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Autore: YakerHenbane    30/03/2016    4 recensioni
Zootropolis, la città dove ogni animale può essere quello che desidera. In questa enorme utopia zoologica seguiamo lo spaccato di vita di tre giovani predatori in cerca del proprio posto nella società. Cosa ha da offrire loro, in termini di possibilità e imprevisti, questa grande metropoli dal cuore peloso? Un terzetto bislacco destinato ad unirsi in una forte amicizia e...
Per quelli interessati al fattore "introspettivo" della storia (qui parla l'autore), i tre personaggi principali sono i miei tre fursona, sostanzialmente incarnazioni di lati diversi di quello che, nel complesso, sono io. La storia può essere letta anche come qualcosa di più interiore di una semplice serie di spaccati di vite quotidiane, anche se tale è e come tale può essere tranquillamente interpretata. Spero che vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry, Spoiler!, Tematiche delicate
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Una nuvola di vapore denso quasi al punto di diventare pioggia uscì dalla cabina della doccia mentre Kamal, col pelo ancora zuppo d’acqua, usciva dalla doccia e si infilava sovrappensiero un paio di infradito alle zampe scivolose. Era nero di rabbia ed arancione di vergogna e frustrazione, l’acqua che gli appesantiva il pelo era allegoria delle sensazioni orribili che provava in quell’istante, che invece gli appesantivano l’animo e l’umore. Prese a fissare un punto nel vuoto. Perché…? Perché doveva capitare proprio a lui? Non lo aveva chiesto, sarebbe stato molto meglio senza quell’ulteriore difficoltà. Non poteva farci niente, ed aveva provato con tutte le sue forze a combattere quello che era. Nulla, sforzi inutili che si accatastavano sull’enorme montagna di pesi che gli gravava sul cuore e che lo umiliavano ancora di più davanti a se stesso. Ringhiò per la frustrazione sempre fissando il vuoto, ma non era aggressivo: strinse gli occhi e fece uscire qualche furtiva lacrima, che scivolò sulla pelliccia già impermeabile per colpa dell’acqua assorbita fino a passargli oltre i pettorali, l’addome, l’inguine, le cosce. Quando giunsero entrambe ai suoi talloni, Kamal sentì un suono e si portò velocissimo un braccio agli occhi per asciugarseli: qualcuno aveva bussato alla porta del bagno.
“…Sì?”
Ci fu qualche istante di silenzio.
“Sono Yaker, Kam. Hai dimenticato l’asciugamano, posso entrare?”
La tigre si rese conto solo in quel momento che, effettivamente, non aveva nulla per asciugarsi. Indietreggiò un po’ con una zampa sulla tempia e si sedette sul gabinetto, perché sentiva le gambe cedergli, per poi rispondere con il tono di chi ha smesso di piangere da pochi istanti e che, contemporaneamente, non ha mai iniziato.
“Sì, sì, entra pure…”
La porta si aprì lentamente ed apparve Yaker, svestito per la notte con solo un paio di boxer addosso: sorrise alla tigre dalla porta quasi con aria paterna, chiuse la porta dietro di sé e fece qualche passo per porgergli l’asciugamano bianco che teneva nella zampa destra. Kamal lo squadrò dal basso verso l’alto con aria sommessa e poi accennò una smorfia agrodolce. Prese l’asciugamano e si alzò, per legarselo in vita: non sapeva quanto tempo era stato a fissare nel vuoto, ma probabilmente abbastanza da far asciugare la maggior parte dell’acqua dal suo pelo.
“Grazie, Yak… Io-“
“Devi stare tranquillo, ok? Non devi rispondere a nessuno di quello che non sei…”
Kamal abbassò di nuovo lo sguardo, non resisteva più. Doveva sfogarsi, e doveva farlo con Yaker: era l’unico animale a cui l’avrebbe detto in quel modo, senza vergogna o quasi; ed ormai s’era reso conto persino lui stesso di non poterne fare a meno.
