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Autore: LucyWinchester    30/03/2016    0 recensioni
Dal testo
[...“Ciao Dean”
“Hey” le rispose lui, un po’ a disagio.
“Entra” aggiunse dopo, spostandosi per farla entrare.
“Ellen mi ha detto che stavi per partire e…sono passata a salutarti” disse Layla, un po’ in imbarazzo, mentre si sedevano sul divano.
“Io…si…sto preparando le mie cose…domani parto”
“Oh, ok. Scusa se te lo chiedo, ma…se Ellen non mi avesse detto nulla, me l’avresti detto che stavi per andartene?” gli chiese lei.
“Si…certo” replicò lui, cercando di essere convincente.
“Mmh, si certo…Se c’è una cosa che non sai fare, è mentire, Dean” gli disse.
“Senti, ascolta…io…non posso darti quello che vuoi, la sicurezza che cerchi, quello che c’è stato, è stato uno sbaglio” fece lui, anche se con tono insicuro...]
[Accenni Sastiel]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo 2






Sam lesse il messaggio ed esultò brevemente. Chiamò il fratello per chiedergli se poteva andare lui da Layla, visto che lui era fuori per un piccolo caso insieme a Cass. Il maggiore sembrava un po’ incerto, ma alla fine gli disse che sarebbe andato. Si fece dire dove alloggiava Layla e partì quasi subito. Nel frattempo il minore le rispose:
[Sapevo che saresti riuscita a trovare qualcosa. Solo che non posso venire, perché sono fuori per un caso. Sta venendo Dean. Ci sentiamo presto e grazie mille.]
Layla si rigirava nervosamente il telefono tra le dita. Aveva risposto a Sam con un semplice ok, ancora scossa dalle parole che aveva letto. E così dopo più di un anno l’avrebbe rivisto. Non era sicura di sentirsi pronta, ma non poteva fare altrimenti. Cercò di tenere la mente occupata cercando di trovare più parole possibili e iniziando a tradurre qualche incantesimo. Quando sentì suonare alla porta, sobbalzò. Guardò l’ora e il suo cuore iniziò a battere furiosamente. Si costrinse ad alzarsi per andare ad aprire.
“Emh…ciao” le disse Dean sulla soglia. Era pallido e sembrava stanco, forse era per il viaggio.
“Ciao” replicò, facendolo entrare.
“Tutto bene?” gli chiese lei, cercando di sembrare il più naturale possibile.
“Casini e brutti pensieri a parte, per il resto si…tu?” le fece un lieve sorriso, ma era triste, come quello del sogno. Forse Sam aveva ragione.
“Diciamo bene” disse con un sorriso un po’ tirato.
Restarono in un imbarazzante silenzio a fissarsi per un po’, poi Layla disse:
“Ho notizie sul Libro che Sam mi ha lasciato, se vuoi seguirmi…”
Si diresse verso la piccola cucina, al cui centro c’era il tavolino, ingombro di libri, fogli e un computer.
“Che hai trovato? Pensi possa esserci utile per contrastare l’Oscurità?” le chiese Dean, con la voce spenta e quasi rassegnata, come se non gli importasse poi molto eliminarla.
Lei si voltò a quel tono.
“Che hai Dean?” gli chiese. Era più forte di lei, non riusciva a vederlo in quello stato. L’avrebbe anche fatto incazzare se fosse servito ad avere una reazione da parte sua.
“Niente, sono stanco” replicò con voce piatta.
“Si certo come no, il Dean che ho conosciuto tempo fa non era affatto così. Era testardo, orgoglioso e uno che non arrendeva al primo ostacolo. Questo che ho davanti è una brutta copia, anzi direi pessima”
Dean accusò il colpo, e l’unica cosa che le disse fu:
“Se avessi qualcosa per cui lottare lo farei, ma non mi è rimasto nulla, ho cercato di risolvere un sacco di casini, ma l’unica cosa che ci ho guadagnato è stata quella di perdere le persone a cui tenevo di più. Tutto questo è solo una gran fregatura”
Lei era senza parole, quello non poteva essere Dean.
“Non so cosa sia successo in questo periodo, ma cerca di reagire. Tutti abbiamo i nostri casini e le nostre battaglie, piccole o grandi da risolvere e molto spesso ci ritroviamo da soli ad affrontarle, ma gettare la spugna è da codardi” gli disse guardandolo negli occhi, sfidandolo.
