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Autore: Jade MacGrath    25/03/2005    0 recensioni
Sono passati due anni, e Lara Derevko ormai è legata a Sark. Ma quando un dramma si abbatte sulla vita della giovane Derevko, Lara scoprirà che certe volte la fiducia è la più letale delle armi... Seguito di Alias Lara Derevko. Il titolo non centra granché, ma la canzone è stata la mia colonna sonora mentre scrivevo.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una squadra di dieci uomini, appartenenti a varie organizzazioni criminali e tutti mascherati, entrarono dalla porta secondaria della struttura, dove erano solite passare le squadre di ritorno dalle missioni, eludendo i controlli biometrici effettuati ai membri.

Armi con silenziatore in pugno, uccisero chiunque si trovasse sulla loro strada senza pensarci due volte. Si diressero all’armeria, ma il responsabile non era là. Presero molte delle armi lì riposte, e ripresero la loro marcia di morte e conquista… Ignorando che Sergej era là, e che dal suo antro dove era riuscito a nascondersi aveva visto tutto. Doveva avvertire Irina, Lara e Sark prima che li uccidessero a sangue freddo!

“Sì?” rispose Irina al telefono del suo ufficio. La sua calma mal si associava al tono agitato e quasi isterico del suo armaiolo.“Signora, siamo sotto attacco! Sono già entrati nell’SL-5, hanno rapinato l’armeria e stanno scendendo! Stanno uccidendo tutti quelli che incontrano…”

Irina lasciò cadere il telefono, e corse fuori.

Lara non aveva mai visto sua madre tanto preoccupata, come quando la vide entrare nel suo ufficio di corsa, urlandole di prendere con sé la pistola e il disegno di Rambaldi che stava analizzando, e di venire subito con lei.“Mamma che succede?”

“L’attacco… siamo sotto attacco. Tra non molto entreranno qui, e dobbiamo prepararci!”

“Come hanno fatto?” domandò Lara, caricando la sua pistola mentre usciva con la madre.“Hanno eluso gli scanner biometrici.”

“C’era una squadra in arrivo…”

“Ecco come hanno fatto. Hanno usato loro.”Lara cercò di cancellare dalla sua testa l’immagine della squadra, che prendeva dai loro compagni morti quello che sarebbe servito ad aprire loro le porte della loro sede.“Lara, bisogna cancellare il sistema centrale. Il backup si trova in un server schermato, quindi sicuro. Per accedere al sistema bisogna scendere al SL-29.”

“Il sistema riconosce solo te.”

“No. Riconoscerà anche te… è una misura che ho preso fin dal giorno che sei venuta a lavorare qui. Ho inserito nel codice di riconoscimento il tuo scanner retinico, l’impronta vocale e della tua mano.”

Lara rimase quasi a bocca aperta.

“Non è vero che non ho fiducia in te, Lara. Ho sempre avuto fiducia in te…anche se a volte forse non te l’ho dimostrato abbastanza.”

“Mamma…”

“Concentrati. Cancella il sistema centrale, prima che quei maledetti ci mettano le mani. Ora attiverò il sistema anti intrusioni, se tutto va bene riusciremo a bloccarli. Dovrai usare il condotto dell’ascensore, e scendere attraverso quello fino al piano. Da lì, percorri tutto il corridoio, poi prendi la terza porta a sinistra. La parola d’ordine per cancellare il sistema è Razvyaska.”

“ ‘Fine della partita’. Appropriato.”

“Dammi il disegno, mi occuperò di occultarlo. Buona fortuna, Lara.”

“Anche a te. Ci vediamo alla fine di questa emergenza.”

Irina sorrise a sua figlia e annuì leggermente. Anche Lara sorrise, e poi iniziò a correre nella direzione opposta, fino al pannello d’accesso dell’ascensore. La lastra di metallo era assicurata molto saldamente alle altre, e lei non aveva niente per toglierla… Il suo sguardo si posò allora sull’estintore vicino a lei.

