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Autore: spongansss    01/04/2016    2 recensioni
Emma aveva sempre cercato di controllare la sua vita, nulla era mai riuscito a distruggere i suoi piani, tranne l'arrivo di Henry, finché un incontro le ha fatto capire che le nostre vite non possono essere controllate fino in fondo.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8
Equilibrio infranto
 


Killian si svegliò volentieri, evento più unico che raro. Quel giorno il suo bellissimo letto non era invitante quanto quello a cui sarebbe andato incontro, o meglio, ciò che sperava lo aspettasse.
Aveva finalmente una mattinata libera, doveva necessariamente andare in quel parco, vedere Emma, capire cosa significasse il bacio di due giorni prima.
Dovevano assolutamente chiarire la situazione, capire cosa fare. Quel week-end avrebbero avuto una delle loro serate tra amici, lui voleva sapere come doversi comportare. Sperava con tutte le sue forze che i suoi turni coincidessero con quelli di Emma.
Il loro bacio non aveva cambiato la situazione, se possibile l’aveva resa ancora più strana. Continuavano a non parlarsi, incontrarsi per caso. Lui non voleva più questo, aveva bisogno di parlarle.
Così decise che l’avrebbe trovata ad ogni costo.


Prima tappa: il bar.
Con sua grande delusione, al bancone c’erano Ruby e una ragazza a lui sconosciuta. Fece colazione senza chiedere nulla di Emma per non destare sospetti. Dall’esterno sembrava davvero tutto normale. Dentro bruciava. Nel cervello mille domande lo tormentavano, credeva di impazzire. Cominciò a pensare che forse avrebbe dovuto fare l’attore dato che, a quanto pare, nessuno aveva notato l’aria sofferente che gli sembrava di respirare.
Terminato il suo cibo, decise di dirigersi verso il parco.
Pensò che, magari, quella fosse una delle loro giornate.
La loro panchina era lì, vuota.
Rimase lì per circa un’ora, solo.
Pensò che Emma non lo volesse vedere. Il suo cervello gli ordinava di rispettare la sua volontà, il cuore lo portò a casa della bella bionda.
Esitò un attimo prima di suonare il campanello. Di nuovo il cuore vinse sul cervello.




Emma e la confusione erano, ormai, una cosa sola. Il sonno era scomparso, in compenso due solchi neri sotto gli occhi erano arrivati a rovinare il suo bel viso.
Le immagini di quel pomeriggio le affollavano la mente, qualsiasi cosa facesse la riportava a quel momento: al suo attimo di felicità.
E lei aveva tremendamente paura della felicità.
Ci aveva impiegato anni a trovare un equilibrio che la rendesse serena. Ci aveva messo del tempo ad accettare Henry per ciò che realmente è, era difficile per lei non vederlo come una aggiuntiva punizione dell’universo nei suoi confronti.
Per mesi aveva pianto da sola nella sua stanza, quando Neal se ne andò. Piangeva mentre la sua pancia cresceva.
Credeva davvero di non farcela e, probabilmente, senza Ruby e Regina non sarebbe riuscita a riprendersi. Senza di loro non avrebbe cambiato idea, avrebbe dato Henry in adozione e sarebbe tornata a morire nel buio della sua stanza. Voleva lasciare il suo raggio di sole, ci mise una vita a capire quello che avrebbe perso.
Fu proprio Henry a ritirarla su.
Questa volta non ci sarebbe stato un altro bambino a farle bene.
Questa volta sarebbe caduta definitivamente a pezzi. Sapeva di non poter soffrire ancora.
Lei quella felicità, però, la voleva. Dopo averla provata era difficile separarsene.
Era combattuta. Voleva illuminare la sua vita ma temeva di farlo.
Emma era la contraddizione scesa sulla Terra.

Aveva la mattinata libera, ma decise di rompere la loro tradizione. Niente parco quel giorno, non voleva rischiare di incontrare Killian, non era pronta. Avrebbe già dovuto incontrarlo quel weekend e sapeva che la situazione l’avrebbe mandata ancora più in confusione, non voleva anticipare il problema.
Il campanello suonò.
Il suo sogno ed incubo si avverò.


