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Autore: RLandH    29/03/2016    2 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Salve, questo capitolo è stato un PARTO ed avrei dovuto ultimarlo settimane fa, invece si è protratto per lunghissimo tempo e non è stato neanche betato, per poco non lo pubblicavo senza neanche rileggerlo, quindi chiedo umilmente scusa se è un casino.
Evviva!
Come sempre i nostri personaggi incontrano un mucchio di gente, ma insomma non è detto che le persone presenti restino per i capitoli successivi. Ed io faccio schifo nello scrivere le scene di lotta, quindi va bene, no non va bene.
Ringrazio sempre summer_time per essere la mia unica commentatrice, probabilmente senza di te avrei abbandonato questa storia una vita fa, grazie, davvero mi chiedo chi ti faccia fare questa faticaccia.
Ma vorrei dedicare questo capitolo a Quel Ragazzo che, l'anno scorso – mentre limavo gli antagonisti delle storia - durante gli esami di Istituzione di Letteratura (e ringrazio portassi il Purgatorio dantasco e non l'Inferno o probabilmente sarei entrata in un panico senza fine), uscì dall'aula dell'assistente esangue in viso, dicendo: “Ma Flegias chi diavolo era?”
ECCO.
Ringraziate lui, particolarmente Carter …

Buona lettura,

RLandH

 

The Road So Far (Riassunto): Carter, figlio ripudiato di Apollo, viaggia con Grace, un'empusa dal cuore d'oro, in cerca di redenzione e di Marlon un suo fratellastro dall'animo innocente, che Carter vede come il riscatto che il padre gli ha concesso. I tre sono diretti al Campo Mezzosangue, luogo per cui Carter prova un profondo senso di vergogna, ma decide che quello è il luogo adatto per suo fratello – fin troppo innocente ed incapace di difendersi in quel mondo. Carter è inoltre perseguitato da un viso, di una giovane del suo passato, di cui ha cominciato a dimenticare i tratti.
I tre hanno modo di incontrare tre giovani mezzosangue, anche loro dirette al campo: la brillante Lauren, figlia di Afrodite, la fiera Emma, figlia di Ares, e la combattente Jordan, figlia di Efesto. Quest'ultima è a riconoscerlo, come Carter di Crono; ma prima che tra i quattro – perché Grace era corsa frettolosamente giù dal pulmino dove erano con Marlon – inizi uno scontro, essi vengono attaccati da Tizio, un gigante che fingeva di essere un autista, intenzionato a vendicarsi della progenie di Apollo ed Ares.
Carter, Emma, Joe e Grace, tornata, ingaggiano uno scontro contro il gigante, ma Lauren rimane paralizzata inizialmente dalla paura, ma sarà lei stessa ad ideare la strategia contro il gigante, facendo evocare a Carter un corvo, un animale guida di suo padre, che terrorizza Tizio mettendolo in fuga, a causa di un trauma passato. Emma rimane ferita brutalmente dallo scontro, ma Carter grazie ai poteri curativi la salva. Sembra incredibile ma Carter ha riacquisto poteri da figlio di Apollo che credeva di aver perso; affaticato dallo sforzo, perde i sensi ed ha una visone della sua sorellastra Heather, ragazza del campo, che cerca una maglietta in compagnia di un mezzosangue di nome Jude, che egli riconosce come il filo croniche che non parlava mai.
I sei partono in viaggio assieme, ma durante la tratta, Carter ha un'altra visione della sua amata sorella morente, così decide di volerla contattare, ma ormai giunto il tramonto non riesce a cogliere nessun raggio di sole per creare un arcobaleno, Lauren lo rassicura che l'avrebbero chiamata al mattino. Grace decide allora di condurre gli altri alle terme della Fontana di Salmace, dove vengono accolti dalla maga Manto. Carter comincia ad ipotizzare un futuro in cui potrebbero lui, insieme anche a Grace, unirsi a Marlon per l'arrivo al campo, cosa che sembra secondo Lauren fattibile.
Alle fonti, Grace rivela a Carter che uno di quei bagni potrebbe rischiare il suo dono divinatorio, stranamente cieco.








 

 

 

Il Crepuscolo degli Idoli

 

Le colpe di un padre non dovrebbero mai ricadere su un figlio, in particolare se il primo non è esattamente uno stinco di santo
 

Carter III

 

 

 

“Questo posto non mi piace” la voce di Carter era piuttosto perentoria, nonostante fosse stata bassa, Grace aveva irrigidito le spalle, mentre rimboccava le coperte di Marlon, che era sprofondato nel sonno, nonostante fosse un ragazzino piuttosto tranquillo, aveva dodici anni ed era un mezzosangue iperattivo, per convincerlo ad andare a dormire la cosa poteva diventare davvero estenuanti. Marlon poi lo percepiva che stava accadendo qualcosa, come succedeva a lui.

L'empusa comunque l'aveva sistemato a dormire grazie alla sua lingua ammaliatrice, non era una cosa molto rispettosa, ma Grace, nonostante la sua gentilezza, era una certa estimatrice degli Estremi Rimedi, quando le Mani si facevano Estreme.

“A volte mi sembra strano che abbia dodici anni” aveva commentato con una certa inquietudine Carter, “Lo so” aveva risposto Grace abbozzando un vestito, avvicinandosi verso di lui, indossava un accappatoio di spugna di un rosa sottile sul cui petto, dalla parte sinistra, c'era la scritta greca Salamace. “Lo guardi e vedi un bambino, non pensi abbia già dodici anni perché tu a quell'età andavi già in missione ...” aveva parlato la creatura, guardando Marlon con un un sorriso rilassato, avvolto nel suo bozzolo di coperte, Grace aveva uno sguardo così materno. “Ma è così che devono essere i dodicenni, Carter, cominciare a pensare che le ragazze sono carine e che non ti attaccano i pidocchi, che l'ultimo film sui supereroi è una figata e neanche essere sfiorati dall'idea che un mostro come me possa mangiarli” aveva aggiunto lei allontanandosi, gli occhi di Grace non erano coperti dalla magia ed erano di un rosso ardente, ma anche le vene della sclera era visibile, aveva gli occhi lucidi di chi si rifiutava di piangere.

Carter aveva abbozzato un sorriso a disagio, “Di mostri come te, ne esistono pochi, Gracie” gli aveva detto poi lui, posandogli una mano sulla spalla complice, ricordava ancora quando ci aveva parlato la prima volta, con i palmi in posizione di resa, Grace gli aveva ripetuto che non voleva fargli del male, che non voleva fare del male più a nessuno. E Carter si era fidato. E ringraziava ancora di averlo fatto – anche se non sapeva a chi quei ringraziamenti dovevano essere dati.

Lei aveva sorriso rincuorata in parte, la magia le donava un aspetto da femme fatale con gli scuri dalla forma appena allungata e l'incarnato olivastro, ma con un sorriso così innocente, tutto l'effetto finiva per dissolversi lasciando una sensazione stordente, qualcosa che sputava redenzione da tutti i pori. “Hai parlato con Manto?” aveva chiesto lui, mentre uscivano dalla stanza che gli era adibita, Grace condivideva la sua con Lauren, la figlia di Afrodite. L'empusa aveva scosso il capo con un movimento secco, “Si, ha acconsentito nel farti visitare domani le fonti” aveva aggiunto poi con un sorriso mesto, “Vado a parlare con le ragazze per vedere se hanno saputo qualcosa di Heat” aveva commentato lui di rimando, continuando a ricordare l'immagine morente di sua sorella sotto un albero; Grace aveva annuito, “Solo non metterci troppo tempo, non voglio lasciare Marlon da solo” aveva sussurrato lei poi.

 

Aveva incrociato Lauren nel corridoio, indossava come lui e Grace l'accappatoio delle terme, anche se poteva intravedere che sotto indossava una canotta bianca, i capelli bruno castagno erano privi della coda e scendevano sulle spalle, luminosi e setosi, bella come solo le figlie della dea della bellezza stessa potevano essere. Parlava con un'altra persona, un ragazzo … o una ragazza? Carter si ritrovava davvero preso dai dubbi, era comunque una persona dal fisico alto e snello, con un incarnato roseo pieno, con i riccioli biondi fino alle spalle, le labbra piene piegate in un sorriso malizioso e scanzonato.

“Il figlio di Apollo presumo” aveva squittito quello – quella - rivolgendo uno sguardo sottile verso di lui, aveva occhi di un verde maculato d'oro, “Il divino Ermafrodito?” aveva risposto di rimando Carter, inclinando il capo, quello aveva ghignato maggiormente e poi si era allontanato senza aggiungere altro. “Dovremmo andare via di qui il prima possibile” aveva chiarito immediatamente lei, guardandola con gli occhi scuri, “Sospetti di loro?” aveva chiesto di rimando Carter con un certo interesse. Lauren aveva annuito con un movimento lento della testa, “Tiresia, il padre di Manto, è stato maledetto da una dea perché aveva risposto onestamente alla domanda di un altro di essi” aveva spiegato cristallina la ragazza. Carter aveva annuito, onestamente ricordava distrattamente la storia dell'indovino e di sua figlia, ma aveva qualche vaga rimembranza di Ermafrodito l'aveva … si era ritrovato a dover dividere il corpo con una ninfa che aveva chiesto agli dei di non separargli mai.

Lauren aveva continuato a muovere il capo in un cenno d'assenso, “Cosa puoi dirmi su Heather?” aveva chiesto poi lui, ricordando per prima il motivo per cui era andata a cercarla, la figlia di Afrodite aveva annuito con un movimento lesto del capo, “Uhm … non ti piacerà” aveva risposto lei con un tono leggermente tetro, “E' in missione con Qbert per ricercare un'arma, ma Darren, il suo ragazzo, ci ha parlato giusto oggi è pare stia piuttosto bene, solo un po' pensierosa” aveva buttato fuori con un solo respiro lei, così velocemente da lasciarlo stordito per qualche istante.

Carter si era morso un labbro, timoroso, pensando alle due volte che aveva sognato sua sorella in quel giorno, non tanto quella dove l'aveva visto con il ragazzo che non parlava mai mentre cercava una maglietta, ma quella ove l'aveva visionata sotto un albero con la pelle chiara venata di nero, il viso contorto dal dolore e sporca di sangue. Sembrava una visione, qualcosa di futuro. “Dopo aver sbirciato dalle fonti, convincerò Grace ad andarla a cercare” aveva chiarito lui, con una certa serietà, non riusciva davvero a sbarazzarsi del magone che gli scavava il petto – eppure non aveva pensato ad Heather quell'ultimo anno se non distrattamente chiedendosi cosa lei, Will e gli altri stesso facendo; non aveva pensato ad Heather neanche quando si era unito alla causa di Luke, aveva pensato solo ad un'altra persona.

