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Autore: MudbloodAngel    02/04/2016    0 recensioni
Draco ed Hermione.
Si dice che l'amore vada contro le leggi della natura. Ma contro il tempo? Sarà l'amore a trionfare o saranno le lancette di un orologio a consumare i sintomi di una passione sbagliata?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO 2






Presso un colle fangoso, reso così dalle intemperie di un’agitata notte, si ergeva un immenso castello medievale, circondato da un profondo fossato nel quale aveva luogo uno scontro titanico, in cui le armi non erano quelle forgiate dall’uomo, ma gli strumenti violenti della natura.

Una tempesta di acqua e humus circondava quelle alte mura, rifornite di mostruosi Mephit, creature alate, che non mostravano di essere inclini alle fatiche umane. 

All’interno di quelle mura protette, nel silenzio di ombre condannate all’oblio, rimbombavano i suoni di quel temporale che sembrava non avere tregua.

Lunghi e bui corridoi si estendevano tra quelle pareti desolate e se qualcuno avesse avuto il coraggio di addentrarsi in quel recinto di segreti nascosti, non sarebbe sopravvissuto al gelo, in grado di porsi come barriera al flusso del sangue umano; solo un mostro poteva vincere quello spazio angusto del dolore.

«Mio padrone, ho eseguito quello che mi è stato ordinato. Tutto è stato compiuto a dovere. Bisogna solo aspettare

All’interno di una di quelle stanze abbandonate si trovava un essere dalle gambe corte e un buffo cappello a punta rosso, ma sicuramente, se ben conosciuto, nessuno avrebbe mai definito buffo un Redcap: di aspetto smunto e quasi privo di capelli, i suoi occhi rossi bramavano sangue; perché mai sazi, i Redcaps, noti anche come “Powries”, devono necessariamente uccidere regolarmente, perché se il sangue che colora i loro cappelli rossi dovesse asciugarsi, sarebbero loro a morire.

«Oh Iuruk, aspettare? Aspettare?!»

Una macabra risata, la cui fonte posta di spalle era intenta ad ammirare il cruento spettacolo di luci ed ombre, giocò a rincorrere le melodie di quel concerto raccapricciante, sfumando in un sospiro di compassione.

«Aspettare, Iuruk… Sai benissimo che la pazienza non è una qualità che si addice alla mia persona. Lo sai, Iuruk, vero?»

Nell’attesa di una risposta, che tardava ad arrivare, quell’uomo dalla lunga barba e da lunghi capelli tendenti al grigio, rivestito di un mantello nero che toccava il pavimento unto, si voltò per guardare quel piccolo Redcap, il quale, non riuscendo a reggere il confrontò, non poté far altro che abbassare lo sguardo.

«IURUK, LO SAI, VERO?»

Un lampo cadde alle spalle di quell’uomo barbuto e, allo stesso tempo, il tuono della sua voce rimbombò cupo tra quelle mura spoglie.

Era noto che la velocità della luce superasse di gran lunga la velocità del suono.

Ma quando si parlava di Kairos, il più giovane dei figli di Zeus, dio del momento supremo, secondo solo a Crono, la cui posizione lo aveva reso vendicativo e violento, nulla poteva dare per certe le leggi della fisica, perché quando si parlava di Dei, non vigeva nessun decreto, perché quando si parlava di Dei spinti da passioni estreme non esistevano limiti invalicabili.

«No, mio Signore, cioè sì, mio signore, lo so, ma…»

«Non ammetto sbagli! Sono stato chiaro? È giunto il momento opportuno e non bisogna perder tempo.»

«Si, si, Signore. È stato chiarissimo.»

Desideroso di fuggire da quell’aria angusta, Iuruk si girò e si diresse verso la via di uscita.

«Chiamami Amos. Desidero parlare con lui, immediatamente.»

«Si, mio Signore.»

Così, finalmente libero, il Redcap poté abbandonare quella stanza.

Cominciò a camminare lungo un corridoio, colorato da una luce soffusa proveniente dalle fiamme di piccole lucerne affisse al muro. Non sapeva assolutamente dove si fosse cacciato quel perdigiorno di un mago. Nessuno mai lo sapeva. Vagava sempre per il castello e con quell’aria da cupo e tenebroso non dava l’impressione di essere molto socievole.

Iuruk giunse in una stanza in cui, persi nelle loro faccende, stavano quattro uomini sulla trentina, sereni e rilassati come se si trovassero in un posto diverso da quel castello in rovina, in un posto libero dal controllo del potente Kairos.

