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Autore: yllel    01/04/2016    2 recensioni
Raccolta one shot Sherlolly.
Ovvero: idee che proprio non se ne vogliono andare. Spoiler su TAB
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due aggiornamenti ravvicinati (più o meno)!.
Anche se questo più che un sassolino è un macigno, visti la sua lunghezza e alcuni dei temi trattati.
Un grande saluto a tutti.
 
***
 
“Accidenti, che efficienza... siete venuti  addirittura di persona.
Avevo detto all’Ispettore che sarebbe bastata una conferma scritta, in fondo ci sono delle attenuanti e se si eccettua il fatto che sa insultare alla grande, la ragazza in fondo è una cosina deliziosa”
Cosina è una definizione che eviterei di usare, se fossi in Lei” borbottò a denti stretti Sherlock Holmes, attirandosi un’occhiata curiosa da parte dell’uomo seduto alla scrivania.
“Mi scusi?”
Il consulente investigativo si mise ad osservarlo meglio.
Divorziato. Due volte. Pensa che le donne dovrebbero stare in cucina, visto il suo commento sulla “cosina deliziosa”, e ha fretta di chiudere la faccenda per andare a farsi una birra al locale qui di fronte.
“Lasci stare, nulla di rilevante” disse infine, sfoderando uno dei suoi collaudati sorrisi falsi e sforzandosi contemporaneamente di non dare dell’idiota alla persona davanti  a lui  “se le mie credenziali sono a posto, vorrei concludere la faccenda in fretta. Dopo di che ce ne andremo, e Lei potrà tornare ai suoi innumerevoli e sicuramente importanti impegni, sceriffo”
Lo sguardo del tutore della legge si fece in qualche modo preoccupato.
“Per ce ne andremo intende il ritorno immediato nel vostro paese, vero? Senza più causare problemi?” chiese guardingo.
Sherlock annuì convinto.
Assolutamente si. Con il primo aereo disponibile. Dopo che però avrò scoperto cosa diavolo sta succedendo, ovviamente.
“Ma certo” disse di nuovo con un sorriso “Le assicuro che la mia priorità è di tornare a Londra immediatamente, e dimenticare questo spiacevole equivoco”
E questo spiacevole luogo in mezzo al nulla.
Lo sceriffo contemplò ancora per qualche secondo le carte davanti a lui e, di nuovo, Sherlock trattenne un cenno di impazienza; l’altro finalmente annuì soddisfatto e si alzò dalla scrivania, facendogli cenno di seguirlo.
Le celle di detenzione della piccola stazione di polizia si trovavano sulla destra  ed erano vuote, ad eccezione di una.
“Ha fatto un bel po’ di casino quando l’abbiamo arrestata, ma poi se ne è rimasta zitta e buona” disse l’uomo in divisa, prendendo una chiave dal suo cinturone e avvicinandola alla serratura delle sbarre.
“Qualcuno è venuto a garantire per te. Sei libera, zuccherino” annunciò.
Sherlock fece una smorfia all’ennesimo commento idiota, ma  scelse di concentrarsi sulla donna seduta sulla panca della prigione; lo sguardo di lei si fece dapprima stupito e poi assunse un’espressione dispiaciuta e incerta,  e quella consapevolezza lo fece quasi pentire di essere venuto : la detenuta evidentemente non era contenta di vederlo e di essere rilasciata grazie a lui.
Beh. Prendere o lasciare, al momento lui era il suo unico lasciapassare per la libertà e lei avrebbe dovuto accettarlo, volente o nolente.
Il consulente investigativo  fece un respiro profondo.
“Ciao, Molly”
 
SASSOLINO # 5
 
 
Sherlock Holmes stava osservando da qualche istante e con occhio critico Molly Hooper, mentre quest’ultima risistemava nella sua borsa tutti gli effetti personali che le erano stati restituiti.
Risistemazione che stava procedendo con estrema lentezza, a testimonianza del fatto che lei stava rinviando quanto più possibile ogni discussione. E, se si voleva essere più precisi, anche ogni contatto visivo.
Avendo già esercitato una buona, buonissima dose di pazienza nell’ufficio dello sceriffo, Sherlock si ritrovò ad esserne sprovvisto per il suo approccio alla patologa.
Patologa che, per inciso, si era macchiata di un reato negli Stati Uniti, ed era appena uscita di prigione solo perchè lui se ne era fatto garante.
“Si può sapere che accidenti ti è saltato in mente?” sbottò quindi con un tono quasi aggressivo.
Molly mise la borsa a tracolla e alzò lo sguardo verso di lui.
Uno sguardo furioso, ma almeno un segnale di riconoscimento dopo i minuti di assoluto silenzio che erano seguiti all’uscita dalla stazione della polizia.
