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Autore: eian    30/03/2016    2 recensioni
Un virus che colpisce i telepati, mortale per i vulcaniani, si sta diffondendo sul pianeta Cetacea e rischia di propagarsi per l'intero quadrante, con effetti devastanti. L'Enterprise del capitano Kirk deve indagare sulla possibile origine sintetica del virus e il suo legame con una sperduta località su Vulcano.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Dopo lunghissima attesa... chiedo perdono!!
 
Draghi a due teste
 
Sulla navetta aliena Kirk si teneva saldamente alla maniglia di sicurezza, dopo che il primo scossone l’aveva mandato a sbattere dolorosamente contro una paratia.
La navetta era sottoposta ad un fortissimo sforzo mentre cercava di contrastare il raggio trattore dell’astronave più grande – la sua nave – che pretendeva indietro il proprio capitano.
 - Smettila di opporti! Così ci farai andare in pezzi! – esclamò.
Fa silenzio, pelle-rosa –
- Sono dieci volte più potenti di questa navetta! Non hai nessuna possibilità, spegni i motori –
In quella udì la voce di Spock provenire dagli altoparlanti, dolorosamente familiare.
- Navetta aliena, spegnete i motori e lasciatevi rimorchiare a bordo. Non vi verrà fatto alcun male. Ripeto, spegnete i motori e rilasciate il prigioniero –
- Dovresti ascoltarli –
- I tuoi amici ti rivogliono proprio indietro! Devi essere un pesce grosso –
La navetta tremò nuovamente, mentre una luce abbagliante emanava dallo schermo.
- Reggiti! – urlò l’alieno sovrastando il ruggito dei motori, ma troppo tardi.
Nonostante si aggrappasse alla maniglia lo scossone lo mandò a sbattere violentemente contro una consolle, poi centrifugato come uno sciame di neutrini in un acceleratore Bolsom mentre gli smorzatori inerziali della navetta ruggivano per mantenere la coerenza strutturale del fragile guscio di metallo.
 
La sala macchine era un inferno, e non solo per la temperatura insopportabile.
Scotty non era famoso per il suo buon carattere, ma quando le sue dolcezze erano in difficoltà si trasformava in una belva inavvicinabile.
- Tu, tu! Idiota, che diavolo stai facendo? – stava urlando contro un disgraziato giovane guardiamarina – vuoi distruggere le mie ragazze? Levati! –
Con uno spintone spostò il ragazzo e ne prese il posto alla postazione diagnostica, mentre le sue mani volavano sul touch screen.
- Ma cosa diavolo ho fatto di male per trovarmi questi incompetenti attorno… -
Continuò a borbottare per i successivi 5 minuti, quando finalmente l’assordante allarme della postazione smise di suonare.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo, e non solo per il relativo silenzio.
Scotty, da parte sua, odiava quel silenzio: per lui significava solo che i suoi adorati motori erano in agonia.
Odiava l’assenza del loro brusio, e la mancanza della costante vibrazione di sottofondo gli dava la nausea.
- Su su, da brave, ragazze, se tornate in funzione per me vi prometto una revisione completa nel miglior bacino della Terra! Non fate le difficili con il vostro Scotty… -
Il guardiamarina, al secondo mese di incarico, guardava il suo Capo Ingegnere come se avesse due teste. No, peggio, visto che il luogotenente Krritll con tre teste lo terrorizzava meno dello scozzese.
Un breve palpito di vita riportò l’attenzione di tutti sui motori.
- Vedi, ragazzo, devi amarle se vuoi ottenere la loro reazione… - ronfò felice il suo capo – ora, se per cortesia puoi tenere quell’indicatore sotto controllo… non farlo andare oltre i 2500 Tesla –
Sconvolto dal repentino cambiamento d’umore, il giovane fece come gli veniva detto.
In quella la postazione adiacente esplose in una cascata di scintille.
L’urlo proveniente dal capo ingegnere aveva ben poco di umano.
 