Nessuno si oppone ad un dio.

 

“A proposito di Grace” aveva attirato la sua attenzione Lauren, arrotolando attorno ad una delle dita sottile i capelli rossastri, “Cosa c'è tra di voi?” aveva chiesto con un sorriso piuttosto lezioso sulle labbra. Carter era rimasto un attimo in silenzio a quella domanda, decisamente confuso, non aveva mai sentito il bisogno di classificare cose fossero lui e Grace. Amici? Una vegana animalista che lo considerava come un coniglio? O che? “È la mia famiglia” aveva ammesso poi con un certo candore, forse imbarazzato che non si era davvero mai fermato a rifletterci. Grace era qualcuno in cerca di redenzione, un mostro dal cuore gentile, e forse vedeva in lui la salvezza … e lui in lei vedeva quell'armonia che credeva di aver perduto e che mai avrebbe ripreso. 

Lo sguardo di Lauren sembrava ambiguamente eloquente, come di chi avesse davvero apprezzato quella risposta, quasi non ne avesse voluta un'altra e lui si era sentito decisamente a disagio, pensando che una splendida, nonché brillante, creatura come quella fosse attratta in qualche modo da lui, Carter il figlio ingrato di Apollo. “Perchè mi hai baciato?” aveva sputato fuori, pensando a quando Lauren aveva allacciato le braccia al collo e pigiato le labbra alle sue dopo che lui aveva evocato il corvo per scacciare Tizio. Quella aveva sorriso, il viso era sembrato incredibilmente più luminoso, “Ci avevi appena salvati, un bacio era il minimo” aveva risposto lei di rimando, facendogli l'occhiolino, poi si era sollevata sulle punte prima di sfiorare un'altra volta la sua bocca, con le labbra, “Questo per aver salvato Ems” aveva aggiunto con un tono basso, soffiandogli sull'orecchio e fiondarsi di nuovo sulle sue labbra e quella volta non era stato un semplice tocco.

Carter l'aveva afferrata per la vita, spingendo il corpo di Lauren contro il suo, mentre le dita della ragazza scivolavano tra i suoi capelli, sulle sue spalle, sul suo corpo, come lui che aveva postato le mani dalla vita per farle scendere, mentre Lauren si ritrovava spalle al muro con un espressione stravolta, “Forse dovremmo trovare un posto più appropriato” aveva suggerito lei, con un sorriso sulla faccia, “Ah-ah” era riuscito a borbottare lui, mentre veniva trascinato via.

Lauren aveva trovato una stanza dove probabilmente non sarebbero mai dovuti entrare, visto il cartello che recitava la riservatezza, ma Carter aveva già smesso di pensarci, come vergognosamente aveva smesso di pensare ad Heather o al fatto che avesse promesso a Grace di tornare presto, quando aveva sentito ancora su di se le labbra di Lauren, fameliche, feraci ed invadenti. Oh nefasti dei! Quanto erano morbide e procaci, Carter poteva sentire brividi galoppanti risalire sulla sua schiena, scosse d'adrenalina e desiderio puro, così come sembrava la ragazza stesse rispondendo, con le dita un attimo tra i suoi capelli e poi sulle sue spalle, sul suo petto, avide di lui e Carter non si risparmiava a concedersi, succhiandole le labbra, tastandola in ogni luogo, lasciandole una fila di baci delicati sulla mandibola, gemiti leggeri erano l'unico rumore nell'aria.

“Io … wow … non sono mai così … così” si era riuscito a giustificare lui, allontanandosi appena, aveva le labbra gonfie e l'aria gli mancava nei polmoni, il sangue affluiva invece benissimo, in una zona particolare che non era il cervello. Lauren sembrava coinvolta quanto lui, le labbra carnose rosse e succose, appena aperte ed i capelli sconvolti, “Dei non parliamo di me, sono sempre stata una figlia di Afrodite piuttosto scadente da questo punto di vista” aveva buttato fuori di tutta fretta, prima di baciarlo ancora con un certo trasporto, facendo scorrere la lingua contro i suoi denti, poi si era infilata nella sua bocca per cercare la sua compagna e Carter l'aveva lasciata guidare quella danza. Infondo era lei la figlia dell'Amore.
Non doveva stupirsi che fossero finiti avvinghiati a sbaciucchiarsi da qualche parte, erano i figli delle due divinità più procaci e maliziose dell'Olimpo.

Anche se lui doveva ammettere non essersi mai ritrovato prima in una tale situazione, nonostante fosse arrivato alla veneranda età di diciotto anni – ed era una conquista per un mezzosangue – non aveva mai avuto tempo per amoreggiare con nessuno.

Prima c'era stata lei … quel volto che sognava negli incubi e che sembrava farsi ogni giorno più sbiadito, qualcosa di indefinito erano loro, qualcosa che stava lì tra la linea di amici ed amanti, senza andare da nessuna parte e Carter ricordava quando aveva tenuto il suo corpo stretto in un abbraccio, ancora caldo, “Meritavi di meglio” gli aveva detto Carter spostando una ciocca di capelli da quel viso, “Nessuno si oppone ad un Dio” aveva detto con un unico soffio lei.

Joelle.

E dopo di lei non c'era stato più nessuno.

E quel pensiero l'aveva interrotto, aveva fatto scemare l'ardore ed il desiderio, lasciando un ragazzo spoglio e triste che si lacerava l'animo pensando all'amica morta e poi sorella che aveva abbandonato, Heather, e alla morte che aleggiava su di lei.

“Lauren … io ...” aveva buttato fuori, spingendola via con delicatezza; non aveva voglia di raccontarle il motivo di quel repentino cambio d'umore, del perché si fosse unito in prima istanza all'esercito di Crono, di come avesse attivamente collaborato per uccidere lei e tutti i suoi amici, tra cui i suoi fratelli. Carter non voleva uccidergli davvero, Luke aveva promesso che le morti sarebbero state minime, ma necessarie, ma una volta vista la loro grandezza, tutti i mezzosangue si sarebbero uniti a loro.

Lauren però era sveglia ed aveva compreso, cosa esattamente Carter non poteva saperlo, gli aveva sorriso e carezzato una guancia, “Forse dovremmo rallentare un po'?” aveva proposto lei, amichevole, ricevendo un imbarazzato gesto d'assenso. Lauren gli aveva posato una mano sulla spalla, prima di distogliere lo sguardo verso l'ambiente circostante; la stanza dove erano entrati era stracolma di … cianfrusaglie.
“Che posto pensi sia questo?” aveva domandato lui, recuperando l'ultilizzo della parola, mentre la figlia di Afrodite cominciava a spostare gli oggetti per osservare bene alcuni di questi, “Penso sia come un deposito di oggetti lasciati dai clienti o rubati” aveva spiegato, giocando con quella che sembrava una mola colorata, prima di abbandonarla in favore di una pettinessa dalla forma di pesce colorato. Carter aveva trovato un vecchio scudo addossato ad una parete, era di ferro e bronzo celeste, il centro era un piccolo opale di madre perla rovinata, che portava a fuoco il pegaso nero del campo mezzosangue, il piatto era istoriato con motivi di una battaglia. Era coperto di polvere e ruggine sui margini, forse era più vecchio di Carter stesso. “Ma che bellezza!” il commento entusiasta di Lauren lo aveva distratto, aveva sollevato lo sguardo trovandola con in mano una spada. La ragazza aveva uno sguardo meravigliato, che dopo essersi avvicinato lui non aveva potuto evitare di condividere.

La spada era molto singolare, la lama era di un oro lucente e sulla parte vicino il manico c'era incisa una frase in una lingua che non era certamente greco – ed in caratteri che non erano latini – mancava di un manico di protezione, l'elsa era una specie di cilindro d'avorio lucido che raffigurava una storia scolpita finemente e minuziosamente, un lavoro di vero artigianato che era più sottile della mezza luna che era collegato all'attaccatura della lama. Un pomello dalla forma di una pietra sferica di un colore fumo era sulla cima; non doveva essere un'arma molto comoda, ma c'era qualcosa che emanava quella spada, qualcosa di regale, prezioso, ma anche spaventoso … 

“E' una spatha romana, la lama è fatta d'oro imperiale, doveva appartenere ad un semideo – o guerriero – romano” aveva spiegato Lauren con una certa sicurezza soppesando la lama, impugnandola per vedere come stava, sembrava essere molto leggera, “Semideo Romano?” aveva domandato lui confuso. Lei si era voltata verso di lui, con un sorriso aperto sul viso, piuttosto splendido, doveva adorare sciorinare informazione alla gente, “Oh bene devi essere rimasto fuori dal giro per un po'” aveva cominciato.

Quando era tornato nella sua stanza Carter aveva scoperto di una guerra imminente, dell'esistenza di una dualità degli dei Romani, di un campo opposto a quello Mezzosangue, della Porta della Morte aperta e della Missione dei Sette.

E Carter che pensava Gea fosse l'unico problema.

In un certo senso non doveva stupirsi però dell’esistenza dei romani, si era ritrovato a pensare, perché Joelle non era certamente adatta al campo mezzosangue, così come aveva detto il satiro che aveva portato lì solo lui. Era romana, dunque? No, era qualcosa di diverso, qualcosa che non sembrava trovare posto.

“Ho fatto un brutto sogno” era stato svegliato dalla voce alta di Marlon, che non riusciva, neanche volendo, ad avere un tono basso – vizio della sua età. Carter aveva schiuso gli occhi, osservando lo sguardo preoccupato sul viso del suo mezzo fratello, anche lui aveva avuto incubi, che avevano il viso di sua sorella Heather morente. “Succede a tutti i mezzosangue” aveva sussurrato tirandosi sui gomiti, con un espressione alla fine non così preoccupata, mentre suo fratello si sedeva sul suo stesso letto, con uno sguardo ancora afflitto, “Sono gli dei che ci mandano messaggi” aveva chiarito lui, chiedendosi quali dei potevano, se erano tutti barricati dentro l'olimpo. “Cosa hai visto?” aveva chiesto Carter poi, guardandolo attentamente, “Stavano parlando di come farci del male” aveva sussurrato, “A noi figli di Apollo” aveva aggiunto, “Di come ci avrebbero ucciso dal primo all'ultimo” aveva aggiunto con una voce sottile.

Carter aveva accarezzato le sue spalle con un movimento gentile, nel cercare di rincuorarlo, “Quello con gli occhi verdi come il veleno, aveva uno sguardo così orribile” aveva detto abbastanza tetro Marlon, ticchettando le dita sul ginocchio.  “Continuava a parlare di come una donna … Cassandra aveva visto tutto” aveva mormorato, con gli occhi castani rivolti al pavimento.