“Che diavolo ci fai qui, Sherlock?” fu la domanda che venne posta con tono altrettanto aggressivo.
Sherlock spalancò gli occhi.
“Stai scherzando, vero?” ribattè a sua volta, troppo stupito per aggiungere altro.
Molly si mosse a disagio e volse lo sguardo altrove, di nuovo ad evitare ogni contatto non strettamente necessario.
“Sarebbe bastato che Lestrade inviasse una dichiarazione che certificasse il fatto che sono una cittadina modello e non ho precedenti penali, e invece mi ritrovo te” dichiarò con animosità.
Le ultime parole suonarono quasi come un’accusa, cosa che fece infuriare ancora di più Sherlock.
“Cittadina modello?” le fece eco con sarcasmo, cominciando ad agitare le mani  “Certo, come no... tu sei assolutamente un esempio di moralità, ma immagina la mia sorpresa, quando Lestrade mi ha comunicato di aver ricevuto una telefonata da una sperduta cittadina degli Stati Uniti che annunciava il tuo arresto! O quando ho verificato come tu abbia mentito a Mike Stamford per avere delle ferie, dicendogli che dovevi andare a trovare una zia malata a Liverpool mentre invece ti trovavi oltre oceano a compiere un crimine!”
Molly ebbe la grazia di arrossire nel sentirsi ricordare le sue malefatte, ma la sua espressione mutò di nuovo quando scorse lo sceriffo che usciva dal suo ufficio.
Stringendo i pugni lungo i fianchi, assunse un’aria furiosa.
“Nulla di tutto questo sarebbe stato necessario se qui non fossero tutti UNA MANICA DI IDIOTI!” urlò in direzione del pubblico ufficiale, che a suo credito sussultò per l’insulto, ma scelse comunque di tirare dritto per la sua strada.
“Adesso basta” Sherlock afferrò con decisione il gomito di Molly, e la spinse lungo la via nella direzione opposta alla stazione di polizia.
La ragazza tentò di divincolarsi.
“Cosa stai facendo?”
Sherlock rafforzò la presa e le fece girare l’angolo.
“Evito che ti arrestino un’altra volta. Non ho fatto tutte quelle ore di aereo e  non ho sopportato il viaggio verso questo posto sperduto per vederti battere ogni record di minor tempo di recidiva” sibilò a denti stretti mentre la conduceva ancora più lontano.
Molly lo seguì in silenzio, ma quando si fermarono e la lasciò finalmente andare, fu lesta ad allontanarsi da lui.
“So badare a me stessa, Sherlock!” disse irritata, la coda di cavallo mezza sciolta per la notte passata in prigione che ondeggiava con furia “E non ti ho chiesto io di venire! Non ho bisogno di aiuto e soprattutto non ho bisogno di te!”
Le parole colpirono il consulente investigativo più di quanto avrebbe voluto: purtroppo riassumevano quello che era stato il suo rapporto con la patologa negli ultimi mesi, quando dopo il suo brevissimo esilio, la sua overdose in aereo e la frenesia del caso del ritorno fasullo di Moriarty si erano sempre più allontanati.
Fece un respiro profondo alla ricerca di calma: la notizia che Molly era stata arrestata negli Stati Uniti l’aveva riempito di quello che si poteva semplicemente definire panico; non sapeva neanche che non fosse a Londra (a testimonianza di quanto i loro rapporti fossero attualmente deteriorati), ma quando Lestrade gli aveva detto cosa stava succedendo, l’unica cosa a cui era riuscito a pensare era di raggiungerla per essere sicuro che lei stesse bene.
Ed eccola qui, furiosa e scarmigliata
(e vestita di nero, come una vera delinquente che agisce furtiva di notte)
che tentava di liquidarlo e dichiarava di non avere bisogno di lui.
“Questo lo valuterò io, Molly Hooper” disse infine, rispondendo all’ultima frase della donna “Ora, in quale dei quattro alberghi di questa città infernale hai preso alloggio?”
Molly serrò le labbra e volse di nuovo il viso dall’altra parte, le braccia incrociate al petto.
Sherlock sbuffò spazientito.
“Non farmelo dedurre, Molly” minacciò.
Lei si voltò a guardarlo, e nei suoi occhi passò  un lampo di sfida.
Il consulente investigativo fece l’ennesimo sospiro.
“Ok” disse rassegnato, cominciando ad osservarla per raccogliere dati.
 
***
 
“Effrazione?”
“Si, John. Effrazione. E oltraggio a pubblico ufficiale”
“La nostra Molly?”
Sherlock si irrigidì un attimo all’esclamazione di John.
