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Autore: Kazaha87    31/03/2016    1 recensioni
[Mild Heartshipping - Bakura Ryou X Mutou Yugi][Post-Canon][Happy Ending (come in tutte le mie storie XD)]
“Ti manca?”, chiese Yugi al padrone di casa senza riflettere.
Quella domanda gli era uscita prima ancora di accorgersene e Yugi arrossì in una via di mezzo tra imbarazzo e sensi di colpa per aver posto la ‘domanda proibita’.
E lui lo sapeva bene!
Lui per primo doveva saperlo, eppure gli era sfuggita… era stato più forte di lui.
“Scusa… non avrei dovuto…”, cercò di rimediare a quella svista. “Odio quando lo chiedono a me… è troppo personale. Scusa, davvero. Non sei costretto a rispondermi.”
Un quasi impercettibile sbuffo di risa accompagnò il sorriso gentile di Ryou a quell’accaloramento da parte del suo ospite per una sciocchezza che però entrambi sapevano non lo era.
Ryou sospirò prima di rispondere.
“Non lo so…”, ammise serio per un attimo per poi tornare a sorridere senza allegria. “Ma temo di sì.”
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryou Bakura, Yuugi Mouto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando ho pensato questa storia era mia intenzione contribuire a rimpolpare un po' il peculiarmente scarso fandom delle Rivalshipping, ma mentre la scrivevo Ryou si è preso dello spazio che non prevedevo e ha surclassato Seto, quindi è venuta fuori una mild Heartshipping così, all'improvviso...

Non credevo che avrei mai scritto per questo pairing, tuttavia ammetto di essere piuttosto fiera di quel che è uscito fuori.

Spero quindi che questa storia vi piaccia.

Come ho scritto nelle note nel sunto è una storia post-canon, un anno dopo la Cerimonia del Faraone.

E' una storia piuttosto angst, psicologica e introspettiva, ma io odio i finali tristi, quindi, se siete come me, con la sottoscritta siete in una botte di ferro! ;)

Buona lettura e commentate, vi prego! Purtroppo io sono una scrittrice di fanfiction triste, con gusti non molto mainstream e apprezzatrice di pairings ancora più di nicchia, quindi sapere che da qualche parte c'è qualcuno che apprezza quello che scrivo - o semplicemente legge quello che scrivo - mi fa davvero piacere e mi invoglia a scrivere di più!

 

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Erano le cinque di pomeriggio e Yugi, nella prima mezzora di tregua da quando avevano aperto, era rimasto appollaiato sulla sedia dietro al bancone del Kame Game Shop, insolitamente perso nei suoi pensieri, con il mento appoggiato alle mani e i gomiti sul ripiano, mentre suo nonno, poco più in là, stava armeggiando da più di un quarto d’ora con le nuove buste di Duel Monsters arrivate quella mattina e che fino a quel momento erano rimaste negli scatoloni in attesa di un attimo libero per trovar loro finalmente un posto nel raccoglitore sul bancone.

“Ehi Yugi… mi sembri particolarmente distratto, oggi.”, commentò Sugoroku e il giovane al suo fianco, interpellato, si riscosse improvvisamente dal suo torpore.

“Dici?”, chiese di rimando con un ampio sorriso e saltando in piedi di scatto. “Credo di essere semplicemente un po’ stanco.”, valutò fingendo di pensarci su e stiracchiandosi per avvalorare le sue parole. “Durante le vacanze estive non c’è un attimo di tregua. Quest’ultima mezzora di pace è decisamente insolita, quindi credo di essermi lasciato prendere dalla stanchezza accumulata negli ultimi giorni. Dimmi, nonno: ti va un po’ di tè?”, cambiò rapido argomento. “Stavo giusto pensando di andare a prepararmene una tazza.”, propose, e il vecchio gli sorrise e annuì a suo nipote, ma, non appena questi voltò le spalle e sparì sul retro, si lasciò sfuggire un profondo sospiro.

-&-

Non appena Yugi fu fuori dalla vista di suo nonno, si fermò per un attimo nel corridoio, chiuse gli occhi e sospirò afflitto.

Le sue spalle, dritte da quando si era rizzato in piedi per ‘tenere il palco’, erano ora ricurve sotto un peso che era stufo di portare, ma del quale non poteva fare a meno se voleva evitare di far preoccupare tutti… e Yugi odiava far preoccupare tutti.

Soprattutto suo nonno.

Quel peso era il peso della menzogna…

Una menzogna a fin di bene, era pur vero, ma questo non cambiava la realtà dei fatti.

Perché la verità era che non stava bene e, anzi, mano a mano che il tempo passava, paradossalmente, fare buon viso a cattivo gioco diventava sempre più difficile…

E il pensiero che mancavano tre giorni e sarebbe stato già un anno – un anno esatto da quando aveva detto addio all’altro se stesso… ad Atem – non lo aiutava affatto.

Tuttavia, anche se era doloroso sorridere davanti ai suoi amici, davanti a suo nonno, ai suoi genitori, agli sconosciuti, riuscirci non era davvero difficile, ed era diventato bravo a fingere di star bene, che tutto andasse a gonfie vele, a far finta di divertirsi, a distrarsi dal fardello della nostalgia dedicandosi ad altro, da quel senso di vuoto…

Sospirò ancora una volta e, riaperti gli occhi, si riscosse a forza da quei pensieri deprimenti e andò a fare il tè in cucina.

   
 
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