N/A: questa
fanfiction-raccolta nasce da una nostra esigenza personale ovvero portare un po'
di humour disimpegnato in questo fandom. Da qui, l'idea di postare una serie
dedicata ai due fratelli Holmes e ad una loro particolare... contesa. Chi la
spunterà? Ai posteri l'ardua sentenza, a voi... buona lettura.
Hudders&Umbrella
VOI VI RENDETE
CONTO CHE QUESTO SIGNIFICA GUERRA
Le
ombre della sera erano ormai calate su Londra, portando via un’altra giornata di
quel freddo e umido Febbraio. Mycroft Holmes se ne stava seduto nel suo salotto
di Pall Mall, un bicchiere con due dita di Scotch posato su un tavolino alla sua
destra e “I Miserabili” tra le mani – un libro deprecabile quanto il musical
(decisamente troppi sentimenti), ma non poteva non considerare affascinante la
parte riguardante la battaglia di Waterloo.
La
pendola sopra il caminetto batté le sette, facendogli sollevare lo sguardo e
inarcare un sopracciglio: sapeva che gli orari di Gregory potevano oscillare a
seconda di ciò che accadeva a New Scotland Yard, ma quel giorno non era successo
niente di particolare – Anthea glielo avrebbe comunicato subito – e quindi non
c’erano ragioni per cui il suo compagno si dovesse trattenere al lavoro. Il suo
ritardo era dunque oltremodo sospetto, nonché frustrante, dal momento che quella
sera avevano deciso di ritagliarsi un po’ di tempo da passare nella tranquilla
compagnia reciproca. Proprio mentre cominciava a vagliare le varie ipotesi e a
chiedersi se non fosse il caso di andare a controllare le sue telecamere, sentì
la porta dell’ingresso aprirsi: finalmente Gregory era tornato. Il sorriso che
aveva cominciato ad arricciargli le labbra fu però gelato dal suono dei passi
strascicati e stanchi dell’Ispettore. C’era una certa spossatezza nell’incedere
dell’uomo, nel suo togliersi il cappotto e la sciarpa e lasciarli
sull’attaccapanni dell’ingresso. I suoi sospetti furono confermati quando lo
vide entrare in salotto, stanco e stravolto, l’espressione di chi vorrebbe
semplicemente scomparire, anche solo per un giorno, dalla faccia della Terra.
Seguì Gregory con lo sguardo, osservandolo gettarsi sul divano e rilasciare un
respiro di sollievo, prima di portarsi le mani sul volto.
“Buonasera
Gregory, vedo che hai avuto una giornata alquanto pesante.” Esordì, posando il
libro sul tavolino e prendendo il bicchiere di Scotch prima di alzarsi per
raggiungere l’uomo sul divano e prendere posto accanto a
lui.
“Ah,
puoi dirlo forte Myc!” rispose Gregory, prendendo lo Scotch che l’altro gli
stava offrendo e bevendone un sorso generoso. “Ho passato la giornata a stilare
rapporti per i miei casi e per i miei colleghi e tutto per quella stupida foto”
Borbottò, sbuffando infastidito e guadagnandosi un’occhiata incuriosita da parte
del politico.
“Quale
foto?” chiese infatti quest’ultimo, accomodandosi meglio sul divano, scrutando
il volto del compagno. Gregory prese un altro sorso di Scotch, finendo il suo
bicchiere e passandosi una mano tra i corti capelli grigi, prima di
parlare.
“Una
che è stata scattata al matrimonio di John. Tu non c’eri, mi annoiavo e, sì, lo
ammetto, avevo già bevuto un po’… insomma, la signora Hudson aveva quel cappello
che…” l’Ispettore si interruppe e sbuffò, sempre più esasperato, perfettamente
conscio del fatto che Mycroft lo stava ancora fissando e stava facendo le sue
deduzioni.
“Te
lo sei messo e qualcuno ha scattato una foto in quel momento” concluse infatti
l’uomo poco dopo “e, dato che hai sottolineato di essere un po’ su di giri al
momento dell’accaduto, probabilmente ti sei fatto riprendere con un’espressione…
vogliamo dire particolare?” aggiunse, con un sorrisetto, facendo sbuffare
l’altro.
“Esatto.
