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Autore: Jade MacGrath    22/03/2005    0 recensioni
Sono passati due anni, e Lara Derevko ormai è legata a Sark. Ma quando un dramma si abbatte sulla vita della giovane Derevko, Lara scoprirà che certe volte la fiducia è la più letale delle armi... Seguito di Alias Lara Derevko. Il titolo non centra granché, ma la canzone è stata la mia colonna sonora mentre scrivevo.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sua testa era ancora dall’agente Vaughn quando insieme agli altri specialisti stava analizzando la collezione finora ritrovata, alla ricerca di un nesso comune. L’immagine del suo viso pesto e sanguinante continuava a danzarle davanti agli occhi mentre scriveva il rapporto sulla missione lì a Taipei. Non riusciva a concentrarsi su niente, e aveva voglia di maledire quell’agente, che di nuovo era entrato senza preavviso nella sua vita. Non le piacevano i ricordi che le faceva ritornare in mente, specialmente ora che lei e Sark avevano una storia che lei desiderava funzionasse con tutto il cuore.

Come se avesse saputo che stava pensando a lui, Sark fece capolino nell’ufficio di Lara, domandandole se aveva da fare.

“È una domanda retorica?”

“Tua madre mi ha detto…”

“Vorrei che mia madre la smettesse di intromettersi nella mia vita. Credi che se glielo dici tu finalmente lo farà?”

“Tu conoscevi già l’agente nostro prigioniero?”

“L’ho visto durante la mia prigionia.”

Dopotutto era vero. O quasi. Una mezza verità.

“E…?”

“E era una delle mie vittime. Il proiettile è stato deviato da una croce che portava al collo. Non c’è altro. E ora se a te e a mia madre non dispiace potete lasciarmi in pace?”

“Scusami” rispose lui appoggiandosi alla sua scrivania “non avevo intenzione di farti arrabbiare.”

“No scusami tu… È che sono parecchio nervosa ultimamente.”

“Se ce ne andassimo per un paio di giorni?”

“Non possiamo farlo… anche se mi piacerebbe.”

“Allora prendiamoci solo questa giornata. Andiamo, Irina può cavarsela da sola… e noi due avanziamo una serata da soli.”

“Pensavo avessi da fare.”

“Io ho fatto il possibile. Yoshigawa mi ha fatto sapere che verrà domani. Solo allora sapremo se l’agente parlerà o morirà.”

“Anch’io avrei da fare…”

Sark non voleva assolutamente un no come risposta, e in pratica la trascinò via dalla sede dell’agenzia.

 

Andarono a casa di Lara, un appartamento non troppo diverso da quello di Sark. Anche il suo era molto bello, ben arredato, ma anche altrettanto impersonale. Forse i quadri e le fotografie contribuivano a dare un po’ di calore, ma le ripetute assenze, sempre a causa di missioni in giro per il mondo, le impedivano di migliorare l’atmosfera di quel posto.

I quadri appesi nel salotto erano tutti paesaggi marini. Onde che s’infrangevano su alte scogliere, mari tranquilli che lambivano coste sabbiose, o figure enigmatiche che si stagliavano contro di esso, perse chissà in quali pensieri.

Era inutile.

Ricordava i momenti quando insieme ai suoi genitori osservava le onde dell’Oceano Pacifico infrangersi contro la spiaggia, quando ascoltava la risacca, e aspirava l'aria salmastra che le scompigliava i capelli. Sentiva che sarebbe potuta rimanere là per sempre ad ammirare quei quadri. Quei dipinti la rendevano felice, senza un motivo preciso. Doveva essere una cosa comune a tutti quelli che nascevano o crescevano in una città vicino all’oceano.

Sark, che lo sapeva, per il suo ultimo compleanno le aveva regalato un quadro che aveva come soggetto il mare, che Lara aveva subito appeso in soggiorno, al posto d’onore.

“Sapevo che ‘Monaco di fronte all’oceano’ ti sarebbe piaciuto. Hai già altri quadri di Friedrich.”

“Non avresti dovuto…”

“E perché no?” rispose lui avvicinandosi a Lara, di fronte al quadro. “Quando siamo andati in quel museo, ti ho dovuto trascinare via a forza. Eri come ipnotizzata.”

“Sì, ma tra questo e il commissionare il furto per me di un quadro dipinto da uno dei maestri della pittura romantica ce ne corre.”

Sark la prese tra le braccia, e i loro sguardi si incrociarono “Preferisco gli originali alle copie. Dovresti saperlo.”

Lara abbozzò un piccolo sorriso “Con te non vinco mai. È irritante.”

“Però siamo qui, e siamo insieme.”