-“Killian!” esclamò sorpresa. Si sarebbe aspettata chiunque, ma non lui. Lo stupore, evidentemente, era tangibile sul suo volto.
-“Tesoro, che c’è? Hai visto un fantasma?”
Per assurdo, aveva colto nel segno. Lui era il fantasma che la stava tormentando da giorni, quello che le aveva tolto il sonno, quello che voleva tanto vedere e per questo si odiava. Quella che l’aveva fatta crollare da quel sottile filo che era il suo equilibrio.
-“No figurati, è solo che non mi aspettavo di vederti qui.”
-“So che probabilmente non avresti voluto vedermi ed io non dovrei essere qui. Ho tentato, lo giuro, di non disturbarti, di rispettare il tuo desiderio di non vedermi, ma non ce l’ho fatta. A volte la razionalità non vince sul cuore, mi dispiace.”
Non che avesse detto nulla di eclatante, ma quelle parole colpirono molto Emma. Si conoscevano appena, quasi non si parlavano. Rare confessioni li avevano uniti.
Lui sentiva ciò che sentiva lei. Era come se un filo li unisse, un filo invisibile che esisteva da sempre, ma lei ci aveva messo un po’ a vederlo, lui aveva percepito subito quel legame.
-“Perché ti scusi?”
-“Davvero Emma, se non vuoi parlare, sono pronto ad andarmene.”
-“Non ci pensare nemmeno, entra.”
Dopo tanti anni, Emma agì d’impulso, lasciò che fossero le emozioni a guidarla, non il cervello.
Ne aveva bisogno, ci aveva messo un po’ a capirlo, ma alla fine ce l’aveva fatta.
Si diressero verso il divano. Si sedettero vicini come spesso facevano sulla loro panchina, abbastanza vicini affinché il loro gambe potessero sfiorarsi.
-“Non ho intenzione di forzarti a fare nulla, voglio solo capire come debba comportarmi. Ho capito che c’è qualcosa che ti frena. L’ho vista subito la sofferenza nel tuo sguardo: è stata proprio quella tua aria da sopravvissuta che mi ha attratto. Io so quanto è difficile far rimarginare le ferite del passato, quelle che non scompaiono mai, diventano dei segni bianchi che è difficile ignorare. Ma è l’unico modo per smettere di sopravvivere e incominciare a vivere. Smettere di sanguinare, alzarsi in piedi, mandare al diavolo quelle strisce bianche che ci hanno fatto così male e riprendere in mano la nostra vita. So che non è semplice, ci ho messo un anno per capirlo.”
-“Io sono dieci anni che tento di guarirmi, Killian. Io ho paura.” Le aveva letto dentro, l’aveva capita. Per lei fu difficile trattenere quelle lacrime che le stavano inumidendo gli occhi.
-“Lo so e ti capisco perché anche io ne ho. Sto provando tutti quei sentimenti che speravo non mi si avvicinassero mai più. Avevo giurato di smettere di soffrire, ma ho capito che fuggire da ciò che si sente è peggio che rimanerne feriti. Come ti ho già detto, non voglio forzarti a fare nulla, anche perché sono io il primo a faticare a comprendere ciò che è successo tra noi. Sono qui solo per capire.”
Per la prima volta dopo tanti anni, Emma si sentì protetta e libera. Lei non meritava tutto questo, un uomo così. Quell’uomo che aveva odiato dal primo istante, quello così sfacciato da infastidirla fin dentro le viscere, si era dimostrato estremamente comprensivo, aveva lasciato a lei il timone. Per la prima volta pensò che, forse, il suo momento fosse arrivato e, per quanta paura avesse, non voleva lasciarselo scappare.
Si avvicinò più a lui, strinse la sua mano. Quel calore la rassicurò, sapeva ciò che doveva fare.
“Io non so con esattezza cosa sia successo né cosa significasse, ma sono stanca di fuggire. Così non posso più vivere. Non voglio lasciarmi più sfuggire nulla, la paura non può più impedirmi di prendermi la felicità che mi spetta. Ti andrebbe di scoprire insieme a me cosa sta succedendo?”
Nuovamente le loro labbra si sfiorarono, poi si cercarono, si unirono, si fusero. Se possibile fu ancora più emozionante della prima volta perché ora sapevano di essere pronti per ricominciare a vivere.
-“Però, Killian, non diciamo ancora nulla agli altri, ok? Non mi sento pronta per condividere tutto questo con qualcuno che non sia tu.”
-“Sabato sarò un perfetto amico qualsiasi.”
-“Grazie, per me conta molto.”