Un lampo d’ira passò nelle sue iridi verdi, e i tratti del suo viso si irrigidirono.
“Non credo sia un problema tuo!” replicò acido.
Eccola là, la secchiata di acqua gelata che, da brava masochista qual era, si era andata a cercare. Non poteva lamentarsi, voleva una reazione e l’aveva ottenuta. Con strafottenza gli rispose:
“Questo è il Dean che ricordo”
Poi gli diede le spalle e ritornò al suo lavoro, ma ormai era riuscita a far crollare il muro eretto da Dean che non ci mise molto ad aggiungere:
“Se ce l’hai ancora con me per quello che è successo, dimmelo senza girarci troppo intorno, è una cosa che non sopporto”
Si girò di scatto e gli rispose furiosa:
“Non ho niente da dirti a riguardo. Hai fatto la tua scelta quella sera. Quello che ti ho detto poco fa era solo per farti reagire, perché ti sei presentato come uno che stesse per affrontare il patibolo. Non serve trincerarsi dietro la brutta copia di se stessi, bisogna combattere. Sempre”
Dean era rimasto a hai fatto la tua scelta quella sera, e di nuovo quella consapevolezza gli diede la nausea. Impallidì vistosamente, tanto che Layla gli chiese preoccupata, nonostante l’ira di poco prima:
“Sei sicuro di sentirti bene?”
Si alzò immediatamente per andargli vicino e gli toccò una spalla.
“Siediti qui” aggiunse poi, spingendolo verso il divano.
Dean sembrava caduto in un mutismo assoluto e la cosa stava realmente cominciando a metterle ansia, non l’aveva mai visto così.
“Mi dispiace” disse lui con voce flebile e la testa bassa, forse per non farsi vedere in volto.
“Non fa niente, in fondo ti ho provocato, me lo sono meritato”
“Non…non è per quello che mi dispiace, ma per quello che ti ho detto quella sera” spiegò lui, un po’ scosso.
“E’ acqua passata, non ti preoccupare” cercò di tranquillizzarlo lei, anche se era ben lontana dal provare tranquillità, quella era ancora una ferita aperta.
“Ti sei rifatta una vita e…ne sono felice” le disse, le ultime parole un sussurro appena udibile, ben lontane dall’essere vere.
“Che????” disse lei incredula.
Lui si voltò, fissandola e non capendo quella reazione.
“Sam mi ha detto che hai una bambina” tentò di spiegarle perché era arrivato a quelle conclusioni.
“Solo perché ho una figlia non significa che mi sono rifatta una vita!” gli rispose lei tristemente, a bassa voce ed evitando di guardarlo.
Il tono era così diverso da quello che aveva usato qualche istante prima che non sembrava neanche di parlare con la stessa persona. Quelle parole avevano aperto una profonda lacerazione, Dean l’avvertiva distintamente. Il cacciatore stava per replicare quando il pianto di Maya inondò la stanza, facendoli sobbalzare entrambi. Layla si mosse immediatamente, e dopo aver controllato l’ora, notò che probabilmente la bimba aveva fame.
“Scusa, devo prepararle la pappa, torno tra un po’” gli disse lasciandolo da solo per andare dalla piccola.
Non poteva cullarla e preparare la pappa insieme, perciò dovette lasciare la bimba che piangeva disperata nella carrozzina. La muoveva di tanto in tanto ma non si calmava.
Dean osservò la scena e istintivamente le disse:
“Se vuoi posso tenerla, finchè non hai finito, magari si tranquillizza un po’”
Lei si irrigidì un attimo ma alla fine annuì. Lo guardò avvicinarsi alla carrozzina e prendere con estrema delicatezza quel fagottino piangente. La piccola si agitò un po’ a sentire quelle braccia nuove, ma poco dopo iniziò a tranquillizzarsi, smettendo di piangere.
“Si dispera sempre così quando ha fame?” le chiese Dean. Quella creatura aveva fatto sparire per un po’ ogni brutto pensiero e un’ondata di speranza tornò a scorrergli dentro. Si sentiva in pace con quel fagottino tra le mani.