“Già…”

Lara aveva distolto lo sguardo, e Sark ascoltando il tono assente di lei si voltò per vedere cosa stesse guardando. Una fotografia che la ritraeva insieme ad una ragazzina dai lunghi capelli scuri, vestita con quella che sembrava la divisa di un collegio.

 

“Ti manca, vero?”

“Non sai quanto vorrei che vivesse qui con me, invece che in Svizzera.”

“C’è un buon motivo se tu e tua madre avete deciso così.”

“Io ci sono cresciuta in collegio, non te lo dimenticare. Sono stata felicissima di tornarmene qui!”

“Esagerata… mai provato i collegi inglesi?”

“Julian…”

“D’accordo, non parlo più.”

“Ottima idea” sussurrò Lara baciandolo, se non altro per impedirgli di aprire la bocca di nuovo. Sark l’attirò a sé con il braccio destro, mentre la mano sinistra dalla spalla scendeva verso la sua mano destra. La prese nella sua, e non poté fare a meno di notare che quell’anello era sempre lì.

“Perché porti ancora la vera nuziale? Mi sembra di corteggiare la donna di un altro.”

“Non che ti abbia mai fermato, mi pare.”

“Può essere un deterrente. Lara, quell’uomo ti ha rovinato la vita. E il figlio di Korolenko, come me del resto, se lo trovasse lo ammazzerebbe senza pensarci due volte.”

Ancora quella storia. Lara dubitava se ne sarebbe liberata mai.

“Julian, ti ricordi quando mi hai trovato?”

Se lo ricordava… Neanche lui si sarebbe liberato tanto presto dell’immagine di lei stesa a terra, piena di lividi sul viso e sulle braccia, con le palpebre talmente gonfie che quasi non riusciva ad aprirle, un labbro spaccato, e livelli di Penthotal e Rohypnol tali nel sangue che sarebbe potuta morirne.

Forse era stato allora che aveva iniziato a pensare a lei in modo diverso che ad una collega, non sapeva dire con esattezza. Sapeva che aveva condiviso l’impotenza e la rabbia di Ivan nel vederla in quel letto di ospedale, ma se il giovane l’aveva chiaramente esternata lui non poteva permettersi quel lusso. Si era gettato a capofitto nel lavoro, diventando ancora più distaccato ed asociale del solito, ad un livello tale che perfino sua sorella aveva problemi a comunicare con lui. Poi, era ritornata. E sembrava che il suo mondo fosse cambiato all’improvviso. Il suo cuore si era come indurito, e aveva preso la decisione di essere pienamente coinvolta nel lavoro dell’agenzia, pur continuando a lavorare principalmente su Rambaldi. Nei mesi che erano seguiti l’aveva vista nascondere il dolore che provava, fino a quando non si era trasformato in rabbia, e in rancore. Anche lei desiderava fargliela pagare con tutto il cuore, ma non era in cima alla lista delle sue cose da fare.

“Sì.”

“Era stato mio marito a ridurmi in quel modo. Mio marito… in teoria l’uomo di cui più mi sarei dovuta fidare. Porto quell’anello perché in questo modo mi impedisco di dimenticare. E mi ricordo di non fidarmi di nessuno.”

“Potrai sempre fidarti di me. Sempre.”

 

Musica d’organo.

Un uomo nell’ombra ascoltava, ispirato, e si avvicinò ad un altro, incatenato ad una sedia.

In mano aveva una pinza, e un sorriso gentile, che non tradiva le sue intenzioni.

“Bach. Questa è una delle sue cantate per organo… una delle mie preferite.”

Strinse con più forza l’attrezzo, si avvicinò ancora di più all’uomo, che teneva lo sguardo fisso al pavimento.

“Il signor Sark mi ha convocato per lei. Io gli avevo detto che sarei venuto domani, ma il mio precedente impegno si è risolto più in fretta del previsto, e l’Uomo è stato molto persuasivo, per convincermi ad anticipare la mia venuta… Posso rendere le sue prossime ore sopportabili, oppure un vero inferno, a lei la scelta… deve solo dirmi per chi lavora.”

Vaughn continuò a fissare il pavimento.

“Come vuole.”

Dall’esterno, Irina osservava con aria impenetrabile.

 

Sark sorseggiava un bicchiere di vino bianco, guardando la vista che si godeva dall’appartamento di Lara. Qualche minuto dopo Lara lo raggiunse, con un bicchiere in mano.

“Da quand’è che non riuscivamo a stare così, senza pensare al lavoro o ad altri problemi, Andrew?”

“Da Mosca. Ti manca, la Russia?”

“Per niente. Hai fame?”

“Ora che mi ci fai pensare… sì, parecchia. Ieri abbiamo saltato la cena tutti e due.”