Tempo fa ero a Baker Street e, mentre aspettavo Sherlock, la signora Hudson mi
ha fatto vedere la foto. Ci siamo fatti due risate, poi però è arrivato tuo
fratello, l’ha notata e stamani ho saputo che l’aveva messa sul suo blog, in un
articolo nel quale parlava dei travestimenti, citando la mia immagine come un
esempio da non seguire. Il capo ha preso alla lettera queste sue ultime parole e
mi ha detto che per un po’ sarebbe stato il caso che non mi facessi vedere in
giro, per non, cito testualmente, ‘infangare il nome di Scotland Yard’.
Risultato? Lavoro d’ufficio a tempo indeterminato, per
adesso.”
Gregory
concluse la sua spiegazione, passandosi sul viso la mano con cui non stringeva
il bicchiere. “Alla centrale i colleghi non fanno che ridermi alle spalle e temo
che presto possa uscire un articolo al riguardo sul Times. Sai che non perdono
occasione per darmi addosso, quei bastardi.” Borbottò poi, prendendo un
sorso.
“E
Sherlock non vuole togliere l’immagine dal suo blog.” Commentò Mycroft,
cominciando ad innervosirsi: fintantoché suo fratello si divertiva a fare la
Primadonna durante le indagini poteva anche chiudere un occhio, fintantoché si
ostinava a fare il bambino quando lui provava a parlarci poteva chiuderne due,
ma andare a danneggiare la carriera dell’unico uomo di Scotland Yard che lo
supportava (e sopportava)… beh, era giunto il momento che quel piccolo bastardo
ingrato avesse una bella lezione. Mise una mano sulla spalla di Gregory che, nel
frattempo, continuava a lamentarsi:
“Non
posso nemmeno denunciarlo per oltraggio a pubblico ufficiale senza trovarmi
tutta la stampa addosso, e comunque servirebbe a poco, e… sì, dimmi.” Concluse
l’Ispettore, fermandosi e voltandosi a guardare il
compagno.
“Stavolta,
se permetti, voglio pensarci io.” Gli disse quest’ultimo. Sembrava stargli
offrendo una scelta ma, e questo Gregory lo sapeva, di scelte ce n’erano ben
poche.
“Cosa…
cosa pensi di fare?” gli chiese infatti, un po’ preoccupato. Sherlock sapeva
essere terribile, ma non osava né riusciva ad immaginare cosa avrebbe potuto
combinare il maggiore degli Holmes in una situazione del genere. “Insomma, pensi
che sia necessario rispondere ad una stupidaggine simile?”
“Gregory”
cominciò Mycroft, la voce molto calma “Sherlock ha sempre fatto il bambino per
attirare l’attenzione. Gli abbiamo perdonato di tutto in questi anni, lo sai
anche tu, ma ci sono dei limiti che non deve permettersi di varcare. Mettere a
repentaglio la tua carriera è uno di questi e avrò cura che se ne renda conto.”
L’Ispettore
era sempre più preoccupato e più conscio del fatto che, con ogni probabilità, si
stava per scatenare una guerra le cui proporzioni non era così sicuro di voler
sapere. Né il sorriso, né le parole che il compagno gli rivolse subito dopo
servirono a fargli passare la sensazione che Londra stava per vivere dei tempi
molto, molto bui.
“Ora
però dimentichiamoci di mio fratello e cerchiamo di passare al meglio questa
serata. Altro Scotch?”
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Qualche
giorno dopo…
Non
era stata dura per Mycroft convincere alcuni degli addetti ad uno dei suoi
laboratori a produrre per lui il contenuto del flaconcino che aveva tra le mani.
Alcuni di loro gli erano parsi fin troppo entusiasti di mettere al suo servizio
le loro conoscenze, ma poco importava: sapeva che nessuno di loro avrebbe
rischiato troppo, in fondo si trattava di una piccola vendetta, non di
commissionare un…
Distolse
la mente da quella linea di pensiero quando si accorse che la macchina si
fermava davanti al 221/b. Sapeva bene, grazie ad alcune intercettazioni, che
quel giorno né suo fratello, né il dottore sarebbero stati all’appartamento per
qualche ora, lasciandogli il tempo di agire nella calma più assoluta. Nascose il
flacone nella borsa, scese dalla vettura e andò a suonare il campanello,
salutando la signora Hudson che lo accolse con un sorriso.
“Oh,
signor Holmes, è un piacere vederla! Prego, entri, entri pure. Temo che Sherlock
non sia in casa però, povero caro. Si sta annoiando molto in questo periodo. Ha
portato qualcosa per lui, vero?”