“Si” disse lei quasi ridendo, perché stava pensando a quanto fosse simile al padre anche in questo, ma la tristezza prevalse subito dopo. Doveva smetterla di fare quei paragoni.
Dean si era accorto di quel repentino cambio di umore e la osservò. Dopo qualche istante posò gli occhi sul qual visetto paffuto che teneva tra le mani e lo stava fissando. Il cacciatore sgranò gli occhi. La bimba aveva due meravigliose iridi smeraldine, molto simili alle sue. Quella consapevolezza smosse qualcosa dentro di lui. E se fosse stata sua figlia? Quel pensiero lo turbò e lo elettrizzò al tempo stesso.
Layla avvicinò il seggiolino per poter mettere la bimba. La prese dalle mani di Dean e le diede da mangiare. Una volta terminato, la piccola, si addormentò poco dopo tra le braccia della mamma, che la tenne ancora un po’, guardandola con un’espressione di pura adorazione, pensando di non essere vista da Dean.
La mise nella culla, lasciando la porta socchiusa, così nel caso avesse pianto, l’avrebbe sentita.
Il cacciatore avrebbe tanto voluto porle quella domanda, ma un sacco di altre domande si affacciarono alla sua mente. Se fosse stata davvero figlia sua perché Layla non gli aveva detto nulla? Quella sensazione che aveva sul fatto che quella sera Layla non gli avesse detto tutto, poteva essere legata a quello? Quanti mesi poteva avere la bambina? Era stata con qualcun altro? L’ultima specialmente lo mandava in paranoia e neanche poco, non riusciva ad immaginare altre mani che la toccavano.
“Hey” la giovane era davanti a lui e gli sventolava una mano davanti agli occhi per farlo tornare alla realtà.
Dean si riscosse, anche se aveva la testa altrove.
“Riprendiamo?” disse Layla guardandolo.
Lui annuì e le chiese:
“Che hai scoperto?”
La sua testa era ancora concentrata su altro, ma cercò di prestare attenzione a quanto lei gli stava dicendo.
“Dopo più di una settimana, sono riuscita a decifrare la lingua: è Driadiano
“Dria-che?” disse lui improvvisamente attento. Lei sorrise.
“Driadiano, la lingua delle Driadi. Sono delle divinità boschive, meglio note come Ninfe o Fate della Terra. Non sono riuscita a trovarla subito perché ci sono molti geroglifici simili, ma che appartengono ad altre lingue. Chiunque abbia scritto quel libro, non era umano. Ho tradotto qualche incantesimo e ho scoperto che sono perlopiù anatemi di protezione. Magari riesco a tradurli tutti e vedere se c’è qualcosa che fa al caso vostro” spiegò lei.
“Può darsi ci sia qualcosa di utile. Ogni possibilità non è da scartare” replicò Dean, sinceramente colpito.
“Quella delle Driadi è un tipo di magia molto potente. Generalmente sono buone, la loro indole di cacciatrici ha protetto, non solo le foreste di cui sono guardiane, ma tutto ciò che secondo loro andava salvaguardato dal male. Lottano contro le forze oscure da millenni e solitamente non si mescolano con gli umani. Non riesco a spiegarmi come questo tomo sia giunto fin qui” disse lei concludendo.
“Molto interessante. Non so se questo tipo di magia può eliminare o almeno contrastare l’Oscurità, ma è già qualcosa. Se puoi continuare a lavorarci, te ne sarei grato” fece Dean osservandola.
“Non c’è problema. Come ho detto a Sam, tanto con la bimba non posso cacciare, mi farebbe piacere potermi rendere utile” sorrise lievemente.
“Dean devo…” iniziò, ma fu fermata da Maya che aveva cominciato a piangere. Perciò si alzò un momento per andare a controllare la bimba.
Il cacciatore era vicino ad un tavolinetto piccolo, vicino all’entrata, pieno di carte e buste. Probabilmente Layla ci appoggiava le chiavi e la posta che le veniva recapitata lì. Sobbalzò allo squillo del proprio telefono, urtandone un piede, capovolgendo diversi fogli. Era una messaggio di Sam, che gli diceva che erano tornati e gli chiedeva se quanto scoperto da Layla poteva considerarsi una buona notizia. Gli rispose di sì distrattamente, perché la sua attenzione fu catturata da un foglio su cui era scritto il proprio nome. Lo prese con cautela e lo aprì. Era una lettera, destinata a lui.