“Potremmo andare a quel ristorante che ha aperto da poco, ho sentito parlarne bene. Oppure se ti fidi…”

“Non mi fido.”

Lara finse un’espressione di disappunto e lo colpì al braccio “Grazie tante!”

Sark posò il suo bicchiere e quello di Lara sul tavolo della cucina, e cinse la sua vita con le braccia “Potrei fidarmi stasera però, a cena, tu che ne dici, Lara?”

“Dico che se non andrò a comprare qualcosa avrai ragione a non darmi mai più credito come cuoca.”

Sark sorrise alla battuta, e Lara alzò una mano per carezzare il suo viso, sorridendo anche lei.

“Non pensavo ti avrei più visto sorridere così. Devo ritenermi la causa o sono presuntuosa in maniera insopportabile?”

Julian prese la sua mano e la portò alle labbra “Ti voglio presuntuosa in maniera insopportabile. Sei sempre stata troppo zitta e buona per i miei gusti, in questi anni.”

In contemporanea, entrambi i cellulari di Sark e Lara squillarono. Un’altra volta il lavoro irrompeva nel loro mondo.

La telefonata per Lara veniva da Vladimir. Sembrava ci fosse qualcosa di cui voleva discutere con lei ma non per telefono, e le chiedeva se le andava di fermarsi a pranzo con lui e Olga. Lara osservò Sark e la sua espressione seria, e decise di accettare l’invito.

“Lasciami indovinare” disse lei, quando Sark terminò la chiamata “il prigioniero.”

“Sembra voglia parlare, ora.”

“Bene.”

“Dove devi andare tu?”

“Da Vladimir. Olga sicuramente è ancora sotto shock per il trasferimento qui.”

“Non ho mai avuto il piacere.”

“Vladimir tende a separare piuttosto nettamente il lavoro dalla vita privata.”

“Con te fa un’eccezione.”

“Perché altrimenti Olga lo squarterebbe. Si era tanto abituata in Russia a vedermi in giro per la casa insieme a Ivan che si dev’essere convinta che anch’io sia sua figlia.”

“Allora vai, non farli aspettare. Ti chiamerò se la situazione con l’agente CIA evolve in qualche modo.”

Sark non poteva saperlo, ma nominare quell’agente era ogni volta un colpo allo stomaco per Lara.

Più si sforzava di non pensare a lui, più il suo volto era presente nella sua mente, insieme al senso di colpa nei confronti di Julian. Era attratta da tutti e due, c’era poco da fare… Era con Julian però che voleva costruire qualcosa. Doveva dimenticarsi di Michael Vaughn, il suo nemico, il prigioniero dell’organizzazione di sua madre, anche se non sarebbe stato facile per niente.

Ringraziando il cielo, varcata la soglia della nuova casa dei Korolenko, i problemi rimasero all’esterno. Olga aveva raggiunto suo marito solamente da nove mesi, perché fino all’ultimo si era rifiutata di lasciare la Russia. Quando alla fine aveva capitolato, in cambio aveva preteso una casa che non fosse niente di meno di quello che si aspettava, e Lara, Ivan e Vladimir ci avevano messo molti giorni e molta pazienza per riuscire ad accontentarla.

“Lara, ma che piacere!” esclamò sorridendo Olga accogliendo Lara all’ingresso. Senza darle il tempo di dire qualcosa, Olga la portò in soggiorno e le chiese se voleva qualcosa da bere.

“No, grazie. Ho già preso qualcosa con Sark prima di venire qua.”

“Ah.”

A Lara non era sfuggito il modo secco con cui aveva parlato, e il modo in cui le sue labbra si erano assottigliate. Julian non riscuoteva l’approvazione di Ivan, ergo la sua. Gli occhi cobalto di Olga esprimevano chiaramente questo.

“Vladimir mi ha invitato a pranzo. Spero che almeno te l’abbia detto, stavolta!”

“È stata una mia idea. Non ti ho quasi mai visto da quando mi sono trasferita qui anch’io. E la casa è ancora tutta in subbuglio… ascoltandomi non si direbbe che lavoravo per il Ministero degli Esteri e che in otto anni prima di sposarmi ho cambiato residenza dieci volte, vero?”

“Ti prego, Lara, fermala prima che inizi a tediarci con i ricordi” disse scherzosamente Ivan, scendendo le scale che portavano al piano di sopra.

Schivò uno scapaccione di sua madre diretto alla testa, e abbracciò stretta Lara dandole un bacio sulla guancia “Finalmente ci si vede. Ti pare brutto telefonare ogni tanto, disgraziata?”

“Lavoro… Sai com’è, no?”