“Stai attento tesoro, sai che Sherlock è geloso delle sue cose”
Il viso e la voce di Mary apparvero sullo schermo dello smartphone con cui stava avvenendo la video chiamata, e la donna fece ciao ciao con la mano.
Sherlock decise di ignorarla.
“Molly ha fatto un’effrazione all’obitorio della citta’, e poi ha reagito con veemenza al fermo quando è stata scoperta. E’ tutto quello che so al momento... lo sceriffo ha parlato di attenuanti, ma preferisco sentire la versione di Molly e non di quell’idiota” continuò a raccontare.
A Londra, John aggrottò la fronte davanti al computer.
“Vuoi dire che è volata oltre oceano solo per introdursi in un obitorio? Ma non ha senso! Come si e’ giustificata?”
A quella domanda, il consulente investigativo assunse un’aria di estremo fastidio e Mary sorrise.
“Non ti parla, vero?” gli chiese.
Serrando le labbra, il consulente investigativo si rifiutò di confermare l’ipotesi della donna, la quale non si diede per vinta.
“E’ comprensibile, visto gli ultimi avvenimenti” continuò infatti lei “ non ti sei più praticamente fatto vivo con Molly dopo che hai risolto il finto ritorno di Moriarty e hai ottenuto la grazia.... ah già, dimenticavo il tuo piccolo periodo di disintossicazione. Credo che sia un po’ arrabbiata con te, in questo momento. Anzi, ne sono sicura... vedi, con noi invece parla”
Sherlock fece una smorfia.
“Grazie dell’analisi, Signora Watson... ma sembra che neanche a voi abbia comunicato questa folle idea di venire qui, quindi non mi vanterei troppo. E alla fine sono comuque io che mi sono offerto di venirla a prendere in questo posto, dove la parola civiltà assume contorni molto sfuocati”
“Quando sarebbe comunque bastato un fax da parte di Lestrade...” commentò ironica Mary.
“Non potevamo certo pretendere di fidarci del bizzarro sistema legislativo di questo paese” replicò spazientito Sherlock, prima di aggiungere con un’ulteriore smorfia “Nè dei suoi rappresentanti della legge, se è per questo”
“Ma certo” concordò John in tono ironico, prima di tornare serio “quindi state per tornare?”
“Non appena Molly avrà finito con la sua doccia e si sarà tolta di dosso l’aria da galeotta, cercherò di capire cosa l’ha portata a questo gesto insano, e poi rientreremo a Londra”
“Mi raccomando, cerca di essere gentile” raccomandò John, prima di aggrottare di nuovo la fronte “un momento, dove sei ora?”
“In camera di Molly, ovviamente. Fortunatamente l’albergo che ha scelto è accettabile, la connessione wifi è sorprendentemente ottima”
“Smettila, Sherlock. Non sei nel deserto nè in un paese in via di sviluppo! Sono gli Stati Uniti!”
“Appunto...” borbottò il consulente investigativo.
“E comunque... Ti sei installato in camera sua?”
Sherlock sbuffò spazientito.
“Ho garantito per lei, John! E qualcosa mi dice che se la perdo d’occhio un attimo potrebbe ricacciarsi subito nei guai! È mio dovere guardarla a vista”
“Ovviamente” fu il commento ironico di Mary fuori dal campo visivo della webcam.
Sherlock decise di ignorarla di nuovo, e si sistemò meglio contro la parete del letto su cui era seduto.
“Adesso fammela vedere” dichiarò in tono di comando.
John scosse la testa e sparì per un attimo dall’inquadratura, solo per tornare subito dopo con la bambina in braccio.
“Saluta lo zio Sherlock, Josie” disse, agitandole una manina mentre la voltava verso la webcam.
“Non essere ridicolo, John. Non ha ancora l’età adeguata per poterlo fare.” Disse Sherlock avvicinandosi meglio all’immagine della sua figlioccia e scrutandola intensamente “L’aumento di peso mi sembra adeguato” dichiarò infine soddisfatto.
“L’hai vista solo due giorni fa, come puoi dirlo?”
Prima che ci potesse essere risposta, Josie fece un grazioso sbadiglio.
Sherlock sorrise, ma un rapido calcolo matematico sul fuso orario gli fece aggrottare le sopracciglia.
“Perchè sbadiglia?”
Mary fece di nuovo capolino nell’immagine.
“La signorina deve aver sonno, evidentemente” disse sorridendo alla figlia e prendendola dalle braccia di John.
Sherlock si raddrizzò a sedere sul letto.
“Non è nel rispetto dei suoi schemi pasti. Perche’ ha modificato il suo ciclo sonno-veglia?” quasi accusò.
