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Autore: YakerHenbane    02/04/2016    2 recensioni
Zootropolis, la città dove ogni animale può essere quello che desidera. In questa enorme utopia zoologica seguiamo lo spaccato di vita di tre giovani predatori in cerca del proprio posto nella società. Cosa ha da offrire loro, in termini di possibilità e imprevisti, questa grande metropoli dal cuore peloso? Un terzetto bislacco destinato ad unirsi in una forte amicizia e...
Per quelli interessati al fattore "introspettivo" della storia (qui parla l'autore), i tre personaggi principali sono i miei tre fursona, sostanzialmente incarnazioni di lati diversi di quello che, nel complesso, sono io. La storia può essere letta anche come qualcosa di più interiore di una semplice serie di spaccati di vite quotidiane, anche se tale è e come tale può essere tranquillamente interpretata. Spero che vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry, Spoiler!, Tematiche delicate
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Alexander aveva visto sparire Yaker nel bagno ormai da 10 minuti buoni e l’aveva aspettato subito fuori dalla porta, curioso abbastanza da non fare altro nell’attesa ma dall’altro lato discreto a sufficienza per non imperversare all’interno. Sembravano tacere entrambi, non riusciva a sentire se si stessero dicendo qualcosa o se, effettivamente, fossero entrambi in silenzio. Tra i tre, probabilmente, Alex era il più arrabbiato per quello che era successo durante il viaggio in pullman: Kamal era sicuramente quello più colpito ed affranto, Yaker provava più che altro pietà per la povertà d’animo del tale che aveva lanciato quegli insulti, ma la lontra era probabilmente l’elemento più infuriato del terzetto, più che altro perché non capiva. Non capiva perché quelle parole sarebbero dovute essere un insulto per chiunque, a prescindere dal fatto che fossero dirette ai suoi due migliori amici, e la faccenda lo riguardava da vicino tanto quanto riguardava loro. Alexander era il primo a credere nel complesso sistema di sfumature che sono il fulcro dell’istinto d’attrazione corporale degli animali, aveva sperimentato sulla sua stessa pelliccia cosa significasse scoprire di possedere una complessità sessuale che si distaccava anni luce dalle etichette facilmente affrancabili a chiunque si esprimeva sui propri gusti. Ad Alexander piacevano le donne tanto quanto gli uomini, per motivi diversi le une e gli altri, e non l’aveva mai tenuto nascosto a nessuno proprio perché andava fiero di quello che aveva scoperto di se stesso attraverso un percorso di crescita tutt’altro che facile. Sentire una banalizzazione urlata con saccenteria e disprezzo urlata da una mente così piccola non solo lo disgustava, come succedeva per Yaker, ma gli infondeva anche un senso di orgoglio quasi patriottico che gli imponeva di infuriarsi quando assisteva a simili teatrini. Zootropolis sarà anche potuta essere la città dove ogni animale può essere quello che vuole, ma non era detto che esserlo fosse facile ed accettato… Non era passato molto da quando quella coniglietta, Judy Hopps, aveva rivoltato la città dimostrando come quello non fosse solo uno slogan ripetuto senza pensare ma che, accompagnato dalla buona volontà, poteva essere veramente qualcosa di indicativo dello spirito della città e dei suoi abitanti. Possibile che quell’esempio fosse passato in sordina così velocemente? Erano davvero tutti tornati alle etichette? Allora dunque tanto valeva applicare un collare di costrizione a tutti i predatori, visto che nessuno aveva imparato nulla… Non aveva passato anni della sua vita a scoprire se stesso per poi poter permettere al primo idiota di banalizzare tutto da capo, era una questione di principio egoistico che nessuno si sarebbe mai aspettato dalla goliardica lontra.
Il suo cellulare vibrò ripetutamente sul comodino, dall’altra parte della stanza: a grandi balzi, la lontra percorse la distanza che lo separava dal dispositivo per vedere il musetto di Jennifer apparire sullo schermo. Rispose frettoloso alla chiamata e si portò il cellulare all’orecchio con un ampio sorriso stampato sulle labbra.
“Pronto cucciola?”
La risatina di Jennifer dall’altra parte gli scaldò il cuore: la voce dell’altra, piccola lontra fungeva quasi da anestetico per Alexander, gli bastava udirla per dimenticarsi di tutti i bollenti spiriti risvegliati da quella brutta esperienza. C’erano altre vocette in sottofondo, delle compagne di stanza di Jennifer probabilmente, che ridacchiavano allo stesso modo, ed eppure la sua voce spiccava su tutte le altre come la più bella. Lei rispose quasi subito.
“Alex! Facciamo come nei piani?”