Uno di loro era disteso in un lercio divano color rame, occupato a fare il giocoliere con tre lingue di fuoco, come se questo non potesse in alcun modo ustionarlo. Un altro era comodamente seduto in una poltrona, anch’essa vecchia e malridotta; leggeva, incurante di un ciuffo ribelle che gli ricadeva sul visto dalla chioma biondo cenere, le pagine di un libro, il quale aveva tutta l’aria di essere stato letto e riletto.

Il terzo uomo, accasciato su una sedia, indifferente al suono della natura che si scatenava fuori da quelle mura, era intento a far emettere dal suo piccolo piffero una lieve e malinconica melodia.

Il quarto di quelli era Amos. Di alta statura e con una lieve barba incolta, dai lunghi capelli scuri e ribelli e dagli occhi azzurri che tendevano a sfumare nel colore del ghiaccio, quell’uomo stava seduto presso la finestra, con lo sguardo perso verso l’esterno, completamente assorto nei suoi pensieri. Dava l’impressione di non percepire il mondo che lo circondava, come se in quella stanza ci fosse solo lui, come se non udisse alcun suono se non quello dei propri dilemmi.

Iuruk guardava circospetto l’aria insolita che aleggiava in quello spazio. Era come trovarsi in un mondo parallelo: fuori da quella porta il gelo e l’oscurità, mentre lì, in quella stanza illuminata dalla soffice luce del camino, si poteva gustare quasi un sapore di casa.

Ma cosa poteva saperne un Redcap di casa? Era nato per uccidere e se c’era qualcuno che lo pagava a buon prezzo era ben lieto di servirlo e onorarlo come meglio poteva.

Nonostante la sua entrata in scena nessuno aveva fatto caso a quell’essere che tanto stonava con quell’ambiente.

«Amos.»

A quelle parole tre dei presenti alzarono lo sguardo dalle loro faccende e guardarono contemporaneamente la fonte che aveva emesso un tale suono, eppure il diretto interessato sembrava non essersi accorto di nulla; continuava ad ignorare il mondo.

«Amos...»

A parlare era stato l’uomo che un attimo prima suonava armoniose melodie. Solo così il mago che era tanto ricercato emerse dai suoi pensieri, volgendo lo sguardo al suo interlocutore, il quale, a sua volta, gli indicò con lo sguardo il Redcap.

«Il padrone mi manda a chiamarti. Desidera parlarti immediatamente.» Disse Iuruk.

«Io non ho padroni.»

Così dicendo tornò a fare quello che stava facendo.

«Amos...»

Questa volta fu l’uomo seduto sulla poltrona a parlare e ad attirare l’attenzione del giovane.

«Se Kairos ti manda a chiamare vuol dire che è qualcosa di urgente. Non lo sottovaluterei.»

Così detto, simulando indifferenza, il mago si alzò irritato dalla postazione in cui era situato e, sotto lo sguardo di tutti i presenti, superò Iuruk e oltrepassò la soglia della porta, dirigendosi verso la stanza dell’ultimo figlio di Zeus.




***
 
 


«Hermione!»

Ero ancora seduta su quella panchina senza nemmeno sapere il perché.

Avevo seguito con lo sguardo i calmi passi di Malfoy, fino a quando, sparito alla mia vista, ero rimasta a fissare il vuoto, ma sentendo la voce della mia migliore amica mi voltai spaesata.

«Ginny, che succede?»

A parte la mancanza di fiato dovuta a quella piccola corsa sembrava piuttosto sconvolta.

«Hermione… Devi… Subito… Venire con me.»

Mi alzai di scatto, e anche se sembrava riprendersi, lo sguardo agitato di Ginny non si staccò da me nemmeno per un secondo.

«Ginny, adesso calmanti. Prendi un bel respiro e spiegami tutto.»

«Non c’è tempo, Hermione! Dobbiamo sbrigarci.»

Così dicendo mi prese per un braccio e mi trascinò via.

Non seppi la destinazione fino a quando non mi ritrovai nella mia stanza, eppure quella che mi trovai di fronte non aveva affatto l’aria di essere la mia cara dimora.

«Oddio, sembra essere passato un uragano! Ginny! Che cosa è successo?»

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal punto in cui, un tempo, si trovava il mio letto, adesso sommerso da una valanga di vestiti. Vestiti che non avevo mai visto! I libri, per fortuna, erano tutti a loro posto. Non era stato toccato nient’altro se non il mio soffice e amato custode di sogni.

Mi voltai verso una Ginny che sembrava intenta a voler mantenere il suo stato afflitto.

Stavo cominciando a perdere il controllo.

«Spiegati, Ginny.»

«Hermione, è un disastro. Dopo che sei andata via, questa mattina, sono scesa a fare colazione e sembrava tutto tranquillo. Niente di preoccupante. Sembrava davvero che quest’anno sarebbe stato sereno, senza né intoppi né altro. Sono andata a lezione di pozioni quando l’ho sentito.»

