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Autore: AdeleBlochBauer    03/04/2016    1 recensioni
Se Valjean fosse stato presente quando Javert tentò il suicidio.
Un percorso morale e spirituale che, da qui, può scaturirvi.
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Una storia scritta qualche tempo fa, dedicata unicamente all'amore e alla gratitudine per Victor Hugo.
Non chiedo nulla e non ho nessuna pretesa: ma, forse, se hai amato I Miserabili quanto l'ho amato io, forse questo ti piacerà.
O, almeno, lo spero.
Grazie.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Javert, Jean Valjean
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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4. Silenzio


Esistono eventi, nella storia del mistero umano e divino, che semplicemente devono restare nella dimensione del puro spirito. Troppo intensi, troppo sacri, troppo immensi. Sono gli squarci pieni di luce in un’anima martoriata. Sono gli orrori bestiali da cui l’umanità può o perdersi, o risorgere. Sono le albe, i fuochi, gli oceani; sono i lutti, la vita e la morte, sono le rinascite; sono le rivelazioni dell’infinito, è l’assoluto che pugnala e benedice; sono gli astri e le stelle.

Impossibile, per noi, tradurli in linguaggio. Abbiamo detto: per noi, poiché esistono e sono esistiti uomini e donne che hanno potuto farlo. Le più grandi menti della nostra storia sono coloro che, sfiorando il miracoloso, hanno portato quaggiù un frammento di infinito, per via di macchine, parole, suoni, intuizioni. Uomini o titani, hanno dato uno sguardo all’Eterno e, senza smarrirsi, sono scesi per raccontarlo.
Comuni mortali, hanno prodigato magia senza essere maghi. Scienziati, compositori, poeti, matematici, pensatori: hanno scoperto e, ancora di più, hanno svelato quelle particelle di Alfa e Omega dalle quali la storia è pronta a ripartire. Erede delle loro scoperte, è l’umanità che converge sempre di più verso l’unità.

Lo diciamo ora per ricordarlo sempre: si è al mondo per evolvere, crescere, progredire; vale a dire: insieme. Si nasce grazie ad altri e, benché ci si ostini a dimenticarlo, in funzione di altri. A cosa serve esistere, se si pensa, si agisce, si crede solo in funzione a se stessi? Vivere chiusi, è vivere per nulla. L’uomo esiste, perché parte di un’umanità, di un creato e, come negarlo, di uno spirito comune. Se così non fosse, non esisterebbero animali, né piante, né oceani, né montagne: esisterebbe un solo, unico, immortale essere umano a vagare nell’universo per l’eternità, privo di scopo, potere e significato.

Ebbene: l’uomo non è solo. Nessuno. Mai.

Sia chiaro: noi non predichiamo l’annullazione del singolo, né riteniamo l’esterno tanto più importante dell’interno. Crediamo senza dubbio che uno dei primari scopi della vita terrena sia l’analisi interiore, la ricerca della propria spiritualità e delle proprie scelte; in altre parole, della propria identità. Mai disdegnare le ore di solitudine: sono necessarie. Costruire l’io, innanzi tutto; poi, confrontarsi con gli altri: vale a dire, dare e ricevere. Il modo migliore per essere umani, e restare umani: tale è l’atto del donare.
Donare tempo, pietà, amicizia, perdono.
Donare in modo sensato, sì; ma che sia generoso e disinteressato come l’amore di un bambino. Bisogna amare. Amare come un assetato, amare con tutto il fervore di dieci cuori e venti braccia, che ardono ogni momento a vivere, gettandosi ridendo ogni giorno nel fuoco sacro della vita. L’amore della famiglia, l’amore degli amici, l’amore degli sposi, l’amore delle idee, l’amore dell’umanità: amare è ciò che sconfigge la morte. Nell’istante estremo, una sola cosa importa: quanto abbiamo amato. Non ha senso avere paura della morte: è anche lei stessa la vita. E’ come avere paura di nascere, di crescere, di innamorarsi. E, se si ha amato, nell’accezione più ampia del termine, nessun rimpianto ha più senso di esistere.

Chi ama, vive. Indipendentemente dal resto.