Mycroft
la lasciò parlare, rivolgendole poi un sorriso. “Sì, è esatto, ma temo di non
potermi trattenere molto. Se non le dispiace, posso salire e lasciare tutto nel
salotto?”
“Ah,
certo, se crede di non restarci intrappolato, c’è una tale confusione…” borbottò
la signora. “Faccia, faccia pure, caro.” Concluse poi con un gesto della mano,
canticchiando qualcosa che sembrava una vecchia canzone dei cabaret Anni
Cinquanta. Ridendo tra sé, Mycroft salì al piano superiore. Sapeva che Sherlock
non era in casa, ma non sapeva quando sarebbe rientrato, quindi avrebbe dovuto
agire velocemente. Inoltre, se fosse rimasto a lungo, la padrona di casa avrebbe
potuto porsi delle domande, magari farlo notare a suo fratello e farlo di
conseguenza insospettire.
Giunto
all’appartamento, si tolse il cappotto e posò la valigetta a terra, aprendola.
Ne tirò fuori due copri-scarpe di plastica e un paio di guanti in lattice e
prese il flacone, insieme ad una cartelletta. Rialzatosi, andò verso il salotto
e posò la cartelletta sul tavolino da caffè, già assai ingombro di fogli e tazze
di caffè e del tè sporche – cosa che gli fece arricciare il naso: possibile che
non sapessero nemmeno mantenere un po’ d’ordine, quei due scellerati?
No,
non doveva distrarsi. Si infilò prima i copri-scarpe, poi i guanti e infine si
diresse verso il bagno. Era un po’ più ordinato rispetto al salotto e per questo
non ebbe difficoltà ad individuare ciò che cercava: il flacone di shampoo di suo
fratello. Lo prese e lo aprì, posandolo sul lavandino, prima di aprire anche
quello che aveva portato lui e versarne il contenuto, incolore e inodore, in
quello che Sherlock avrebbe usato, prima o poi. Richiuse entrambi i flaconi,
scuotendo quello del fratello per mischiare i due fluidi, poi mise tutto a posto
e tornò in salotto. Si tolse i guanti e i copri-scarpe, li ripose nella
valigetta insieme al flacone vuoto, si rimise il cappotto e lasciò
l’appartamento, un ghigno stampato sulla faccia.
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Gregory
sbuffò quando, entrato in ufficio, trovò la solita montagna di scartoffie:
quando si sarebbe placato il suo capo? Con fare stanco, andò alla sua scrivania
e si sedette, sospirando e passandosi una mano sul viso, prima di prendere il
dossier che si trovava in cima al mucchio e cominciare a lavorare. Nonostante
ciò che Mycroft gli aveva detto qualche giorno prima, non era successo niente e
tutto continuava a procedere come al solito. Scriveva rapporti da quasi due ore,
quando il suo telefono vibrò. Lo prese e sorrise prima di aprirlo, notando che
c’era un messaggio e che il mittente era Mycroft. Senza esitare oltre, scorse la
tastiera e lesse il testo:
Tra
cinque minuti esatti dovrebbe arrivare la tua
rivincita.
La
tua giornata migliorerà notevolmente.
MH
Il
cuore dell’Ispettore sobbalzò: aveva una vaga idea di quello che sarebbe
accaduto, o quantomeno di chi sarebbe stato il diretto interessato e si sentì
pervaso da una forte euforia. Con un sorriso sornione, si rimise a lavorare e,
esattamente cinque minuti dopo, sentì la porta aprirsi e qualcuno
entrare.
“Inutile
dirti che devi bussare, Sherlock. Ma accomodati, fa come se fossi a casa tua.”
Disse, prima di alzare lo sguardo e inarcare un sopracciglio: nel suo ufficio
c’era effettivamente Sherlock, ma aveva la testa coperta dal cappuccio di una
felpa. Strano, non l’aveva mai visto abbigliato a quella maniera a Scotland
Yard. Lo guardò con fare interrogativo, guadagnandosi una sbuffata da parte del
consulente.
“Hai
vinto, non è ovvio?” gli disse seccamente, la stizza palese sui suoi lineamenti
spigolosi.
“Ho
vinto… cosa?” chiese Gregory, decidendo di fare finta di niente per il momento.