Seguirono altre risatine, ed Alex rise con loro e rispose con quel pizzico di malizia.
“Sarò lì da te prima che tu possa chiedermi come ho fatto!”
Ed attaccò la chiamata. Fissò la porta del bagno ed ascoltò per un istante: nessun segno di vita. Doveva andare, decise di lasciare un post-it sulla porta per avvertirli che sarebbe stato fuori per un po’ e che, se non tornava, significava che dormiva da Jennifer. Aprì di corsa il suo “zainetto delle cose fondamentali” e cercò disperatamente quel pacchetto di preservativi che si era procurato apposta, lanciando un po’ dappertutto paia di mutande pulite e roba simile. Si premurò di uscire in maniera decente, si infilò frettolosamente un paio di pantaloni sopra i boxer e una canottiera bianca, afferrò quello che gli serviva ed uscì in corridoio. Il caso volle che lo stesse facendo proprio mentre il professore stava facendo una ronda di controllo. I due rimasero a fissarsi un secondo, la lontra sgomenta e immobilizzata con la bocca aperta mentre la volpe, che aveva perfettamente inquadrato gli intenti di Alexander dal primo sguardo, gli lanciò un’occhiata quasi pietosa e ruppe il silenzio con tono interrogativo e sarcastico contemporaneamente.
“Lontroni, qualche problema?”
La lontra fece guizzare gli occhi da una parte all’altra mentre nascondeva maldestramente i preservativi dietro la schiena.
“Eeeehm… No, cioè sì, prof, però tutto… Tutto sotto controllo! Devo…”
Doveva pensare a qualcosa in fretta: Pulchri era un professore particolare, molto più comprensivo di quello che poteva sembrare, ma non avrebbe acconsentito ad un’infrazione tale delle regole. In quello, era intransigente.
“…Devo andare in bagno!”
L’aveva sparata così, a caso. Il docente alzò un sopracciglio.
“E per te il bagno in camera non è abbastanza comodo?”
“Eh, no, cioè, è occupato, Kamal… Sì, Kamal non si sente bene, quindiiiii… Ho deciso che non volevo aspettare ed andavo a quello in fondo al corridoio!”
Il docente sorrise con l’aria del gatto che ha mangiato il topo (o in questo caso della volpe che ha incastrato la lontra).
“Bene, allora! Ti ci accompagno io, così non ti perdi…”
Ecco, era fregato.
“Ma no, non c’è bisogno che si disturbi!”
“Ma è un piacere, figurati!”
“Ma in fondo non ci devo andare poi così tanto, cioè…”
“Quindi torni in camera?”
“Ehm… Penso di-“
“Allora buonanotte, domani ci sarà un appello alle sette prima del giorno libero, quindi fate modo di essere svegli per quell’ora o dovremo buttarvi giù dal letto.”
“B-Buonanotte…”
La porta della camera si richiuse e la zampa di Alexander colpì forte il suo muso con un sonoro facepalm. Rientrato trovò Kamal e Yaker che dormivano nel letto grande, dove avrebbe dovuto dormire lui, le lampade da comò accese. Il suo post-it era stato accartocciato e buttato, segno che probabilmente i due avevano letto… La lontra cercò di fare piano mentre attraversava la stanza in punta di zampe e si avvicinava alla finestra: sì, era tutto quello che sua madre si era raccomandata affinché non lo facesse, ma in quel momento il richiamo di Jennifer era troppo forte. Uscì in terrazzo e l’aria fresca della notte lo invase, infilandosi tra i suoi vestiti e la sua pelliccia, avvolgendosi intorno alla sua coda. Ne valeva la pena, doveva solo saltare dal suo terrazzo a quello di Jennifer, che era quello esattamente di fianco. La distanza non era tanta, era tranquillamente capace di farcela, e per lei avrebbe fatto questo ed altro. Si avvicinò alla ringhiera e ci appoggiò le zampe, sudando freddo consapevole di quello che sarebbe successo se avesse fallito. Il metallo era umido e freddo, un po’ scivoloso, cosa che lo preoccupava ulteriormente. Alexander si chiese un secondo se ne valeva la pena e se era completamente impazzito. Concluse che sì, era pazzo: pazzo di lei. Usò una sedia per arrivare al livello della ringhiera e ci appoggiò una zampa sopra per darsi appoggio e saltò.
Atterrò sull’altro bancone con una capriola e si irrigidì, impiegò qualche secondo per capire che ce l’aveva fatta. Fece qualche respiro profondo, si alzò in piedi e fissò la finestra grande della camera di Jennifer, pieno di adrenalina che sapeva come avrebbe sfogato di lì a breve. Ohh, sì che lo sapeva.
   
 
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