Una squadra di dieci uomini,
appartenenti a varie organizzazioni criminali e tutti mascherati, entrarono
dalla porta secondaria della struttura, dove erano solite passare le squadre di
ritorno dalle missioni, eludendo i controlli biometrici effettuati ai membri.
Armi con silenziatore in pugno,
uccisero chiunque si trovasse sulla loro strada senza pensarci due volte. Si
diressero all’armeria, ma il responsabile non era là. Presero molte delle armi
lì riposte, e ripresero la loro marcia di morte e conquista… Ignorando che
Sergej era là, e che dal suo antro dove era riuscito a nascondersi aveva visto
tutto. Doveva avvertire Irina, Lara e Sark prima che li uccidessero a sangue
freddo!
“Sì?” rispose Irina al telefono
del suo ufficio. La sua calma mal si associava al tono agitato e quasi isterico
del suo armaiolo.“Signora, siamo sotto attacco! Sono già entrati nell’SL-5,
hanno rapinato l’armeria e stanno scendendo! Stanno uccidendo tutti quelli che
incontrano…”
Irina lasciò cadere il telefono,
e corse fuori.
Lara non aveva mai visto sua
madre tanto preoccupata, come quando la vide entrare nel suo ufficio di corsa,
urlandole di prendere con sé la pistola e il disegno di Rambaldi che stava
analizzando, e di venire subito con lei.“Mamma che succede?”
“L’attacco… siamo sotto attacco.
Tra non molto entreranno qui, e dobbiamo prepararci!”
“Come hanno fatto?” domandò Lara,
caricando la sua pistola mentre usciva con la madre.“Hanno eluso gli scanner
biometrici.”
“C’era una squadra in arrivo…”
“Ecco come hanno fatto. Hanno
usato loro.”Lara cercò di cancellare dalla sua testa l’immagine della squadra,
che prendeva dai loro compagni morti quello che sarebbe servito ad aprire loro
le porte della loro sede.“Lara, bisogna cancellare il sistema centrale. Il
backup si trova in un server schermato, quindi sicuro. Per accedere al sistema
bisogna scendere al SL-
“Il sistema riconosce solo te.”
“No. Riconoscerà anche te… è una
misura che ho preso fin dal giorno che sei venuta a lavorare qui. Ho inserito
nel codice di riconoscimento il tuo scanner retinico, l’impronta vocale e della
tua mano.”
Lara rimase quasi a bocca aperta.
“Non è vero che non ho fiducia in
te, Lara. Ho sempre avuto fiducia in te…anche se a volte forse non te l’ho
dimostrato abbastanza.”
“Mamma…”
“Concentrati. Cancella il sistema
centrale, prima che quei maledetti ci mettano le mani. Ora attiverò il sistema
anti intrusioni, se tutto va bene riusciremo a bloccarli. Dovrai usare il
condotto dell’ascensore, e scendere attraverso quello fino al piano. Da lì,
percorri tutto il corridoio, poi prendi la terza porta a sinistra. La parola
d’ordine per cancellare il sistema è Razvyaska.”
“ ‘Fine della partita’.
Appropriato.”
“Dammi il disegno, mi occuperò di
occultarlo. Buona fortuna, Lara.”
“Anche a te. Ci vediamo alla fine
di questa emergenza.”
Irina sorrise a sua figlia e
annuì leggermente. Anche Lara sorrise, e poi iniziò a correre nella direzione
opposta, fino al pannello d’accesso dell’ascensore. La lastra di metallo era
assicurata molto saldamente alle altre, e lei non aveva niente per toglierla…
Il suo sguardo si posò allora sull’estintore vicino a lei.
Afferrò saldamente bombola ed
erogatore, e con il suo getto congelò tutte le viti, facendole poi saltare con
un colpo secco dato con la bombola. Dopodiché, bastò un calcio per riuscire ad
entrare nel condotto. Tutto era illuminato da una pallida luce bianca, che dava
all’ambiente un aspetto spettrale. Lara si aggrappò alla scaletta di metallo
che correva lungo tutta la parete vicino a lei, e facendo attenzione a dove
metteva i piedi iniziò a scendere.