Cassandra … Cassandra …

Carter si era messo a scavare nelle sue memorie quel nome, ottenendo solo vaghi echi, ma s’era poi distratto subito, osservando il viso preoccupato del suo fratellino, avrebbe voluto rincuorarlo meglio, come Lee aveva sempre fatto con lui e Michael, e come lui era riuscito in passato a fare con  Will e Kayla, ma un tocco ritmico sulla porta lo aveva fermato.

“Chi è?” aveva chiesto sgusciando dalle lenzuola, “Manto” era stata la risposta secca che aveva ottenuto; aperta l’imposta s’era palesata sull’uscio la giovane donna che gli aveva accolti la notte prima, con i capelli raccolti in una crocchia ed un tubino acquamarina, che formava un contrasto intrigante con l’incarnato caramello. “Salve” aveva borbottato lievemente confuso dalla donna, “La tua amica empusa si è mostrata molto insistente affinché ti permettessi di visitare le fonti termali” aveva ribattuto Manto, con le mani incrociate sotto il seno, “Certo” aveva risposto lui, voltandosi verso il fratello,  “Marlon va da Grace e Lauren” aveva soffiato, prima di voltarsi di nuovo verso la donna.

Manto sorrideva in una maniera leggermente fredda ed aveva un passo quasi militare, nonostante i tacchi vertiginosi su cui camminava, smaltati. “Come ci sei finiti a lavorare per Ermafrodito?” aveva chiesto, perché riteneva più lecito che un’indovina lavorasse per un dio e non per il contrario, “Il divino Ermafrodito aveva sempre avuto a cuore mio padre” aveva spiegato la donna con un tono diverso da quello che utilizzava di solido, più morbido e gentile, quasi autentico, “Così prima di discendere nell’averno, ha chiesto al dio di prendersi cura di me” aveva aggiunto senza vergogna. Ed Ermafrodito l’aveva fatto.

“Cosa cerchi dalle sorgenti?” aveva chiesto Manto di punto in bianco, fermandosi davanti un’alta porta di legno bianco, con pomelli d’oro dall’aspetto di due teste ruggenti di leoni. “Non eri tu l’indovina?” aveva chiesto Carter sarcastico, al che il sorriso sulla bocca della giovane donna si era tramutato in una smorfia, “Attento” lo aveva semplicemente ammonito, prima di aprire la porta per mostrare una stanza piuttosto ampia piena di diverse piscine, piastrelle rosa opache e statue di nudi, dai colori brillanti, “Questo posto è decisamente più grande di quanto sembri da fuori” aveva detto stupidamente Carter. Manto sorrideva come se lui le avesse appena fatto un enorme complimento,  “Indovina!” aveva cantato una voce, cogliendoli entrambi di sorpresa, “Salve anche a lei” aveva mormorato  la donna con un tono di voce caustico, volgendo lo sguardo verso la nuova venuta. Carter aveva potuto osservare una donna raggiungerli, anche lei era avvolta nell’accappatoio di spugna, solo che anziché essere bianco, era di un azzurro vivissimo, che sembrava riflettere lo stesso colore degli occhi, era una donna molto alta, dal viso spigoloso ed il crine nero come l’inchiostro colato, “Devi concedermi ausilio, hai rimandato troppo” aveva puntualizzato quella e Carter s’era beato della musicalità della sua voce, solo dopo avere realizzato parlasse in greco antico, oltre che in una maniera così arzigogolata.

Manto aveva sorriso certosina, “Le ho già spiegato, onorabile Cenis, che in questo loco troverà solo soluzioni a metà” aveva stabilito quella perentoria, mentre prendeva a camminare lungo le piastrelle, con il ticchettare dei tacchi come colonna sonora. “Non ho valicato le Porte della Morte per ritrovarmi frenata in codesta maniera” aveva commentato aspramente la donna inseguendola, era scalza ed aveva i capelli inumiditi e Carter si era trovato ad inseguire le due donne con una certe frustrazione.

Aveva portato le due dita alla bocca ed aveva fischiato per attirare il battibeccare delle due si di lui, Manto si era chiusa le mani sulle orecchie prima che potesse emettere un suono, perché era un’indovina, “O Zeus Impalato!” aveva ringhiato Cenis, portandosi le mani alle orecchie, con un ringhio frustrato, guardandolo con un certo odio, se lo sguardo avesse potuto uccidere, Carter si sarebbe ritrovato un giavellotto in pancia.  “Scusa …” aveva biascicato, allontanando le dita dalla bocca, “Udimi pupazzetto, ho tolto il respiro per molto meno” aveva ringhiato, pigiandogli un dito sullo sterno, gli occhi azzurri infuocati.

L’indovina aveva allungato una mano verso quella di Cenis e l’aveva stretta sul polso sottile dell’altra abbassandola di forza, “Gradirei non minacciassi di morte i miei clienti” aveva berciato con una certa imperiosità. Cenis era più bassa di Manto, ma sembrava ugualmente più letale con quello sguardo virulento, ma l’altra non sembrava neanche piuttosto intimorita, “Seguimi” aveva imperato poi l’indovina verso di lui, ammiccando con un movimento del capo verso il corridoio con le vasche. Carter l’aveva seguita senza proferir parola, passando di fianco a Cenis, cercando di non guardarla negli occhi, ma aveva potuto continuare a sentirgli brucianti sulla pelle, comunque non si erano liberati di lei, perché gli aveva seguiti.

“Vuoi schiarire la tua visione del futuro vero?” aveva chiesto Manto, fermandosi davanti una vasca, era di una grandezza media, ma non sembrava più profonda di un metro e sessanta, nel suo punto più cavo,  la piscina raggiungeva la parete, così dai due spigoli opposti figuravano due statue a cui Carter non aveva dato che un’occhiata veloce, preso più dalla parete di mosaico che riportava il ritratto di una città, diverse scritte dorate si ripetevano sul bordo, lui aveva capito fossero la stessa parola ripetuta in più lingue, tra cui il greco – e sorprendentemente anche il latino – che era riuscito a comprendere: Piangente.

Cenis se ne stava al suo fianco, “Questa piscina è composta dalle mie lacrime” aveva soffiato Manto, “Tecnicamente è raccolta dalle acque che circondano Mantova, ma sono le mie lacrime” aveva aggiunto la donna,  ammiccando con la mano verso la fonte. “Chiunque vi si immerga, acquista momentaneamente il dono della preveggenza” aveva ripreso poi a spiegare l’indovina, “Ed è piuttosto prezioso di questi tempi, con Pitone a Delfi chiunque dipendesse dalle doti divinatorie di Apollo, si ritrova offuscato se non accecato” aveva ripreso la donna. Carter si era appuntato di cominciare a chiamarla: Mantopedia. “Quindi basta che io mi immerga?” aveva chiesto, cominciando a slacciare la cintura dell’accappatoio,  ma la donna lo aveva fermato con un movimento rude, “Credo tu conosca le regole” aveva commentato con una voce profonda, “Favellate proprio una lingua sgradevole” era stata la sgraziata aggiunta di Cenis. Carter aveva deciso di ignorare la ragazza dagli occhi azzurri, per guardare l’altra,  “Non ho dracme con me” aveva risposto poi osservandola con un tono vagamente lugubre, “Dammi ciò di cui non sei mai riuscito a liberarti” aveva soffiato lei, allungando una mano verso di lui, a palmo aperto.

Carter era rimasto in silenzio, aveva sentito la gola secca improvvisamente, aveva stretto il pugno con un certo nervosismo, “Di cosa parli?” aveva chiesto invece, timoroso di sentire quella risposta, Manto l’aveva guardata con un espressione cheta, “Lo sai bene” aveva soffiato lei, con la mano ancora protratta verso di lui. Carter aveva sentito brividi lungo la schiena, “È dentro il mio zaino” aveva risposto poi onesto, pensando alla collana con le perle del campo. Quando si era presentato da Luke per unirsi alla causa, si era già liberato della maglietta arancione, ma indossava ancora la collanina, dopo aver giurato a Crono, Luke gli aveva detto di liberarsene e Carter aveva promesso che l’avrebbe fatto. Però non era mai successo, si era sfilato la collana ed aveva pensato a come, se buttarla nell’oceano e lasciare che l’abisso se la prendesse, se lasciarla bruciare nelle fiamme e ricavarne solo cenere, se lasciarla come decoro di una tomba pallida, per una ragazzina morta troppo giovane; alla fine non c’era riuscito.

L’aveva tenuta in mano, aveva pensato ai suoi fratelli, a Lee, Michael, Heather e a tutti gli altri, così non c’era riuscito e l’aveva nascosta dove nessuno l’avrebbe mai potuto trovare, per riguardarla nei momenti difficili, per ricordare quanto le cose erano diverse, non per forza più semplici o migliori, solo diverse. L’allegra risata dei suoi fratelli e tutto quello che si era lasciato alle spalle.

“Ed ora non vi sarà più” aveva cinguettato Manto con un sorriso sulle labbra, riportandolo alla realtà, Carter aveva potuto osservare che aveva smesso di tendere la mano verso di lui, “L’ho persa per sempre, vero?” aveva chiesto lui, con una voce vacua, “Può darsi, può darsi di no” aveva risposto lei. Lui aveva annuito, privandosi dell’accappatoio, poi delle scarpe, i calzini e della maglietta, restando in pantaloni e canottiera, “Muscolatura invidiabile” aveva commentato Cenis, imbarazzandolo. Carter aveva guardato Manto chiedendo implicitamente se avesse dovuto privarsi di più abiti, ma lei aveva sollevato le spalle, come se la cosa fosse semplicemente una sua scelta e lui si era sfilato i pantaloni, cercando di non pensare alle due donne al suo fianco, Manto non aveva detto nulla, rispetto a Cenis, ma lui l’aveva ignorata.

Carter aveva immerso i piedi nella vasca, c’era una piccola scalinata bianca, che conduceva al fondo e lui l’aveva percorsa un passo alla volta, sentendo i brividi di freddo lungo la pelle e rizzarsi i peli, forse sarebbe stato più intelligente lanciarsi direttamente in acqua. “Non so come dirtelo, ma credo dovresti cercare di affogarti” aveva mormorato Manto quando si era ritrovato i suoi occhi confusi addosso,  Carter aveva posato i piedi nella parte più profonda, emergeva dall’acqua di almeno venti centimetri e fino a quel momento nessuna ragnatela si era spostata dai suoi occhi. Cenis aveva sbuffato appena, “Avendo concluso con costui, ti è concesso favorire me?” aveva chiesto infastidita, Manto non aveva perso la sua espressione squisitamente finta e Carter aveva roteato gli occhi, prima di prendere un bel respiro ed immergersi per intero.