Afferrò saldamente bombola ed erogatore, e con il suo getto congelò tutte le viti, facendole poi saltare con un colpo secco dato con la bombola. Dopodiché, bastò un calcio per riuscire ad entrare nel condotto. Tutto era illuminato da una pallida luce bianca, che dava all’ambiente un aspetto spettrale. Lara si aggrappò alla scaletta di metallo che correva lungo tutta la parete vicino a lei, e facendo attenzione a dove metteva i piedi iniziò a scendere.

Era arrivata all’altezza del SL-19, quando le luci sparirono, per venir soppiantate dai fari di emergenza. Sua madre doveva aver attivato il sistema anti intrusioni, e se avevano avuto fortuna gli intrusi sarebbero dovuti rimanere bloccati nel sottolivello dove si trovavano in quel momento. Muoviamoci, si disse, e ricominciò a scendere più velocemente. Prima completava la sua missione, prima sarebbe andata ad aiutare sua madre e Sark.

L’SL-29 era forse il sottolivello situato più in basso dell’intera struttura, o addirittura l’ultimo. Era adibito ad archivio generale, c’erano migliaia e migliaia di cartelle cartacee e di rapporti di missioni, e in una stanza era allestito il server generale. Lì, oltre alla copia elettronica di tutto quel che era contenuto nelle carte stipate in quel piano, c’era una copia della Bibbia, il manuale che Irina e Khasinau avevano creato per i loro operativi di alto livello. Mettere le mani su quello equivaleva a conoscere tutto della sua agenzia: contatti, reali dimensioni, traffici, conti bancari, sicari affiliati, nemici. Nessuno ci metteva piede, solo gli archivisti o chi era veramente molto scrupoloso, come lo era Mary, che si vantava di conoscere gli archivi a memoria.

Percorse tutto il corridoio, poi girò a sinistra e sempre correndo contò le porte fino alla terza. Ancora una volta il badge magnetico che portava sempre con sé le garantì l’accesso all’interno della stanza, un intricato labirinto formato da calcolatori e cavi a fibre ottiche. La consolle che avrebbe dovuto usare si trovava vicino alla parete in fondo alla stanza, e appena seduta di fronte allo schermo il computer le chiese di identificarsi.

“Derevko, Lara. ID472904.”Il computer analizzò le vibrazioni della sua voce con quelli già presenti, e confermò il primo elemento di identificazione. Poi fu la volta dello scanner retinico e delle impronte digitali, dopodiché le fu consentito l’accesso al software. Cercò nei programmi quello relativo all’autocancellazione, e a schermo apparve la finestra dove avrebbe dovuto digitare la parola d’ordine, Razvyaska.

Subito venne attivato un virus, che bloccò il sistema e iniziò a distruggerlo. Il suo lavoro era finito. Senza restare ad osservare l’operato del virus, Lara si alzò e di nuovo corse via per ritornare dalla madre a darle una mano. Se possibile, si arrampicò su quella scala di metallo ancora più velocemente di prima, fino all’altezza del SL-23. Uno dei tre piani impiegati come struttura di detenzione. La struttura, come l’SL-17 dove si trovava il quartier generale, godeva di un generatore autonomo ed era collegata oltre che al server appena cancellato anche al suo gemello, schermato. In caso di problemi negli altri sottolivelli, potevano resistere anche isolati. Grazie al cielo. Si rimise in marcia, ma aveva una morsa allo stomaco e un presentimento. Doveva entrare in quel livello. Quando vide Ilir a terra privo di conoscenza e senza la pistola, capì che il suo presentimento era fondato. Prese in mano la sua pistola, e iniziò a percorrere il corridoio facendo attenzione ad ogni rumore. Osservò il fondo del corridoio, e alzò la pistola, prendendo la mira.

“Alza le mani, Vaughn, e allontanati da quella porta.”