Era arrivata all’altezza del
SL-19, quando le luci sparirono, per venir soppiantate dai fari di emergenza.
Sua madre doveva aver attivato il sistema anti intrusioni, e se avevano avuto
fortuna gli intrusi sarebbero dovuti rimanere bloccati nel sottolivello dove si
trovavano in quel momento. Muoviamoci, si disse, e ricominciò a scendere più
velocemente. Prima completava la sua missione, prima sarebbe andata ad aiutare
sua madre e Sark.
L’SL-29 era forse il sottolivello
situato più in basso dell’intera struttura, o addirittura l’ultimo. Era adibito
ad archivio generale, c’erano migliaia e migliaia di cartelle cartacee e di
rapporti di missioni, e in una stanza era allestito il server generale. Lì, oltre
alla copia elettronica di tutto quel che era contenuto nelle carte stipate in
quel piano, c’era una copia della Bibbia, il manuale che Irina e Khasinau
avevano creato per i loro operativi di alto livello. Mettere le mani su quello
equivaleva a conoscere tutto della sua agenzia: contatti, reali dimensioni,
traffici, conti bancari, sicari affiliati, nemici. Nessuno ci metteva piede,
solo gli archivisti o chi era veramente molto scrupoloso, come lo era Mary, che
si vantava di conoscere gli archivi a memoria.
Percorse tutto il corridoio, poi
girò a sinistra e sempre correndo contò le porte fino alla terza. Ancora una
volta il badge magnetico che portava sempre con sé le garantì l’accesso
all’interno della stanza, un intricato labirinto formato da calcolatori e cavi
a fibre ottiche. La consolle che avrebbe dovuto usare si trovava vicino alla
parete in fondo alla stanza, e appena seduta di fronte allo schermo il computer
le chiese di identificarsi.
“Derevko, Lara. ID472904.”Il
computer analizzò le vibrazioni della sua voce con quelli già presenti, e
confermò il primo elemento di identificazione. Poi fu la volta dello scanner
retinico e delle impronte digitali, dopodiché le fu consentito l’accesso al
software. Cercò nei programmi quello relativo all’autocancellazione, e a
schermo apparve la finestra dove avrebbe dovuto digitare la parola d’ordine,
Razvyaska.
Subito venne attivato un virus,
che bloccò il sistema e iniziò a distruggerlo. Il suo lavoro era finito. Senza
restare ad osservare l’operato del virus, Lara si alzò e di nuovo corse via per
ritornare dalla madre a darle una mano. Se possibile, si arrampicò su quella
scala di metallo ancora più velocemente di prima, fino all’altezza del SL-23.
Uno dei tre piani impiegati come struttura di detenzione. La struttura, come
l’SL-17 dove si trovava il quartier generale, godeva di un generatore autonomo
ed era collegata oltre che al server appena cancellato anche al suo gemello,
schermato. In caso di problemi negli altri sottolivelli, potevano resistere
anche isolati. Grazie al cielo. Si rimise in marcia, ma aveva una morsa allo
stomaco e un presentimento. Doveva entrare in quel livello. Quando vide Ilir a
terra privo di conoscenza e senza la pistola, capì che il suo presentimento era
fondato. Prese in mano la sua pistola, e iniziò a percorrere il corridoio
facendo attenzione ad ogni rumore. Osservò il fondo del corridoio, e alzò la
pistola, prendendo la mira.
“Alza le mani, Vaughn, e
allontanati da quella porta.”
Michael per tutta risposta le
puntò contro la pistola che aveva preso a Ilir. Lara lo fissò in volto, e si
domandava come facesse ad avere ancora tante energie dopo le torture a cui era
stato sottoposto.Ecco che avveniva quello che Lara aveva immaginato più di due
anni prima. Il finale però era ancora da scrivere. Lara sentì il rumore di
un’esplosione alle sue spalle, rumori di spari e ordini urlati in russo e
slavo. Non fece in tempo a sparare per difendersi che un proiettile la colpì
alla testa di striscio, facendola cadere violentemente a terra e colpire il pavimento.
