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Autore: RLandH    04/04/2016    2 recensioni
-Si con i titoli faccio schifo -
Raccolte di fanfiction per l'iniziativa proposta da CampMezzosangue dei "100AU"
(Non sono certa di riuscire a scrivere tutte e cento le storie, ma tentar non nuoce)
#32(Frank/Hazel)
#81 (Leo/Calypso)
#87 (Luke/Thalia)
#10(Jason/Piper)
#100 (Nico/Will)
#18 (Travis/Katie)
#11 (Chris/Clarisse)
#42(Reyna/Annabeth)
#5 (Leo/Khione)
#23 (Percy/Annabeth)
#34 (Percy/Reyna)
#33(Luke!Centric)
#28(Leo/Echo)
#90(Michael/Clarisse)
#98(Percy/Rachel)
#19(Jason&Leo)
#65 (Annbeth/Luke!Past)
#77 (Calypso/Lester)
#39 (Harry Potter!AU) (Charlie/Silena)
#15 (Nico/Will)
#38 (Annabeth/PercyPercy/Calypso)
#17 (Percy/Calypso)
#70 Quella spogliarellista ha un aspetto familiare OMG sei tu!AU (Nico&Reyna)
#2 Mi sono infiltrato in casa tua alle due di notte perché ero ubriaco e pensavo fossa casa mia!AU(Leo/Calypso)
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: I sette della Profezia, Quasi tutti
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo(Storia): I Cento Mo(n)di

Titolo Capitolo: Di un ordinario gentiluomo

Prompt: #33 È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo provvisto di un ingente patrimonio debba essere in cerca di moglie!AU (Età Vittoriana!AU)

Personaggi: Luke Castellan, Annabeth Chase, Percy Jackson, Connor e Travis Stolls, Thalia Grace, Katie Gardner, Silena Beugaurd, Clarisse LaRue, Chris Rodriguez, Will Solace, Nico DiAngelo, Hazel Levesque, Ermes, Reyna Avilla Ramirez-Arellano(Citati: Dionisio, Crono, Artemide, Atena, May Castellan, Lacy, Mitchell, Nyssa, Aress; implicitamente: Poseidone, Charlie + un botto di gente, che non ho davvero tenuto il conto)

Paring: Lukabeth, Thalike, Percabeth, Tratie, Luna!oneside ( minori: pernico!oneside, solangelo!implicito, Thalyna!MoltoImplicito, Reyctavian!Forse, Charlena!implicito, Mitchell/nyssa(?) )

Rating: Giallo arancio, forse

Warning: NoCamp!AU(?) VictorianAge!AU, Luke!Centric

Beta: Nessuna

Note: Come sempre vorrei ringraziare Farkas (Lo so avrei dovuto fare la Charlena e prima o poi la pubblicherò)
Allora io dell'Età Vittoriana non ne so nulla se non Emma di Jane Austen e Grandi Speranze di Dickens (In quanto a letteratura). E basta, davvero l'ho scritta in base ad una serie di stereotipi ed ho “creato” un età vittoriana più libertinaTutta questa malizia era praticamente un tabù) specie per come venivano trattate le donne di colore (Perchè diciamolo credo che la visione “crude” della Ragazza del Dipinto, sia comunque troppo buonista, figurariamoci la mia).
Rispetto le altre, la storia non racconta di un sigolo momento, ma è in tutto è per tutto un racconto su uno scapolo che – non – cerca moglie (ho una versione favolistica di questo) in oltre a è molto meno incentrata sul paring poiché il Prompt era davvero libero, che alla fine è uscita un racconto breve su uno pseudo Luke Vittoriano e non lo so. All'inizio doveva solo essere Lukebeth, ma poi la Thalike che era in me ha preso in sopravvento e si è venuto a creare questo strambo triangolo, ma senza Percy mi sembrava incompleto, così c'è finita la Percabeth, che ha portato la Pernico e la Solangelo ed un certo punto mi sembrava di scar scrivendo una storia in Epoca Vittoriana vera e propria e allora mi sono fermata. Riguardo la sciarada finale (si ho provato a scrivere una sciarada, si ho fatto schifo: ho messo la soluzione nella stessa sciarada non mettendo in corsivo determinate cose – ho inserito la sciarada perché Emma fa sempre sciarade).
Annabeth ama la cultura italiana perché si ed è molto meno classicista che nei libri, perché l'epoca vittoriana era di estremo progresso ed Annabeth la vedevo molto buona come “illuminista” e poi non lo so è solo un insieme di cose a caso buttate lì per far scena e far andare avanti una pseudo trama.
Eh ciao.

 

Buona Lettura,

RlandH

 

ps- Sempre grazie a CampMezzosangue ed i loro prompt.




 

 

 

 

              Di un ordinario gentiluomo

 

 

La verità era che Luke odiava le campagne con ogni fibra del suo essere. Doveva ammettere di trovare un certo piacere nell'aprire la finestra la mattina ed osservare il verde e giallo dei campi e rimirare la tenuta dove si era ritrovato a vivere, ammetteva anche che era un piacere chiudere gli occhi la notte, senza udire il rumore macchinoso della città.

Londra era un mostro di ferro e fumo che non dormiva mai.

E a Luke mancava orribilmente, quasi quanto gli mancava la sua bella madre, dagli occhi folli, che non capiva, che non ricordava, che suo padre aveva fatto chiudere in un sanatorio, quando Luke aveva solo tredici anni.

Quello aveva spezzato tutti i rapporti con suo padre, per una decina d'anni, aggravata la cosa, dal matrimonio dell'uomo con la vedova Stoll.

Quando Ermes però si era ritrovato malato a letto, aveva mandato i suoi figliastri a prenderlo a Londra, perchè potessero ricongiungersi.

Luke non ne aveva voluto sapere da principio, ancorato alla sua piccola casa, al lavoro d'ufficio, confinato in una vita che sembrava all'apparenza senza grandi speranza.

Ma lui ed il Signor Crono ne avevano tante.

Ma alla fine aveva ceduto, ricordava il giorno della partenza come un lunedì uggioso, in cui la piogerelle colpiva ogni mattonella ed era stata ritmica sul soffitto della carrozza, per tutto il viaggio.

Ricordava di aver visto Thalia prima dell'alba sorridergli alla luce di una candela. "Guarda che ritorno" gli aveva detto, mentre la osservava nuda come la terra, "Me lo disse anche mio fratello Jason, prima di andare in America" aveva risposto pratica lei, fissandolo con quegli occhi azzurri, da ricordare fulmini in una notte tempestosa.

Jason non era mai tornato. E Luke aveva capito l'antifona: io non ti aspetterò.

Forse amava di Thalia che fosse una donna così intraprendente e solitaria.

 

 

Anche lui non era tornato, la malattia di suo padre s'era protratta a lungo ed i suoi fratellastri l'avevano supplicato - spinto all'esasperazione, sarebbe stato corretto dire - di occuparsi delle finanze della casa. I Castellan erano una famiglia piuttosto benestante nella campagna, mancavano però di un titolo nobiliare, qualcosa che sembrava in maniera ossessiva turbare suo padre, prigioniero sotto libbre di cotone e lana pregiata.

"Siamo stati invitati" aveva cominciato Connor con il sorriso malandrino, "Ad una festa" aveva terminato Trevis sorridente in maniera univoca. "Il baronetto Jackson che l'ha da, per celebrare il ritorno di suo figlio dalle Indie" aveva canticchiato Connor, il minore, zazzera di capelli castani e farsetto sempre spiegazzato, "Ci sarà anche Lady Katie Gardner" aveva aggiunto Travis, il maggiore, lisciandosi le mani sul panciotto a cui mancava un bottone. Luke aveva sentito nei mesi trascorsi parlare sommessamente nei corridoi di tale bella e nobilissima fanciulla, di natali invidiabile, unica erede di una fabbrica nella città londinese; aveva comunque conosciuto Travis tanto da sapere che il patrimonio della fanciulla fosse qualcosa di davvero poco interessante, era un ragazzo fin troppo sopra le righe per lasciarsi contagiare da qualcosa di così mero come il denaro.

"E quindi?" aveva chiesto lui annoiato, continuando a buttare gli occhi sulle ultime fatture, "Vorremo andare" aveva piagnucolato l'altro, entrambi lo guardavano con occhi azzurri - diversi da quelli di Thalia - "Andate" aveva risposto mogio Luke, chiedendosi perchè mai si fossero scomodati a chiedere il permesso, erano due scapestrati, che non rispondevano alle regole di nessuno. "Vorremo che venissi con noi, Luke" aveva risposto pronto Connor, con un sorriso lezioso sul viso, "No" aveva risposto secco lui. 

Quando aveva abitato a Londra Luke non aveva disdegnato le feste private, era una cultura diversa, c'erano delle pretese diverse. La campagne funzionava in maniera diversa, meno meccanica, più sentimentalismi e sviolinate, "No" aveva ripetuto nuovamente, con assoluta fermezza, con un tono di ferro e brivido.