“Perchè non è un robot, Sherlock” rispose paziente il Dottor Watson “Se ha sonno, dorme. I bambini hanno bisogno di molto riposo, soprattutto quando sono cosi piccoli. E bisogna senz’altro approfittarne”
“Ma...”
“Niente ma, Sherlock. Fidati, sono un dottore e un papà molto stanco. Ora, torniamo a Molly. Come ha reagito quando hai preso possesso della sua camera?”
Il consulente investigativo gemette al ricordo dello sguardo infuocato che gli era stato rivolto, prima che la porta del bagno fosse sbattuta con forza.
E non prima che lui avesse verificato che non c’era possibilità di fuga dalla finestra.
“Non molto bene” ammise.
John fece un sospiro.
“Ovvio. Cerca di risolvere questa faccenda senza irritarla troppo, ok?”
“Credo che sia altamente improbabile”
“Già, hai ragione” fu la risposta niente affatto consolante dell’amico “ma so che avrai cura di lei”
Sherlock chiuse la comunicazione, e si concentrò sulle parole di John.
Avrebbe avuto cura di Molly, certo.
Sempre se lei glielo avrebbe permesso.
 
***
 
Molly lasciò che l’acqua calda le sciogliesse la tensione dei muscoli dopo la notte passata in prigione.
Gemette internamente all’idea di quello che avrebbero potuto dire i suoi genitori, se in quel momento avessero potuto incontrare la loro figlia criminale, ma il pensiero di quello che l’aveva spinta a quel gesto estremo le ricordò la sua risoluzione e il suo bisogno di avere delle risposte.
Risposte che non era riuscita ad ottenere, prima provando con le buone e cercando di fare domande alle autorità, e poi nemmeno tentando di entrare di soppiatto nell’obitorio della città.
Era stata scoperta subito, praticamente.
E forse si, aveva inveito un po’ troppo contro le guardie di sicurezza e successivamente contro lo sceriffo, ma il loro livello di inettitudine e il modo in cui avevano liquidato le sue proteste l’avevano fatta infuriare.
E Molly negli ultimi mesi aveva accumulato una tale quantità di rabbia e di frustrazione, che lasciarsi trasportare fino ad arrivare all’arresto per effrazione e oltraggio a pubblico ufficiale non era stato affatto difficile.
Accidenti.
Con un sospiro chiuse l’acqua e cominciò ad asciugarsi, giudicando inutile rimandare oltre l’incontro con l’uomo che la aspettava oltre la porta; un tempo, Sherlock sarebbe stata la prima persona a cui si sarebbe rivolta per il suo problema, ma ormai era chiaro che tra loro due non esisteva più praticamente nulla, se mai qualcosa c’era stato in passato.
Sapere che se ne stava andando senza averla nemmeno salutata e della sua ricaduta nelle droghe era stato un colpo al cuore, ma non aveva nemmeno avuto la possibilità di rinfacciargli qualcosa, perchè lui l’aveva semplicemente evitata.
Da Mary e John aveva avuto aggiornamenti sul caso del finto Moriarty e poi del periodo di riabilitazione di Sherlock, ma nemmeno in occasione della nascita di Josie c’era stata la possibilità di incontrarsi e non essendo Molly una persona stupida (anche se qualcuno vedendola in prigione quella notte avrebbe potuto pensare il contario), aveva capito di non essere persona gradita. Cosi anche lei si era impegnata per evitare ogni contatto con il consulente investigativo.
Almeno fino ad oggi.
Lasciando i capelli umidi, dopo aver infilato jeans e maglietta Molly uscì dal bagno e trovò Sherlock seduto sul letto, le gambe stese davanti a lui, gli occhi chiusi e le mani congiunte sotto il mento.
Si risolse ad aspettare, quando invece improvvisamente lui parlò senza tuttavia aprire le palpebre.
“Perchè?”
Lei si perse per un attimo a contemplare il suo fisico asciutto e l’espressione rigida del suo volto, e di nuovo sentì l’irritazione invaderla.
“Perchè cosa?” replicò provocatoria.
Con movimenti veloci e fluidi, Sherlock scese dal letto e le si avvicinò pericolosamente, tanto che Molly potè vedere il cambiamento del colore dei suoi occhi che indicava tutta la sua agitazione.
“Perchè sei qui negli Stati Uniti. Perchè ti sei introdotta in quell’obitorio. Perchè sei cosi decisa a non curarti del fatto che sei finita in prigione. Perchè stai già pensando a un modo per riprovare la tua piccola avventura” elencò rapidamente continuando a fissarla, ma addolcendo lo sguardo mentre terminava sommessamente “Perchè, se non a me, non hai chiesto aiuto a nessuno e hai pensato di affrontare questa cosa da sola, visto che è cosi importante per te da rischiare tanto”
Molly sentì lacrime traditrici affiorarle agli occhi, e per darsi una compostezza si avvicinò alla finestra della stanza e contemplò il panorama davanti a lei.