«Che hai sentito? La necessità di distruggermi la stanza?!»

Ero furiosa e la guardavo senza capire il punto di tutta quella assurda situazione.

«No, Hermione! Ho sentito dire a Romilda che quest’anno ci saranno delle novità grandiose.»

«Ginny, le novità dell’anno solitamente le dà il preside la prima sera ad Hogwarts. Cosa ti fa pensare che qualsiasi pettegolezzo sentito in giro possa essere valido se non comunicato da chi di dovere al momento opportuno?»

«E proprio qui che ti sbagli! Perché dopo che Romilda ha detto quello che ha detto, il professor Lumacorno ha interrotto la lezione ed è diventato paonazzo per la rabbia, ha cominciato a parlare a vanvera, urlando cose davvero senza senso sul fatto che non spetta a noi discutere su una questione così importante, che non spetta a noi prendere la decisione e che in realtà la decisione era già stata presa. A mio parare la sua reazione è stata davvero esagerata, ma in ogni caso ha confermato quello che aveva detto Romilda.»

«Non ci capisco niente… Cosa ha detto di così sconvolgente Romilda per spingere il professore Lumacorno a perdere le staffe in questo modo?»

 «L’istituto Durmstrang.»

Continuavo a non capire e Ginny sembrava troppo euforica per rendersene conto.

«Che c’entra l’istituto Durmstrang con il professore?»

«O cielo, Hermione! E dire che ti facevano la Strega più brillante del mondo magico!»

Infastidita da quell’affermazione non aggiunsi altro, nell’attesa che fosse lei a completare il discorso.

«Hermione! Non capisci?! Gli studenti di Durmstrang si trasferiranno qui per un tempo indeterminato!»

L’agitazione doveva essere ben chiara sul mio volto perché il sorriso di Ginny, nell’attimo in cui vide che la sua euforia non era per niente condivisa, si spense lentamente.

«Hermione, tutto okay?»

Se tutti gli studenti di Durmstrang fossero venuti a Hogwarts significava che anche Viktor sarebbe stato uno di loro.

«Ma perché?»

«Sinceramente non lo so. Ho sentito dire a Romilda che la loro scuola è stata distrutta da uno studente che ha completamente perso il senno. Per questo credo che Lumacorno abbia perso le staffe: Romilda ha cominciato a dire che i professori e la McGranitt sono degli incoscienti se pensano di far venire l’intero corpo studentesco di Durmstrang pensando che non ci saranno delle ripercussioni gravi che turberanno la serenità di Hogwarts. “Hanno il diavolo dentro, quei ragazzi”, almeno queste sono state le parole pronunciate da Romilda.»

Abbassai lo sguardo, cercando di metabolizzare la notizia appena appresa.

Ma quando mi voltai verso la finestra, dalla quale era possibile vedere il cielo ancora chiaro di Settembre, mi venne in mente un dettaglio che avevo tralasciato.

«Ginny, ma tutto questo cosa ha che fare con la mia stanza a soqquadro?!?»

Quasi urlai voltandomi a guardarla.

«Beh… I Corvonero pensano di organizzare una festa di benvenuto ed io sono entrata in crisi perché non ho la più pallida idea di cosa indossare!»

Detto questo si avvicinò al letto ricolmo di abiti e ne prese due, uno azzurro fiordaliso, lungo fino al ginocchio e con le maniche a sbuffo e l’altro nero, corto, un semplice tubicino, sicuramente più caratteristico di Ginny rispetto al primo, il quale sembrava uscito da una collezione di vestiti per bambole, solite prendere il tè delle cinque.

“Ma che dici Hermione?! Davvero stai pensando a uno stupido vestito?”

«Ginny, spero davvero tu stia scherzando.»

Ero esausta di tutta quella situazione, cosicché mi accasciai sulla sedia che percepii alle mie spalle.

«Dai, Hermione. È risaputo che i Corvonero sono soliti organizzare delle feste strepitose, non vorrai perdertela? E poi chissà, se il destino vuole, potresti rincontrare quel vecchio fustone di Viktor.»

Dopo avermi lanciato uno sguardo languido si voltò verso il mucchio di stoffe colorate e poi mi rivolse nuovamente l’attenzione, mostrandomi, accanto al solito tubicino nero, un corto vestito rosso, caratterizzato da delle sbarazzine maniche ad angelo.

«Quindi? Quale pensi sia meglio? Questo nero o questo rosso?»

Sbuffando mi arresi a quella che sembrava prospettarsi una terribile punizione per la mia incapacità di oppormi alla mia rossa migliore amica.

«Quello nero…»
  
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