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Autore: Kazaha87    31/03/2016    0 recensioni
[Mild Heartshipping - Bakura Ryou X Mutou Yugi][Post-Canon][Happy Ending (come in tutte le mie storie XD)]
“Ti manca?”, chiese Yugi al padrone di casa senza riflettere.
Quella domanda gli era uscita prima ancora di accorgersene e Yugi arrossì in una via di mezzo tra imbarazzo e sensi di colpa per aver posto la ‘domanda proibita’.
E lui lo sapeva bene!
Lui per primo doveva saperlo, eppure gli era sfuggita… era stato più forte di lui.
“Scusa… non avrei dovuto…”, cercò di rimediare a quella svista. “Odio quando lo chiedono a me… è troppo personale. Scusa, davvero. Non sei costretto a rispondermi.”
Un quasi impercettibile sbuffo di risa accompagnò il sorriso gentile di Ryou a quell’accaloramento da parte del suo ospite per una sciocchezza che però entrambi sapevano non lo era.
Ryou sospirò prima di rispondere.
“Non lo so…”, ammise serio per un attimo per poi tornare a sorridere senza allegria. “Ma temo di sì.”
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryou Bakura, Yuugi Mouto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È vero: poteva essere – relativamente – facile fingere di star bene e di non pensare all’altro se stesso normalmente, ma nel momento in cui fossero stati tutti insieme lì apposta per ricordarlo l’impresa non poteva che diventare ben più ardua.

 

Era stato Jounouchi a organizzare tutto.

Avrebbe dovuto farlo lui, lo sapeva… sapeva che gli altri si aspettavano questo da lui: questo e niente di meno. Tuttavia, con la scusa del negozio, ampi sorrisi e profuse scuse, era riuscito a delegare.

Ma tutti i nodi vengono al pettine, prima o poi.

L’impresa, ora, era superare quella giornata con gli altri.

 

Il ritrovo era alle 10 davanti alla scuola, come ai vecchi tempi, e poi si sarebbero spostati tutti insieme al parco per un pic-nic in compagnia.

Yugi era uscito di casa in ritardo, e poi aveva camminato lentamente per raggiungere il luogo prestabilito per l’incontro.

Il telefono aveva squillato più volte coi messaggi di Jounouchi e Anzu che, alle 10:20, gli chiedevano che fine avesse fatto – lui che in genere arrivava in anticipo piuttosto che in ritardo.

“Scusate, ragazzi… sto arrivando! Mia madre mi ha trattenuto a casa più del previsto stamattina e ha insistito che mettessi in ordine la mia stanza prima di uscire… arrivo, non disperate! 5 minuti e sono da voi!”

Invio.

Fatto…

Ora doveva solo trovare la forza di uscire da dietro l’angolo per incontrare gli altri.

Erano dieci minuti che era fermo lì dietro, nascosto ai suoi amici, che tergiversava.

Beh, almeno aveva ancora cinque minuti prima di dover davvero uscire di lì e raggiungerli.

Cinque minuti che passarono fin troppo rapidamente…

 

Yugi fece gli ultimi 50 metri di corsa perché la sua scusa risultasse credibile.

 

Un “Finalmente! Ti avevamo dato per disperso!” da parte di Jounouchi-kun lo accolse insieme ad una pacca sulla spalla e un sorriso di compatimento. “Certo che tua madre non ti dà tregua nemmeno quando sa che sei di fretta!”

“Già”, arrossì leggermente per i sensi di colpa per la bugia che aveva raccontato cinque minuti prima, ma tutti gli altri lo presero per imbarazzo. In fondo, che tua madre ti obblighi a pulire la stanza altrimenti non esci a diciotto anni poteva effettivamente essere piuttosto imbarazzante…

Era perlomeno peculiare, comunque, che una piccola bugia come quella fosse in grado di farlo arrossire più della enorme menzogna che portava avanti ormai da un anno esatto…

Vi rifletté su giusto qualche minuto mentre gli altri avevano ricominciato a chiacchierare fra di loro, e giunse alla conclusione che fosse perché la seconda era a fin di bene, mentre la prima, per quanto innocente e insignificante, l’aveva detta per ragioni del tutto egoistiche.

Riscossosi dai suoi pensieri, decise di portare avanti, almeno fintantoché era in grado, la farsa dello “sto bene, non preoccupatevi per me”.

Si guardò intorno e non lo stupì trovare Anzu affianco a sé e con un’aria un po’ mesta, come non sapesse bene come approcciarlo, mentre camminavano in silenzio. Così come non lo stupì non trovare Kaiba-kun tra di loro – a maggior ragione perché era stato Jounouchi a organizzare quella giornata.

Ma tanto sapeva che non sarebbe venuto comunque anche qualora qualcuno l’avesse invitato…

Tuttavia non si aspettava di vedere Bakura tra loro.

Usciva davvero di rado con loro anche da prima della fine della scuola, e da quando ognuno si stava organizzando per intraprendere la propria strada da un paio di mesi a quella parte, dopo la cerimonia di diploma, forse l’aveva visto una volta.

Stava camminando affianco ad Honda e Jounouchi e sorrideva mentre gli altri due raccontavano quello che, dal gesticolare e il livello di fervore, sembrava un aneddoto divertente.

“Ehi, Yugi…”, Anzu tentò, dopo diversi minuti che camminavano in silenzio uno affianco all’altra, di alleggerire quell’atmosfera che aveva contribuito da sola a rendere pesante. “Come stai?”

Proprio in quel momento, quando lei pronunciò quella domanda che Yugi non avrebbe mai voluto sentirsi rivolgere – tantomeno da lei –, il suo sguardo si incrociò con quello di Bakura che si era voltato verso di lui in quel preciso istante.