“L’unico a cui avrei potuto chiedere aiuto eri tu, lo sai. E non era proprio il caso, non credi?” disse infine.
Sherlock sentì una punta di dispiacere invaderlo.
“Pensi che non ti avrei aiutato?” chiese incredulo.
“Penso che non me lo sarei potuta permettere... e non sto parlando del tuo compenso economico” con un mezzo sorriso, la patologa si girò verso il consulente investigativo “sto parlando del fatto che avrebbe implicato persino parlarsi di nuovo, cosa che ultimamente abbiamo entrambi accuratamente evitato. Perchè sei qui, Sherlock?”
Lui le si avvicinò di nuovo, questa volta più lentamente e in modo quasi titubante.
“Sai bene perchè”
Molly scosse piano la testa.
“No che non lo so”
“Molly...”
“Perchè io conto?” chiese ironica, la voce però pronta a spezzarsi “Perchè sono la persona più importante?”
La stanza si colmò del loro silenzio dopo questa affermazione a cui nessuno dei due sembrava volere o potere aggiungere qualcosa, poi Molly fu la prima a parlare.
 “Sai che ti dico?” affermò passandosi una mano tra i capelli umidi “non ha importanza. Ora sei qui e quindi tanto vale che ti assuma. Ho un caso da proporti, Sherlock”
Lui sembrò riscuotersi da qualsiasi pensiero lo avesse attraversato negli ultimi secondi.
“Ascolta...”
“No.” la patologa lo interruppe “il caso. Questo e nient’altro, per favore”
Il consulente investigativo sembrò combattuto all’idea di lasciar perdere la discussione, ma alla fine cedette e si sedette su una poltrona.
“Va bene. Ti ascolto”
Molly si girò di nuovo verso la finestra.
“All’università avevo un’amica carissima”cominciò a raccontare “Si chiamava Alice ed eravamo molto legate. Sognavamo entrambe di fare grandi cose nel campo della medicina. Lei era... era fantastica. Una persona solare e generosa, molto dotata e con grandi prospettive”
Sentendo un groppo alla gola, Molly fece un respiro profondo.
“Conobbe un ragazzo. Uno di qualche anno più avanti. Ricordo che quando me lo presentò, non potei fare a meno di pensare che fossero la coppia perfetta. Lui si chiamava Alan e sembrava trattarla come una regina. Era affettuoso e attento... lei ne era innamoratissima, cosi quando dopo solo sei mesi di frequentazione le chiese di sposarlo, rispose di si”
Sherlock la osservò contorcere le mani per l’agitazione crescente che il racconto le stava ovviamente procurando, ma si impose di non dire nulla.
Non era affatto sicuro di poter trovare le parole giuste, in quel momento.
“Dopo il matrimonio cambiò tutto. Alice divenne sempre più scostante ed elusiva, non riuscivo mai ad incontrarla per parlare e saltava spesso le lezioni, cosi quando mi annunciò che avrebbe lasciato gli studi non fui sorpresa, ma mi arrabbiai. Le dissi chiaramente che pensavo stesse facendo uno sbaglio, ma lei mi rispose che non potevo capire le esigenze di una coppia sposata.
Litigammo.
Io... avrei tanto voluto riavvicinarmi, ma mio padre si ammalò e morì e quando mi sentii pronta per provare a parlarle di nuovo, scoprii che lei e Alan si erano trasferiti. Se ne era andata senza neanche salutarmi e nonostante credo che sapesse del mio lutto, non si fece sentire. Persi ogni contatto con lei”
“Ma poi vi siete riviste”
Molly annuì piano.
“Qualche tempo fa, di ritorno dal lavoro, la trovai ad aspettarmi davanti al mio appartamento. Era in condizioni pietose, sembrava un animale ferito e braccato, era talmente spaventata che non si lasciava neanche toccare e sobbalzava ad ogni minimo rumore. Stava scappando... stava scappando da suo marito”
Inconsapevolmente, Sherlock strinse i pugni.
“Lui era un violento”
Di nuovo, Molly annuì.