 
T’Mar alzò la testa dal microscopio atomico a cui stava lavorando.
Un pensiero inconscio la stava tormentando da qualche ora ma non riusciva  a metterlo a fuoco, e la fatica per mantenere i suoi schermi mentali alzati non aiutava.
Si strofinò le mani cercando di scaldarle, nonostante la temperatura fosse piuttosto alta in tutta la nave a causa della vicinanza alla coppia di stelle lei non riusciva a scaldarsi completamente.
Si alzò e si diresse in cambusa per un infuso caldo, ogni due ore si prendeva una pausa per riposare la mente ed impedire alla stanchezza di prendere il sopravvento.
La saletta era praticamente deserta, tutti erano inchiodati alle loro postazioni dall’emergenza in corso.
Solo un tavolino era occupato e fu sorpresa di riconoscere Uhura, completamente assorta da una lettura.
- Posso?- chiese avvicinandosi.
Uhura sollevò gli occhi dal DiPad che stava studiando e si accorse della cetaciana.
- Ma certo- sorrise invitante.
T’Mar prese posto e scrutò la collega per qualche istante.
La bella bantu non era giovanissima, ma l’età aveva solo accresciuto la sua notevole bellezza, come solo le donne intelligenti sanno invecchiare, donandole una maturità incredibilmente affascinante e consapevole.
Era certa che quegli occhi caldi e scuri avessero colto in un solo sguardo tutta la sua essenza e senza bisogno di parlare le offrirono il conforto di chi sa e capisce.
Sì sentì immediatamente meglio.
Avvolse le dita sottili attorno alla tazza di infuso bollente.
- Come procede?- chiese accennando al DiPad.
 - Frustrante. Sono ad un punto morto – rispose l’esperta di comunicazioni.
- Come mai?-
- Il messaggio non era indirizzato ad una specifica postazione ma ad una generica area vasta quanto il deserto Sahariano e ugualmente spopolata, se non di più. Contiene un codice di attivazione per almeno quattro ripetitori in quell’area, e solo il ripetitore giusto ritrasmette alla destinazione finale. Non abbiamo modo di sapere quale essa sia, le coordinate sono inserite nel ripetitore –
- Posso vedere? –
Uhura annuì, porgendole il DiPad e ripensando alle delicate orecchie a punta della cetaciana che aveva intravisto in plancia mentre assisteva il comandante Spock.
Orecchie vulcaniane, senza ombra di dubbio.
- Come ti dicevo, è una zona assolutamente deserta, alterata da violente variazioni metereologiche e tempeste elettromagnetiche –
- La Forgia – sussurrò la cetaciana assorta nella lettura.
Uhura sgranò gli occhi.
- Conosci quella zona? –
- Sì, è una zona sacra. Ci si trova un antico monastero dove è stato ritrovato il katra di Surak. Alcuni monaci vivono lì per curarne la memoria, dedicandosi allo studio delle discipline mentali tradizionali -
La bantu si sporse sul tavolino verso di lei.
- Come diavolo fai a saperlo?- chiese incredula.
Un leggero sorriso illuminò il volto azzurro pallido.
 - Mia nonna me ne ha parlato, è il suo campo di studio –
Uhura ripensò alla prontezza con cui aveva assistito Spock in plancia quando il comandante era collassato.
- Ha istruito anche te – indovinò.
La cetaciana annuì.
L’addetta alle comunicazioni riportò lo sguardo sul DiPad tra loro.
 - Certo che vivono davvero in mezzo al nulla –
- Sono solo poche persone e conducono un’esistenza estremamente ritirata. Durante le tempeste elettromagnetiche rimangono completamente isolate. Pensa che per comunicare fanno affidamento ad un’antica radio che raccoglie segnali multipli dall’esterno dell’area colpita dalle tempeste e li ricombina in… - la voce le si spense in un sussurro, le due donne si guardarono colpite dallo stesso pensiero.
Balzarono dalla sedia contemporaneamente e si precipitarono verso il turboelevatore dirette in plancia.
 
Sul ponte regnava una strana quiete, silenziosa ma frenetica.
Strano come l’equipaggio in servizio in plancia si adattasse alle caratteristiche dell’ufficiale in comando sul ponte.
Spock apprezzava il silenzio concentrato che i suoi ufficiali portavano avanti in sua presenza, gli permetteva di non distogliere ulteriori energie dai problemi.
Come quello attuale. Che giganteggiava sullo schermo, incombente.
La corona esterna stava gonfiandosi e i brillamenti solari lanciavano plasma in nastri sfilacciati lunghi migliaia di kilometri.
Sarebbe stato uno spettacolo affascinante, se non avesse minacciato di ingoiare l’intera astronave come un mostro della mitologia umana.
O Vulcaniana.
Curioso come mondi così diversi condividessero miti e paure primordiali come creature di fuoco.
Ovviamente, gli abitanti draghiformi di Berengaria non condividevano quella particolare paura…
La temperatura in plancia era insolitamente alta, persino per la sua costituzione vulcaniana, e stava mettendo a dura prova gli ufficiali umani.
Improvvisamente una vibrazione scosse la plancia.
 - Comandante, il campo gravitazionale ci ha aggiunti… stiamo scivolando verso la superficie della stella… O forse dovrei dire che la superficie della stella ci sta raggiungendo… - esclamò Sulu.
- Entrambi le affermazioni possono considerarsi corrette signor Sulu… Purtroppo per noi  il risultato finale è lo stesso – affermò laconico il vulcaniano – Signor Scott, aggiornamento – aggiunse premendo il tasto di comunicazione con l’ingegneria.
- E’ un dannato disastro signore – rispose l’ingegnere con una inquietante mancanza di ogni accento – ma stiamo provando qualcosa proprio ora… mi dia qualche minuto e la aggiorno –
- D’accordo signor Scott, ma consideri che le onde gravitazionali stanno cominciando a formarsi. Sono irregolari e gli smorzatori inerziali non sono in grado di adattarsi in tempo –
Come evocato  dal vulcaniano, un sinistro gemito di lamiere attraversò la nave silenziosa.
 