Amare per imparare: storie, emozioni, idee, grandi maestri del presente o del passato.
Ciò è indispensabile, poiché è da qui che un cuore è pronto ad innalzarsi. Amando gli altri, si dona l’unica cosa che può sopravvivere in un altro corpo: l’anima.
Ecco perché donare.
Donarsi totalmente, senza affatto annullarsi, ma riconoscendo negli altri la stessa materia che compone la nostra carne e il nostro spirito. Si vive per l’infinito fuori di noi con l’infinito dentro di noi. Non si può ipotecare il futuro, si può solo credere nella forza e nella parte migliore di noi stessi e degli altri. Accrescere la propria anima, evolverla, santificarla, imprimerla, e infine distribuirla.
Farsi e fare del bene, con la propria saggezza, la propria conoscenza, la propria spiritualità, accumulare la passione, la gioia e il dolore e donarli al mondo.
Così, noi crediamo, è joie de vivre.
Così, è comprendere il valore di quei grandi uomini e quelle grandi donne, noti o ignoti, che ci dimostrano ogni giorno il valore e il significato di essere umani.

Non è necessario compiere straordinarie imprese per cambiare il mondo, né tantomeno è giusto misurarsi da sé in ciò che abbiamo o cosa siamo.
Per cambiare il mondo, bisogna cambiare le persone.
E, per cambiare le persone, bisogna partire da se stessi.

Tutto nasce dall’uomo nello specchio.

Bisogna desiderare e venerare la gioia, nostra e altrui. Bisogna essere grandi, ma grandi nello spirito, mai meschini: questa è l’immortalità. Perché l’immortalità non viene misurata dagli storici, ma si guadagna nei cuori e nella mente degli uomini con i quali si ha condiviso la vita, o anche solo una parte di essa; e questo sarà un epitaffio molto più forte e duraturo della pietra.

Amare, è donare.

E donare, è insegnare: poiché non si custodisce qualcosa se non con lo spirito; e la memoria di un gesto generoso sarà la più grande lezione. In tal modo, insegnare ad un uomo è insegnare alla sua famiglia, ai suoi amici, ai suoi figli. Una madre e un padre sono una scuola: istruite loro, e istruirete una generazione. La propria essenza spirituale, custodita e tramandata da chi la ricorderà con affetto, rispetto e gratitudine, passerà da un cuore all’altro, vivendo così nei secoli.
Il volto e il nome verranno dimenticati, gli insegnamenti mai.
La memoria di chi dona, agisce e aiuta non verrà esaltata da liriche e discorsi annuali, ma dalle azioni e dai pensieri di chi vivrà influenzato, anche inconsciamente, dal cuore e dallo spirito di chi gli è passato vicino, lasciandogli qualcosa.
Perché nascondersi o ritirarsi? Una moneta in più può salvare una vita, una parola in più può salvare un’anima.

Così si vive nei secoli: non con l’ambizione, ma con la consapevolezza e la generosità. Imparare, capire, insegnare. Ricevere, imprimere su di sé, donare. Restituire al mondo ciò che si è raccolto, spiritualmente ed emotivamente.

E’ esattamente per questo che noi, nel nostro piccolo, offriamo questa storia con le riflessioni che essa ci ispira: sperando che possa suscitarne altrettante, di miglior pregio, nel lettore. Tuttavia ci sono momenti, il lettore l’avrà notato, nei quali siamo costretti a deporre le armi. Come abbiamo detto, sono moltissimi gli eventi che, nella loro ineffabile, insostenibile e, a volte, terribile intensità, non possiamo né vogliamo descrivere a parole.

Fra questi, a cavallo dell’alba e del tramonto, folgore nell’Alfa e nell’Omega, fra la distruzione e la rinascita, c’è la morte di questa bambina nelle mani di Javert.

Per quanto tempo Javert era rimasto immobile, inginocchiato sul corpicino freddo che teneva fra le braccia? Quale lo stato della sua mente in quei momenti, quali i pensieri, quali le emozioni?

Ecco ciò che siamo impossibilitati, per mancanza di capacità e per rifiuto di volontà, a riportare ora su questa pagina. Tali avvenimenti sono degni di essere rappresentati solo dalle penne più sacre. Abbiamo, inoltre, un enorme rispetto per la riservatezza del cuore umano, e riteniamo esserci dei momenti nei quali mai si dovrebbe penetrare nelle sue profondità più recondite: questo, al quale stiamo assistendo, è uno di quei momenti. Riteniamo che entrare nella testa e nel cuore di Javert, ora, sarebbe niente altro che una violenza nei suoi confronti.

E, in fondo: sarebbe così necessario al lettore?

Cosa ci sarebbe da chiarire, più di quanto non sia già stato espresso?

Il soldato, di fronte alla vittima sanguinante.
L’errore granitico e maestoso, la purezza fragile e dolcissima.
L’innocenza, morta fra le braccia dell’assassino.

Nulla più.
   
 
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