Aveva sentito l’eco delle voci di Cenis e Manto, mentre cercava di comprendere come lasciarsi annegare … senza, be, soffocare. Conoscendo la sfiga dei semidei probabilmente al cosa non era contemplata, era riemerso prendendo una buona boccata d’aria, osservando ancora le due bisticciare, poi si era immersa nuovamente, con gli occhi aperti, timoroso, se fosse andata male, chi lo avrebbe salvato? Aveva aperto le labbra, appena, lasciando l’aria fuggire e l’acqua entrare con irruenza spietata, il suo corpo era stato sconvolto dagli spasmi, era così vicina la superficie ma improvvisamente così inarrivabile.

Ed improvvisamente aveva respirato, vomitando appena dell’acqua, sentendo le gambe molli, s’era ritrovato con le ginocchia puntate sull’erba verde, di una primavera splendente. Aveva alzato lo sguardo trovando stranamente qualcosa di famigliare in quel paesaggio: un altura collinare verde, non lontano da lui si innalzava un folto pino, “No” aveva bisbigliato Carter. Non voleva voltarsi e temere di avere davvero ragione, che alle sue spalle c'era il Campo Mezzosangue, la casa che aveva volutamente abbandonato.
Prima che potesse farlo davvero, voltarsi e vedere quel mondo che lo spaventava, aveva intravisto tre figure risalire la collina, erano piuttosto vicine e Carter aveva impiegato qualche minuto per comprendere che la figura centrale era sorretta dalle altre due, che la tenevano per la vita, mentre questa teneva le braccia attorno alle spalle delle altre due. Carter si era avvicinato ai tre, vedendoli in difficoltà nell'arrancare, avvicinandosi aveva potuto riconoscere le figure, la prima che gli era saltata all'occhio era stata proprio quella centrale, una ragazza pallida come un cencio, emaciata e con pulsanti vene nere che ne ricoprivano l'epidermide, i capelli rossi secchi e sporchi …. era Heather, con il dolore a rovinarle il viso. “Heat” aveva urlato il suo nome, ma la ragazza non lo aveva sentito, continuando a farfugliare cose che non poteva comprendere a mezza bocca agli altri due, allora Carter aveva volto l'attenzione sulle altre due figure. Una ragazza scura, dal crine riccioluto e corvino e l'altro era un giovane allampanato dai capelli castani coperto di efelidi chiare, erano Bernie figlia di Ecate, una delle due oscure gemelle LaFayette e Alabaster C.Torrigton, il figlio di Ecate; due mezzosangue che avevano servito Crono nel corso della guerra. Bernie e sua sorella erano state primariamente sue compagne, rispetto il ragazzo, ma Carter provava uguale gioia nel vederli, vivi e salvi, o almeno parzialmente, Heather sembrava letteralmente sul punto di morire. Come l'aveva vista lui nelle sue visioni, fino a quel momento.

“Ci siamo quasi” la voce di Bernie era sottile e gentile, con le dita affusolata aveva accarezzato i capelli ramati della sua sorellastra, “Rivedrò Darren, un'ultima volta” la voce di Heather era così bassa, da essere sembrata a Carter un miagolio. “Heat!” l'aveva chiamata lui, correndo incontro a loro, che non sembravano riuscire a vederlo. “Tu non morirai!” la voce di Alabaster era decisa e dura come il ferro, gli occhi verdi erano lucente ed inumiditi quasi da un pianto, la ragazza che arrancava aveva per un momento fermato i suoi piedi, costringendo gli altri due ad arrestare l'avanzata, “Sei una bella persona Al” aveva soffiato, ogni sua parola sembrava un agonia, “Prenditi cura di Jude, anche se dirà di non averne bisogno” aveva aggiunto, prima di voltare lo sguardo verso Bernie. “E tu sei una bella persona, non lasciarti convincere del contrario” aveva commentato, slacciando le braccia dalle spalle dei ragazzi.
Heather si era afflosciata sull'erba, livida e coperte di nero, il viso ridotto ad una maschera di dolore. Alabaster aveva posato la fronte sulla sua, con le mani posate sulle guance, “Ci siamo quasi, Heather, devi resistere solo un altro po'” aveva sussurrato, mentre Bernie aveva cominciato a corre, Carter si era voltato per osservarla superare il pino ed infilarsi sotto l'arco che annunciava l'ingresso del campo mezzosangue, gridando perché qualcuno venisse ad aiutarli – gridando per Darren.
“C'è il Vello D'Oro!” aveva strillato Carter, anche se non potevano sentirlo, ma quando aveva visto il pino aveva notato l'assenza della magica stoffa da sopra le fronde, dovevano averlo spostato, “Perchè i Romani avrebbero potuto prenderlo” aveva sospirato Carter, pensando a quello che Lauren gli aveva raccontato.
“Di a Carter ...” quel suono lo aveva stordito, lui aveva voltato lo sguardo verso la sua sorellastra e le sue labbra appena un po' schiuse, “Risparmia le forze” aveva detto Alabaster, tenendole le mani, le sue dita brillavano di una qualche luce viola che risaliva sulla pelle di Heather, stava cercando di darle la forza. Lui era caduto sulle ginocchia al suo fianco, per osservare quel viso così scosso dai dolori, mentre Alabaster lasciava le sue dita, per mettere le mani una sotto le sue spalle, una sotto le sue gambe, “Dimmi tutto, Heather, ti sento” aveva sussurrato Carter, cercando di prenderle una mano, ma le era passato in mezzo. Non era veramente lì, non sapeva neanche Quando fosse lì.
Sua sorella non era riuscita a dire cosa voleva che fosse riferito a lui ed Alabaster l'aveva sollevata tra le sue braccia, per portarla verso qualcosa – il pino, il campo, Carter non lo sapeva – ma prima che potesse dire altro, l'immagine si era dissolta davanti ai suoi occhi lasciandolo con un senso di vertigine e nausea.

 

Sentì l’aria nei polmoni e delinearsi davanti i suoi occhi la sala della piscine della Fontana di Salamace, “Non volevo infastidire il tuo bagno ristoratore, ma abbiamo una certa urgenza e sarà necessario ogni braccio armato disponibile” aveva commentato una voce femminile. Cenis lo stava tenendolo per il busto, affinché tenesse la testa fuori dall’acqua, “Devo parlare con Manto … O Grace” aveva bisbigliato. Doveva capire, doveva sapere.
La ragazza dal crine scuro l'aveva trascinato verso il bordo e poi lo aveva fuori con un movimento deciso, era in possesso di una certa forza, nonostante il corpo minuto. Carter aveva continuato a respirare solamente, sentendo l'aria nei polmoni quasi bruciare, mentre Cenis lo obbligava a stendersi sul pavimento, ignorando le sue proteste di volersi alzare, “Ho visto …” aveva cercato di dire, mentre la visione si rimanifestava con l'irruenza di una valanga nella sua memoria. Heather stava morendo, o almeno lo avrebbe fatto prima o poi, cercando di dire qualcosa per lui. E Carter non sarebbe stato lì. Lui doveva esserci.
“Giovane” gli aveva detto Cenis, teneva le sue piccole mani sopra i suoi zigomi, “Se non vuoi morire, devi riprenderti” aveva mormorato, il suo tono era stoico e fermo. “Di cosa parli?” era riuscito a sputare fuori, non era lui che rischiava di morire, ma Heather …. come Joelle. No! Non era giusto.
Lei aveva emesso una specie di basso ringhio, “Flegias, figlio di Ares ed un Re dei Lapiti, è venuto qui per trucidarti, figlio di Apollo” aveva rivelato Cenis, con un tono piuttosto perentorio, “Re dei chi? E perché? E chi è?” aveva domandato lui confuso, piuttosto nervoso. Non aveva tempo per pensare a quel tizio, chiunque esso fosse, doveva pensare alla sua sorellastra, di cui aveva avuto visione di morte per due interi giorni.
Cenis lo aveva fissato con durezza, gli occhi blu quasi abissali, “I Lapiti, un popolo degno di tutti gli oneri, discendenti da Apollo, parenti dei Centauri e fidati di me, qualcuno contro cui non mettersi” aveva sputato fuori lei, “Rispetto al perché possiamo enunciare che non abbiamo tempo per un addottrinamento di mitologia. Narriamo solo che Flegias ha deciso di porre fine all'intera stirpe degli Apollidi” aveva commentato con sicurezza lei.
Anche Heather … e Marlon?
No! No! Suo fratello era troppo innocente.

"Quindi un Re di un leggendario popolo vuole ucciderci" aveva carburato Carter e quel plurlae maiestatis era scivolato sulla sua lingua con estrema naturalezza. Aveva sentito il dramma dei figli di Apollo sulla sua pelle.
Si era messo in piedi, con un movimento un po' sbilenco, il suo corpo formicolava ancora tutto ed ancora spaesato aveva cercato i suoi vestiti, qualcuno gli aveva appesi sul braccio alzato di una statua dalle due facce. Giano non avrebbe gradito che un suo simulacro fosse usato come appendiabiti, ma onestamente Carter degli dei se ne fregava decisamente poco. "Possiedi ferri?" aveva chiesto Cenis, mentre si liberava del suo accappatoio restandosene con una mantella leggera che arrivava alle ginocchia, c'era una certa fierezza nel suo sguardo; Carter aveva estratto l'accendino dalla tasca dei pantaloni, appena infilati, lei era sembrata turbata dallo strano oggetto. Lui aveva fatto roteare la rotella, ma invece di nascere una fiamma, si era ritrovato in mano una spada, dalla doppia lama di ferro e bronzo celeste "Si” aveva detto goliardico, “Ma non ho un'armatura o altre protezioni” aveva berciato. “Fortunatamente ho scovato una stanza piena di cianfrusaglie in cui ci sarà sicuramente qualcosa" aveva sputato fuori Carter aveva parlato in inglese e se n'era accorto poi, timoroso che la donna non avesse compreso, ma Cenis aveva decisamente compreso.
Infondo sembrava essere stato in grado di capire benissimo i discorsi che avevano fatto lui e Manto.

 

 

"Ermafrodito quindi se l'è filata?" aveva sentito la voce di Lauren. La figlia di Afrodite era già dentro la stanza delle cianfrusaglie, dove fino alla notte prima stavano limonando allegramente, Carter l'aveva intravista dall'uscio ancor prima di entrare; Lauren se ne stava in tuta, con un armatura oplitica semi-messa e teneva in una mano la lama che aveva puntato la notte prima. Manto era al suo fianco, stavano parlando con una certa animosità, ma non sembrava una discussione, la maga se ne stava ancora sistemata nel tubino acqua marina, ma teneva in una mano una fiala di vetro – e Carter era certo fosse fuoco greco.
Lui e Cenis aveva attraversato l'uscio, che Joe si era palesata davanti a loro, l'armatura di ferro lucido di stampo medievale. "Siete arrivati" aveva detto tenendo con una mano il suo martello infiammabile, il suo tono era parecchio irritato, Carter non sentiva di avergliene a male, probabilmente rischiavano tutti di morire per colpa sua. "Il giovane non voleva lasciare le braccia di Morfeo" aveva sussurrato Cenis con con un mezzo sorriso, ammiccando a lui, mentre si allontanava da lui per cercare una qualsivoglia arma.