 

 

"Vorrei che tu andassi alla festa" aveva sussurrato suo padre, era ancora avvolto sotto un bitorzolo di coperte, rosso in viso e sudato, scosso ancora dalle febbri. "No" aveva risposto Luke, sollevando gli occhi dal giornale che stava leggendo, mentre se ne stava sulla poltrona accanto al capezzale di suo padre, passava almeno un'ora al giorno con lui, anche se non parlavano mai. Luke odiava anche sentire il suono della sua voce, ma non riusciva ad essere così brutale e cattivo con un uomo malato. "Sei giovane e sei ricco" aveva cominciato suo padre a fatica, "E devo sposarmi, si lo so" aveva scialacquato lui. Le regole dell'etichetta che volevano che un uomo con un certo patrimonio si maritasse alla svelta con una buona donna di famiglia rispettabile, se poi avesse trovato anche una con un cognome nobiliare, tanto meglio. Connor e Travis erano liberi da quell'onore, nonostante fossero cresciuti nella tenuta dei Castellan, erano possessori del patrimonio del loro defunto padre e presto o tardi avrebbero lasciato tutto, casa, terre e soldi, sulle spalle di Luke, per essere liberi come volevano loro.

Avrebbero girovagato il mondo, forse sarebbero andati anche nelle Indie. Luke aveva sempre sentito parlare di quella terra nel sollevante, resoconti e racconti così carichi di magia da avergli dipinto una terra che non poteva essere vera, in confronto il griugiume della terra inglese.

Luke però di sposarsi non aveva mai avuto voglia, anche quando viveva nel suo appartamento londinese, con la carta da parati con i fiori che cedeva ed il letto cigolante, incerto sull'avvenire ma pieno di sogni. Thalia nuda tra le coperte che rideva, con i capelli sciolti sulle spalle, "Dovresti sistemarti Luke, lo sai" aveva aggiunto masticando tabacco, "Con qualche giovane donna, con una dota discreta" aveva berciato poi, Luke le aveva dato un bacio sulle labbra, con un certo vigore, "Io non mi sposerò mai" aveva stabilito.

Non avrebbe sposato neanche Thalia, di cui non sapeva neanche se aveva un patrimonio, non che a lei importasse di essere sposata o meno, viveva come governate da Lady Artemide, una ricca ereditiera con la passione della caccia, che aveva una casa di discrete dimensione nella parte sud di Londra. Si erano conosciuti ad una festa, dove il Signor Crono, l'uomo per cui lavorava all'ora lui, con cui avevano fatto grandi progetti.

Il Baronetto Jackson aveva quattro figli, tre maschi ed una femmina. La festa era di ben tornato per l'ufficiale dell'arma britannica, con indosso l'uniforme rossa, sulle spalle larghe ed i capelli scuri, occhi verdi scintillanti come smeraldi, Perseus Jackson, il terzogenito. La festa era una cacofonia di frasi fatte, musica d'archetti e perfette galanterie, un esibizionismo finto ed un desiderio morboso d'arcaismo, mentre il mondo - e l'Inghilterra che in quegli anni ne sembrava capitale, come una moderna Roma, ai tempi dell'impero - correvano con vigore verso il futuro. Luke aveva visto Travis scomparire sul balcone esterno con una giovinetta dai capelli scuri come il caffè, con un corsetto cipria con dorati ricami floreali, la famosa Lady Gardner, che quella sera si era presentata con sua cugina.

Connor era rimasto fastidiosamente appiccicato a lui, invece, per seguire le direttive di suo padre, ammalato ed ancora orribilmente fastidioso, perché gli propinasse una buona futura moglie.

Alla fine della serata, Luke aveva ballato con la cugina di  Lady Katie, con una splendida fanciulla dai capelli neri e gli occhi chiari, che era arrossita ad ogni suo complimento ed un'altra mezza dozzina di giovani promettenti.

"Silena è ricca, piuttosto bella e sua madre ha messo al mondo un bel po' di bambini" aveva scherzato Connor con un sorriso allegro, riferendosi ad una di quelle donzelle con cui aveva danzato, ma non ricordava chi fosse tra le tante. Poi l'aveva notata, al di là della sala, con una tartina tra le dita ed una corona di capelli biondi, sistemati in riccioli, vestita di un rosso profondo, che le fasciava con un abito, che non poteva appartenere alle campagne, aveva occhi grigi, seri ed intriganti.

Era stato guidato la lei come una falena alla luce, mentre osservava il profilo delicato di una madonna degna di un quadro, con le dita sottile ed una risata appena trattenuta, da un qualche commento che il giovane Perseus Jackson doveva averla fatta. Dietro il portamento di donna precisa e moderata, Luke spiava un'animosità e fanciullezza che rinfrescavano nella sua memoria qualcosa di sopito, di famigliare. Era come guardare un dipinto che s'era osservato a lungo, rendersi conto di non averlo mai guardato per davvero.

Era così incantevole, da attirare chiunque. Quando s'era accorto del suo viso, aveva abbozzato un sorriso e s'era congedata dall'ufficiale con maestra, dirigendosi appena verso di lui, con morigeratezza, come ad invitare lui a terminare gli ultimi piedi che gli tenevano distanti e lui s'era lasciato incantare.

"Luke Castellan" aveva detto con una certa sicurezza, la giovane aveva un viso tondo, la labbra carnose ed era alta, l'incarnato non era perlaceo o coperto di polvere, come era usanza per le nobil donne, ma sembrava baciata dal sole. "Me lo ricordo" aveva risposto lei, con onestà, sollevando le spalle, "Una volta vivevi qui" aveva aggiunto lei, con accondiscendenza, ricordando a Luke i brevi frammenti della sua infanzia, quando sua madre sembrava ancora così sana, in cui lui era un bambino dalle ginocchia sbucciate, amante delle cavalcate e Londra non era che una chimera in arrivabile. "Non mi riconosci?" aveva chiesto giustamente lei, davanti il viso esangue e confuso che Luke sapeva di star mostrando, "Sono Annabeth Chase" aveva risposto lei, "La figlia del pastore" si era lasciato sfuggire Luke, consapevole, ricordando la bambina che non ne voleva sapere di portare fiocchi tra i capelli e comporre delle sciarade. 

Bellina, con i capelli biondo lucenti, sette anni più giovane di lui.

"Annie Bell, come ti chiamava sempre il Signor D" aveva aggiunto poi, ricordando l'eccentrico ricco, che aveva visto tanti luoghi e mai si stufava di viaggiare, con una moglie fin troppo bella e giovane per lui, che veniva dall'oriente. "Il signor D sbagliava sempre i nomi" aveva sussurrato Annabeth con una mezza risata, mentre lo guardava con quegli occhi grigi, che da bambina non erano mai stati così interessanti.  

Luke le aveva dato ragione, alla fine.

"Il signorino Travis si è offerto di riaccompagnare le signorine Gardner" aveva detto Halcyon, il loro valletto mentre apriva l'imposta della carrozza, Connor aveva riso, con le gote arrossate dall'ebrezza dell'alcool, "Luke, la signorina Silena vi sta guardando" aveva strillato con troppo ardore suo fratello, indicando senza vergogna, una delle carrozze che lasciavano la tenuta, Luke imbarazzato aveva seguito la direzione per intrecciare il viso pallido di una delle sue dame da ballo, quella dagli occhi chiari che arrossiva spesso. Aveva rivolto verso di loro un sorriso enigmatico, mentre un giovane di colore l'aiutava a salire nella carrozza. Scomparsa alla sua vista, Luke aveva intravisto Annabeth, che indossava una mantella nera, sopra l'abito rosso, venire baciata sulle dita da Perceus Jackson, imbarazzato e sciocco. "Oh no! Luke, no! Annie è ..." aveva aggiunto, rosso sul viso, Connor, ma non aveva concluso il suo discorso, perchè era scivolato sulla carrozza preso dal sonno e dall'alcool. Luke aveva mosso il capo, di cosa fosse Annie non ne aveva saputo per quella sera.