L’ultima cosa che ricordava era uno slavo sopra di lei che le puntava una
pistola alla testa per ucciderla, poi il nulla più assoluto.
***
Perché non riusciva a muovere le
braccia?
E perché aveva un mal di testa
così atroce?
Lara aprì gli occhi e cercò di
capire dove si trovasse. Niente, il luogo non le diceva niente… non era nella
sede dell’organizzazione, questo sicuro, allora dove? Poi, quando si snebbiò il
cervello, si rese conto che non poteva muovere le braccia perché erano
ammanettate alla sedia dov’era seduta, e il mal di testa era causato dal colpo
di striscio che quel maledetto slavo le aveva causato con la sua mira
maldestra. Alzando gli occhi, vide le estremità di quelle che sembravano bende.
Qualcuno l’aveva medicata, ma da come era stata legata era stato un nemico.
Vide girare la maniglia della porta della stanza dove era tenuta – che
assomigliava tanto ad un soggiorno di una casa normale, anche se di sicuro non
lo era – e si preparò a tutto.
Nella stanza della safehouse
entrarono Vaughn e un altro agente che Lara non aveva mai visto. Anche Vaughn
era stato medicato da un medico, e aveva un’aria meno sofferente, di sicuro
merito di analgesici… quelli che sembrava proprio non avessero intenzione di
somministrare anche a lei.
“Come sono arrivata qui?”
“L’agente Vaughn l’ha portata
qui.”
“E perché?” disse Lara,
rivolgendosi direttamente a Vaughn.
“Sei fuggita dalla custodia della
CIA. Pensavi non ti avremmo mai ripreso? L’uomo che ti ha sparato si era
accorto di me, e stava per sparare, ma sono stato più rapido. Ti ho preso e
sono venuto via.”
Lo slavo… l’attacco! Erano
riusciti a entrare nel SL-23! E se erano riusciti ad entrare lì, erano entrati
anche nel SL-17… Lara iniziò a tremare. Che ne era di sua madre? E di Sark,
Sergej, Vladimir, Ilir e gli altri? Erano sopravvissuti o erano tutti morti? Se
ne doveva andare da lì. Ma prima…“
Si potrebbe avere un analgesico?
La testa mi esplode.”
“Avrai tutti gli antidolorifici
che vuoi una volta che saremo in volo. Ti riportiamo a Los Angeles.”
Questa volta sentiva che non
aveva la minima possibilità. Si trovava in un furgone, con sei agenti armati
senza contare i due alla guida, che correva verso il punto di ritrovo e l’aereo
che l’avrebbe riportata negli Stati Uniti in catene… avrebbe dovuto essere
Houdini per riuscire a scappare. E l’unica cosa a cui riusciva a pensare era
sua madre, a quello che stava succedendo. No, mia madre è piena di risorse, si
diceva, e ha passato prove peggiori. Ce la farà, ce la farà sicuramente…Dopo quelle
che le erano sembrate almeno un paio d’ore di strada, il furgone iniziò a
sbandare, prima leggermente, poi sempre più forte. L’agente alla guida disse
che c’era qualcuno che voleva farlo uscire di strada… e mentre lo stava ancora
dicendo arrivò il colpo più forte, che fece uscire il veicolo dalla
carreggiata, ribaltandosi un paio di volte. Lara cercò di mantenere
l’equilibrio, ma le porte del furgone si aprirono e finì sbalzata fuori,
perdendo i sensi.
***
Non era mai stata tanto felice di
vedere gli occhi azzurri di Sark sopra di lei. Era stesa a terra, lontano dal
furgone nero dove gli altri agenti si trovavano ancora incoscienti, con Julian
inginocchiato accanto a lei. Sembrava spaventato a morte… non l’aveva mai visto
così.
“Che è successo?”
“Ti spiegherò tutto quando saremo
all’ospedale. Devi fare delle radiografie, e farti esaminare la testa.”
“Dov’è mia madre?”