Lauren aveva sorriso vedendolo, Manto si era preoccupata di chiarire che effettivamente il dio se l'era filata. Grace era comparsa davanti a lui, l'incarnato olivastro era cereo ed i capelli scuri erano fiamme crepitanti, le sue vere gambe erano in mostra, la zampa d'asina e quella fatta di bronzo celeste. Se la creatura non stava lavorando con la foschia per avere l'aspetto gradevole, voleva dire di avere bisogno di tutto il suo potere. "Marlon?" aveva chiesto lui immediatamente, pensando agli incubi che avevano martoriato il suo fratellino quella notte, assieme alla vivida immagine di Heather in punto di morte, "E' con Emma" aveva detto immediatamente l'empusa, ammiccando alla mezzosangue mancante. Joe aveva annuito, "Voleva venire anche lei, il richiamo della guerra, ma, per l'orco, deve riprendersi" aveva berciato imperiosa, con gli occhi scuri stretti. Emma doveva essere ancora troppo debole per potersi lanciare di nuovo in battaglia.

"Perchè gli dei se la filano sempre nel momento del bisogno?" aveva domandato con una certa isteria Lauren, con una mano alla tempia, infastidita, "E' la loro becera indole" aveva detto Cenis, mentre frugava tra le cose alla ricerca di qualcosa da poter infilare, aveva avuto un tono macabro, che Carter sentiva di condividere, "Non possono aiutarci se non dimostriamo di meritarcelo" il commento di Carter era arrivato quasi senza che se fosse reso conto, con un tono basso e gutturale, ottenendo un'occhiataccia da parte di Joe, d'altro canto lui non aveva osato guardare Lauren.

Un ragazzo si era schiantato letteralmente nella stanza, inciampando nei suoi stessi piedi e finendo per cadere per terra e portarsi dietro la bionda figlia di Efesto, che con tutto l'armamentario medievale era accolta dal pavimento con una cacofonia di suoni. 

Carter lo aveva osservato mentre cercava di rimettersi in piedi, aveva i capelli scuri come la macchia di inchiostro, una carnagione malaticcia ed un fisico secco, era il ragazzo che aveva visto la notte prima nella stanza con i tavoli, quella che aveva il balcone dove aveva parlato con Grace. "E tu chi saresti, per grazie divine?" aveva chiesto irritata Joe spingendolo via, con i capelli biondi annodati e la coda bassa sfatta, il ragazzo era balzato in piedi aggrappandosi ad un mobilio, ignorando la figlia di Efesto a pie pari, "Allora sono in sei, un uomo insieme a due centauri e tre bicefali" aveva detto perentorio, mentre la stanza si riempiva di assistenti concitati del centro.

"Nessuno di noi è un combattente" aveva ammesso Manto con un tono basso, mordendosi un unghia, "Potresti sbatterci fuori" aveva proposto Lauren con un tono di voce piatto, mentre continuava a rimirare la spada che l'aveva tanto presa prima. A quel punto Cenis aveva riso con un certo gusto ed una qualche amarezza, "Se ci sbatte fuori, perde l'unica cosa certa che potrebbe garantirle una qualche incolumità" aveva ammesso poi, il suo tono era duro ed implacabile di chi conosceva bene quelle cose, "Entreranno, deprederanno e gli dei sanno cosa altro" aveva ammesso.

Il ragazzo che nel frattempo aveva sfilato, da chi sa dove, la spada d'oro scintillante che Carter gli aveva visto affilare la sera prima, "Non ho capito una parola, tesoro" aveva berciato contro Cenis, la confusione evidente negli occhi scuri, "Sei stupido?" aveva domandato di rimando la giovane donna, "Grande Giove, lo so che tu mi capisci, io non capisco te" aveva ripetuto, con un tono di chi stesse dicendo un'ovvietà.

"Sei un romano, vero?" aveva chiesto Lauren, con un sorriso leggermente incerto, ottenendo lo sguardo di quello, "Oh santi numi, quel sociopatico di Ottaviano aveva ragione, esistono i greci" aveva detto squillante quello, Joe aveva sbuffato e Grace aveva tossito ottenendo l'attenzione di tutti, che perentoriamente aveva ricordato a tutti che un re di un mitologico popolo era arrivato lì assieme ad un gruppo di mostri, anche se non aveva usato quelle parole, sarebbe stato un po' ipocrita.

"Ci serve un piano d'attacco" aveva stabilito Lauren poi, attirando nuovamente l'attenzione su di lei,  "Vuoi progettarlo tu, figlia di Afrodite?" aveva chiesto Manto con un espressione crucciata sul viso, cosa che non aveva allietato per nulla la ragazza in questione. "Enea era un figlio di Venere" l'aveva difesa, con una certa imprevedibilità, il ragazzo con i capelli scuri, "La guerra e l'amore sono amanti" aveva berciato Cenis con una certa sicurezza. "Apprezzo la vostra gentilezza" aveva soffiato Lauren, attirando nuovamente l'attenzione su tutti. Joe le stava piantonata al fianco, con una guardia, mentre sembrava mal tollerare la cotta che si era stretta addosso; "Per prima cosa mi serve tutto il necessario su Flegias" aveva imperato con una certa sicurezza la figlia di Afrodite, ma Carter non era certo fosse autentica. Continuava ad avere l'immagine di Lauren immobile soffocata dalla paura, mentre loro affrontavano Tizio. "In inglese possibilmente" aveva squittito il ragazzo dai capelli scuri, con una voce quasi miagolante, ottenendo una sinistra occhiataccia da Cenis, "Era un arseide, dal vigore di cento leoni e l'ira divampante come un incendio che non poteva avere fine. Governava sugli uomini, era Re dei Lapiti, un popolo di nobile stirpe e gloria viva, i discendenti del Re Flegias furono eroi di grande vigore, ma come lui furono puniti tutti o quasi per la loro tracotanza" aveva raccontato Cenis, con gli occhi azzurri appena un po' lucidi, "Non è che hai detto molto" aveva fatto notare Joe con qualche riserbo. "La hybris è sempre stata il difetto dei lapiti" aveva mormorato Manto, con le labbra sigillate in una smorfia, "Come quello che pensò bene di sposare la moglie di Ade?" aveva soffiato Grace con timore, passandosi le mani sulle braccia pallide, "Ed ognuno di loro ne ha pagato la colpa" aveva detto Cenis, con un espressione crucciata.
Ogni occhio era finito nella sua direzione e la cosa non sembrava averla lasciato con molto entusiasmo, “Sei una Lapita, vero?” aveva chiesto Grace con un sorriso abbozzato, una certa delicatezza nella voce, il viso di Cenis sìera fatto esangue, come se fosse stata colpita con del fuoco vivo, “Lo sono stata” aveva ammesso poi. Oh fantastico, era stato il primo pensiero di Carter, “Allora Flegias non dovrebbe essere il tuo Re?” aveva risposto lui quindi prontamente, Cenis aveva inclinato il capo, guardandola con un certo fastidio, “Pritoo, suo nipote, era il mio Re” aveva risposto meccanicamente lei. “Flegias poi è venuto con dei Centauri e … loro mi hanno ucciso” aveva soffiato, con le mani sulla vita e gli occhi che emanavano parecchia rabbia.

Lauren aveva attirato nuovamente l'attenzione su di lei, con un sonoro battimano, “Ragazzi concentrati! Non abbiamo molto tempo” aveva detto con una voce squillante, “Voglio sapere in cosa ognuno di voi eccelle!” aveva aggiunto poi.

 

 

“Mi sono reso conto che non so il tuo nome” aveva soffiato il ragazzo dai capelli neri, mentre infilava un capello morbido di un arancione vivace sul capo, “Io non so il tuo” aveva risposto Carter di rimando standoli accanto. Erano acquattati sotto una delle vetrate del pian terreno, mentre cercavano di studiare dove fossero Flegias e gli altri, “Druso Reed, mi chiamano tutti Drew” aveva commentato quello, allungando una mano verso di lui, sull'avambraccio aveva un tatuaggio, quattro lettere nere, sotto una specie di figurino umano stilizzato e sei lunghe linee scure, “Carter Gale” aveva replicato lui, stringendo la mano protratta verso di lui.
Drew aveva posato le spalle contro il muro, facendo attenzione a mantenere la testa bassa e l'accesissimo cappello fuori dalla portata di Flegias ed i suoi uomini; Carter non si era ancora affacciato per vederli, sapevano che erano sei. Due bicefali, tre centauri – Cenis aveva preteso che uno di essi perisse per sua mano – e Flegias che era lì per lui … e per Marlon. Era suo dovere proteggerlo, in qualità di fratello maggiore.
E per tutti i figli di Apollo, orgogliosi di esserlo o meno.
“Andrà tutto bene” aveva sussurrato Drew, con gli occhi chiusi, poi aveva ripetuto a mezzabocca qualcosa in latino, in maniera ritmata, come se fosse stata una cantilena. “Ripassiamo il piano?” gli aveva chiesto poi, improvvisamente. Carter stava rimirando l'arco e le frecce che Manto si era occupato di dargli, portava invece la sua fedele spada legata alla cintura, “Certo, tu li impasticci con l'argilla” aveva detto Carter, ricordando quando Lauren aveva dato tale compito al ragazzo appena aveva saputo della capacità di quello, “Gracie la solidifica con le sue fiamme” aveva aggiunto poi. Drew aveva tremolato appena, nel rendersi conto di quanto importante fosse il suo compito, “Poi tu, Martello Infiammabile e MissLaVostraLinguaMiFaSchifo li finirete” aveva sussurrato il Romano.

Proprio un piano infallibile, eh, cosa mai avrebbe potuto andare storto?
Non voleva neanche condannare Lauren e sminuire la faccenda: da una figlia di Afrodite che ti aspetti?
Perchè anche sull'orlo di una crisi di nervi, era riuscita comunque a pensare qualcosa a differenza degli altri.