 

“Silena vuole invitarci per un brunch” aveva interrotto il silenzio di una cena, accompagnato dal rumore delle posate e dei ghigni dei suoi fratelli, che si scambiavano occhiatacce smaliziate. Luke come sempre aveva preso l'abitudine di ignorarli, ancora pensiero per una lettera che aveva ricevuto quel giorno, nel primo pomeriggio, da parte di Londra, Thalia le aveva trovato una giovane donna interessata ad affittare l'appartamento in cui Luke aveva abitato. Non era un appartamento grande, ma era stato il suo piccolo punto di partenza … partenza tragicamente finita nell'essere ritorno nella sua casa paterna, che quando a tredici anni aveva lasciato per andare al collegio, si era ripromesso che non sarebbe mai più tornato. Era rimasto anche un po' scosso dalle parole fredde di Thalia, avrebbe voluto sentire più intimità in quella lettera, che lasciando intendere che non fossero stati loro solo due conoscenti. Si erano amati.
“Va bene” aveva risposto piatto lui; Connor e Travis erano ancora piuttosto presi dall'idea di combinargli un buon matrimonio, per assicurarsi non fosse il loro destino. “Oggi mi è arrivata una lettera di Christopher” aveva rallegrato la conversazione il loro padre, che quella serata era riuscito a sollevarsi dal letto, per aver potuto cenare in compagnia, aveva un sorriso rilassato sulle labbra. Chris era il figlio naturale del loro padre, un fratello che Luke aveva sempre molto apprezzato, nonostante i suoi naturali non certamente alti, l'aveva incrociato a Londra, che si era bellamente sistemato con una donna dal temperamento duro, che amava scommettere su qualsiasi cosa e fumava come una ciminiera. “Comunica che si sposerà la prossima primavera” aveva aggiunto il loro padre, toccandosi il volto accaldato, “Oh! Chris si sposa!” aveva squillato Travis, “Dovremmo andarlo a trovare!” aveva commentato tutto allegro, “O far venire loro” aveva ribattuto Connor.
Luke aveva immaginato Clarisse, con la camicia da uomo, che gestiva che lavorava nell'acciaieria del padre, in quell'ambiente che sembrava così favolistico, con le feste ed i pettegolezzi, un mondo che difficilmente avrebbe trovato conoscono, così come Chris d'altronde. “E presto anche Travis si sposerà” aveva sghignazzato Connor, guadagnato una gomitata dal fratello, con un espressione piuttosto risentita, “Oh” aveva mormorato il loro padre, di sicuro aveva già immaginato che sarebbe stato Luke quello che si sarebbe sistemato, anche perché era lui il figlio di sangue. “Lady Katie Gardner, immagino” aveva sussurrato Luke con un tono piuttosto vacuo, ricordando la ragazza con cui il suo fratellastro era fuggito la sera della festa, da allora Luke aveva notato che era capitato spesso che le passeggiate di Travis finissero per intrattenersi nella tenuta dei Gardner, con lunghi via vai tra i vigneti e gli orti.
“E tu, figliolo … la signorina Selina?” aveva chiesto suo padre, senza dire poi molto, “Silena” lo aveva corretto lui con un sorriso un po' tirato e le spalle rigide, per nulla a suo aggio di avere suo padre con il naso infilato nelle sue faccende amorose – o meglio matrimoniali. “E' una ragazza graziosa” aveva aggiunto poi, non era come che Silena avesse scritto lettere o qualsiasi altra cosa, si era solo limitata a sorridere imbarazzata quando si erano incrociati.
Di contatti c'erano stati invece con Annabeth, sporadici e divertenti, la ragazza si era seduta non lontana da lui durante la messa la scorsa domenica, ed avevano passeggiato assieme – con un corteo per assicurarsi non ci fossero azioni sconveniente – per le campagne. Annabeth amava la sciarada e lo aveva sfidato, così era cominciata una fitta corrispondenza di giochi linguistici che si erano scambiati, aveva sedici anni ed una mente incredibilmente alacre. Luke stava aspettando la sua corrispondenza giornaliera, quando aveva ricevuto la lettera di Thalia.
“Quando c'è questo brunch?” aveva chiesto poi ai suoi fratelli, che subito avevano sorriso malandrini.

 

La casa di Silena non era di modeste dimensione e lei indossava un abito pieno di fiocchi e merletti, che la faceva apparire più nobile della regina stessa, i capelli scuri raccolti sul retro del capo ed un sorriso luccicante, occhi così blu da sembrare violetti, si era fatta piuttosto audace nell'arpionarsi al suo braccio. “Dimmi, sir Castellan” aveva cominciato con un tono zuccheroso, “Avete un ritratto?” aveva chiesto poi, e Luke aveva trovato quella domanda estremamente scomoda,, “No” aveva ammesso lui con un certo imbarazzo, “Dovreste rimediare” lo aveva bonariamente canzonato Luke.
Erano stati guidati – lui ed i suoi fratelli – da Silena nella sala da pranzo principale, dove erano stati accolti dal suono di un violino, con una precisione fin troppo meccanica, ma ugualmente piacevole, allora Luke aveva scorto Annabeth Chase, muovere con una precisione maniacale l'arco, stridente sopra le corde, terminando la sinfonia proprio nel loro ingresso, “Oh! Lo risuoni!” aveva scherzato Connor, supplichevole, “Pagagnini non ripete*” aveva risposto impudente la bionda, con un sorriso radioso sulle labbra. Annabeth aveva abbandonato il violino e l'archetto ad un ragazzo dai capelli scuri, mentre si era diretta verso di loro, per salutarli, Luke le aveva baciato le dita, con estrema galanteria, i suoi fratelli s'erano fatti decisamente più sfacciati, nell'abbracciare la giovincella.
“Posso presentarti gli altri ospiti” cinguetta Silena, mentre gli direziona verso di loro i ragazzi sistemati sui divanetti nel salotto, mentre lo conduceva a sedersi vicino un ragazzo dall'espressione cupa, sistemato ad una bella ragazzina dai tratti del viso esotico, un incarnato molto più scuro di quanto fosse socialmente consentito, ma Luke a Londra ne aveva viste di donne di quel colore, qualcuna originaria delle indie, altre dall'Africa stessa. “Annabeth la conoscete già, questo giovincello qui è il signorino Nico DiAngelo, lui è antropologo” aveva aggiunto Silena, spettinando i capelli del ragazzo, che non ne era stato molto contento, “Archeologo” aveva commentato con una voce bassa, “Vive nelle Indie” aveva aggiunto la ragazza, Luke aveva osservato il ragazzo, era pallido come un morto, con il crine scuro a coprire gli occhi, disordinato, indossava un abito pregiato e pesante che sembrava andargli decisamente più grande, “E come sei finito qui?” aveva chiesto Luke, chiedendosi chi potesse passare dalla luminosa ed esotica india all'uggiosa campagna inglese. “Il Baronetto Jackson, ovviamente” aveva squillato Silena, ammiccando al ragazzo che occupava il posto vicino ad Annabeth, capelli neri e sorriso placido, “Ci siamo conosciuti nelle Indie ed ho invitato Nico a venire con me” aveva aggiunto quello. L'ultima invitata era Hazel, la figlia naturale del padre di Nico, capelli bronzee ed incarnato scuro, graziosa ed esotica. “Lui è il Signor Castellan” aveva aggiunto Silena, passandogli le mani sulle spalle, “I l fratellastro di Connor e Travis” aveva squillato, ammiccando ai due con il sorriso elfico, “Lady Katie?” aveva chiesto il maggiore a Silena, sotto voce, “Arriverà con William Solace da Glasgow” aveva soffiato la ragazza.
 

“Quindi scavi buche nel deserto?” aveva chiesto Luke stranamente interessato, di una carriera così avventuriera, al ché il ragazzo aveva annuito, “Nico, scrive libri d'avventura” aveva mormorato Annabeth, mentre passeggiavano assieme. Silena teneva il braccio di Luke, posata, Annabeth si lasciava guidare da Nico, ma era ella ad avere il governo. Nico era al loro fianco, sostenendo sua sorella, che silenziosa guardava il sentiero. Connor e Will parlottavano davanti a loro, solo ogni tanto il giovane da Glascow volgeva lo sguardo verso di loro, aveva capelli biondi ed un aspetto fresco, Travis e Katie si erano defilati non appena si erano incontrati , Luke gli aveva visti bisticciare allontanandosi. “Oh!” aveva esclamato interessato, c'era stato un tempo che aveva divorato libri come pane, mentre viveva nel collegio, ma aveva lasciato i romanzi, le avventure in favore della vita e degli affari, da che era tornato in campagna l'unica lettura dilettevole erano stati la sciarada che si scambiava con Annabeth, “Vorrei leggerlo” aveva aggiunto lui, “Appena avrò modo di tradurlo” aveva scherzato la ragazza dai capelli biondi, strizzando gli occhi verso di lui.
Nico era italiano ed Annabeth aveva una passione per quella terra, per la loro musica, per la loro arte, la loro lingua e soprattutto la loro architettura, “Destino vuole che alle donne non sia dato di poter proseguire questi studi” aveva ammesso con un tono piatto lei, passandosi le mani tra i capelli. Silena aveva riso con una certa freddezza, per sopperire all'imbarazzo che Annabeth aveva creato in quella circostanza, ma Luke era stato catturato da quelle parole, “Vogliamo giocare a Croquet?” aveva proposto la padrona di casa, con un sorriso energico sul viso.
La partita a croquet si era rivelata fallimentare … per Percy Jackson, ma Annabeth Chase si era mostrata una giocatrice davvero brillante, “Sarei stata di sicuro più brava con un fenicottero” aveva bisbigliato lei, mentre muoveva la mazza come un ombrellino, posata sulla spalla e la tracotanza dipinta nel viso, nessuna delle fanciulle presenti poteva essere più bella.
“Non l'ho metto in dubbio, Alice” l'aveva canzonata lui, mentre osservava distrattamente Silena insegnare ad Hazel il movimento migliore da compiere, era lodevole non vedere imbarazzo e disgusto in quella ragazza verso la straniera, Percy invece intratteneva Connor e Will in un discorso piuttosto divertente, Nico era immobile al fianco con le spalle rigide, di tanto in tanto spiava il più chiacchierone dei tre, con un rossore sulle gote.
“Lo guarda come un innamorato” aveva sussurro Annabeth con un tono leggermente intristito, “Come?” aveva risposto Luke confuso, “Nulla” era stata la spenta risposta della ragazza, mentre spostava la mazza per utilizzarla simil ad un bastone da passeggio. “Voi siete interessata a lui?” aveva domandato lui forse un po' troppo a bruciapelo, “A Nico? Non credo di esser nei suoi interessi” aveva risposto pratica Annabeth, “A Percy?” aveva precisato lui, la ragazza aveva per un attimo abbassato lo sguardo, “A che pro?” era stata la sua risposta poi.
E Luke non l'aveva capita.