Ivan si scostò per fissarla negli occhi. C’era ancora un’ombra dell’antico rimprovero, ma non poteva smettere di volerle bene. Era sempre Lara, la sua amica d’infanzia e di isolamento in quel collegio di Lugano. Aveva fatto scelte diverse dalle sue, forse non comprendeva appieno le motivazioni dietro queste scelte, ma continuava a essere il suo confidente e consigliere anche se ultimamente erano più le volte che lo mandava al diavolo che quelle che gli dava retta.

“Ovviamente.”

“Dov’è tuo padre? Al telefono mi ha detto che doveva parlarmi.”

Ivan fece strada nel corridoio, fino all’ultima porta. Bussò, ed entrò senza aspettare risposta. Suo padre era al telefono, e conversava in arabo, lingua che Lara non conosceva ancora perfettamente. Ivan, che la ignorava completamente, alzò gli occhi al cielo e uscì chiudendo la porta dietro di loro.

Vladimir, senza interrompere la telefonata, fece un cenno di saluto con la testa e indicò a Lara di sedersi in una delle poltrone di fronte alla sua scrivania.

Lo studio era incredibilmente uguale a quello che aveva avuto in Russia, solo la vista era diversa. I libri, le fotografie, i quadri… tutto era al suo posto. Sapeva che Vladimir era preciso fino all’incredibile, ma certe volte sfiorava il maniacale.

“Scusami” disse, una volta finita la conversazione “Immagino tu abbia saputo.”

“Nottingham è morto. E tutto il mondo sospetta di noi.”

“Anche Shalaan El Hassein ne sembra convinto.”

“Il nostro contatto in Egitto?”

“Proprio lui. Non so come la notizia sia arrivata fin lì, ma la faccenda è grave. Pare che si stia radunando un commando di forze, una sorta di coalizione di tutte le agenzie che si servivano di Nottingham, e che sia loro intenzione farcela pagare.”

“E cos’altro? Vladimir, che cosa non mi stai dicendo?”

“Temo che ci sia una talpa. Qualcuno che li sta aiutando.”

“È escluso. Siamo solo in tre, quattro se contiamo anche te, a sapere quello che sta succedendo. L’informazione è strettamente classificata.”

“Tieni gli occhi aperti, Lara, ti prego.”

“Lo farò.”

“Come vanno le cose?”

“Con Sark? Abbastanza bene, anche se il lavoro di sicuro non semplifica le cose.”

“Lara, voglio solo che...”

“So a cosa ti riferisci, ma questa volta sto procedendo con i piedi di piombo. Anche lui sa cos’ho passato, e non ha fretta.”

“Lo sai che ti voglio bene, e vorrei che non ti capitasse niente di male, non di nuovo.”

“A te Julian non piace proprio…”

“Non riesco a inquadrarlo, e non mi piace quello che non conosco. Te lo ripeto, fa attenzione. E ora andiamo a mangiare, prima che Olga fulmini entrambi.”

 

“Dov’è mia figlia?” domandò Irina a Sark, appena arrivato.

“A pranzo dai Korolenko.”

“Tempismo perfetto, non avrei saputo come dirglielo…”

“Che Yoshigawa sarebbe venuto a interrogare il prigioniero oggi?”

“Ho notato che non era molto incline a quel genere di soluzione. Lontano dagli occhi lontano dal cuore.”

“Non mi piace ingannare Lara di proposito, Irina. Le voglio bene davvero.”

“Sono felice di saperlo, ma gli affari sono affari e Lara certe cose non le sa gestire.”

“Ha parlato?”

“Si chiama Michael Vaughn. È un inizio. Vediamo col Penthotal che cosa sarà in grado di dirci.”

“Conti davvero di ucciderlo?”

“Se non ci sarà utile, sì.”

 

Lara, seduta a tavola con Olga, Vladimir e Ivan, si sentì come a casa. Complici anche la quiche e il tiramisù di Olga, sue specialità. Non ricordava neanche più quand’era l’ultima volta che aveva mangiato tanto ad un pranzo.

“Olga, pietà o non entrerò più in nessuno dei miei vestiti!” protestò Lara, cercando di rifiutare la seconda fetta di dolce.

“Tanto di guadagnato, ho sempre pensato che fossi troppo magra” rispose lei, mettendole nel piatto un’altra fetta di tiramisù. Lara aveva alzato gli occhi al cielo, e Ivan si era messo a ridacchiare.

“Zitto tu! Ma non hai fa fare a Hyderabad, a Bangalore o da qualche altra parte della Silicon Valley indiana?”

“Sono in vacanza. Cos’è, sei invidiosa?”