McCoy giaceva immobile in un sogno senza fine, nessun risveglio a liberarlo.
Era solo, nuovamente solo, infinitamente solo.
Era sempre stato un tipo introverso e aveva imparato presto a vivere con se stesso, ma quello era prima… Prima di conoscere la vera amicizia, la sintonia, i contatti mentali con le persone più care che aveva.
E prima di T’Mar. Della loro incredibile fusione di anime e corpi che con una sola ondata aveva spazzato via ogni solitudine e riempito ogni vuoto del suo animo.
Era una solitudine totale, profonda come lo spazio, incolmabile.
Il dolore era straziante. La sua mente provava a riempirla con sogni e allucinazioni, ma la realtà colpiva anche la dimensione onirica e i sogni finivano in incubi, orrori senza scampo.
La figura sorridente di T’Mar creata dalla sua mente si sciolse in sangue, subito assorbito dal terreno sabbioso di un deserto senza fine.
Si strinse la testa fra le mani e urlò.
 
Le porte del turboelevatore si aprirono e le due donne irruppero sul ponte.
- Signor Spock – ansimò T’Mar senza fiato, mentre Uhura si precipitava alla sua postazione – forse sappiamo dove era diretta la comunicazione di Tepam –
Spock ruotò la poltrona nella sua direzione, inarcando un sopracciglio.
- Sto tracciando il segnale signore – comunicò la Bantu – non posso avere la collocazione precisa, ma ho triangolato alcuni vecchi trasmettitori ricombinanti di segnale nell’area e c’è solo un insediamento in tutto l’arco della loro portata –
Spock si diresse alla sua postazione e osservò attentamente i dati trasmessi da Uhura.
Rialzò lentamente lo sguardo dal visore e tutti gli occhi puntati su di lui poterono cogliere il guizzo di emozione in quegli occhi altrimenti impassibili.
- Il monastero di Surak – esclamò sommessamente.
- Ma cosa c’entra con Tepam e questa storia? E’ assurdo – commentò Checkov
 - Questo lo ignoro signor Checkov, ma credo che dovremo indagare. Cerchi le ultime tracce della navetta che ha rapito il capitano e provi ad estrapolare una rotta. Signor Scott – disse attivando il comunicatore  - mi dia… -
- Attenzione, onda gravitazionale in arrivo! – esclamò Sulu.
- Deviare tutta l’energia di emergenza all’integrità strutturale! –
La nave tremò e per un attimo i loro corpi pesarono assurdamente troppo.
Alcuni membri dell’equipaggio che non erano seduti caddero in ginocchio e tutti emisero una sorta di sbuffo mentre l’improvviso aumento della gravità spingeva l’aria fuori dai polmoni.
Un gemito straziante di metallo contorto attraversò la plancia e da alcune postazioni scoppiarono scintille.
Dal comunicatore aperto emersero altri suoni poco rassicuranti provenienti dalla sala macchine e le colorite imprecazioni dell’ingegnere capo.
- Signor Scott, qualunque cosa stiate progettando di fare, vi consiglio di provarla immediatamente. Dubito che l’Enterprise possa sopportare un’altra distorsione gravitazionale. Abbiamo bisogno di energia –
- Sì signore, concordo – sbuffò lo scozzese – sto provando ora qualcosa che ho letto una volta su un manuale Rigelliano… -
Il sopracciglio del comandante si inarcò con sospetto ma non fece commenti, anche perché la nave in quel preciso momento si mosse lentamente in avanti.
 - Ottimo lavoro, ci permetta di almeno di spostarci da qui –
- Farò il possibile signore. Vero Bellezze? - Aggiunse con voce improvvisamente suadente come un amante tra le coltri, chiaramente non rivolto al Vulcaniano.
Il primo ufficiale scelse di ignorare la morbosa dedizione dell’ingegnere verso i suoi adorati motori e chiuse la comunicazione.
La nave cominciò a muoversi così lentamente che inizialmente fudifficile rendersene conto, poi divenne più evidente.
Il lento tragitto sembrò durare in eterno, mentre Sulu conduceva manualmente la nave lungo le linee isogravitazionali simulate dal computer, finchè il drago dalle due teste di fuoco che aveva campeggiato sullo schermo fino ad allora lasciò il posto al più rassicurante spazio nero e punteggiato di stelle a cui erano abituati.
Tirarono un sospiro di sollievo, mentre la temperatura si abbassava velocemente verso livelli più sopportabili.
- Signore, credo di avere una rotta per la navetta… ora che gli strumenti non sono accecati dalle radiazioni emesse delle due stelle ho rilevato alcune tracce dei loro motori… Hanno una leggera fuoriuscita di plasma, devono essere leggermente danneggiati. Ma signore… non crederà mai dove sono diretti… - Chekov  si volse vero il vulcaniano con aria attonita
- Credo di saperlo invece… - rispose il comandante con quieta impassibilità -  Vulcano -
  
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