 

“La sera della festa dai baroni, hai detto che Annabeth non andava bene” aveva commentato Luke, afferrando suo fratello per un braccio e portandolo lontano da Nico e Will; il biondo stava sommergendo l'altro di domande a proposito del suo lavoro, Parti spesso? Quando al prossimo viaggio? La cosa più strana che hai trovato? Domande affamate e Nico palesava la sua verogna con rossori continui sul viso. “Oh per la sua misera dota, la sua matrigna si occupata che il patrimonio fosse spartito tra i suoi figli naturali ed alla figliastra non capitasse che poche proprietà” aveva risposto chiaramente Connor, pettegolo davvero qualificato, “Per sua fortuna ha un cugino nel Galles, Magnus Chase lo conosci?” aveva domandato il suo fratellastro. Luke l'aveva visto un paio di volte, gli stessi occhi grigi di Annabeth ed i suoi capelli biondo scintillante, era un figlio illegittimo, era stato piuttosto scandaloso quando si era saputo che la sorella del parroco aveva avuto un bambino fuori dal matrimonio, “Il fratello del padre ha lasciato l'eredità al cugino ed Annabeth tutta la sua libreria” aveva spiegato Connor, “Magnus si è offerto di pagare la dote per lei” aveva soffiato, “Lei ha accettato solo per metà, l'altra era un eredità avuta da sua madre” aveva concluso suo fratello. La defunta signora Chase veniva da una famiglia piuttosto benestante, ma aveva avuto molti famigliari con cui spartire il patrimonio, che non stupiva che alla fine ad Annabeth del patrimonio degli Ergane ** non fosse toccato che qualcosa di davvero esiguo.
“Inoltre circolano storie sulla sua virtù, non più così integra” aveva ghignato il suo fratellastro, con un espressione leziosa sul suo viso ed un vero sorriso da gatto del cheshire, “Ah davvero?” aveva chiesto Luke, “Solo pettegolezzi, certamente” aveva precisato Connor.
Lui aveva osservato Annabeth, teneva tra le dita la pallina da croquet ed aveva preso a lanciarla e riprenderla con le mani, con Percy che osservava il movimento quasi ipnotico. “Non vuoi sapere i dettagli più scabrosi” aveva chiesto il suo fratellastro, “No” aveva risposto pragmatico lui, era impudente e sgradevole parlare della grazie di una donna, “Il Chi credo tu possa individuarlo” aveva scherzato quello, gli occhi azzurri smaliziati di chi doveva saperla davvero lunga.
Silena era venuta verso di loro, i capelli avevano ceduto rispetto l'acconciatura che si era fatta per la mattina e la veste si era stropicciata un po', ma continuava a mantenere un aspetto attraente, “Signor Castellan, quanto mi ha fatto piacere averla qui oggi” aveva sussurrato con voce allegra lei, impadronendosi di nuovo del suo braccio. “Ne sono stato piuttosto lieto anche io” aveva mormorato lui di rimando, osservandola attentamente, aveva un naso sottile ed un viso grazioso, “Mi sarebbe piaciuta vederla più spesso ma immagino che con un padre malato lei fosse impegnato” aveva aggiunto lei. Luke aveva annuito dandole ragione, mostrandosi per quello mortificato; Silena era bella, aveva i capelli corvini come quelli di Thalia ed anche gli occhi di azzurro pericolosamente simile, ma in tutto aveva un armonia che non sembrava colpirlo fino in fondo. Era gradevole, era gentile, non aveva pregiudizi di sorta ed una malizia ne perfida ne volgare, ma una ragazza che tollerava e per cui provava a stento un placido piacere fisico poteva essere considerata adatta ed essere una moglie?
Aveva una certa eredità e fianchi da fattrice.
“Ci saranno altre occasioni” aveva fatto notare Luke, “Si, ma sfortunatamente per qualche settimana sarò a York da mio fratello Mitchell” aveva spiegato lei con un tono di voce basso, “York” aveva sussurrato Luke, “Un bel luogo, come mai?” aveva chiesto lui giustamente, “Un lieto evento, il battesimo di mio nipote, Nyssa, la moglie di mio fratello ha preteso che venisse l'intera famiglia” aveva risposto Silena con un sorriso radioso sul volto, davvero contenta di quello. Luke sapeva la giovane avesse un certo numero di fratelli, tra il padre e la madre, l'uomo era sempre stato noto per essere stato un uomo piuttosto anonimo, mentre la donna era piuttosto famosa, era stata un'attrice di teatro di tutto rispetto e sempre molto chiacchierata.

 

Silena era partita da un paio di giorni, quando Annabeth era venuta a trovarlo. Luke era chiuso nello studio di suo padre, perso negli ultimi conti della famiglia e nell'ultima vendita di prodotti agricoli nel mercato più vicino, quando il tutto fare della famiglia era arrivato per avvertirlo che una giovane donna era venuto per riceverlo. La verità era stata che Luke aveva sperato fosse stata Annabeth dal primo momento e mascherare la sua gioia era stato un vero tormento quando l'aveva trovata all'ingresso, con le mani congiunte all'altezza del linguine, conversare placidamente con Travis.
“Lady Katerina dice molte cattiverie su di voi” stava dicendo Annabeth con un sorriso dolce sul viso, “Ma il fatto che le dica così spesso, mi fa pensare abbiate fatto molto colpo su di lei” aveva aggiunto poi, mentre Travis rideva d'imbarazzo. Luke si era lisciato le mani sul panciotto, che aveva infilato di fretta e di furia, l'unico capo d'abbigliamento che avesse indossato, di un colore perlaceo con bottoni di legno lucido, per il resto aveva un aspetto trasandato e piuttosto domestico. “Annabeth!” aveva esclamato, mentre raccoglieva le mani della ragazza per baciarli le nocche coperte dai guanti, “Luke!” aveva risposto lei, accogliendolo con un sorriso luminoso.
La ragazza aveva preferito vagabondare per il giardino esterno, anziché visitare l'interno della casa, “Voglio vederla bene prima dall'esterno” aveva risposto pratica lei, con lo sguardo curioso, occhi vispi e piuttosto belli, “Poi vedrò tutto l'interno, ogni stanza, anche la più scabrosa!” aveva ridacchiato e Luke non era riuscito a scacciare dalla sua mente ciò che aveva detto Connor a proposito della non più integra virtù della giovane. “Posso essere sfacciata?” aveva chiesto lei, mentre studiava con novizia tutti i balconi e le imposte, particolarmente interessata agli architravi e gli archi, “Dovete anche chiedere il permesso?” aveva risposto di rimando lui, “La cicatrice” aveva replicato lei, ammiccando alla deturpazione sulla guancia di Luke. Le ferite spesso influivano malamente sull'aspetto di una persona, ma stranamente il suo sfregio non aveva rovinato l'armonia del suo viso, molte donne ne erano state parzialmente interessate.
Thalia no, l'aveva baciata, ma non aveva mai neanche per un istante direzionato i suoi occhi in quella direzione, era stato Luke a raccontarle la storia, dopo essere stato dentro di lei. “Non mi interessano le cicatrici” aveva soffiato con una voce piuttosto morbida, “Ne ho tante anche io” aveva soffiato, passandosi una mano sull'addome, “Solo che non si possono vedere” aveva ridacchiato e Luke l'aveva baciata lì dove si era toccata, sulla pelle piena di lentiggini ed in ogni altro lembo di pelle, per accertarsi di scoprire tutto di quel meraviglioso corpo. “Una brutta rissa in collegio, assolutamente banale” aveva risposto pratico, non era del tutto vero, Annabeth aveva annuito, “Farò finta di crederti” aveva replicato lei, “Come?” era perplesso lui, “Con te, nulla è banale, Luke, era così da quando eravamo bambini” aveva replicato lei con una risata.
Lui ed Annabeth non erano stati proprio bambini insieme, quando lui aveva dodici anni, lei ne aveva cinque, ma era certamente la ragazzina più vivace e capace che avesse mai conosciuto, “Lo stesso si può dire di te” aveva sentito il bisogno di mettere in chiaro lui, facendola ridere.