“Ti odio, io mia madre la devo supplicare per delle ferie.”

“Strano” disse Olga “pensavo fosse felice di dartele.”

“Non da quando mi sto rendendo, a dir suo, indispensabile.”

Olga assottigliò di nuovo le labbra, in un’espressione strana, come se stesse ricordando qualcosa che non le andava.

 

***flashback***

Olga entra nella sede dell’organizzazione di Irina, stringendo la borsa e guardandosi intorno. Irina, che la vede, le va incontro sorridendo, ma Olga la raggela. Non è lì per conversare frivolamente.

“Irina.”

“Olga. Quanto tempo.”

“Possiamo parlare?”

Irina fa strada fino al suo ufficio, fa entrare Olga, e prima di chiudere la porta dietro di sé dice alla sua assistente che non vuole essere disturbata per nessun motivo.

Olga si siede in una poltrona, e Irina dietro la sua scrivania.

“Sapevo che prima o poi noi due avremmo avuto questa conversazione.”

“Vladimir mi ha detto la verità sul suo lavoro. Non lavorava per i servizi segreti, ma per te e Khasinau… per due terroristi.”

“Vladimir addestra i miei agenti, è vero, ma non è coinvolto quanto pensi tu.”

“Non offendere la mia intelligenza!”

“Ha sempre cercato di proteggerti. Questo non lo puoi negare.”

“Come?”

“Ti ha fatto lasciare il mondo della diplomazia. Vladimir temeva che un giorno la tua posizione sarebbe potuta diventare molto scomoda, o molto preziosa… non voleva fossi coinvolta in quel che facciamo, e neanche Ivan.”

“Tutto mi sembra possibile, a questo punto. Mio marito lavora per dei terroristi, l'ha fatto per anni e io lo scopro solo ora…”

“Mi dispiace.”

“No, non è vero. Dimmi, Irina, io e Ivan non andavamo bene, ma tua figlia Lara sì?”

“Ho fatto tutto quello che era in mio potere per allontanarla! L’ho mandata in Svizzera, pensavo che sarebbe potuta rimanere a vivere lì e tornare saltuariamente in Russia, ma Lara è testarda, non te lo devo certo dire io. Le dissi tutto, nella speranza che mi odiasse e scappasse via… invece ha scelto di rimanermi vicino.”

“Lara ti vuole bene, è tua figlia… certe volte la sento vicina come se fosse anche figlia mia. È per questo che sono qui. Se posso, voglio evitare che soffra inutilmente.”

“Ma non puoi. Lara ha già scelto la sua strada.”

“Quando era troppo sconvolta per pensare coerentemente!”

“Non credere. Lara è più forte di quello che sembra.”

“Questo sicuramente l’ha preso da te. Lasciala andare, Irina.”

“Olga, non potrei neanche se lo volessi. Nessuno lascia da vivo questa agenzia, solo da morto.”

“Dannazione, stai parlando di tua figlia!”

Irina chiude gli occhi, abbassa la testa. Sorride amaramente.

“Se non l’avessi portata con me non sarebbe successo niente di tutto questo… forse Jack sarebbe stato un genitore migliore di me.”

“Jack Bristow è stato accusato di tradimento, e sospettato di essere in combutta con te. Dopo mesi di prigionia e una quasi condanna è stato rilasciato e discolpato completamente… non te lo devo dire io che una cosa del genere lascia il segno. Ha iniziato a bere e a correre rischi inutili. Non sarebbe stata una decisione saggia lasciare tua figlia con lui.”

Irina fissa il volto di Olga, sorpresa. La donna ricambia lo sguardo, e fa un piccolo, freddo sorriso.

“I diplomatici certe volte sono meglio delle reti di spie dei servizi segreti, specialmente se hanno amici in alto, o conoscono qualche ex collega del marito al dipartimento di stato. E dopo anni di misteri e tessere di mosaico apparentemente scollegate, ho iniziato anch’io a pormi qualche domanda. Certo, le mie ipotesi erano un tantino diverse dalla verità.”

“Non cambia niente.”

“Rimani delle tue idee?”

“Vale lo stesso anche per te.”

“Fai una cosa per me, comunque. Sark. Non ho mai avuto l’occasione di conoscerlo di persona, ma da quello che so non mi piace. Lara lo ama, ma non sono certa sia la persona giusta per lei.”

“Gli affiderei la mia vita.”

“Ma io no. Se proprio non puoi, o non vuoi, lasciare Lara, almeno vigila su loro due. Lara potrebbe non reggere ad una scottatura del genere per la seconda volta, non importa quanto tu, ma anche lei stessa, pensi di essere forte. Ti saluto, Irina.”