Si erano visti il pomeriggio seguente senza farsi scoprire dagli altri.
Le ore passate insieme volarono. Finalmente parlavano e stavano bene. Avevano smesso di rincorrersi per poi scansarsi.
Finalmente i loro cuori battevano all’unisono.




Sabato sera, casa di Emma e Regina
Tutto appariva normale, una qualsiasi serata tra amici.
Regina e Robin sempre appiccicati, dopo circa un mese e mezzo ancora sentivano il bisogno di recuperare il tempo perso. Ruby, Killian, Mary, David ed Emma ridevano in gruppo.
Emma riusciva a nascondere le scariche elettriche che qualsiasi contatto, anche visivo, avesse con Killian le provocava. Killian non si incantava a guardarla, come tanto avrebbe desiderato fare.
Erano degli attori fantastici, pronti per ricevere il loro Oscar alla carriera.

Emma si avviò verso la cucina per prendere da bere, seguita da Ruby.
-“Bene biondina, ora che siamo sole puoi dirmi cosa è successo tra te e l’affascinante irlandese.”
-“Come scusa?”
-“Devo ammettere che recitate la parte degli amici piuttosto bene, ma lo sai che io sento l’odore. Allora, quando è iniziata? Direi da poco, altrimenti l’avrei notato prima. Comunque, sappi che ho fatto il tifo per voi sin dal principio. Regina non mi voleva credere, avrei dovuto scommetterci dei soldi, sarebbero stati più gratificanti che uno stupido ‘te l’avevo detto’. Su su, forza, racconta.”
-“Ma sei in grado di stare un attimo zitta? Ruby, ti prego, sto cercando di capire cosa stia realmente succedendo tra noi, non so neanche se ci sia davvero qualcosa o se sia solo attrazione fisica, potresti evitare di dirlo a tutti? Ho bisogno di tempo.”
-“Va bene, d’accordo, farò la brava. Però prima devi rispondere ad una sola ed insignificante domanda, sai che sono curiosa.”
-“Ho paura di te, ma vai, spara.”
-“Ci sei già stata a letto? Ha l’aria di essere uno che sa come far stare bene una donna, e sai che io ho un certo fiuto per queste cose.”
-“Tu sei davvero irrecuperabile.”
-“Tu mi adori per questo.”







Angolo dell'autrice
Lo so, lo so, lo so. E' tardissimo. Pensate, questo capitolo avrei voluto pubblicarlo prima dell'inizio delle vacanze di Pasqua, ma un impegno improvviso mi ha portato via il tempo che avrei voluto dedicare alla stesura di questo capitolo.
La mia prof di lettere mi ha chiesto di partecipare ad un concorso letterario. Bello, tutto molto bello, se non fosse che non è proprio sveglia ed ha pensato di dirmelo a pochissimi giorni dalla scadenza, così ho dovuto scrivere un brano e un aforisma in pochissimo tempo.
Poi sono partita, lo studio, una cosa e un'altra e, alla fine, per puro caso, sono riuscita a finire tutto oggi. Per fortuna, aggiungerei, perché temevo la pubblicazione sarebbe slittata a settimana prossima, dato che anche questo weekend non sarò a casa.
Tralasciando i miei infiniti impegni, spero abbiate passato una buona Pasqua e vi faccio gli auguri con tanto, tantissimo ritardo.
Infine, spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto. Ora vorrei raccogliere un po' le idee per scrivere qualcosa di un po' più sostanzioso nel prossimo capitolo.
Alla prossima.
 
   
 
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