 

Aveva mostrato alla ragazza anche l'interno della tenuta, evitando le camere da letto, sarebbe stato tremendamente inadatto ed Annebeth era stata rapita da ogni angolo della casa e Luke si era stranamente sentito orgoglioso. “Mi chiedo però a cosa, sia dovuta questa tua visita” aveva sussurrato lui, mentre si accomodavano nel soggiorno, aveva vetrate ampie che davano sui campi, “Si, si” aveva risposto lei veloce, mentre una cameriera serviva del tè, “Volevo chiederti di accompagnarmi a Londra” aveva risposto Annabeth pratica, “So che ci avete vissuto e che probabilmente la conoscete meglio di chiunque altro in questa zona” aveva risposto lei poi, posando la tazza di tè su un tavolino basso. Luke aveva annuito, sorseggiando il suo, era bollente e gli aveva quasi cotto le labbra e la lingua, “Certo, certo” aveva risposto poi, sentendo il palato impiastricciano dall'aroma di rosa, “Ma perché mi chiedo” aveva aggiunto poi.
“Sarà riprodotta un'operetta che avrei tanto piacere di vedere” aveva spiegato lei con un sorriso raggiante sul viso, battendo le mani appena. Luke le aveva sorriso, annuendo, “Perchè no, infondo” aveva risposto poi, “Speriamo di poterci andare in treno!” aveva aggiunto lei, con un tono incredibilmente leggiadro, “Ho sempre voluto prenderne uno” aveva terminato poi, sorrideva radiosa, così bella da sembrare una di quelle gran dame dei quadri.
“Ora devo proprio andare, che ho promesso ad Hazel di farmi ritrarre” aveva detto, poi per combinazione, quella, mentre recuperava il suo cappello, fiorato, sistemandolo sul crine luminoso, con un espressione un po' esasperato, “La signorina DiAngelo, dipinge?” aveva chiesto lui, “Oh! Non chiamarla così, lei lo trova molto scomodo” l'aveva rimproverato Annabeth, con le mani sui fianchi, non erano molto grandi, rispetto ad altre donne, come lei era anche molto più alta in confronto a tante altre, “Si, comunque, ed è anche molto brava, coglie l'arte in tutto” aveva aggiunto poi.

 

Il mezzobusto di Annabeth svettava su un corridoio non lontano dal suo ingresso, il viso non era una riproduzione perfetta della ragazza, ma era un imitazione molto convincente e di certo la pittrice aveva riprodotto con una minuzia non indifferente il grigiore del cielo plumbeo che si rifletteva nelle iridi dell'Annabeth in carne d'ossa. “Davvero brava” aveva risposto Luke, mentre osservava la giovane, con un soprabito scuro, farsi avanti, ticchettante, mentre uno dei suoi fratelli spostava una valigia, “Oh si!” aveva risposto Annabeth, “Dovresti vedere come ha dipinto Nico” aveva aggiunto poi, “Una bellezza degna d'un serafino” aveva scherzato raggiante. “Dovresti farti ritrarre anche tu, Silena ne sarebbe contenta” aveva spiegato pratica Annabeth, mentre un servo prendeva il bagaglio di Annabeth dalle mani del fratello per caricarlo nella carrozza di Luke, che gli avrebbe portati alla stazione più vicina, Luke detestava viaggiare in treno, ma la ragazza ne aveva espresso un certo desiderio.
Hazel li aspettava vicino la carrozza del ragazzo, indossava un vestito scuro, molto semplice, con i capelli crespi acconciati in una treccia, da quello che aveva capito Luke, la giovane donna viveva con Annabeth, vivendo sul placido confine di ospite a dama, non sembrava che quel ruolo subalterno innervosisse Hazel, probabilmente il colore della sua pelle l'aveva preparata ad essere spesso oggetto di dissensi. “Verrà anche lei a londra?” aveva chiesto Luke, non che questo lo impensierisse, “Si, già che era in inghilterra, perché non vedere Londra?” aveva ribattuto la bionda, “Questo ha spinto Nico a voler venire anche lui” aveva aggiunto, “E Will lo accompagnerà” aveva squittito, prima di rivelargli che durante una cavalcata di Percy e Nico, quest'ultimo avesse avuto una brutta caduta da cavallo, rischiando una storta e che era stato William, aspirante dottore, a soccorrerlo e da quel momento era divenuto l'ombra del giovane scrittore. “E loro dove sono?” aveva chiesto perplesso Luke, “Sono partiti ore fa in carrozza” aveva spiegato pratica Annabeth.”
“E Percy?” aveva chiesto lui, “Percy è a Londra da giorni, ormai” aveva risposto evasiva Annabeth.
“Quante probabilità ci sono che l'Operetta non fosse il motivo principale della vostra partenza?”; Annabeth l'aveva saggiamente ignorato.

 

Londra era chiassosa e grigia, un essere meccanico e di mattoncini, che si erigeva in colonne di fumo e smog. Hazel ne era rimasta in qualche modo intimorita, ma anche stupita, ma Annabeth ne era stata rapita quasi fosse stata corteggiata dal principe in persona, “Che meraviglia!” aveva detto con voce squillante. “Ultimamente si è riscoperto un gusto neogotico” aveva commentato, prendendolo a bracciato, “Ammetto di aver sempre preferito lo stile classico e rinascimentale” aveva aggiunto, “Ma sarebbe quanto mai sciocco, pretendere che l'architettura rimanga ferma, mentre il mondo scorre” aveva una voce piuttosto leggera ed anche se aveva cominciato un intensa ic sul fatto che il neo gotico fosse comunque un richiamo al passato, mentre le correnti artistiche si facevano sempre più audaci ed innovative e di quanto egli sognasse qualcosa di nuovo anche dal punto di vista architetturale, poteva ammettere che il nuovo gotico si mostrava come qualcosa di interessante. “Annebeth hai il dono di far sentire stupide le persone” aveva detto Luke, mentre aiutava il suo servitore a prendere le loro valigie. Annabeth ed Hazel avrebbe alloggiato in una locanda, la stessa in cui erano sistemati Nico e Will, da che aveva capito Luke, lui sarebbe stato da suo fratello Christopher, che si era offerto senza problemi di ospitarlo, ricordandogli però che la sua dimora non era di certo come quella dove viveva lui e Luke gli aveva ricordato come quando avesse vissuto a Londra avesse abitato in un appartamento piuttosto modesto.
La ragazza dai capelli biondi aveva sospirato, “Caso mai ignoranti” aveva mormorato lei con un sorriso del cheshire sulle labbra, “Dubito tu possa mai essere stupido” aveva precisato poi. “Nico ed il signor William!” gli aveva interrotti Hazel, ammiccando proprio ai ragazzi che erano fuori la stazione, Nico indossava una bombetta nera, un cappotto scuro ed una pipa tra le labbra, aveva la schiena posata su una carrozza, Will era vestito come un signorino per bene, con tanto di fazzoletto nel taschino, aveva alzato una mano per salutarle.
“Allora Nico! Londra come ti sembra?” aveva chiesto Annabeth, mentre il servitore sistemava i bagagli delle due giovani e Luke il suo, “Uggiosa e grigia” era stata l'apatica risposta del ragazzo, “Perfetta dunque” l'aveva canzonato sua sorella, facendolo ridacchiare. Annabeth aveva osservato lo scambio di battute dei due con un certo divertimenti, “Però è stata incredibilmente creativa, no?” aveva chiesto William con un tono piuttosto divertito, umettandosi le labbra. La bionda aveva guardato Nico con un certo interesse, gli occhi grigi illuminati dalla curiosità, “Hai scritto?” aveva domandato tutta contenta, “Oh Londra deve fare proprio miracoli” aveva scherzato Hazel sbattendo le ciglia e ridacchiando, l'interpellato aveva guardato la strada sotto i suoi piedi con un certo senso di disagio, mentre il biondo gli aveva battuto un colpetto a palmo aperto sulle spalle.
Annabeth aveva riso ancora, “Non vedo l'ora di avere le tue nuove pagine” aveva bisbigliato lei con sfacciataggine, “Devi prima finire l'ultimo libro” aveva ribattuto Nico, rosso in viso, per l'imbarazzo, teneramente imbranato. La ragazza aveva mosso le spalle, “Se non sciorinassi così tante subordinate tradurrei con molta meno fatica” aveva soffiato lei, prima di allontanarsi per raggiungere Luke. Lui si era tenuto in disparte da tutto quelle risatine.
Will si era voltato verso Nico, con ancora una mano nel centro della sua schiena, “Io proprio non capisco perché non scrivi direttamente in inglese, lo sai parlare molto bene” aveva commentato con un certo divertimento, facendo ingobbire Nico per l'imbarazzo, “Che vuoi che ti dica è lingua troppo intensiva” aveva spiegato quello, “Poi a quanto pare sono piuttosto rudimentale nella scrittura, per questo ho convinto Annabeth a tradurre al mio posto” aveva ammesso al limite dell'imbarazzo, ma Luke aveva già perso interesse in loro, per la giovane che gli si era affiancata.
“Aveva avuto un blocco nella scrittura?” aveva inquisito lui, mentre osservava Annabeth, aggiustarsi i guanti di velluto sul polso, sotto la mantella nera come la fuliggine, si intravedeva una gonna di un uno scuro bordeaux, il cui orlo si era sottilmente rovinato, sfilacciandosi, “Londra è stata una buona musa” aveva replicato lei posata. “Forse non è stata Londra” aveva fatto notare lui, mentre osservava Will aver spostato la mano dal centro della schiena di Nico, per sistemarla sulla sua spalla, in un intimo gesto d'affetto; erano ambe due più piccoli di Luke di qualche anno, ma avevano avuto avventure di quanto lui avesse mai fatto – e mai avrebbe fatto. “Hai buon occhio” aveva risposto la bionda, vorrei lo avessi anche tu, era stato il fulmineo pensiero di Luke, così improvviso ed improprio d'aver stupito perfino lui, aveva seppellito il pensiero nella parte più profonda di lui, sentendosi poi in colpa per quello. “Ti andrebbe Luke, di passeggiare, anziché andare in carrozza?” aveva chiesto poi a sorpresa lei, recuperando dal suo bagaglio l'ombrello, non aveva ancora piovuto quel giorno ma nuvole scure imperavano sul cielo, nulla di nuovo in quella rocambolesca città. Luke aveva guardato il cielo, pensato per un momento che quel colore ricordasse terribilmente le iridi della ragazza che era al suo fianco. Annabeth stava sistemando un ciuffo fastidioso di capelli biondi che scivolava sul viso, era ben lontano il meriggio da finire e loro avevano pranzato in treno, era una giornata uggiosa si, ma non sembrava male l'idea di passeggiare, “Ma non sei stanca?” aveva chiesto però legittimo. Lei aveva mosso il capo, scuotendo i capelli biondi mossi, che quel giorno d'esser costretti in una capigliatura non ne avevano interesse, “La notte è fatta per dormire, su, su” aveva esclamato, prendendogli un braccio.