“Ma perché Flegias odia te e i tuoi fratelli?” aveva chiesto Drew, Carter si era reso conto che il ragazzo era decisamente una lingua lunga, non sapeva se questo fosse un bene ed un male, non sapeva neanche se in quel momento era orribilmente grato che l'altro smorzasse una tensione che poteva essere affettata come burro o seccato perché lo stava distraendo quando probabilmente sarebbero morto da un momento all'altro. “Cenis ha detto che Flegias è uno che odia tutti” aveva spiegato immediatamente, ripensando a tutto quello che aveva comitato su di lui, la lapita, “Be, questo è perché non capisco una parola di quello che dice” aveva rimarcato con un certo distacco Drew, con uno sbuffo, frustrato. Cenis conosceva l'inglese, la prova era che comprendeva benissimo i loro discorsi, ma nonostante tutte le richieste di Drew aveva continuato a parlare in greco arcaico; una donna difficile. “Comunque pare che Flegias avesse una figlia, Coronis … o qualcosa del genere” aveva ripreso, il racconto glielo aveva fatto Lauren, mentre continuava a rimirare la spada che aveva rubato in precedenza, Carter era andato da lei per dirle qualcosa, ma non c'era riuscito, ritrovandosi ad ascoltare il discorso della ragazza. “Apollo la ha ingravidata, sai la novità” aveva soffiato con un tono calmo, “Flegias ha cercato di dar fuoco al tempio di Delfi e per vendetta e mio padre lo ha trivellato di frecce” aveva terminato, poi c'era stato anche una qualche maledizione che aveva perseguito il dio fin negli inferi, ma Lauren era stata distratta da Cenis che ripeteva fossero tutti pronti e Carter dal ritorno di Grace, che era scomparsa per andare a vedere come stavano Emma e Marlon.

Drew aveva preso un rumoroso respiro, “Grande Giove, quanto odio questa cosa” aveva ammesso il ragazzo con gli occhi bassi, “No sai? I peccati dei padri che ricadono sui figli” aveva aggiunto, con una mezza smorfia; “Tipo mia madre, lei è in guerra sia con Gaia sia con Giove” aveva mormorato con voce accondiscendente. Oh be Carter poteva immaginare del perché fosse capitato con loro nel bel mezzo del niente, era un esule come lui in un certo senso, Gea odiava tutti i mezzosangue e Carter si era praticamente inimicato gli dei, in fin dei conti era capitato anche a Drew, solo che probabilmente lui non aveva scelto quella vita.
Carter stava per chiederli se fosse per quello esule …
Se effettivamente fosse esule …
Ma poi le cose erano cominciate.

 

“Sono sicuro si possano risolvere le cose” aveva gridato Manto, era sul balcone al secondo piano, Carter poteva sentire la sua voce fin troppo lontana, ma poteva immaginarla mantenersi ferrea sul balconcino, con il vestito acquamarina e l'espressione dura. “Manto la strega immagino” aveva risposto qualcuno, una voce profonda e gutturale, “Gea spera tu possa unirti a noi” aveva aggiunto quello. “Rifiuto cordialmente” aveva risposto la donna, “E vi invito con gentilezza ad andare via” aveva berciato, “Potremmo lasciar impiedi questo posto se mi dessi i due figli di Apollo che nascondi lì dentro” aveva ribattuto la voce, con un tono lusinghiero, qualcuno aveva nitrito. “Certo” la voce di Manto era stata secca e dura, per nulla sedotta da quelle parole, “Porti con te un branco di mostri” aveva aggiunto la maga con sicurezza, “Alcuni dei quali sono noti per la loro voracità” aveva risposto la donna.
Il fatto che i Centauri ed i Bicefali si sarebbero avventati sulla strutta, su tutti i tesori che nascondeva e gli ospiti era l'unica ragione per cui Flegias non lo stava già prendendo ad accettate, perché ci scommetteva Manto non era il genere di donna che faceva la carità quando c'era la sua vita in palio.
“Bei hai ragione” aveva ribattuto la voce gutturale, con una risata piuttosto sorniona, “Perchè il mio amico Phil qui aveva proprio voglia di divertirsi” aveva aggiunto, “Potrei cavalcare te, splendore” aveva urlato qualcun altro.
“Al limite del disgustoso” aveva borbottato Drew, con voce disgustata, Carter non aveva avuto il cuore di dirgli di doverlo temere anche lui un destino simile – prima della morte chiaramente – visto che era così smilzo e femmineo. Prima che potessero dire altro, un forte scoppio li aveva distratti, “Manto ha lanciato il segnale” aveva sussurrato Carter, la maga aveva lanciato unafiala di fuoco greco verso Flegias ed i suoi, visto che non si era dipanato alcun urlo di dolore non doveva averli presi. Quando lui aveva visto la strega, con quel sorriso tirato e gli occhi cupi tenere la boccetta tra le mani, ondeggiandola lentamente per mostrarla a Lauren, i cui ingranaggi correvano veloci per partorire un piano in cui tutto poteva andare storto, Carter aveva sentito la paura schiacciante ed aveva afferrato la mano di Grace, aveva ricordato l'esplosione della Principessa Andromeda. Si era salvato solo perché non era stato vicino al fulcro dell'esplosione e Grace si era buttato con lui giù dal ponte; Grace che creatura meravigliosa.
“Madre assistimi” aveva sussurrato Drew alzandosi in piedi e Carter era rimasto in silenzio, con l'arco tra le gambe, il romano aveva aperto la finestra, improvvisamente la luce dei lampioni piazzati nello spiazzale esterno, aveva illuminato la loro posizione in una maniera quasi sinistra. “Sono sicuro possiamo risolverla pacificamente” aveva schioccato la lingua Drew attirando tutti e sei paia di occhi si erano direzionati verso di lui e Carter si era stanziato al suo fianco, con l'arco incoccato. I bicefali avevano un aspetto raccapricciante, con occhi cattivi di un colore perlaceo, uno indossava un chitone greco, mentre l'altro l'armatura oplitica, tre Centauri erano nerboruti, incazzosi e con lo sguardo di fiamma, “Carter Gale, cercavo proprio te!” aveva esclamato l'uomo, indicandolo con la punta del coltello. Flegias non era molto alto, ma era ben piazzato con le spalle larghe ed i muscoli tonici, occhi neri come il carbone ed i riccioli scuri lunghi fino alle spalle, il sorriso sembrava un brutto squarcio sulle labbra, aveva ricordato a Carter i membri della cabina cinque al campo mezzosangue. Nonostante tutto urlasse di Flegias la sua origine antica, indossava un abbigliamento piuttosto moderno, un'uniforme mimetica, ignorando l'anello di oro lucido che portava attorno alla testa, spesso almeno tre dita. “Ho tutta l'intenzione di sbudellarti e far avere a tuo padre i tuoi resti” aveva rivelato con un sorriso raggiante Flegias, “Dubito gli importi qualcosa” aveva replicato Carter per smorzare la situazione, mentre osservava le dita di Drew tremolare, “Ho intenzione di sterminare tutta la sua fastidiosa progenie, prima o poi lo becco il figlio prediletto” aveva ribattuto l'uomo. “E' così soffrirà come quella puttana di sua sorella ha fatto soffrire me” ringhiò Flegias, con la furia di Ares in persona negli occhi.
“Io devo insistere ancora per la pace” aveva aggiunto allora Drew, con sicurezza, Flegias gli aveva riso in faccia, “Ragazzino se ti fai da parte, potrei scegliere di darti una morte non poi così dolorosa” aveva ringhiato quello. Drew aveva sollevato le spalle, un sorriso strano adornava il viso, un autentica faccia da schiaffi, “Sa, Flegias, io sono un pacifista, ma delle mie parti la pace ha tutto un suo modo di essere” aveva detto perentorio sollevando le braccia verso il nutrito gruppo di nemici, con i palmi aperti verso di loro. “Si vis pacem, param bellum” urlò Drew.
Carter aveva sentito letteralmente la terra tremare, da ogni spaccatura del suolo, da ogni dove era arrivata l'argilla, in polvere, melmosa, mischiata alla terra, un po' di tutto, dei colori che andavano dal bianco sporco, il rosso e la fanghiglia. In parte le stesse articolazioni di Drew si erano smostrate in quella forma, uno spettacolo aberrante, “Mio dio sei Clayface” si era lasciato sfuggire Carter, sentendosi l'attimo dopo un perfetto idiota, “Carter!” era stata l'unica risposta del romano, mentre tutta quella poltiglia, che aveva colto di sorpresa il gruppetto, s'era avvolta su di loro, bloccandogli le gambe, le braccia. “Adesso!” la voce squillante ed alta di Manto, Carter non la vedeva, non lontano da loro, gli aveva risvegliati ed allora aveva visto una scia di rosso incandescente scivolare giù dal tetto come una scheggia, Grace era fuoco ed era veloce, non sembrava diverso da null'altro che un turbine rosso di fuoco, che lasciava terra bruciata ad ogni suo passo ed aveva cominciato a correre con uno slancio inumano intorno a loro, per avvolgerli in una specie d'uragano di fuoco. “Attenta bambolina! O rischierai di prosciugarti” aveva gridato con scherno un bicefalo, ingnorando che il calore del fuoco stava solidificando la fanghiglia, però aveva ragione, era stato il lampo che aveva bloccato Carter, la vampata più potente di un empusa era l'ultima, l'estremo atto di difesa, come un ape che punge, non sapeva però se per caso una fiamma portata all'estremo poteva uccidere un empusa.
Quando un empusa moriva l'ultima fiamma era la più forte o la fiamma più forte uccideva l'empusa?
Grace non morire, che senza di te non posso farcela, era stata la preghiera di Carter.
Le fiamme s'erano fatte rade ed il corpo della creatura aveva cominciato a farsi più visibile a nudo occhio, pallida come un cencio e con il crine nulla più che composto di qualche linea di fuoco, Grace era stata costretta ad arrestare la sua corsa, vene nere pulsavano sul suo corpo e la sclera degli occhi era giallognola, infinitamente malata, le punta delle dita carbonizzate. L'argilla però sembrava solida, Drew aveva abbassato le mani, rivoli copiosi di sangue scarlatto scendevano dal naso e le gambe si erano fatte di burro – metaforicamente, perché letteralmente erano tornate compatte.
Il primo colpo l'aveva sferrato Cenis con una sicurezza incredibile, scavando con la sua lancia un buco nel petto umano del centauro, proprio all'altezza del cuore, che aveva passato il corpo da parte a parte, “Che goduria” la voce di Cenis era allegra e carica, mentre lei scendeva da una finestra del secondo piano con un balzo piuttosto netto e felino, i capelli neri raccolti in una crocchia e con un'altra lancia alla mano. “Quell'accento lo riconoscerei ovunque” aveva notato Flegias, per nulla turbato dalla situazione in cui si era ritrovato, “Tu sei della mia gente” aveva aggiunto poi, guardandola con un certo biasimo, “Aye, sono Lapita ed ho servito con dedizione il Re Pirito, tuo nipote” aveva detto con orgoglio lei, “È perché allora, fanciulla, combatti contro i tuoi compagni?” aveva chiesto Flegias con un sorriso cattivo ad adornargli il viso, Cenis aveva sorriso in maniera irrisoria, “Sei tu che ti affianchi ai tuoi nemici, i tempi che i Centauri ed i Lapiti erano compagni sono finiti, mio Re” aveva ribattuto lei combattiva.
“Davvero non è il momento di far chiacchiere” aveva strillato Joe, Carter non l'aveva vista arrivare, teneva tra le mani il suo martello, le cui estremità avevano già cominciato a fumare, “La tua deliziosa amica ha ragione” aveva commentato uno dei Centauri con un sorriso tutt'altor che preoccupato sulle labbra; poi era andato tutto a rotoli.
Flegias aveva una mano che non era rimasta prigioniera della cera, ma era anche senza armi, questo non gli aveva impedito di strappare qualcosa dalla sua cintura, qualcosa che era poi divenuto un remo di legno nero, da sembrare quasi marcito. “Questo non l'avevo previsto” aveva ammesso piatta Lauren, Carter l'aveva trovata su un balcone esangue, proprio al fianco di Manto, armata da un numero inverosimile di intrugli in pozioni, “Abbatteteli idioti!” aveva strillato la maga cominciando a lanciare le sue pozioni. “E' solo un remo di legno” aveva fatto notare Joe, mentre il suo martello aveva preso fuoco, “No, è un remo infernale” aveva cominciato a spiegare Grace, ma la voce era sottile come del vetro spezzato e si teneva su in piedi a fatica, “Flegias è un traghettatore nell'Ade” aveva urlato Lauren.
Quando Carter aveva fatto scoccare la freccia era già stato troppo tardi, perché il remo aveva toccato la cera e quella si era crepata al punto di essersi rotta da sola, come un esplosione facendo schizzare le scaglie ovunque. Drew aveva creato un muro di cera molle, che aveva assorbito i frammenti, con eccezionale tempisto, cadendo l'attimo dopo per terra sconvolto da leggere convulsioni, mentre la barriera si liquefaceva come neve al sole.
“Temo abbiate perso l'effetto sorpreso ed il ceramista” aveva riso Flegias, “Be, io nel frattempo ti ho beccato” aveva constato Carter, ammiccando alla sua freccia, che si era conficcata nel petto dell'uomo, poco più sopra del cuore, ma se si era aspettato che presto una pozza di rosso avrebbe cominciato ad insozzare la maglia mimetica questo non era successo, “Sfortunatamente per morire, Carter Gale, bisogna essere vivi” aveva scherzato lui.
Un mana? Un goul? Un daimon?
Cosa?
“Uno zombie incazzoso, Emma si mangerà le mani per esserselo perso” aveva soffiato Joe prima di scagliarsi verso uno dei bicefali, facendo roteare il suo martello infuocato, con un vigore stratosferico negli occhi, Carter l'aveva coperta scagliando qualche freccia e Cenis si era lanciata nello scontro, pireottando con la sua lancia, contro un irruento centauro. Lauren si era buttata giù dal balconcino, agitato a destra e manca la sua arma, Grace si era sollevata ed era andata verso di lui, “Proteggi Drew e non fargli arrivare da Marlon” aveva detto immediatamente Carter, mettendoli le mani sulle gote, prima di liberarsi dell'arco per ritornare a brandire la sua fedele compagna.
“Cosa è?” aveva chiesto immediatamente a Lauren, ammiccando a Flegias che era stato frenato da una bomba di Manto, “Credo che l'aver fatto il traghettatore, deve aver ridato una certa soldità alla sua anima nell'orco” aveva cominciato a sputare fuori Lauren, a raffica, come una macchinetta, cominciando a sparare elaborate teorie, sul fatto che forse era uscito dall'Ade senza aver passato le Porte della Morte o facendolo non aveva recuperato il suo corpo mortale, o semplicemente il suo corpo vivo. “Credo potremmo dire che sia un'ombra molto solida” aveva ipotizzato.
Fantastico.
Come si uccide un'ombra?

