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Autore: BlueRon    01/04/2016    0 recensioni
Jennifer Bennet. 25 anni. Borderline.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allan non era fuori ad aspettarmi dopo la visita e al lavoro mi ero data malata, così andai da Starbucks per un caffè. Avevo bisogno di staccare dalla mia vita; andarmene dalla città sembrava una buona idea, eppure una parte di me non voleva lasciare Allan senza dirgli niente. Soppressi i miei pensieri circolari accendendo una sigaretta e aspirando nicotina.
Spensi il mozzicone sotto il tacco della scarpa e mi avvicinai al bancone di Starbucks.
Un giovane carino, la targhetta recitava "Harry", mi sorrise. Aveva una bocca sexy e degli stupendi occhi verdi e le fossette ai lati della bocca...un sogno!
Se solo lui fosse stato il mio Allan, potevo già immaginare la mia vita con Harry: lunghe passeggiate mano per mano e sesso bollente tra le mura di casa. Bagni tra bolle di sapone e petali di rose e cene al lume di candela. Indubbiamente una vita da favola, altro che la piatta noia che regnava tra me ed Allan.
Oh Allan, pensai, Cosa mi hai fatto? Allan, Allan, Allan. Mi hai rubato nel fiore degli anni, una giovane di grandi speranze. Avevo solo diciannove anni quando ci sposammo. Sarei potuta andare al college, innamorarmi...vivere!

"Signorina?", venni riportata alla realtà da due occhi verdi, preoccupati e adorabili.
"Sì?"
"Signorina, il suo ordine, cosa vuole?"
Ci pensai un attimo, "Mh, un caffè macchiato, grande."
Harry ridacchiò, "Intende un Venti?"
"Uh, ovviamente", dovrebbero rendere illegale essere così belli!!!
"Nome?"
"Vuoi anche il mio numero di telefono?", ero in vena di flirt. Quello che avevo immaginato sarebbe diventato realtà.

Il pudico rossore si diffuse sulle guance del ragazzo.
"Stacco tra dieci minuti", disse sporgendosi verso di me, "Se vuoi puoi aspettarmi..."
Sorrisi. 
Oh Allan, caro, dolce Allan.
"Dieci minuti sono accettabili. Mi chiamo Jennifer"
Harry scribacchiò il mio nome sul bicchiere e il mio ordine arrivò poco dopo e con lui Harry. Senza il grembiule verde e con una giacca di pelle nera a coprire un'attillata maglietta bianca.

Oh Allan. Ti odio. Ti amo. Ti odio. Ti detesto così tanto! Eppure non posso fare a meno di pensarti. Non voglio traditi eppure non posso più sopportare una vita con te. Lasciarti vorrebbe dire darla vinta a quella stronza di mia madre. Lei lo diceva che eri troppo grande per me, ma il problema non sei tu. Sono io. E tu non fai niente per rendermi felice.

Uscii da Starbucks con Harry, sentendomi molto più giovane dei miei venticinque anni.
"Conosco un posto carino", esordì lui, con voce melodiosa. 
Presi un sorso del mio caffè, qualsiasi posto mi sarebbe andato bene. Lo seguii per i vicoli di Seattle come una bambina segue il padre.

☆☆☆

"Benvenuta al Rocky Horror Caffè", sorrise, "Sono solito venire con i miei amici, è il nostro posto speciale..."
"Forse non dovresti mostrarmelo", dissi.
Harry scosse la testa, "Volevo farlo". Ed entrammo.

Ricordate i vecchi film? Quelli in bianco e nero che danno nei sabati pomeriggi piovosi nel vecchio cinema? Quei film che parlano del proibizionismo e dei bar nascosti? Ecco, il Rocky era così. Sembrava uscito da un'altra epoca. Luci soffuse e divanetti intimi. Tavoli di legno dall'aria vissuta e un lungo bancone trasversale la sala. Una moltitudine di alcolici sulle teche retrostanti e una piccola macchina del caffè. Vi era anche un minuscolo palchetto con un pianoforte a muro e un pianista dalla pelle incartapecorita con un frac e una bombetta poggiata vicino al pianoforte. Suonava una melodia d'altri tempi. Perfetta per il luogo, un po' meno per la caotica Seattle.

Harry ordinò un whisky on the rocks e io presi un semplice gin tonic. Non avrei dovuto bere alcolici visto che prendevo antidepressivi. Le medicine non erano mie, le avevo rubate da casa dei genitori di Allan, erano di sua madre, ma da quando ne facevo uso e un po' più stabile. Questa mattina ne avevo ingurgitati tre.
Con Harry stavo bene. Mi raccontò che aveva 21 anni e lavorava per pagarsi il college, con i suoi amici aveva una band e nessuna fortuna con le ragazze.
Un gin tonic divenne due e al terzo iniziai a sentire meno le gambe.

"Harry", biscicai, allungando la r, "Mi porti da te?"
Harry sorrise raggiante. Pagò i drink mi porse la mano per aiutarmi. Mi alzai barcollante. Harry mi prese sotto braccio e mi aiutò a raggiungere la metro. Dopo poche fermate scendemmo.

Non ricordo la fermata e non ricordo nemmeno quello che successe dopo che raggiungemmo il suo appartamento.

Mi svegliai nel suo letto, nuda, quando il mio telefono iniziò a squillare. Raccolsi i miei vestiti sparsi sul pavimento ignorando la chiamata di Allan. Avevo la testa che martellava e la luce mi dava fastidio. Erano solo le 4 del pomeriggio.

Harry era sotto la doccia. Lasciai un biglietto con il mio numero sul tavolo della cucina, presi i suoi occhiali da sole e mi chiusi la porta alle spalle.

Allan, oh Allan. Vedi cosa mi fai fare? Solitamente sono brava e sto bene, ma a volte una parte di me prende il sopravvento e non mi riconosco. Allan, oh Allan. Vedi come mi hai rovinato?

   
 
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