 

“Quindi il nostro Chris si sposa” aveva fatto un resoconto Annabeth, quando Luke gli aveva detto del suo fratello naturale e Clarisse, prendendo atto con un sorriso piuttosto pallido. La verità sembrava un po' umiliante da ammettere, ma lui aveva rimosso che in effetti, così come Annabeth aveva conosciuto lui nella sua fanciullezza, così aveva conosciuto Christopher che s'avvicinava di più alla sua età. Chris che si occupava dei cavalli nella stalla della loro famiglia e che odiava starsene nei vestiti per bene in cui lo costringevano. “Di recente sembrano farlo tutti” aveva commentato con un tono piuttosto spento lei, “Si, dovrei farlo anche io” aveva soffiato lui, la verità era che Luke era certamente più interessato a sapere chi avesse fatto sospirare spenta Annabeth che parlare delle nozze di cui era tampinato da suo padre. “È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo provvisto di un ingente patrimonio debba essere in cerca di moglie?” aveva chiesto retorica Annabeth facendogli l'occhiolino, al ché Luke aveva sentito il bisogno di ridere, mentre con la mano che non era cinta dal braccio di Annabeth si aggiustava il capello sul capo, “Temo di si” aveva ammesso poi con un tono un po' lugubre.
“Silena” era stato il non molto cauto commento della giovane, Luke aveva potuto ricordare che giusto quella mattina, mentre s'apprestava ad uscire era giunta alla tenuta una lettera che portava il timbro di York, ma lui non aveva avuto per nulla voglia di aprirla. “Lei, no? Quella che vuoi sposare?” aveva chiesto poi Annabeth, con gli occhi grigi rovinosi di curiosità, sembrava brutalmente maschilista pensare che la curiosità era tipica delle donne, anche di quelle brillanti come Annabeth.
“Volere è un concetto estraneo per un gentiluomo di questi tempi” aveva risposto lui con un tono piuttosto basso; Silena era una donna davvero splendida, non solo estremamente attraente, ma anche molto dolce e con un temperamento bruciante, ma … mancava di qualcosa, non che effettivamente difettasse in qualsiasi maniera, era nel modo in cui Luke la vedeva che c'era qualcosa che non andava.
Annabeth aveva annuito, con le mani sul suo braccio, che gli sfiorava appena il gomito con i polpastrelli, avrebbe voluto non essere infagottato nella stoffa con suo cappotto, così come il desiderio che lei non indossasse i guanti. Pelli contro pelli.
La giovane aveva abbassato lo sguardo, per un secondo, soppesando bene le parole che erano venute fuori dalle labbra di lui, “Capisco” aveva ammesso, “Pensi mai al fatto di poterti davvero sposare un giorno per volere?” aveva chiesto lei, cogliendolo di sorpresa, abbozzando un sorriso appena. Luke aveva pensato per un momento ai suoi genitori e poi a tutte le coppie che aveva avuto modo di incontrare nella vita, soppesando quelli che si erano uniti per un volere superiore, per quel sentimento decantato dai poeti e gli scrittori. “Spesso, di recente” aveva ammesso poi, la verità era che Luke non aveva mai pensato di doversi sposare, figurarsi di volerlo, ma da quando suo padre aveva cominciato a far aleggiare l'argomento spesso ed i suoi fratellastri si erano incaponiti con la signorina Silena, la questione aveva preso quasi ad angosciarlo.
Aveva immaginato di farlo con Thalia, un pensiero venuto recentissimamente, mentre se la ricordava la prima volta che l'aveva vista, con la cuffietta sul capo e l'abito scuro, gli occhi azzurri che brillavano come fulmini nella notte, una fiera in gabbia. E aveva pensato di sposarsi con Annabeth, sebbene fosse stato un pensiero fugace o almeno quello si era detto.
“Abitavo qui vicino sai?” aveva domandato retorico Luke, per allontanare di fretta l'argomento delle nozze, non così imminenti che aleggiavano sul suo capo come una spada di Damocle. Annabeth aveva spalancato gli occhi, “Mi ci porti?” aveva chiesto con entusiasmo, che lui aveva accolto piuttosto bene, mentre la guidava in quella direzione, che aveva fatto un numero di volte imbarazzante, che ora sembrava stranamente sconosciuta. “Non ti manca vivere qui?” aveva domandato Annabeth mentre Luke poteva sentire il ticchettare dei suoi tacchi sulle pietre scure, “Si, la campagna mi deprime non poco” aveva ammesso poi lui, mentre si fermava davanti una palazzina di mattoni rossi, scuriti dalla fuligine e dal fumo delle ciminiere, un edificio vecchio, non molto bello e non degno di un architettura che Annabeth avrebbe apprezzato. “Ed ora chi ci vive?” aveva domandato lei, “Onestamente non lo so, l'importante che mi arrivi l'affitto” aveva risposto Luke con le spalle tese. Era stata Thalia a trovare l'inquilina, definita da lei come una rispettabile donna che forse era in cerco di matrimonio, Luke era abbastanza certo fosse una delle ragazze che aveva incontrato a Villa Diana, dove viveva Lady Artemide, l'eccentrica signora che ospitava le giovani fanciulle che arrivavano a Londra, anime perse in cerca di speranza, di nobili o umili origini, riscattava prostitute ed altre cose simili. Alcune la donna riusciva a sistemarle, con matrimoni o buoni lavori, altre rimanevano con lei come dame da compagnia o cameriere, come Thalia – lei non avrebbe mai lasciato la Signora, come la chiamava sempre.

“Speravo in qualcosa di più scenico” aveva ammesso Annabeth, risvegliandolo dai suoi pensieri, “Ma la sobrietà ti si adatta” aveva commentato lei, con le braccia sciolte lungo i fianchi, Luke aveva sorriso appena, sembrava più una specie di ghigno, “Ammetto di non esser mai stato un esteta, ho sempre virato alla praticità” aveva confessato con sicurezza, “O avrei studiato per fare l'umanista e non il notaio” l'aveva presa un po' in giro, facendola ridacchiare.
 