 
 
Caro Dean,
è passato molto tempo da quando ci siamo visti e spero sinceramente che tu stia bene. Ti chiedo scusa se affido i miei pensieri ad una lettera. L’ultima volta ero venuta per dirti una cosa, ma dopo quello che ci siamo detti non ne ho avuto il coraggio. So che ho sbagliato. Immaginavo che avresti preso male la notizia della mia gravidanza, perciò non ti ho detto nulla. Avresti potuto rispondermi cose che non sarei stata in grado di metabolizzare. Vorrei dirti che sono diventata mamma di una splendida bambina e ogni giorno che passa ti somiglia sempre di più. E’ tua figlia. Non mi aspetto niente da te, volevo solo che lo sapessi. Avrei tanto voluto dirtelo quel giorno, ma se non l’ho fatto ho avuto le mie ragioni. Spero potrai perdonarmi.
Layla
 
Dean ancora fissava il foglio che teneva tra le mani tremanti. La data della lettera risaliva a circa due settimane prima e probabilmente non sarebbe mai stata inviata. E così tutti i suoi dubbi avevano appena trovato una risposta. Non dubitava affatto che Maya fosse sua figlia, gli somigliava troppo e quei due bellissimi occhi verdi lo avevano trafitto all’istante. Erano del suo stesso colore, ma aveva l’intensità di quelli della mamma. Layla uscì poco dopo dalla stanza, sempre lasciando la porta socchiusa. Quando si girò, notò che Dean teneva un foglio tra le mani tremanti, con lo sguardo sconvolto. Si pietrificò. Si era decisa a dirglielo, visto che si trovava lì, ma l’espressione dell’altro, le fece capire che qualcosa l’aveva anticipata. Solo in quel momento si ricordò della lettera che voleva inviargli, ma che aveva sempre rimandato, per paura della reazione di Dean. Reazione che stava per palesarsi da un momento all’altro e che lei non poteva fermare. Sentiva il cuore battere furiosamente, e quando il cacciatore si voltò verso di lei, il suo sguardo perso si trasformò in adirato in pochi secondi.
“Come hai potuto tenermi nascosta una cosa del genere?” l’aggredì verbalmente.
Lei per quanto avesse una paura fottuta, non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa e avrebbe esposto le sue ragioni con coraggio.
“Quel giorno ero venuta per dirtelo, ma se non l’ho fatto ho avuto i miei buoni motivi”
“Motivi? E quali sarebbero?” disse l’altro ancora adirato.
“Secondo te, dopo essermi sentita dire che quello che c’era stato era uno sbaglio, cosa dovevo fare? Come avresti accolto il frutto di uno sbaglio? Ho pensato a tante cose in quel momento, come pensavi sarei riuscita a dirti una cosa simile? Avresti anche potuto rispondermi che quel figlio poteva anche non essere tuo, come pensi che mi sarei sentita se mi avessi risposto così? Non volevi neanche dirmi che stavi partendo, che considerazione avevo per te! Probabilmente ero una della tante che ti sei portato a letto una sera e di cui avresti dimenticato il nome il giorno dopo. E’ questo che ho pensato quando mi hai detto quella frase. Come potevi pretendere che ti dicessi della gravidanza? Mi sono alzata in fretta e me ne sono andata perché non volevo che vedessi le lacrime che mi scorrevano sul viso. Volevo rispettare la tua scelta anche se mi faceva male. Lo so che ho sbagliato” disse, mentre la pena che provava si riversava in quelle parole e lacrime di dolore e delusione facevano capolino dai suoi occhi che non si erano scollati neanche un secondo da quelli verdi dell’altro.
Dean cambiò espressione immediatamente. Quello sfogo aveva riaperto con prepotenza una ferita che non si era mai rimarginata con tutto il dolore che portava con sé. Il senso di colpa lo stava divorando. Lei gli aveva detto di aver sbagliato, ma non era stata l’unica a farlo. Quella di lei era stata una conseguenza di una sua scelta e ora non poteva arrabbiarsi perché non l’aveva messo al corrente della gravidanza.
“Mi dispiace” disse Layla con gli occhi ancora lucidi.