Michael per tutta risposta le puntò contro la pistola che aveva preso a Ilir. Lara lo fissò in volto, e si domandava come facesse ad avere ancora tante energie dopo le torture a cui era stato sottoposto.Ecco che avveniva quello che Lara aveva immaginato più di due anni prima. Il finale però era ancora da scrivere. Lara sentì il rumore di un’esplosione alle sue spalle, rumori di spari e ordini urlati in russo e slavo. Non fece in tempo a sparare per difendersi che un proiettile la colpì alla testa di striscio, facendola cadere violentemente a terra e colpire il pavimento. L’ultima cosa che ricordava era uno slavo sopra di lei che le puntava una pistola alla testa per ucciderla, poi il nulla più assoluto.

 

***

 

Perché non riusciva a muovere le braccia?

E perché aveva un mal di testa così atroce?

Lara aprì gli occhi e cercò di capire dove si trovasse. Niente, il luogo non le diceva niente… non era nella sede dell’organizzazione, questo sicuro, allora dove? Poi, quando si snebbiò il cervello, si rese conto che non poteva muovere le braccia perché erano ammanettate alla sedia dov’era seduta, e il mal di testa era causato dal colpo di striscio che quel maledetto slavo le aveva causato con la sua mira maldestra. Alzando gli occhi, vide le estremità di quelle che sembravano bende. Qualcuno l’aveva medicata, ma da come era stata legata era stato un nemico. Vide girare la maniglia della porta della stanza dove era tenuta – che assomigliava tanto ad un soggiorno di una casa normale, anche se di sicuro non lo era – e si preparò a tutto.

Nella stanza della safehouse entrarono Vaughn e un altro agente che Lara non aveva mai visto. Anche Vaughn era stato medicato da un medico, e aveva un’aria meno sofferente, di sicuro merito di analgesici… quelli che sembrava proprio non avessero intenzione di somministrare anche a lei.

“Come sono arrivata qui?”

“L’agente Vaughn l’ha portata qui.”

“E perché?” disse Lara, rivolgendosi direttamente a Vaughn.

“Sei fuggita dalla custodia della CIA. Pensavi non ti avremmo mai ripreso? L’uomo che ti ha sparato si era accorto di me, e stava per sparare, ma sono stato più rapido. Ti ho preso e sono venuto via.”

Lo slavo… l’attacco! Erano riusciti a entrare nel SL-23! E se erano riusciti ad entrare lì, erano entrati anche nel SL-17… Lara iniziò a tremare. Che ne era di sua madre? E di Sark, Sergej, Vladimir, Ilir e gli altri? Erano sopravvissuti o erano tutti morti? Se ne doveva andare da lì. Ma prima…“

Si potrebbe avere un analgesico? La testa mi esplode.”

“Avrai tutti gli antidolorifici che vuoi una volta che saremo in volo. Ti riportiamo a Los Angeles.”

Questa volta sentiva che non aveva la minima possibilità. Si trovava in un furgone, con sei agenti armati senza contare i due alla guida, che correva verso il punto di ritrovo e l’aereo che l’avrebbe riportata negli Stati Uniti in catene… avrebbe dovuto essere Houdini per riuscire a scappare. E l’unica cosa a cui riusciva a pensare era sua madre, a quello che stava succedendo. No, mia madre è piena di risorse, si diceva, e ha passato prove peggiori. Ce la farà, ce la farà sicuramente…Dopo quelle che le erano sembrate almeno un paio d’ore di strada, il furgone iniziò a sbandare, prima leggermente, poi sempre più forte. L’agente alla guida disse che c’era qualcuno che voleva farlo uscire di strada… e mentre lo stava ancora dicendo arrivò il colpo più forte, che fece uscire il veicolo dalla carreggiata, ribaltandosi un paio di volte. Lara cercò di mantenere l’equilibrio, ma le porte del furgone si aprirono e finì sbalzata fuori, perdendo i sensi.

 

***

 

Non era mai stata tanto felice di vedere gli occhi azzurri di Sark sopra di lei. Era stesa a terra, lontano dal furgone nero dove gli altri agenti si trovavano ancora incoscienti, con Julian inginocchiato accanto a lei. Sembrava spaventato a morte… non l’aveva mai visto così.

“Che è successo?”

“Ti spiegherò tutto quando saremo all’ospedale. Devi fare delle radiografie, e farti esaminare la testa.”