Carter aveva spinto via Lauren, che era finita per cadere per terra, per evitare che Flegias la tagliasse in due, “Non farti distrarre dalla tua bella, Carter Gale” aveva detto con un sorriso sornione sulle labbra e la spada in una mano ed il remo nell'altra e lasciando a lui il dubbio di quale fosse più saggio evitare. “Senti Flegias, io con mio padre non ho mai avuto nulla da spartire” aveva preso tempo Carter, indietreggiando appena, lanciando sguardi preoccupati verso i suoi compagni, Drew era ancora stretto nel mondo dei sogni, tra le braccia di Grace, Cenis stava danzando attorno ad un centauro che sembrava intenzionato ad ucciderla con una zampata, Manto cercava alla belle e meglio di sopravvivere ad un bicefalo che le aveva già morso una spalla, l'altro era stato appena sbalzato via da una ponderosa martellata di di Joe, rimaneva un solo centauro ed aveva puntato senza molto dubbio Lauren, che si stava tirando su, armata della spada con un espressione al limite dello sconcertato – era di certo la più brillante figlia di Afrodite con cui Carter avesse avuto a che fare.
Si era distratto e questo avrebbe dovuto segnare la sua morte, perché la punta della spada di Flegiasa aveva avuto modo di passare sulla sua guancia, gli avrebbe staccato di netto la testa se qualche buon cliente delle terme non avesse cominciato a lanciare saponette e quant'altro verso i loro avventori.
Dei, Carter aveva partecipato ad una guerra, ma nulla era mai sembrato più surreale di una lozione per la pelle che colpiva sulla testa un traghettatore figlio di Ares che non aveva neanche la grazia di sanguinare quando ferito. “Nefasti numi” aveva gracchiato quello, con gli occhi di brace rivolti alle finestre delle terme e Carter aveva preso la palla al balzo per colpirlo con la sua spada, Flegias lo aveva intercettato in tempo, bloccandolo con il remo ed indietreggiando contemporaneamente di qualche passo, “Troppo lento” lo aveva canzonato Flegias, con la cattiveria nella voce prima di un movimento repentino e furioso che lo aveva fatto ritrovare con una spada infilzata sulla spalla, “Oh” era stato lo strozzato commento, mentre si tirava via, sentendo il sangue fuoriuscire dalla ferita. Il greco si era avventato contro di lui per finirlo, ma un'improvvisa ondata di argilla liquida l'aveva sbalzato, “Va bene ci sono” aveva mormorato Drew, avvicinandosi a passi incerti, ancora sporco di sangue e con un espressione stravolta, Grace lo sorreggeva, un po' più di colore adornava le guance, “Lo distraiamo noi” aveva detto la sua amica mentre con un movimento ammiccava verso una direzione.
Al fono del suo sguardo Carter aveva pensato di trovare Lauren alle prese con il centauro, ma sembrava che nonostante i suoi mal pensieri la rossa sembrava riuscisse a cavarsela piuttosto bene, quella che sembrava necessitare di un salvatore era Manto che se ne stava riversa a terra, il vestito strappato in più punti, con rivoli di sangue e sporco lungo il corpo, le mani spellate dal fuoco, il bicefalo era sopra di lei, sul punto di ammazzarla, ma Carter repentino gli aveva piantato la spada nell'incavo del collo, facendo disintegrare il mostro. “Ho vissuto due mila anni e non avevo per niente voglia di morire così” aveva berciato Manto, mentre raccoglieva la mano che lui le aveva teso, “Come strega sei piuttosto scadente” aveva fatto notare Carter, “Perchè non lo sono” aveva risposto cinica lei, mentre cercava di spazzolare via della polvere dal suo corpo. Lui aveva arpionato con una mano la spalla della ragazza, mentre l'altra l'aveva posata sulla sua ferita, recitando una cantilena in greco, la ferita non era così profonda, così come quelle della maga, al punto che rimarginarle non lo aveva depredato di molte energie.

Grace era finita a terra non lontano da loro, con un grosso squarcio sulla pancia ed i capelli ridotti ad un leggero fuocherello, “Come lo ammazziamo uno che è già morto?” aveva ringhiato verso di Manto, che si era tirato su con una certa fatica, Carter aveva fatto rapidamente scorrere gli occhi su Flegias ammantato nell'argilla, che era vittima di una furia cieca e menava fendenti a destra e manca con la spada ed il remo e Drew non sembrava capace di resistere ancora. L'uomo era bruciato parzialmente, ma non sembrava sentire neanche un po' quello che stava avvenendo, “Prima di tutto sbarazziamoci del remo!” aveva strillato Manto, dandoli un colpetto sulla spalla, come ad invitarlo. Carter aveva stretto l'elsa della sua spada con vigore e s'era lanciato senza lucidità contro Flegias, che di fronteggiare lui e Drew insieme non era pronto e s'era ritrovato l'arto mozzato, neanche una goccia di sangue era caduta, ma il remo si era ritrovato sbalzato fuori e Manto l'aveva raccolta prontamente lanciandosi poi all'aiuto di Lauren che era appena stata colpita in piena faccia da una zoccolata del centauro, “Ora ti sistemo io ronzino” aveva gridato in greco, colpendo l'inviperito capo del mostro con una remata, che aveva liquefatto la carne fino alle ossa, prima di far scomparire il centauro in polvere, sangue e disperazione, ma il legno le si era poi sfatto tra le mani, come se fosse stata ombra inconsistente. “Non è qualcosa che appartiene a questo modo, maga Manto” aveva gongolato Flegias, assestando un colpo con l'elsa sulla faccia di Drew, così stanco che era caduto per terra senza emettere un lamento. Lauren era fuggita pavida come una colomba per sostenere una sanguinante Grace, “Non puoi rimetterti in piedi con qualche magia?” aveva chiesto con voce sottile, al ché la creatura aveva annuito.