Detto questo, Olga riprende la sua borsa ed esce dall’ufficio. Irina, seduta, la osserva andare via.

 

***flashback***

 

“Davvero?” disse Olga, passandole la caraffa dell’acqua.

“Davvero. E ora che Khasinau non c’è più, le cose vanno sempre meglio.”

“Sono felice per te, Lara.”

Il cellulare di Lara iniziò a suonare. Era uno dei suoi collaboratori, che l’aveva chiamata per dirle che doveva consegnare il rapporto sulla missione insieme a Sark.“Credevo di averlo compilato stamattina. Non lo trovate?”L’assistente rispose di no, e che probabilmente si trovava nel suo computer, di cui lui però non conosceva le password.

“D’accordo, ho capito, arrivo subito.”

Lara si alzò da tavola “Scusate, ma devo tornare al lavoro. Non trovano più una relazione che ho fatto questa mattina e probabilmente dovrò riscriverla.”

“Vuoi che ti accompagni?” disse Vladimir.

“Mi farebbe piacere. Scusami, Olga, se vado via così, ma…”

“Il lavoro è lavoro. Vai, non preoccuparti. Ci vediamo presto, d’accordo?”Lara annuì, e presa la giacca uscì con Vladimir.

“Ho detto a Olga la verità.”

Lara non riusciva a credere alle proprie orecchie.

“Ma avevi detto…”

“So benissimo quel che avevo detto, ma voleva sapere il perché di questo trasferimento, dopo dieci anni che non mi ero quasi mai mosso da Mosca. Ero stanco di mentirle.”

“Non l’ha presa bene, vero?”

“Ha gridato, ha pianto, e non mi ha più parlato.”Solo allora Lara si rese conto che durante il pranzo, Vladimir era rimasto totalmente in silenzio. Né Ivan né sua madre gli avevano parlato, o lo avevano coinvolto nelle loro conversazioni.

“Anche Ivan segue la linea di sua madre?”

“Come sempre. Non che mi aspettassi il contrario, beninteso.”

“Da tempo al tempo. Dopotutto, tutto comprendere è tutto perdonare. Me lo dissero molti anni fa i genitori di un mio amico da cui andai a vivere per un po’, durante il periodo in cui non riuscivo neanche a guardare mia madre negli occhi…”

Vladimir sorrise, e Lara ricambiò. Tutto comprendere è tutto perdonare. Nel momento in cui incrociò Takeshi Yoshigawa, che le fece un cenno di saluto mentre usciva dalla sede dell’agenzia, questo proverbio le sembrò tutto fuorché utile. Pregava di non trovare né Andrew né Irina, altrimenti non sapeva che avrebbe fatto.

‘Mi hanno ingannato, e come una stupida ci ho creduto. E io che credevo che Andrew… no, questa volta mia madre me la paga!’

Attraversò i corridoi che portavano agli ascensori, e quelli dei sottolivelli, con passo marziale. Nessuno osava tagliarle la strada, nessuno osava rivolgerle la parola. Quello sguardo era lo stesso di Irina quando era furiosa oltre ogni limite, quindi era meglio rimanerne fuori. Non dovette neanche fare tanta fatica per trovarli. Erano tutti e due nell’ufficio di Irina, e stavano discutendo di un piano di missione. Lara respirò profondamente. Se fosse entrata come una furia, non avrebbe ottenuto niente. Meglio prendere esempio dalla madre, e dire quello che pensava con il massimo e gelido contegno.

“Ma che combinazione… ciao Julian. Mamma.”

Entrambi sembrarono sorpresi di vederla. Ottimo, pensò Lara.

“Mi hanno chiamato perché il mio rapporto di missione manca. A voi risulta?”

“Non girare intorno all’argomento, Lara. Parla.”

“Quale argomento?” rispose lei, fingendo di non sapere. “Sono qui solo perché un mio assistente mi ha chiamato. Non certo perché qualcuno mi ha detto che Yoshigawa è stato qui a torturare il prigioniero.”

“Il prigioniero ha un nome, Michael Vaughn.” “Questo da voi due me lo sarei dovuto aspettare, ma speravo ci fosse un limite anche alla diffidenza che devo nutrire verso mia madre e il mio fidanzato.”

“Lara…”Qualunque cosa Sark stesse per dire gli morì in gola, dopo che Lara gli rivolse un’occhiata gelida, identica a quella di sua madre, e a pensarci bene anche di Jack Bristow.“Sark, per favore, puoi lasciarci da sole?”

“Certo, Irina.”Una volta che chiuse la porta dietro di sé, Irina parlò. “Smettila di comportarti come una bambina.”