Chris viveva in un posto discreto, non lontano dalla zona industriale, Luke c'era stato altre volte, ma erano più state quelle in cui il fratello naturale si era fermato a dormire da lui che il contrario. “Sono contento di vederti” aveva esclamato Chris, con la camicia color pergamena, arrotolata sui gomiti e le mani coperte dai calli, per il lavoro in fabbrica. “Pensavi di esserti liberato di me, vero?” aveva chiesto retorico Luke abbracciandolo in maniera affettuosa, quando suo padre si era ammalato in maniera grave, lui era dovuto tornare a casa, lasciando tutto il lavoro che aveva cominciato a fare con il Signor Crono, un lavoro non di certo nobile e non di certo giusto, ed aveva chiesto a Chris di seguirlo, ricevendo un secco no come risposta senza alcuna esitazione. Neanche il suo mezzo fratello era stato una persona da aver svolto lavori puliti, ma da quando si era messo a lavorare per il signor Ares aveva cominciato a rigare dritto, dicendo un numero di volte che non poteva andarsene proprio in quel momento e di sicuro non avrebbe lasciato Clarisse, l'unica persona a non avergli mai fatto pesare, neanche per un momento, la sua nascita bastarda.
La verità era che anche il loro padre non aveva mai nascosto la difficoltà di dover render noto che il figlio della nutrice dei suoi figli aveva avuto un bambino che somigliava così tanto a lui, nonostante l'incarnato olivastro ed il crine scuro, chiunque guardando Chris e Luke non avrebbe potuto dire altro che fossero parenti, nonostante il secondo fosse di un pallido cereo con i capelli sabbiosi, somigliavano nei tratti elfici ed affilati.
E come per Luke era stato difficile avere a che fare con suo padre, neanche per Chris era stato semplice, come lui era finito in un collegio ed era quasi un lustro che non tornava a casa, sembrava al limite dell'assurdo che gli unici che amassero Ermes Castellan fossero i due fratelli Stoll.
Il signor Ares però non aveva mai badato al valore di nascita di una persona, era un uomo che si era fatto ricco e riconosceva il valore di una schiena sudata, della forza e del duro lavoro ed anche se si era imputato inizialmente nel non voler vedere quelle doti nel misero impiegato che faceva una corte patetica alla sua unica figlia femmina, alla fine s'era dovuto arrendere – o era stato Clarisse a farlo fare.
Quei due si erano dimostrati una famiglia all'altezza per Chris molto più di loro.

“Temo dovrai anche venire a trovarci” aveva soffiato Luke, staccandosi dall'abbraccio, mentre osservava il sorriso mesto sulle labbra di suo fratello dissolversi come la rada nebbia nei primi giorni primaverili, “Oh! Clarisse in campagna, posso già vederla con i calzoni cavalcare sfrenata tra le campagne” aveva scherzato quello, sul viso era nato un ghigno maledettamente famigliare che gli aveva illuminato il viso. Oh Luke quanto invidiava quella sensazione, quel sentimento: avere qualcuno che faceva sembrare bello un posto che si era detestato profondamente per tanto tempo.
Anche la campagna si era fatta stranamente più sopportabile, da quando aveva rincontrato Annabeth nella villa dei Jackson.
“Quindi opera questa sera?” aveva chiesto retorico Chris, mentre lo aiutava a sistemarsi sul divano dove poter passare la notte, quando sarebbe tornato dallo spettacolo dove la giovane figlia del parroco aveva voluto l'accompagnasse, prima però avrebbe cenato in compagnia di suo fratello e della sua fidanzata in un ristorante alla buona. Per Luke sembrava un po' ambiguo doversi riabituare alla mancanza del lusso, aveva sempre desiderato il lusso ed il denaro, solo non quello di suo padre ed ai suoi primi tempi a Luke aveva vissuto in una stanza minuscola con l'unica compagnia delle candele, poi aveva conosciuto il signor Crono ed era risultato secondo l'uomo abbastanza in gamba – e disperato – per essere il suo sottoposto; sebbene la strada fosse rimasta in salita, era sembrata incredibilmente farsi meno ripida.
Chris aveva strapazzato il cuscino, era imbottito di lana e dall'aspetto bitorzoluto, “Con la giovane Annabeth” aveva commentato suo cugino, allontanandosi dal divano per raggiungere un mobile in cui aveva riposto certi alcolici, “Me la ricordo quando si era messa in testa che sarebbe divenuta un cavaliere della tavola rotonda” aveva scherzato lui, “Mi ricordo che furia era sua madre” aveva risposto Luke, che della signora Athena Ergane Chase ricordava il temperamento infuocato da vera Regina di Cuori. “La vuoi sposare?” la domanda di Christopher era arrivata come una secchiata d'acqua gelata, sebbene la cosa, sembrava ormai palese nell'aria; “Si, mi piacerebbe” aveva ammesso con leggera rigidità. Ma non succederà mai.

 

Aveva cominciato a piovigginare e Luke si era riparato sotto un porticato, cercando di non sporcare o bagnare l'abito che aveva messo, piuttosto pregiato di un blu profondo, non era stato suo padre e farglielo fare, ma lo aveva pagato con il suo primo salario, indirizzato dal signor Crono, perché potesse darsi un certo contegno. La carrozza che aveva guidato Annabeth lì davanti era di un verde scuro, coperta da una tenda spessa di un nero profondo, il cocchiere era zuppo, ma stoico nel suo lavoro. Quando il valletto del teatro aveva aperto l'imposta, era prima sbucato l'ombrello di Annabeth e poi lei, con un vestito tortora, che teneva aggrovigliato da un lato per sollevare l'orso, mostrando gli stivali alti lucidi morbidi e della carne nuda, senza vergogna. “Mi dispiace di averti fatto aspettare” aveva sussurrato lei, posando le piante dei piedi sulle pietre cercando di affondare in una pozza, “Tranquilla!” Luke era corso verso di lei, nascondendosi con le braccia, accettando che solo la mantellina avrebbe salvato il vestito, “Gli altri?” aveva domandato lui, mentre si nascondeva sotto l'ombrello della bionda. “Hazel si sente sempre a disagio fra la gente e Nico è voluto rimanere con lei, temo però che Will non gli permetterà di evitarsi una notte di bagordi” aveva scherzato lei, mentre si infiltravano all'interno del teatro nel marasma di gente.
Luke aveva perso per un momento il filo dell'attenzione sul tipo di archittettura su cui era basata la struttura del teatro, così come la storia del luogo, per osservare una figura che gli era scivolta accanto come un'ombra, una giovane fanciulla vestita d'argento, con i capelli raccolti e gli occhi azzurri come fulmini. “Siamo in platea vero?” aveva chiesto frettolosamente ad Annabeth interrompendo il suo discorso, “Si” aveva risposto confusa lei, “Devo andare un momento” aveva detto imbarazzato, scivolando fra la folla, la ragazza aveva mosso il capo, senza però neanche un po' di biasimo sul volto. Aveva cercato tra la folla il crine scuro come la notte ed il collo sottile coperto di efelidi di una giovane donna.

 

Thalia odorava di qualcosa di forte e fresco, aspro anche, un odore così peculiare cozzava con un aspetto così raffinato, con le maniche a sbuffo ed il corsetto con fiori damascati, argento e bianco. “Oh” il commento di Thalia era stato confuso, inaspettato e manchevole di quella sua frizzante vena ironia, “Thalia” la lingua di Luke era lievemente impastata, incerta, aveva perso tutta quella sua sicurezza, trovandosi come a camminare su un sottile strato di ghiaccio, Thalia che lo aveva compreso e si era incastrata con lui alla perfezione, nel corpo e nello spirito, sembrava improvvisamente una figura ostica con cui non sapeva come rapportarsi. “Non pensavo saresti tornato” la voce quella era rimasta uguale a quella dei suoi ricordi, così come le sue labbra sottili e sempre screpolate, aveva voglia di baciarla. “Non lo pensavo neanche io” aveva ammesso Luke, pensando per un lungo momento a come giustificare la sua presenza lì, “E non pensavo ti avrei mai incontrato all'Opera” aveva aggiunto poi, con una leggera rigidità. Sperava che quello sarebbe bastato ad evitare che si iniziasse a parlare del suo ritorno a Londra, di ciò che si erano detti prima di andare via. E poi Thalia all'opera vestita da gran dama era qualcosa che poteva creare incognite. “Reyna aveva ricevuto l'invito da Octavian” aveva iniziato lei, prima di spiegargli che la prima era una giovane donna con cui aveva stretto un sodalizio, essendo la sorella di una delle dame di Lady Artemide, mentre il secondo non fosse altro che un orribile giovanotto che aveva preso a fare la corte a quest'ultima. “Non gli interessa lei, realmente, vuole solo dimostrare che può averla” aveva commentato con una certa acidità, muovendo le mani. “Ma infondo è l'opera, io non c'ero mai stata e Reyna era curiosa di vedere come fosse quella londinese” aveva commentato lei, mettendo le mani in viso, nonostante l'aspetto incredibilmente serioso e nobiliare, sembrava aver ripreso l'aspetto fresco che Luke aveva preso l'abitudine di associarle.
Luke avrebbe voluto sentirla parlare ancora di quel frenetico mondo di cui un tempo era parte, raccontarle forse un po' della placida campagna, delle feste degli archetti, m poi sarebbero finiti a parlare degli amanti, perché Luke non aveva dubbi che Thalia avesse mantenuto la parola e non perché non lo amasse, in cuor suo lo sapeva che era così. Non potevano essere stati tanto perfetti per non essersi amati davvero, era solo che quel giorno che era andato via, aveva avuto la spaventosa sensazione di aver messo fine a qualcosa di così idilliaco che forse non avrebbe mai recuperato. Thalia era la sua epoca dell'oro.
“Thalia ti ho cercato ovunque!” una voce lo aveva richiamato dal suo estraniarsi ed allora l'aveva vista, una donna bella, dai tratti mediterranei e riccioli scuri che non trovavano pace nella crocchia, monili discreti ed un abito viola scuro, che fasciava un corpo fin troppo magro e alto di suo gusto, poi si era accorta di lui ed aveva abbozzato appena un sorriso di circostanza. “Reyna, lui è il Signor Castellan” aveva presentato Thalia lui alla giovane, “Luke, lei è la mia buon amica, la signorina Ramirez-Arellano da Lyone” aveva commentato poi, allacciando un braccio alla giovane, sorridendoli in maniera piuttosto spensierata, senza prendersi la briga di presentarli meglio. “Incantata” era stata la cruda risposta di Reyna, facendo appena un inchino, che Luke aveva ricambiato rigido, prima di voltarsi ancora verso l'altra ragazza.
Il sorriso di Reyna sembrava stranamente luminoso, come gli occhi di Thalia, erano scivolati così velocemente dalla vista di Luke, che quasi non si era accorta fossero andate via, senza neanche preoccuparsi di salutarle.
Lui aveva riso.