“Gli abusi erano cominciati subito dopo il matrimonio. All’inizio erano stati solo degli episodi e Alice aveva cercato di minimizzare. Aveva lasciato gli studi e l’aveva seguito nel trasferimento per accontentarlo, ma le cose  non avevano fatto altro che peggiorare”
“E quando lei ha finalmente trovato la forza di lasciarlo si è rivolta a te, nella speranza che in nome della vostra vecchia amicizia tu volessi aiutarla. Cosi facendo, però, ti ha messa in pericolo. Alan sapeva quanto foste legate e avrebbe senz’altro pensato a te, perchè di sicuro avrebbe voluto riprendersela. Accogliendola, hai messo in pericolo la tua incolumità” decretò Sherlock con rabbia, l’immagine di Molly attaccata da un uomo violento che gli danzava potente in testa.
Molly si voltò e spalancò gli occhi.
“Che cosa avrei dovuto fare, secondo te? Ignorare la sua richiesta di aiuto? Lasciarla fuori dalla porta?” chiese stupita alzando la voce.
“Ragionare per un attimo sul potenziale pericolo che stavi correndo per una persona che non vedevi da anni!” replicò lui a voce altrettanto alta.
“Oh certo! Quindi va bene che io abbia rischiato tutto per te, ma non che lo abbia fatto per qualcun altro che comunque è stato importante per me in un periodo della mia vita!”
Nella stanza calò di nuovo il silenzio.
“No, ovviamente no” la voce di Sherlock arrivò quasi in un sussurro “tu sei cosi, Molly Hooper. Tu vuoi aiutare, anche quando sai che sarà difficile o pericoloso”
Lei sorrise piano a quelle parole, di nuovo calma.
“Non mi importava, l’avrei aiutata a qualunque costo” confermò  “ma ovviamente hai ragione. Alan era via per un congresso, ma non appena fosse tornato e avesse scoperto la fuga di Alice, sarebbe venuto a cercarla e non gli sarebbe stato impossibile scoprire dove abitavo. Dovevamo fare in fretta e decidemmo che Alice doveva sparire, lasciare la Gran Bretagna e rifarsi una vita da un’altra parte, con un altro nome. Lui aveva molte conoscenze e solo cosi non l’avrebbe trovata”
Sherlock aggrottò la fronte.
“Una buona idea, ma di difficile realizzazione. Chi vi ha aiutate? E perchè anche in quel caso non ti sei rivolta a me?”
“Tu non c’eri” dichiarò sommessamente Molly “è stato durante il periodo in cui eri... via. Dopo il finto suicidio. Cosi chiesi aiuto all’unico uomo che sapevo avrebbe potuto aiutarmi”
Un lampo di comprensione e di ammirazione per il coraggio di Molly passò negli occhi di Sherlock.
“Mycroft”
Lei tornò a guardare fuori dalla finestra.
“Alan era un personaggio molto popolare nel suo campo, anche denunciandolo avremmo rischiato che fosse libero dopo poco. Cosi chiesi a Mycroft di dare ad Alice una nuova identità... eravamo disperate e non pensavo sinceramente che lui avrebbe acconsentito, ma lo fece e lei arrivò qui.
Alan mi contattò, ovviamente, una volta arrivò persino a casa mia e iniziò a gridare, ma magicamente apparvero gli uomini di Mycroft e da allora non ne ho più avuto notizia”
Mentalmente, Sherlock si appuntò di ringraziare il fratello, mentre Molly continuava nel suo racconto.
“Il nostro rapporto ormai era compromesso, era difficile pensare di ricostruire l’amicizia di un tempo, ma per lo meno lei era felice e libera, finalmente. Non ci siamo più riviste”
Nella mente di Sherlock tutte le tessere del puzzle andarono al loro posto, questo però poteva significare solo una cosa.
“Ma lei è morta” disse lentamente “E tu pensi che non sia stata una morte naturale. Per questo hai tentato di entrare nell’obitorio. E per questo lo sceriffo ha parlato di attenuanti, gli hai detto che si trattava di una tua amica”
Molly fece un profondo respiro.
“Alice mi aveva indicata come suo unico contatto nel suo testamento” rispose con voce rotta “e quando ho saputo sono venuta subito. Dicono che si sia schiantata con la sua macchina perchè guidava ubriaca, ma io la conoscevo, non era da lei. Quando ho chiesto di vedere il tossicologico si sono rifiutati di mostrarmelo, anche quando ho avanzato le mie credenziali. Non hanno nemmeno fatto l’autopsia, ma io so che c’è qualcosa che non va” Molly scacciò con rabbia le lacrime che avevano iniziato a scenderle sul viso “Prendimi pure in giro, ma io me lo sento. In qualche modo, Alan l’ha trovata e si è vendicato”
Dopo il suo discorso Molly rimase in attesa che Sherlock elaborasse tutte le informazioni. Passati pochi secondi, lui parlò.
“Ok”
Quasi stupita, la patologa si rivolse verso l’uomo in poltrona.
“Ok?” ripetè un po’ incredula.
