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Autore: BlueRon    01/04/2016    0 recensioni
Immagina: vedi i fantasmi, tuo fratello è morto in circostanze misteriose e una nuova offerta di lavoro per tuo padre ti porta a frequentare una scuola piena di ragazzi con strabilianti poteri.
La Rosehill Academy nasconde un terribile segreto, ma anche la chiave per trovare il colpevole della morte di Axel Johnson.
Ti unirai anche tu all'avventura?
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sapevo che la Rosehill Academy era diventata, negli anni, una scuola per ragazzi speciali. Le scuole normali non erano adatte a me. Il rumore delle persone era stancante, i colori erano troppo forti. Mi avevano diagnosticato un disturbo dell'attenzione, quando in realtà ero fin troppo focalizzata su ciò che succedeva.

Mary Lou si era seduta sulla cattedra, con le gambe incrociate e le mani in grembo.
Mi guardò e batté la mano vicino a lei, indicandomi di sedermi accanto.

"Anche tu li vedi, vero?"
"Vedere...cosa? le domandai.
"I ragazzi sbiaditi. L'ho visto nei tuoi occhi quando siamo entrate. Tu sei come me."
Schiusi le labbra, pronta a dirle che lei era una svitata. Poi riflettei. 
"Anche...anche tu vedi i fantasmi?"

Mary Lou annuì, "Da sempre. Sono anni che vivo alla Rosehill" disse con una punta di amarezza e malinconia nella voce.
"Vivi a scuola?"
"Nei dormitori del blocco Blu. Molti ragazzi vivono qui, è sempre meglio che dover sopportare gli sguardi di apprensione della mia famiglia."

"Io...mi dispiace" balbettai.
Mary Lou mi toccò la spalla e io trasalii.
"Tranquilla, è normale avere paura."
"No, non è normale. Avere paura è per i deboli, per chi non è abbastanza forte per vivere. Io non ho paura!"
Mary Lou si ritrasse, non mi ero accorta di aver urlato.
"Scusa" mormorò, "Non volevo farti arrabbiare."

Restammo in silenzio per un po' prima che Mary Lou parlasse di nuovo.
"Loro sono morti qui, durante l'incendio del '33. Erano chiusi a chiave nell'aula. Sono morti prima che il fuoco lambisse le loro carni."

Allungai le maniche del maglione fino a coprire le dita smaltate di nero. Mary Lou non era pazza, se lo fosse stata, lo sarei stata anche io. Avrei voluto urlare dalla frustrazione e scappare a casa.

Cosa avrebbe fatto mio fratello? Axel non si sarebbe di certo spaventato, ma questa mattina era sparito prima che varcassi i cancelli del cortile.

Guardai Mary Lou, i capelli le ricadevano sul viso e le lunghe ciglia erano umide, come se si stesse sforzando di trattenere le lacrime.

"Mary Lou..."
"Dimmi" aveva lo sguardo rivolto verso la ragazza minuta alla finestra.
"Siamo... Siamo tutti così? A scuola intendo."

Mary Lou scosse la testa, "No, non tutti. Alcuni possono spostare oggetti con la mente o assorbire il dolore degli altri con un solo tocco della mano. Però se intendi dire che siamo tutti problematici, allora si. Siamo fuori dall'ordinario, dal primo all'ultimo, professori compresi."

Ripensai al signor Parolin e alla luce che si accendeva e spegneva con uno schiocco di dita. 
Siamo tutti fuori dall'ordinario.
La normalità è così sopravvalutata. Axel mi diceva sempre che ero il salto generazionale verso il futuro del pianeta. Axel aveva sempre avuto fiducia in me, fino al giorno della sua morte. Anche ora, che mi parlava solo attraverso il velo, credeva in me.

"Mary Lou?"
"Dimmi"
"Come lo sapevi?" mi sedetti sulla cattedra vicino a lei.
"Era nei tuoi occhi" disse mesta.
Spinsi il pollice contro le labbra.
"Avrei potuto avere altro, tipo telecinesi... come ne eri sicura?"

