragazza, srotolando delle stole di paglia rinforzata. Il ragazzo non aveva detto ancora nulla, ma quando si rese conto che uno dei giacigli era per lui, intervenne.
“Posso dormire all’aperto...” disse.
“Cosa dice?!” sbottò la nonna.
“Che per lui non è un problema dormire all’aperto…” tradusse Agata.
“Ma ci mancherebbe!” esclamò la zia. “Siamo talmente tanti in questa topaia che uno in più non fa alcuna differenza!".
Tseren si arrese e non appena il suo letto fu pronto, si andò a stendere.
Agata rimase un po’ a chiacchierare sottovoce con la nonna e la zia, raccontò loro di come le piacesse l’università e di tutte le cose che dopo tre anni ancora la colpivano della città. La nonna non era particolarmente curiosa, mentre la zia voleva sapere ogni singolo dettaglio, come se attraverso i racconti di Agata potesse vivere anche lei quella vita fatta di studi esotici e agiatezze.
 
Il giorno dopo Tseren fu svegliato dal vocione del padre di Agata, aprì gli occhi e vide che la nonna era già in piedi e stava preparando da mangiare per la famiglia. Fuori era ancora buio e poco dopo la porticina si aprì lasciando uscire i genitori di Agata e un bimbetto di forse tre anni. La ragazza era stata svegliata anche lei da quella frenesia mattutina e si era alzata per abbracciare la madre. La donna ricambiò l’abbraccio e le chiese chi fosse il giovane che dormiva in casa loro. Agata spiegò che alcuni studenti erano stati selezionati per ospitare dei ragazzi in scambio da Levante e i genitori parvero convinti dalla spiegazione.
Tseren si inchinò leggermente per salutari, come era costume a Levante.
“Di tante case, certo avrebbero potuto trovargli una sistemazione più confortevole…” si limitò a commentare il padre.
Una volta che i due pescatori furono usciti, gli altri, tranne la nonna, ripresero a dormire. Dal suo giaciglio, accanto a quello del fratellino, Agata poteva vedere Tseren steso a pancia in su. Chissà cosa avrebbero detto i suoi genitori se avessero saputo la verità, che il levantino non era uno studente, ma un perfetto sconosciuto che Agata aveva incontrato poco più di una settimana prima. Forse la zia avrebbe comunque acconsentito a ospitarlo, ma non il resto della famiglia. Eppure il suo intuito le diceva che poteva fidarsi di Tseren.
 
Una volta in piedi, Agata aiutò a pulire la casa, accompagnò i fratelli a scuola e trascorse l’intera giornata in giro, per salutare un gran numero di persone del villaggio. A quanto pareva non era molto comune che i ragazzi frequentassero l’università e così lei e Holly Dee erano piuttosto famose. Tseren la accompagnò in giro aiutandola con le faccende, ma dopo un giorno era già annoiato.
“Posso andare a pescare con i tuoi genitori, da domani?” le chiese quella sera. Agata ripensò alla questione della caccia ai conigli, probabilmente il levantino se ne intendeva anche di pesca.
“Bè, certo” rispose. Trascorsero il resto della serata a parlare con la zia, che aveva un sacco di quesiti sul tipo di vita che Tseren aveva vissuto a Levante. Quando non voleva rispondere a una domanda, lui faceva finta di non capire Agata e lei gli reggeva il gioco.

   
 
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