Sherlock annuì e le fece un sorriso.
“Ok, accetto il tuo caso. E questo può significare solo una cosa, Molly Hooper”
“Che cosa?”
“Che io dovrò insegnarti come si fa un’effrazione in piega regola”
 
***
 
Sherlock Holmes poteva quasi sentire dentro la sua testa la voce piena di biasimo di John Watson.
Dovevi riportarla a casa. Non farle reiterare il suo crimine rischiando di far arrestare entrambi.
Mentre avanzavano lungo il corridoio dell’obitorio e si preparava a forzare l’ultima porta, Sherlock scacciò la voce con fastidio.
“Oh, sta zitto!” sussurrò.
Dietro di lui, Molly lo tirò per una manica.
“Cosa?”
“Niente” replicò il consulente investigativo con una smorfia “ci siamo quasi”
Ovviamente, non potevi considerare l’alternativa di convincere lo sceriffo a lasciarvi analizzare il corpo e gli esami.
La voce questa volta era pericolosamente simile a quella di Mary Morstan Watson.
Sospetto che sia coinvolto in questa storia.
Sherlock potè quasi sentire il ghigno di Mary alla sua obiezione.
Forse. O forse volevi semplicemente abbagliare Molly con una fantastica avventura e farti bello ai suoi occhi.
Già, niente di meglio che una bella violazione di proprietà pubblica in una paese estero, per far colpo su una ragazza.
La voce di John si era affiancata a quella di sua moglie, con lo stesso tono ironico e saputello.
“Adesso basta, tutti e due!”
“Sherlock?”
Il tono preoccupato di Molly lo riportò alla realtà.
Lui fece un profondo sospiro.
Contemporaneamente sbloccò la serratura.
“Andiamo, dobbiamo sbrigarci” disse con sicurezza facendola entrare nella stanza e richiudendo la porta dietro di lui.
La patologa annuì e si diresse decisa verso le celle frigorifere, ma sembrò esitare di fronte allo sportello.
“Molly?” la esortò lui, comprendendo come fosse un momento difficile, ma come fosse anche importante fare in fretta.
Lei si riscosse e con un movimento deciso si infilò i guanti che si era portata e aprì il carrello per esaminare il corpo,  nel frattempo Sherlock si diede da fare per recuperare i documenti.
“Cosa dice il tossicologico?” la voce della ragazza arrivò ferma e risoluta.
“Grandi quantità di wodka alla menta”
“Lei la odiava. Non l’avrebbe mai bevuta”
“Ne sei sicura?”
Molly confermò con un cenno della testa mentre si chinava ad esaminare il corpo.
“Ad una festa del primo anno ci sbronzammo con della wodka alla menta, e Alice stette molto male. Dopo quella volta giurò che non l’avrebbe più toccata, anche il solo profumo le dava fastidio”
“Faccio fatica ad immaginarlo”
Molly non distolse l’attenzione da ciò che stava facendo.
“Che cosa?” domandò senza alzare la testa.
“Tu. Ubriaca”
Un breve sorriso apparve sulle labbra della patologa.
“Nonostante questo non hai esitato a rivolgerti a me, quando stavi organizzando l’addio al nubilato di John”
Sherlock rimase per un attimo in silenzio.
“Avevi ragione, sai?” disse infine.
“Su che cosa?”
“Non avevo bisogno del tuo aiuto, avrei potuto fare i calcoli da solo”
Molly si morse il labbro ma non commentò, poi trovò qualcosa che la fece sussultare.
“Sherlock, guarda qui!”
Il consulente investigativo si avvicinò veloce.
“Che cosa hai trovato?”
“Un segno di iniezione” indicò lei “minimo, ma visibile. Potrebbe essere stata prima drogata, e poi costretta a bere perchè il livello di alcolemia si alzasse”
“Un sedativo nel sangue si sarebbe confuso più facilmente e sarebbe stato più difficile trovarne traccia, soprattutto senza la volontà vera di trovarlo” commentò Sherlock “e da li, inscenare l’incidente sarebbe stato semplicemente il passo successivo e definitivo”
“Oh, povera Alice...” mormorò Molly con tristezza.
“Ho sempre pensato che tu fossi una grande impicciona!”
La voce sulla porta fece sussultare la patologa, ma soprattutto lo fece la pistola puntata verso di lei.
“Alan...” mormorò con paura e rabbia.
“Ed ecco che arriva il marito violento e assassino” commentò tranquillo Sherlock.
“Lei stia zitto!” la pistola si agitò verso di lui, cosa che era esattamente voluta: non avrebbe permesso a quell’uomo di fare del male a Molly.
Ma lei sembrava avere altre idee per la testa.