“Ma
sei proprio ottuso, Lestrade!” sbottò Sherlock, così forte, pensò l’Ispettore,
che metà divisione doveva averlo sentito alla perfezione e l’altra metà doveva
aver colto l’eco. “Toglierò la foto e la parte che ti riguarda dal mio blog,
contento? Ora però digli che mi faccia avere qualcosa che risolva il mio
problema.”
Gregory
avrebbe voluto continuare a fare lo gnorri, ma non riuscì più a trattenersi dal
ridere al vedere l’espressione frustrata del giovane di fronte a lui. Riuscì a
riprendere un contegno dopo qualche minuto e stava per rispondergli quando Sally
entrò nell’ufficio.
“Ah,
geniaccio, sei tu, mi pareva di aver sentito la tua voce. Cosa vuoi?” chiese,
rimanendo sulla porta.
“Non
sono affari che ti riguardano, Donovan, perché non torni a cercare di fare il
tuo lavoro?” replicò Sherlock, senza voltarsi a guardarla.
“Ma
sentilo, e oltretutto più irrispettoso del solito! Levati questo… Oh mio Dio!”
esclamò la donna, che si era avvicinata ed aveva tolto il cappuccio. Ci fu un
momento di silenzio, poi sia lei che Gregory scoppiarono a ridere in modo quasi
isterico: al posto dei riccioli neri, Sherlock aveva una vivace chioma fucsia.
L’Ispettore avrebbe voluto scattargli una foto, ma non riusciva a smettere di
ridere e sentiva le lacrime che gli scendevano dagli occhi. Guardò il consulente
che era rimasto paralizzato nel mezzo della stanza, la bocca che si apriva come
quella di un pesce, senza emettere alcun suono. Sally era piegata in due dalle
risate, poco distante. Dopo alcuni istanti, Sherlock voltò i tacchi e fece per
uscire, solo per trovarsi davanti il cellulare dell’Ispettore Dimmock, un
sorriso trionfante sul volto.
“Ehi,
Greg, questa la mettiamo in gigantografia nella sala riunioni, eh? Magari mentre
parliamo dei travestimenti!” commentò l’uomo, mentre Sherlock lo spintonava via
ed usciva dall’ufficio, inseguito dalle risate dei tre e poi da quelle di tutta
Scotland Yard, mentre lasciava l’edificio, gridando qualcosa come “Digli che non
finisce qui, Gavin!”
Quando
si fu ripreso, Gregory uscì a sua volta dall’ufficio, tra le risate e gli
applausi dei colleghi.
“Ragazzi,
propongo una pausa. Ciambelle per tutti, offro io!” dichiarò, guadagnandosi
un’altra ondata di applausi, prima di rientrare nel suo studio e prendere il
telefono per chiamare l’artefice di tutto quello.
“Ne
deduco che Sherlock sia appena uscito. Come ridono, i tuoi colleghi.”
Gli
disse Mycroft quando rispose dopo due squilli.
“Avresti
riso anche tu. È
stato geniale, Myc. Grazie, grazie davvero.” Replicò Gregory, senza riuscire a
togliersi il sorriso dalla faccia.
“Ah,
figurati. Gli servirà da lezione.”
“Dici?
Ne dubito fortemente. Preparati piuttosto alla sua vendetta. Temo che possa
arrivare molto presto.”
“Sarò
lì ad attenderla. Stasera che programmi ha,
Ispettore?”
“Il
mio programma, signor Holmes, è ringraziarla a dovere, portandola fuori a cena e
niente discussioni.”
“È
una proposta oltremodo allettante. Accetto con
piacere.”
“Ne
sono lieto. Grazie ancora Myc, è stato spettacolare. Vorrei che ci fossi stato
anche tu.”
“In
un certo senso c’ero e ti prego di non chiedere altro. A stasera
Gregory.”
“A
stasera Mycroft. Ti amo.” Disse Gregory, concludendo la
chiamata.
Qualche
chilometro più in là, a White Hall, Mycroft Holmes abbassò il telefono, un
sorriso sul volto e il video di Sherlock a Scotland Yard in riproduzione sul
monitor del suo computer. Doveva ammetterlo, al di là dell’aver fatto felice
Gregory si era divertito molto. Sapeva che suo fratello avrebbe risposto, ma
sapeva anche che poteva batterlo sul tempo.
Insomma,
dei due era lui quello intelligente, fino a prova
contraria.
FINE