Fu un attimo, niente di più, ma bastò per distrarlo e fargli perdere, in un certo senso, i tempi giusti per rispondere alla domanda che la ragazza gli aveva rivolto.

“Sai… Atem mi manca molto…”, continuò Anzu a quel punto, interpretando la sua mancata risposta come un silenzio per celare il suo dolore.

“Sì.”, le rispose senza degnarla di uno sguardo e continuando a camminare.

Forse quel “sì”, però, era uscito in un modo un po’ troppo brusco, perché Anzu, finalmente, lo guardò in faccia per la prima volta da quando era arrivato.

“Ehi!”, Jounouchi si staccò dagli altri due poco più avanti e decise di intervenire prima che succedesse qualcosa, percependo che forse lasciare quei due vicini e da soli per troppo a lungo avrebbe portato guai. “Cosa avete portato da mangiare per dopo?”, chiese. “Io sto già morendo di fame!”

Yugi si lasciò sfuggire una leggera risata e gli sorrise. Poi gli diede una pacca sulla spalla.

“Come sempre pensi con lo stomaco, Jounouchi-kun! È bello vedere che certe cose non cambiano col passare del tempo!”

“Avevi forse dei dubbi a riguardo?”, commentò Honda voltandosi verso di loro e ridendo a sua volta mentre cercava, invano, di tenere un’aria da adulto rassegnato. “Devo ammettere che Kaiba non aveva tutti i torti a dargli del cane…”

Tutti risero – anche Anzu.

Tutti a meno di Jounouchi, ovviamente, che invece cominciò a lagnarsi delle prese in giro e a insultare gratuitamente Kaiba.

Tutto nella norma.

Tutto come al solito…

Trascorsero un paio d’ore abbondanti a parlare del più e del meno e, fortunatamente solo dopo mangiato, Anzu cominciò ad insistere perché parlassero di Atem, del tempo trascorso assieme, delle avventure che avevano vissuto.

“Perché siamo qui per questo, no?”, aveva chiesto a un certo punto lei con tono di rimprovero verso la loro ‘noncuranza’.

Ma erano ragazzi… loro non parlavano di certe cose. Le pensavano solo. Tutti insieme.

Era così fastidioso, a volte, avere una ragazza tra loro… e Anzu, la sua cotta di un tempo, era diventata solo un fastidio da quando l’altro se stesso li aveva lasciati…

Sempre a guardarlo con quell’aria di compatimento mentre però parlava di amicizia e sostegno reciproco…

Yugi sapeva che non lo faceva con cattiveria, che voleva bene a tutti loro, però stava cominciando ad essere stufo di sopportare quello sguardo che sembrava solo di pietà verso di lui, alle volte…

E ancora una volta lo sguardo di Yugi si incrociò con quello di Ryou per un secondo, e gli si sfasarono nuovamente i tempi di risposta.

Fortunatamente, stavolta, la domanda era rivolta a tutti, e ci pensò Jounouchi a darle corda.

Purtroppo per lui, però, le diede ragione, e così le successive tre ore e più trascorsero in chiacchiere che Yugi non aveva cuore di ascoltare e alle quali dovette, oltretutto, partecipare attivamente cercando di mantenere il sorriso e fare in modo che fosse credibile.

Alla fine, non sapeva nemmeno lui bene come, ma in qualche modo era riuscito a mantenere le apparenze e, verso le cinque di pomeriggio, si salutarono con sorrisi, risate e pacche sulle spalle e ognuno andò per la sua strada.

 

Quando infine gli altri si voltarono, a Yugi sfuggì un profondo sospiro liberatorio.

Anche questa è fatta, pensò.

Stava per andar via a sua volta quando si sentì afferrare per il polso.

Si voltò di scatto, sorpreso di non essere solo.

Per qualche ragione non aveva fatto caso che qualcun altro era rimasto indietro con lui.

Aveva fatto così attenzione per tutto il tempo che Anzu, Jounouchi e Honda non si accorgessero del suo disagio che si era dimenticato, a un certo punto, che c’era anche Ryou con loro…

Il silenzioso Ryou…

A volte lo trattavano un po’ come fosse tappezzeria…

Bakura-kun!”, esclamò, totalmente colto in contropiede e sentendosi in colpa per l’ultimo pensiero che gli aveva attraversato la mente: non se lo meritava.

Il giovane mollò la presa e lo guardò negli occhi, forse intuendo quell’ultimo pensiero nel rossore che aveva colorato leggermente le sue guance. Questo Yugi non poteva saperlo… Però, per un attimo, l’espressione gentile e il sorriso cordiale perennemente presenti sul volto dell’albino scomparvero, solo per ricomparire l’attimo seguente come se quei pochi secondi di défaillance non fossero mai avvenuti.

“Puoi chiamarmi per nome come fai con gli altri, se vuoi.”

Per qualche ragione niente affatto chiara, a quelle parole, Yugi arrossì fino alla punta delle orecchie e Ryou, a quella reazione quasi estrema e che non si aspettava per nulla, arrossì di rimando, confuso, e, istintivamente, gli diede le spalle per cercare di riacquistare un certo contegno.

“Ti andrebbe di farmi compagnia un altro po’?”, gli chiese infine tornando a voltarsi verso di lui, ma fissando un punto sul prato a caso.

Yugi lo scrutò per qualche istante, ma infine gli sorrise ed annuì. Poi gli afferrò una mano tra le sue e la strinse per un paio di secondi al massimo prima di lasciar andare la presa.

Non sapeva perché aveva sentito il bisogno di farlo, e non sapeva perché dopo tanto tempo quello era stato il primo sorriso sincero che gli fosse uscito dal cuore, eppure…

   
 
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