“Dov’è mia madre?”

Sark sembrava propenso a non darle risposte, e presa in braccio Lara la mise sui sedili posteriori del furgone che aveva usato per seguirli e farli uscire di strada. Gli agenti erano ancora tutti vivi, anche se malconci, e non correvano rischi immediati. A lui in ogni caso non interessava, gli premeva solo che Lara fosse viva, e potesse stare meglio.

Lara continuò ad insistere debolmente, ma Sark continuava a ripeterle che avrebbe avuto tutte le risposte dopo essere stata in ospedale, così alla fine si arrese. Se Sark era lì con lei dopotutto, voleva dire che la madre non aveva bisogno di lui. E se sua madre non aveva bisogno di lui probabilmente l’emergenza era terminata…In ospedale la trattennero a malapena un paio d’ore, giusto il tempo per i medici di eseguire e visionare le lastre, sentenziando che alla testa aveva preso solo un brutto colpo oltre alla ferita preesistente, e che avrebbe dovuto tenere il braccio e la spalla sinistra immobilizzati per via di una lussazione. Le prescrissero delle medicine per il dolore, e Lara, agguantate le ricette, raggiunse Sark che la stava aspettando e lo costrinse a riportarla al quartier generale.

“Se non vuoi dirmi niente, lo farà mia madre!” urlò, entrando nel palazzo che faceva da copertura. Subito si bloccò, sconvolta. L’elegante entrata del centro di ricerca che faceva da copertura all’organizzazione di sua madre aveva muri e colonne crivellati di colpi. Molte persone erano a terra, morte mentre cercavano di scappare, mentre i sopravvissuti cercavano ancora di capire perché fosse successa una cosa simile. Alcune fissavano il vuoto in stato di shock.

“Erano due squadre. Una ha simulato una rapina di tecnologia medica ai laboratori dei piani alti… l’altra è venuta nei sottolivelli a cercare noi. Tua madre ha attivato il dispositivo anti intrusioni, e tu hai cancellato il server, ma non è servito. Dio solo sa come, sapevano esattamente come e dove colpire…”

“Julian, dov’è mia madre?”

“Irina l’hanno presa per ultima. Credevo volessero interrogarla…”

“Sark, che vuoi dire? Che le hanno fatto?” urlò Lara afferrando Sark per la giacca e scuotendolo con forza. Negli occhi aveva lacrime che minacciavano di uscire, perché aveva un altro brutto presentimento ma che non poteva essere vero…Senza aspettare risposta, Lara corse agli ascensori e scese fino al SL-19. Lì, le cose erano anche peggio. L’intero quartier generale era diventato una tomba comune. Lara camminò lentamente tra i corpi, alcuni coperti, altri no, e sentiva… no, non sentiva niente. Non sapeva che cosa provare, a parte orrore. E paura. Paura che aumentava mano a mano che si avvicinava all’ufficio di sua madre. Mise la mano sulla maniglia, la strinse, la girò, e la porta si aprì. Sua madre era a terra, con la pistola ancora stretta in mano. Gli occhi sembrava esprimessero sorpresa. Di sicuro sua madre non si era aspettata di finire la sua vita in quel modo, tra le rovine dell’organizzazione che aveva creato dal niente. Lara si inginocchiò accanto a lei, e le lacrime che aveva trattenuto a forza inondarono i suoi occhi, le guance, e scesero a bagnare il collo della camicia azzurra che portava. Urlò tutta la sua disperazione tra le lacrime, stringendo a sé il corpo ormai freddo di sua madre, ripetendosi inutilmente che doveva ancora essere svenuta in mano alla CIA, che niente di quello che stava vivendo era reale.

Ora sapeva esattamente che cosa provava.

Un enorme, impellente, sanguinoso desiderio di vendetta.

‘Ti giuro mamma, io troverò il responsabile di tutto questo. Che ci metta mesi, anni o tutta la mia vita, io lo cercherò, lo troverò, e lo farò pagare caro quello che ti ha fatto… Te lo prometto… Te lo prometto, mamma…

 

  
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