“L’hai uccisa tu!” gridò, riportando l’attenzione su sè stessa “dopo che per anni l’hai picchiata e trattata come una bestia!”
“Io la amavo!” replicò l’uomo, tornando a puntare la pistola verso la ragazza “e lei mi ha lasciato, con il tuo aiuto è sparita e ci ho messo anni per ritrovarla. E quando mi ha rivisto, ha avuto il coraggio di dirmi che non sarebbe tornata con me!”
“Amore?” chiese Molly “questo non è amore, è tutto il contrario! Sai una cosa, Alan? Lei era molto felice senza di te!”
“Sta zitta! Sta zitta!”
Sherlock era già pronto a scattare, quando un’altra voce si unì a quelle nella stanza.
“Io starei fermo e buono, se fossi in te”
Lo sceriffo era arrivato silenziosamente sulla soglia e ora puntava la sua pistola.
Per un attimo niente si mosse, poi Alan crollò a terra e alzò le mani sulla testa.
“Io la amavo...” cominciò a ripetere dondolandosi avanti e indietro, mentre lo sceriffo continuava a tenerlo sotto tiro e lo disarmava.
“Come no” disse l’uomo mentre lo ammanettava, e rivolgeva poi uno sguardo di fuoco verso Molly e Sherlock.
“Dovrei arrestare anche voi!”
“A nostra discolpa possiamo dire che pensavamo che Lei fosse complice nell’assassinio...” disse Sherlock “invece posso felicemente affermare che è stato solo tremendamente lento e ottuso”
L’ufficiale stava per replicare, ma poi vide Molly avvicinarsi.
“Senta...” iniziò, ma l’attenzione della donna era tutta rivolta verso il prigioniero.
“Questo è per Alice” mormorò lei, prima di tirargli un calcio in mezzo alle gambe.
Lo sceriffo fece un profondo sospiro, ma non si scompose più di tanto alle lamentele di Alan.
“Farò finta di non aver visto” disse infine “Ma voi due ora ve ne tornate dritti filati a Londra”
 
***
 
“Sei contenta che alla tua vecchia amica sia stata fatta giustizia, ma nonostante questo ti fai ancora delle colpe”
Molly si girò stupita verso Sherlock, poi si mosse per sistemarsi meglio nel sedile dell’aereo e si prese un attimo per considerare quell’affermazione.
“Si, credo di si” disse infine “Mi chiedo se avrei potuto essere un’amica migliore”
“Non devi biasimarti per non esserti accorta di quello che succedeva all’interno del suo matrimonio... lei avrebbe potuto parlartene, ma non l’ha fatto. E quando ti ha chiesto aiuto tu glielo hai dato, nonostante fossero passati anni”
Molly scosse la testa.
“Hai ragione, ma credo che ci sarà sempre una parte di me che si chiederà se avrei potuto fare di più”
L’aereo decollò e Molly rimase ad osservare il paesaggio che si faceva sempre più piccolo sotto di loro.
“Grazie di avermi aiutata, Sherlock” mormorò dopo qualche attimo.
Lui scosse la testa.
“Non avresti fatto quello che hai fatto, se non fosse stato importante e io... io volevo starti vicino ed essere per una volta quello che dava aiuto, piuttosto di riceverlo. Mi sei mancata” disse infine.
Lei tornò a guardarlo e vide la sua espressione intensa, e il senso di attesa per la reazione a quella sua affermazione così importante e sofferta.
A Molly, però, quelle parole da sole non potevano bastare.
“Allora perchè mi hai esclusa cosi?” chiese, non riuscendo ad evitare un tono di rabbia nella sua voce.
Un breve sorriso amaro apparve sul volto del consulente investigativo: se lo meritava, Molly aveva il diritto di chiedere e di non accontentarsi di una frase che, sebbene sincera, non spiegava nulla.
“Perchè sapevo di non essere pronto ad affrontarti” rispose “Perchè sapevo di meritare il tuo biasimo e avevo paura di perderti, che questa volta avresti deciso che ero andato troppo oltre. Ho fatto delle cose, Molly... cose che tu forse non avresti potuto accettare. E ne avresti avuto tutte le ragioni”
Gli occhi nocciola si fissarono sul suo viso, e lo scrutarono intensamente.
“Lascia che sia io a giudicare” disse infine lei.
Sherlock strinse le labbra.
“Io non sono sicuro che...”
Una piccola mano arrivò a stringere la sua. Ed era una stretta calda e confortante, che sapeva di amore e comprensione.
“Il viaggio è lungo” disse Molly con un sorriso “e io voglio sapere tutto. Parla con me, Sherlock Holmes”
E questo fu esattamente quello che lui fece.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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