Mary Lou fece un profondo respiro e lisciò le pieghe della gonna prima di rispondere.
"I tuoi occhi sono quelli di qualcuno che ha visto la morte. Non parlo di EPM, ma della morte vera. I fantasmi lasciano un segno indelebile. Sopratutto quando ti sussurrano costantemente nelle orecchie. Io so come controllarli, posso insegnarti a bloccarli."

Mi alzai di scatto e mi allontanai.
Bloccarli? Era impazzita? L'unico contatto rimastomi con Axel era proprio quello con il mondo dei morti e io non ero un negromante, solo dotata.

Mary Lou mi lanciò uno sguardo triste mente mi allontanavo da lei e dalle sue idee folli.

~

Il corridoio era deserto. Ora che lo guardavo bene mi accorgevo anche di come fosse spoglio rispetto ai piani sottostanti. Niente quadri e niente busti, solo carta da parati strappata e annerita. Il tappeto era, invece, corroso dal tempo e dall'umidità.
Alzai le barriere mentali e corsi verso l'ingresso.

Una volta all'aria aperta, circondata da colori e suoni famigliari, mi sentii più al sicuro.
C'era un panchina che non avevo notato al mio arrivo, mi sedetti e presi dalla borsa l'orario delle lezioni. 
Con Mary Lou avevo perso mezz'ora della pausa pranzo. Non avendo idea di dove si trovasse la sala mensa, optai per cercare l'aula della lezione successiva.
Matematica, aula 17.
"Numero nefando", riflettei tra me e me avviandomi verso il portone.

Solo dopo aver percorso più volte il corridoio del primo piano mi accorsi che dell'aula 17 non vi era traccia, così tornai all'ingresso, sperando che qualche anima pia accorresse in mio soccorso.

Destino volle che vidi gilet-a-rombi fumare poggiato ad un albero in cortile.
"Ehi", dissi avvicinandomi,"Il Comitato di Benvenuto aiuta per tutto il giorno?" domandai con un sorriso di circostanza.

Gilet-a-rombi sollevò il viso e gettò la sigaretta a terra, spegnendola sotto il tacco.
"Solo per le belle ragazze", disse facendo l'occhiolino.

Allungai il foglio con l'orario.
Lui lo scrutò per qualche secondo poi sollevò un sopracciglio, "Hai cercato al primo piano?"
"Certo, non sono mica stupida" ribattei leggermente offesa.
"Non prenderla sul personale, l'aula 17 è stata trasferita nei sotterranei. Seguimi."

Sotterranei? In che diavolo di posto ero finita? Mi mancava solo di avere Piton come insegnate e di dover battere il Signore Oscuro per avere il diploma!

Le scale erano dietro il ripostiglio delle scope, l'ultimo posto dove sarei andata a cercarle.
La vernice del corrimano era rovinata e si scrostava al minimo tocco, l'unica fonte di luce erano dei lunghi led che emanavano una luce fredda che avrebbe potuto concorrere con quella di un ospedale.

Il ragazzo si arrestò di colpo e per poco non gli andai addosso.
Si girò e mise la mano sulla mia guancia.

"Cosa diavolo-"
Una sensazione di piacevole calore mi pervase. Dimenticai di essere nuova, persa, e arrabbiata. Ero in pace con me stessa.
Poi lui lasciò cadere la mano e l'effetto svanì.

"Cosa diavolo hai fatto?", ero sconcertata.
Lui si limitò a scuotere le spalle. 
"Volevo vedere come stavi, tutto qui."
"Tutto qui? Tutto qui? Siete un manipolo di svitati, prima la bionda e ora questo. Sono qui da poche ore e sono già piena fino ai capelli delle vostre stronzate soprannaturali", sbottai iraconda.

Gilet-a-rombi si passò una mano nei capelli, "Comunque mi chiamo Jacques."
"E io voglio fare matematica e uscire da questa dannatissima scuola."
"Scusa", mormorò, "Non avrei dovuto farlo. E' che io posso sentire le persone toccandole e volevo essere certo che nulla di brutto ti fosse successo oggi..."

Rimasi interdetta.
"Ammiro la tua opera cavalleresca Jacques, ma ora è meglio che vada."

Lo lasciai solo ai piedi delle scale di cemento e m'inoltrai negli asettici sotterranei senza una guida.

   
 
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