“Sapevi che ero contraria e pur di fare quel che volevi hai detto a Sark di allontanarmi!”“Il tempo non è dalla nostra parte.”

“Qui non stiamo parlando di tempo, stiamo parlando di fiducia. E tu non sembri averne nei miei riguardi, mentre pretendi cieca obbedienza da me. Spiacente, non funziona così.”“Avresti utilizzato Yoshigawa contro l’agente Vaughn? Rispondimi.”

“Se il Pentothal non avesse dato risultati, sì. So anch’io che in certi casi la forza è l’unica soluzione, e non mi faccio problemi ad usarla. L’ultima missione parla da sola, mi pare.”

Madre e figlia rimasero a fissarsi per qualche secondo, in silenzio, poi Irina domandò a Lara se fosse andata da Vaughn.

“Non ancora.”

Lara osservò sua madre, e decise che sembrava sorpresa della sua risposta.

“Devo andarci?”

“Ho come l’impressione che tu potresti essere l’unica in grado di farlo parlare. Ha detto qualcosa anche a Yoshigawa, beninteso, ma io voglio anche il resto.”

“D’accordo.”Andare da Vaughn. Lara aveva paura di quello che avrebbe visto… Visto?

Prima di andare doveva prendere una cosa dal suo ufficio.Ancora una volta incrociò quell’operativo. Stavolta Lara lo fermò e gli chiese chi fosse.“È troppo tempo che ti vedo in giro, e non so ancora chi sei.”

“Ilir Smirnoff.”

“Accento georgiano. Stavi col Direttorio K?”

“Quando il Direttorio è crollato, mi è stato detto che potevo essere un prigioniero o un operativo. Ho scelto la seconda offerta.”

“Non ti do torto… Ilir, devo vedere il prigioniero, Michael Vaughn.”

Ilir la condusse fino di fronte alla porta, poi Lara usò il suo badge ed entrò. Vaughn era semisvenuto, ancora ammanettato alla sedia al centro della sala. Dalla fronte, dal naso e dalla bocca scendevano rivoli di sangue secco. Di sicuro ora nella sua bocca mancava almeno un dente. Lara si avvicinò lentamente, e il rumore dei tacchi fece alzare la testa di Vaughn. Lara si mise un dito di fronte alla bocca, e premette la pietra verde dell’anello che portava.

“Manderà in tilt le telecamere per qualche minuto. Abbiamo problemi di questo tipo, pertanto nessuno si insospettirà.”

“Che cosa vuoi da me?”

“Non chiedere cosa voglio io, Michael, ma piuttosto cosa vuoi tu. Ti vogliono uccidere, credo tu l’abbia capito.”

Vaughn non rispose, così Lara continuò.

“Lo so che credi che sia stata mandata da loro, ma non è così. A me non piace uccidere la gente, e non ho il loro sangue freddo.”

“Bel tentativo, ma non funzionerà.”

“E perché non funzionerà?”

Ancora silenzio. Ma certi silenzi dicevano molto.

“D’accordo. Ma non dire che non ti avevo avvisato. Sark e l’Uomo…”

“Tu e Sark avete una storia.” L’intonazione della sua voce le fece capire che non era una domanda.

“Non cambia niente. La mia offerta non ha a che fare con questo, e lo sai anche tu.”

“Se è per quanto è successo a Los Angeles, non sentirti obbligata.”

“Come vuoi.”Premette di nuovo la pietra sull’anello, e le telecamere tornarono a posto. Lara rimase a fissare Vaughn per qualche altro secondo, e poi uscì diretta all’ufficio della madre.

“Mamma, credo che una squadra della CIA verrà a liberarlo.”

Irina sorrise e scosse la testa “Non è possibile. Cosa te lo fa credere?”

“È come se sapesse che la sua situazione non durerà ancora a lungo. So cosa stai per dire, che questo è quanto sperano tutti quelli tenuti prigionieri, ma io ne sono sicura.”

“Che bisogno avevi di creare un segnale che interferisse con le telecamere? Non sei in territorio nemico.”

“Speravo si fidasse di me.”

“E perché?” domandò Irina, con fare inquisitorio, mentre sorseggiava la sua tazza di caffè. Questa volta sembrava decisa a ottenere una risposta. Lara desiderò darsi una mazzata in testa. Sua madre l’aveva portata esattamente dove voleva lei, ovvero sempre a quel punto che non voleva chiarire. Che relazione c’era o c’era stata tra lei e quell’agente della CIA? Irina aspettava, e Lara decise di parlare. Non sarebbe servito a niente mentirle ancora, se sospettava già qualcosa.

“Per via di una cosa che è successa a Los Angeles. Io e Vaughn…”

“Non sentirti obbligata a dirmelo. E non dirò niente a Sark, qualsiasi cosa sia successa.”