“…E se lo fossi, Yaker?”
Ecco, l’aveva detto praticamente. L’aveva ammesso di fronte alla persona di cui, forse, gli importava di più, così, senza ragionarci. Ovviamente, se ne pentì subito e cominciò a morire dentro: non fu più capace di sostenere il suo sguardo, dunque si voltò verso quel punto distante che fissava prima, lo sguardo nuovamente rosso, sempre per le lacrime e non più per il furore.
Ci fu qualche secondo di silenzio, Yaker tentennò e fece per aprire la bocca senza però spiccicare parola. Solo dopo qualche attimo eterno d’incertezza che a Kamal parvero un abisso, il lupo parlò. Ma senza aprir bocca. Lentamente si fece avanti e cinse l’altro in un abbraccio che senza dire nulla diceva tutto: diceva “Per me sarai sempre il meglio”, diceva “Non c’è nulla di male per me”, diceva “Ti sosterrò qualsiasi cosa succeda”. La tigre non ricambiò subito, rimase in silenzio sbigottito: nella sua testa frullavano mille emozioni. “Ecco, anche questo è da froci!” “Ma sento che devo farlo…” “Cosa penserà di te se lo fai?” “Cosa può pensare qualcuno che mi abbraccia in questo modo?” “Vuoi davvero ridurti così?” “Vuoi davvero lasciare che questo attimo finisca?” “Come puoi essere un vero uomo se lasci vedere così le tue debolezze?” “Come puoi essere un animale felice se non ti permetti di sfogarti?” “Non farlo!” “Fallo…” “Trattieniti!” “Lasciati andare…” “Non provare emozioni!” “Concediti questo lusso…” “Non lasciare che il mondo ti veda!” “Ma ormai il tuo mondo lo sa, Kamal. La vera domanda è…
…chi è il tuo mondo?”
Kamal ricambiò l’abbraccio e strinse Yaker a sé come se non volesse mai più lasciarlo andare. Le lacrime ricominciarono a scivolargli dagli occhi, silenziose e sfuggevoli, ognuna carica di anni ed anni di frustrazione. L’asciugamano che aveva in vita cadde alle sue zampe e la tigre era lì: autentico, nudo di fronte a se stesso esattamente dove era felice di stare. E in quell’attimo non c’era vergogna che potesse tenere, Kamal disse tra le lacrime tutto quello che aveva maturato in quel periodo e che aveva tenuto stipato dentro senza possibilità di esprimerlo.
“Yak…”
“Dimmi tutto, Kam.”
“Io credo di amarti…”
Singhiozzò ed andò avanti.
“…Non penso che potrò mai più fare a meno di te.”
Il lupo gli portò una zampa su una guancia e gli asciugò una lacrima con il pollice.
“Pensi che io possa essere alla tua altezza, Kam?”
“Ti prego, abbassati tu alla mia.”
Yaker divenne pensieroso per un istante, quasi se stesse ricordando un pensiero lontano, e poi tornò a fissare Kamal negli occhi, fissandolo dal basso.
“Ho solo da alzarmi per te.”
Kamal non resistette più. Ormai, quella sera, avrebbe fatto qualsiasi cosa sentiva di voler fare, senza vergogna. Ponderò il suicidio, nel caso Yaker lo avesse rifiutato in malo modo non avrebbe potuto vivere con il senso di colpa, e in una frazione di secondo lo baciò. Sulle labbra, per pochi istanti. Yaker fu visibilmente rigido, al punto da spaventare Kamal nell’animo, e poi espirò dal naso, sorridendo mentre i loro musi erano ancora uno sull’altro. La tigre dunque si staccò, turbato dal gesto che aveva appena compiuto, ma il lupo tornò a stringerlo e a cercare le sue labbra per un secondo dolce bacio, questa volta molto più lungo.
   
 
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