Sark sembrava propenso a non
darle risposte, e presa in braccio Lara la mise sui sedili posteriori del
furgone che aveva usato per seguirli e farli uscire di strada. Gli agenti erano
ancora tutti vivi, anche se malconci, e non correvano rischi immediati. A lui
in ogni caso non interessava, gli premeva solo che Lara fosse viva, e potesse
stare meglio.
Lara continuò ad insistere
debolmente, ma Sark continuava a ripeterle che avrebbe avuto tutte le risposte
dopo essere stata in ospedale, così alla fine si arrese. Se Sark era lì con lei
dopotutto, voleva dire che la madre non aveva bisogno di lui. E se sua madre
non aveva bisogno di lui probabilmente l’emergenza era terminata…In ospedale la
trattennero a malapena un paio d’ore, giusto il tempo per i medici di eseguire
e visionare le lastre, sentenziando che alla testa aveva preso solo un brutto
colpo oltre alla ferita preesistente, e che avrebbe dovuto tenere il braccio e
la spalla sinistra immobilizzati per via di una lussazione. Le prescrissero
delle medicine per il dolore, e Lara, agguantate le ricette, raggiunse Sark che
la stava aspettando e lo costrinse a riportarla al quartier generale.
“Se non vuoi dirmi niente, lo
farà mia madre!” urlò, entrando nel palazzo che faceva da copertura. Subito si
bloccò, sconvolta. L’elegante entrata del centro di ricerca che faceva da
copertura all’organizzazione di sua madre aveva muri e colonne crivellati di
colpi. Molte persone erano a terra, morte mentre cercavano di scappare, mentre
i sopravvissuti cercavano ancora di capire perché fosse successa una cosa
simile. Alcune fissavano il vuoto in stato di shock.
“Erano due squadre. Una ha
simulato una rapina di tecnologia medica ai laboratori dei piani alti… l’altra
è venuta nei sottolivelli a cercare noi. Tua madre ha attivato il dispositivo
anti intrusioni, e tu hai cancellato il server, ma non è servito. Dio solo sa
come, sapevano esattamente come e dove colpire…”
“Julian, dov’è mia madre?”
“Irina l’hanno presa per ultima.
Credevo volessero interrogarla…”
“Sark, che vuoi dire? Che le
hanno fatto?” urlò Lara afferrando Sark per la giacca e scuotendolo con forza.
Negli occhi aveva lacrime che minacciavano di uscire, perché aveva un altro
brutto presentimento ma che non poteva essere vero…Senza aspettare risposta,
Lara corse agli ascensori e scese fino al SL-19. Lì, le cose erano anche
peggio. L’intero quartier generale era diventato una tomba comune. Lara camminò
lentamente tra i corpi, alcuni coperti, altri no, e sentiva… no, non sentiva
niente. Non sapeva che cosa provare, a parte orrore. E paura. Paura che
aumentava mano a mano che si avvicinava all’ufficio di sua madre. Mise la mano
sulla maniglia, la strinse, la girò, e la porta si aprì. Sua madre era a terra,
con la pistola ancora stretta in mano. Gli occhi sembrava esprimessero
sorpresa. Di sicuro sua madre non si era aspettata di finire la sua vita in
quel modo, tra le rovine dell’organizzazione che aveva creato dal niente. Lara
si inginocchiò accanto a lei, e le lacrime che aveva trattenuto a forza
inondarono i suoi occhi, le guance, e scesero a bagnare il collo della camicia
azzurra che portava. Urlò tutta la sua disperazione tra le lacrime, stringendo
a sé il corpo ormai freddo di sua madre, ripetendosi inutilmente che doveva
ancora essere svenuta in mano alla CIA, che niente di quello che stava vivendo
era reale.
Ora sapeva esattamente che cosa
provava.
Un enorme, impellente, sanguinoso
desiderio di vendetta.
‘Ti giuro mamma, io troverò il responsabile di tutto questo. Che ci
metta mesi, anni o tutta la mia vita, io lo cercherò, lo troverò, e lo farò
pagare caro quello che ti ha fatto… Te lo prometto… Te lo prometto, mamma…