“Ma io credevo che…”

“Sì, ho capito cosa credevi. Io volevo solo che tu fossi sincera con me. L’avevo capito che tra te e Vaughn doveva esserci stato qualcosa, ma tu ti ostinavi a negare anche l’evidenza. Questo offusca la tua capacità di giudizio.”

“Mi sembra di sentire Khasinau.”

“Alexander su certe cose aveva ragione.”

“Dammi retta, mamma. Lo verranno ad estrarre da qui.”

“D’accordo. Terremo gli occhi aperti. E ora vai, non ti trattengo.” Lara si alzò, e uscita dall’ufficio di Irina si diresse verso il suo. All’interno, sulla scrivania, c’era una rosa rossa. Rimase ferma sulla soglia della stanza, a fissarla, per almeno due minuti. Non sapeva se strangolare Andrew o perdonarlo. Che Irina avesse ascendente su di lui lo aveva sempre saputo, quindi non era stupita del fatto che obbedisse ai suoi ordini, anche se andavano ad interferire con la loro relazione. Mentre rifletteva, sentì la presenza di Andrew dietro di lei. Chiuse la porta, e sempre arrivandole da dietro le mise le mani sulle spalle, avvicinandola a lui.

“Mi dispiace, Lara.”

“Comincia ad essere un ritornello.”

“Lo so. Ma non ci posso fare niente. Devo molto a tua madre e non mi posso rifiutare di fare qualcosa per lei se me lo chiede…”

“…o te lo ordina. So come ci si sente, è la storia della mia vita da quando sono venuta a lavorare qui.”

Le mani di Sark lasciarono le spalle di Lara, e le sue braccia la strinsero in un abbraccio. Sark le baciò la base del collo, e Lara sorrise leggermente.

“Non vuol dire che ho smesso di avercela con te.”

“So anche questo. Come so che c’è una cosa che desidero fare da almeno due settimane, e non ne ho trovato il coraggio… fino ad ora.”

Lara aggrottò le sopracciglia, e girò la testa verso Sark “Ma che vuoi dire?”

Andrew si portò di fronte a lei, e le prese la mano con la fede nuziale “Ripensavo a questo anello. Pensare a Gavrilo, o come diavolo si chiami quell’uomo, non ti fa bene. E ti prometto che entro un anno da oggi riuscirò a fartelo togliere.”

“Non ci sono riusciti mia madre, tua sorella e i miei amici e vuoi riuscirci tu da solo? Accomodati pure.”

“Riuscirò a fartelo togliere…” disse prendendo dalla tasca la scatola di un gioielliere, che aprì di fronte a lei, e che conteneva uno splendido anello d’oro con un diamante solitario “…perché entro un anno da oggi riuscirò a convincerti a sposarmi.”Lara sentì l’impellente bisogno di sedersi. Non sapeva che cosa dire… Sark invece sì.“So che ti ho preso alla sprovvista…in due anni non abbiamo mai parlato di questo.”

“Sark, sarò esplicita. Ho paura di impegnarmi di nuovo.”

“Tu sai chi sono. Sai quello che faccio.”Lara scosse leggermente la testa “Non è questo…”Sark si inginocchiò di fronte a lei “Non ti chiedo una risposta subito. Come ho detto, mi sono dato un anno di tempo. Vorrei però che prendessi ugualmente questo anello” disse, levando l’anello dalla scatola e mettendolo nel palmo della mano di Lara. Lara alzò gli occhi verso di lui, senza capire. Sark si alzò da terra, e con una mano tolse la polvere dai pantaloni. Poi la fissò negli occhi “Quando lo vedrò al posto giusto, capirò.”

Lara fissava l’anello, ancora nella sua mano. Cavolo, non se l’aspettava proprio che Andrew le chiedesse di sposarlo. Voleva accettare subito, ma l’esperienza le aveva insegnato a non essere impulsiva. Mai più. Quella Lara era morta dopo il matrimonio con Gavrilo, e la notte passata con Vaughn le aveva dato il colpo di grazia. Poggiò il gioiello sul bordo della scrivania, e con le mani cercò la chiusura di una sottile catenina d’argento che portava al collo, oltre ad una collana d’oro con un fiore di rubini e diamante come pendaglio. Una volta aperta, infilò la catenina nel cerchio d’oro dell’anello, e poi la rimise al collo. In questo modo le sembrava di fare un ottimo compromesso. Sark avrebbe visto che portava l’anello, e lei non si sarebbe ancora impegnata definitivamente.

L’attacco della coalizione iniziò alle diciotto di quello stesso giorno.

 

  
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