“Non sei tu a doverti scusare” replicò Dean, che iniziava ad avere la vista appannata.
“Io…” non riuscì a continuare perché la voce gli si spezzò.
“Io…non mi sono mai perdonato quelle parole. E’…è stato un enorme sforzo dirti una cosa simile, soprattutto perché ci tenevo in modo speciale a te, non eri una delle tante, non lo sei mai stata e non lo sei tuttora. Quel giorno avevo l’impressione che volessi dirmi qualcosa, ma non te ne ho dato il tempo. Ho sognato quel momento centinaia di volte e mi svegliavo con gli occhi pieni di te, del tuo sorriso triste che mi lacerava l’anima, senza riuscire a darmi pace. Mi alzavo e bevevo e mi addormentavo sfinito, ovunque capitasse - ormai singhiozzava e piangeva - Quando Sam è tornato dopo essere stato qui e mi ha detto che avevi una bambina, mi è crollato il mondo addosso. Eri riuscita ad andare avanti, dimenticandomi magari, cosa che invece non ero riuscito a fare io, rimasto fermo a quella sera. Covavo una piccola speranza che forse un giorno, non troppo lontano, le cose si sarebbero risolte. Vorrei chiederti scusa per tutto quello che è successo, lo so che è tardi, ma spero che sarai tu a perdonarmi” le disse sfogandosi e crollando sul divano, le spalle ancora scosse dai singhiozzi e le mani sul viso.
 
Layla stava metabolizzando quello che le aveva appena detto Dean e vedendolo in quel momento capì che non era stata l’unica a soffrire per quella situazione. Le sembrava sincero. Il cacciatore nel frattempo stava aspettando una replica, che forse non sarebbe mai arrivata. Layla s’inginocchiò davanti a lui e gli tolse delicatamente le mani dal viso, guardandolo. Gli regalò un sorriso radioso. Lui sorrise di riflesso tra le lacrime che si stavano placando, intrecciando le loro dita e stringendole le mani. Posò la fronte sulla sua e si fissarono a lungo. Nel cuore di entrambi qualcosa era tornato al proprio posto.
“Sono stato un vero idiota. Perdonami” le disse Dean in un sussurro.
“Perdonami tu per non averti detto di Maya” replicò lei abbracciandolo.
“Io…ecco…vorrei…vorrei recuperare il tempo perduto, se me lo permetterai” fece Dean titubante.
“Dipende da cosa vuoi recuperare…” disse lei, con una nota di angoscia, pensando che volesse stare con Maya e nient’altro. Cercò di fargli un sorriso, anche se un po’ traballante.
“Tutto. Il tempo con te e con nostra figlia” confessò lui.
Quel nostra le aveva scaldato il cuore. Si lasciò guidare dall’istinto e si sporse per baciarlo. Un bacio leggero, ma deciso. Dean ricambiò all’istante, stuzzicandole le labbra con la lingua. Lei gli morse il labbro inferiore e lo sentì emettere un verso di piacere che non riuscì a trattenere. Layla sorrise sulla sua bocca e lo incoraggiò a prendere il controllo del bacio. Lui non se lo fece ripetere due volte, le dischiuse le labbra per dar vita ad una danza di lingue spettacolare. Quanto le era mancata! Si sistemò meglio sul divano, e fece salire Layla a cavalcioni su di lui. Ripresero a baciarsi immediatamente, sembravano due adolescenti. Dean la tirò a se per sentirla più vicina, le mani sulla sua schiena che si spostavano freneticamente su e giù. Quando si staccarono le disse a fior di labbra: “Mi sei mancata da morire”. Lei sorrise e gli rispose: “Anche tu”
Restarono a coccolarsi sul divano per diverso tempo, poi lui le chiese:
“Perché l’hai chiamata Maya?”
“Perché ricordavo che adoravi quel nome, così avrei avuto sempre un pezzettino di te accanto a lei” gli rispose lei sorridendogli felice.
Lui la strinse a sé, forte, come se potesse volatilizzarsi da un momento all’altro.
“Chiamiamo Sam, almeno lo mettiamo al corrente di quanto scoperto?” disse Dean, guardandola negli occhi. Lei annuì. Si staccarono di malavoglia, ma lo fecero. 
   
 
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