Carter aveva visto Drew cadere come un birillo, ma almeno non era morto, “Credo che avreste dovuto usare quel colpo per me” aveva scherzato quello pronto all'incontro, nonostante l'arto mancante, ammiccando ovviamente al remo che si era liquefatto nelle mani di Manto – come indovina, doveva ammettere Carter faceva piuttosto schifo. “E se ti faccio così tanto a pezzi da non aver bisogno di ucciderti?” aveva ribattuto lui retorico, senza mostrarsi pavido, nonostante tremassero le gambe, “Stesso senso dell'umorismo del buon Apollo, eh?” aveva chiesto con un sorriso sornione l'uomo prima di avventarsi su di lui, nonostante il vantaggio delle due mani Carter aveva avuto parecchi tentennamenti. Era decisamente fuori allenamento, aveva passato l'ultimo anno cercando di fuggire dai nemici anziché affrontarli, da aver dimenticato la fluidità di uno scontro.
Dannato Lee che diceva sempre che il combattere era come andare in bicicletta!
No! Non doveva pensare a suo fratello o non sarebbe riuscito a sopravvivere, ricordava il viso di Lee scosso dai tremori, l'incarnato olivastro impallidire e la macchia brunastra che si diffondeva sulla stoffa arancio della maglia ed il sangue sgorgava dalla ferita, rivoli rossi scivolavano lungo l'armatura dalla fenditura dove una spada ne aveva scavata una.
Il rumore delle lame che cozzavano fendevano l'aria, assieme ad un marasma di altri rumore, strepiti ed urla, non lontano l'ultimo centauro era crollato, sotto i colpi precisi e feraci di Cenis, ma lui non aveva potuto voltare neanche lo sguardo per osservarla, troppo preso dal suo scontro con Flegias. L'uomo era più bravo di lui, preciso e motivato, avevano insegnato a Carter che un avversario incaponito ed accecato dalla furia non era un vero rivale, ma il Re Lapita sembrava incredibilmente bravo nel dosare la sua follia con la sua precisione nel combattimento. Certo Flegias doveva essere stato allenato da un maestro d'armi, in un castello, in maniera principesca o qualche altra boiata del genere.
Grace lo aveva avvolto con del fumo viola per compromettere la sua vista, Cenis si era lanciata al fianco di Joe per aiutarla in battaglia e Manto era corsa a tirare via Drew da una posizione precaria, svenuto fin troppo vicino al luogo dello scontro. Lauren si era palesata al suo fianco, con i capelli aggrovigliati e l'armatura ammaccata, lividi e schizzi di sangue ne deturpavano la bellezza, una guancia era completamente aperta, la carne sfilacciata grondava sangue ed un occhio era pesto di un nero profondo e gonfio. “So come ucciderlo” aveva esclamato con una certa euforia, “Stai per farmi evocare un altro corvo?” aveva smorzato la tensione Carter, mentre osservava Grace colpire in faccia Flegias prima con lo zoccolo d'asino e poi con un pugno incendiato; “No ma dovremmo farlo alla maniera dei greci” aveva squillato Lauren esibendo la sua spatha, con un sorriso un po' perverso, l'arma sembrava rifulgere di qualcosa, che Carter non sapeva nominare, “Come?” aveva domandato lui perplesso, “Meschini e dolosi” aveva berciato lei.
E Carter l'aveva baciata, quasi senza motivo, “Non ho idea di cosa tu stia parlando” aveva aggiunto. Lauren era rimasta sbigottita un attimo, schiudendo le labbra, colta dal bacio sorpresa – sapeva di aver avuto un tempismo piuttosto pessimo - “Questa lama” aveva sussurrato lei poi, mostrandola, “Secondo quello che ha detto Manto potrebbe ucciderlo” aveva aggiunto, “Si nutre del dolore e della potenza del sangue in cui viene bagnata” aveva spiegato poi con sicurezza, Carter aveva osservato la lama d'oro imperiale, sembrava di intravedere venature sottili e vermiglie lungo il ferro. “Immagino sia stata bagna di molto sangue” aveva soffiato lui, facendo annuire la ragazza, “Credo anche imprigioni l'anima, lasciandolo in un oblioso tormento o che condanni l'anima in un tormento ferace” aveva aggiunto Lauren, prima di dire che nel mezzo della battaglia era stata appena un po' distratta. “Quindi che facciamo?” aveva domandato Carter con sicurezza e lei lo aveva guardato intensamente, “Tu distrai” aveva cominciato lei, “Ed io ho lo pugnalo alle spalle” aveva soffiato Lauren, “Be, speriamo questa volta tu abbia ragione Laurie” aveva risposto lui, guardandola attentamente, lei si era sollevata sulle punte e l'aveva baciato frettolosamente sulle labbra, “Che gli dei ci assistano, Carter!” aveva aggiunto poi, allontanandosi.

Grace si era buttata su di lui, per spostarlo da una spada che aveva cercato di aprirla come un'ostrica, “Quel fottutissimo Re Lapita sta risvegliando tutto il mio odio per i mortali ed i mezzosangue” aveva rantolato molto cattiva la creatura, mentre si rotolava sulla schiena, con una smorfia sulle labbra, “Ci penso io” aveva mormorato lui, alzandosi per affrontare Flegias, Lauren era scomparsa, così come Manto e Carter era abbastanza sicura che la maga le avesse avvolte nella foschia. “Credo sia arrivato il momento di chiuderla qui Flegias” aveva ruggito lui, con un certo tremore sulle labbra, “Hai ragione” aveva ringhiato l'altro con un tono collerico, probabilmente s'era pregustato che lui e Marlon sarebbero dovuti stare una preda facile ed invece buona parte dei suoi compagni s'erano ritrovati all'altro mondo, “Ho una lunga tabella di marcia!” aveva aggiunto Flegias, lanciandosi su di lui.
Carter s'era ritirato, ma non era riuscito a fermare la lama, aveva visto rosso bruno ed un dolore indecente, la metà del suo orecchio superiore era saltato, accompagnato dal sangue, ma quello non l'aveva fermato comunque, avendo reagito con un colpo netto che aveva aperto una ferita piuttosto profonda tra la carne del fianco di Flegias, lì dove Grace lo aveva bruciato. La lama aveva sfrigolato sulla pelle, ma la carne aperta non aveva perso neanche una goccia di sangue, “Non lo hai capito ragazzo, alla fine della fiera io sbudellerò te e vendicherò la mia meravigliosa bambina” aveva ruggito l'uomo lanciandosi di nuovo su di lui, questa volta Carter aveva fermato il corpo con la sua spada, “Dai, Flegias, è stata solo sedotta e abbandonata, non è così grave … è capitato anche a mia madre” aveva fatto notare lui, facendo un passo indietro prima di riprovare l'attacco, che era stato intercettato da Flegias, che non sembrava avere un minimo di difficoltà, “Tu non hai idea!” aveva ringhiato con furia cieca l'odio, “Neanche mi importa che mi abbia ucciso” aveva aggiunto poi, “Morire è qualcosa con cui tutti devono prima o poi fare i conti” la sua voce era sottile, incrinata dal dolore?
“La mia bella Coronide meritava qualcosa di meglio dell'essere illusa ed abbandonata, sola, con un figlio in grembo e disonorata in un mondo dove l'onore era l'unica merce di scambio per una donna” aveva rivelato lui, con gli occhi neri inumiditi, “Ed Ischys era disposto ad amarla lo stesso” aveva aggiunto Flegias, “Un brav'uomo disposto ad amare una donna abbandonata, nulla poteva rincuorarmi più di quello” aveva sussurrato, c'era dolcezza nel suo tono ed estrema malinconia, “Ma no Apollo non poteva sopportare che una donna che lui aveva spezzato in ogni modo possibile, potesse osare essere felice” aveva sferrato un altro colpo ed aveva preso Carter sulla spalla, aprendoli un taglio. “Ha spinto quella sua orrida sorella ad uccidere la mia bambina” aveva aggiunto con furia cieca Flegias, “Ed io farò in modo che Apollo subisca il mio dolore, ucciderò tutta la sua stirpe, violerò le sue figlie e massacrerò i suoi figli e tu, Carter Gale, sarai il prossimo” lo aveva condannato l'uomo – l'attimo prima che sangue nero scorresse dalle sue labbra.
Una punta dorata aveva scavato la sua carne, all'altezza del cuore, sbucando dal petto, meschinamente Lauren lo aveva colpito alle spalle, nel cuore. Flegias aveva urlato come una bestia al macello, occhi pazzi, folli e distanti, riviveva forse nel mondo tutto il suo dolore, la figlia di Afrodite aveva fatto scivolare la lama via dal suo petto, il nero del sangue era stato assorbito dalla lama, che era scintillato per un momento di una luce intensa, “Il tuo dolore, Flegias, figlio di Ares e Re dei Lapiti, sarà perpetrato in eterno” aveva detto Laurie con una voce morbida. L'uomo era caduto sulle ginocchia ed il suo corpo aveva cominciato a farsi un'ombra evanescente, Carter era scivolato con lui in per terra, “Quello che ha fatto mio padre è stato disgustoso” aveva sussurrato cercando di posare una mano sulla sua guancia.
Lo sguardo di Flegias era quello di molti dei mezzosangue che lo avevano affiancato durante la seconda titanomachia, “È prima o poi pagherà” aveva sussurrato, perché Lauren non lo sentisse, senza vergogna però, il Re Lapita lo aveva guardato confuso, ma aveva per un secondo sorriso, prima di disfarsi nell'ombra che era.
“O mio dio c'è l'abbiamo fatta!” aveva esclamato Joe, con un tono alto, Carter si era voltata vero di lei, la bionda aveva fatto cadere il martello, spento, dalla sua mano, che era finito per terra. La figlia di Efesto era coperta di sangue e terra, lungo l'armatura medievale uno squarcio d'apriva in obliquo, sotto cui pulsava una ferita rossa sporca, un taglio profondo era anche su una gamba ed anche la testa sanguinava, Cenis era al suo fianco, sanguinante, ma meno provata.
Jordan era crollata a terra, senza nessun preavviso, “Joe!” aveva strillato Lauren correndo verso di lei ed anche Carter lo aveva fatto ignorando il dolore delle ferite sul corpo, per raccogliere la ragazza stesa a terra che Cenis aveva cercato di tirare su. Il figlio di Apollo aveva preso tra le braccia la ragazza per sostenerla, “Joe apri li occhi” aveva sussurrato a lui, se la ricordava da bambina assieme alla sua sorellina Nyssa, che venivano sempre ad impicciarsi di cosa faceva Will. “Em ...em … ma” aveva sussurrato lei, aprendo appena le palpebre, “Em ...” aveva mormorato.
Le ferite erano profonde, aveva perso molto sangue ed aveva diverse lesioni interne, Carter le teneva il polso, dove un battito debole si faceva sempre più assopito e si era messo a cantare come aveva fatto il giorno prima per Emma, la ragazza di Joe, perché potesse salvarla.
Nonostante le sue canzone, il battito della ragazza si era fatto sempre più debole.
Poi era cessato.

Em … ma ...

 

 

 

 

> La sfigatissima storia di Flegias
> La povera Coronide
> I Lapiti, già che c'ero

 

 

Qui trovate i link, che portano su Wikipedia, ho volutamente omesso Cenis, nella speranza non la cerchiate su internet, perché – spoiler – è un personaggio che apparirà in seguito. E la stessa cosa riguardo la lama che Lauren maneggia.
E riguardo a chi sia la madre di Drew, anche taccio.

   
 
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