 

“Allora chi era la bella ragazza dai capelli neri?” Annabeth era accomodata su una poltrona di stoffa rossa, con la schiena dritta e le dita strette sulle cosce, un espressione rapita dalla magnificenza della platea, non avevano un posto molto vicino, ma la bionda sembrava contenta lo stesso. “Un giorno te lo racconterò” aveva soffiato, “Come mi racconterai la vera storia della cicatrice?” aveva chiesto lei di rimando, con un sorriso dolce, di chi non provava nessuna rabbia o altro, mentre Luke si accomodava al suo fianco, privatosi del cappello e del cappotto. “Tu mi racconterai perché sono venuto io qui con te?” aveva replicato di rimando lui, perché ci sono io al posto del baronetto Jackson? “Potrebbe darsi è perché gradisco la tua compagnia più di chiunque altro?” aveva chiesto retorica lei, con un sorriso sul viso, che non sapeva di sincerità. Lui aveva emesso un suono, una specie di mezza risata, con gli occhi aveva guardato il tendaggio rosso del palco, “Cosa mi hai portato a vedere?” aveva chiesto lui, “L'edipo Re” era stata la chiara risposta della ragazza, che aveva puntato gli occhi grigi nella sua stessa direzione.
“Classico e allo stesso tempo scabroso” aveva commentato lui, “Cosa ti aspettavi da me?” era stata la civettuola risposta di Annabeth.

Luke aveva avuto voglia di pizzicargli le guance, ma si era trattenuto da un gesto così impudente, “Io mi aspetto sempre di tutto da te” aveva risposto placido poi, con un sorriso ad aleggiava sul suo viso, stranamente sincero e genuino per quello pensiero, davvero riteneva Annabeth una fanciulla che potesse lasciarlo sempre senza fiato. “Lo so, la mia matrigna mi ha sempre rimproverato i essere fin troppo leziosa e scandalosa” aveva spiegato la ragazza continuando a guardare il tendaggio che copriva il palco; “Credo tu sia semplicemente più svelta del tempo in cui sei nata” il commento di Luke era stato basso e non era stato certo che Annabeth l'avesse udito, almeno fino a che non aveva irrigidito la schiena.
Si era ritrovato a pensare che qualcosa del genere lo aveva detto anche a Thalia, una giornata di primavera, mentre osservano il palazzo reale, con uno sguardo trasandato, lontani dall'Olimpo degli dei. I fiori erano sbocciati nel giardino ed il polline volava come la neve nell'aria, non pioveva, ma le ciminiere delle fornaci delle fabbriche ed il fumo della ferrovia annerivano ugualmente il cielo. Non riusciva a ricordare di cosa stessero parlando, non ricordava neanche cosa avesse fatto quel giorno o con che scusa si fossero allontanati dai loro mestieri, ma ricordava di aver guardato Thalia, con il viso tondo coperto di cipria bianca, “Tu, fanciulla cara, sei più svelta del tempo in cui sei nato” le aveva detto, mentre finiva di fumare la pipa, sgradevole abitudine di cui si era dovuto sbarazzare nella campagna, per non appesantire l'aria fresca che sembrava giovare un minimo a suo padre. “Tu, Luke, sei impossibile da cogliere: sembri guardare al futuro e non riuscire a liberarti però del passato completamente” aveva risposto lei, con le labbra sottili curvate in un qualcosa che non sembrava ne un sorriso ne una smorfia.

 

 

Lo spettacolo era sublime, Luke si era trovato ad ammetterlo con estrema convinzione, così preso da quello da essersi poi dimenticato di cercare, anche solo con lo sguardo Thalia, si era convinto però di averla intravista con la coda dell'occhio, tenersi su la sua lunga gonna argentea ed essere fuggita con la ragazza dai riccioli scuri. Aveva sorriso in maniera mesta e rincuorata a quel pensiero, pensando che fosse la fanciulla senza di lui ugualmente felice, sapeva di certo che fosse pensiero orribilmente eliocentrico pensare che la gioia nella vita di Thalia sarebbe potuta dipendere dalla sua presenza o meno, particolarmente per una fanciulla dal quel temperamento. “La hai rivista?” aveva chiesto Annabeth, mentre s'apprestavano a recuperare lì dove erano lasciati i vestimenti esterni, “No” aveva risposto Luke, la ragazza aveva aggrottato le sopracciglia appena, “Stai sorridendo?” aveva chiesto lei perplessa, lui non se ne era accorto.
Sorrideva.
“Lo spettacolo mi è piaciuto molto” aveva risposto pratico lui, mentre indossava nuovamente i guanti neri e recuperava il suo cappello, la ragazza aveva annuito, leggermente pensierosa, era brava forse Annabeth nel celare i suoi pensieri dietro granitiche espressione, ma ogni tanto Luke aveva l'impressione di poter scorgere una vera tempesta dietro le sue iridi chiare. “Chi era la giovane dai capelli corvini?” aveva chiesto nuovamente lei, allacciando la mantella sul vestito, un bottone d'ottone grezzo, dipinto di giallo dorato, dalla forma di rosa, “Si chiama Thalia Grace” aveva risposto lui con un tono blando, mentre aggiustava il cappello sul crine biondo, non sapendo perché avesse sentito l'impulso di risponderle.
Annabeth si era fatta più interessata a quel discorso, con una certa sorpresa di lui, forse era davvero nell'animo delle donne lasciarsi divorare dal demone della curiosità, “Credo che il modo più semplice per descriverla fosse la mia fidanza, ma in un certo senso anche il più inappropriato” aveva spiegato lui. “Era la tua amante” lo aveva corretto alla fine la giovane, mentre si approssimavano verso l'uscita, “Così lo fai sembrare molto più sconveniente di quanto non fosse” aveva sentito il bisogno di lui, consapevole si che per la maggior parte delle persone l'affetto che era intercorso tra lui e Thalia sarebbe visto con lo sguardo di una vipera, trovava riduttivo confinarlo solo a questo. “Diciamo che era la mia amata, più che altro” aveva ammesso lui, rosso di leggero imbarazzo sulle gote.
La bionda aveva annuito, mentre entrambi raggiungevano la carrozza sulla quale era venuta la giovane, Annabeth era salita per prima accomodandosi sul cuscino morbido e Luke l'aveva seguita, dando un ultimo fugace sguardo alla folla che si andava disperdendo dal teatro, dove per un momento aveva sperato poter cogliere il fresco blu degli occhi di Thalia. Ma come un fantasma la giovane era scomparsa inghiottita dalla folla, in compagnia della sua amica e di quella vita di cui lui era rimasto ostracizzato.
 

Aveva incrociato il viso di Annabeth illuminato dai filamenti della luna, tramite l'imposta della carrozza, “Non l'ho vista bene, ma Thalia sembrava molto bella” aveva soffiato lei mentre scostava filamenti biondi che erano scivolati ad ornarle il viso, lungo il collo di cigno, “Lo è” era stata la pigra risposta di Luke. “Non vuoi raccontarmi di te ed il baronetto?” aveva chiesto Luke, poi, desideroso che Thalia scivolasse fuori dai discorsi che animavano quel momento, non certo però di averlo sostituito con giustizia. Annabeth era avvampata sulle gote pallide, sotto la luce biancastra della luna, il contrasto sembrava essersi fatto più fiammante, “Io lo amo” aveva ammesso Annabeth poi, con un tono di voce basso, “E lui ama me” era stata la risposta, “Ma non siamo destinati ad un unione” aveva risposto con onestà lei. “Perchè lo dite?” aveva chiesto lui, cercando di non mostrare la goia che gli aveva gonfiato il petto, “Percy” aveva ripreso Annabeth, Luke trovava quanto mai sanguinate quel nomignolo affettuoso, “Lui è un ribelle per natura, non sposerà mai una donna che egli non voglia” aveva risposto poi con cruda onestà, “Ma non sposerà neanche una donna che suo padre non voglia, perché è un figlio devoto” aveva terminato.
Annabeth era la figlia di un pastore anglicano, calvinista, e di madame Ergane che a tutti era nota per i trascorsi burrascosi con il Barone Jackson per la detenzione di alcun terre. Percy era un protestante, di nascita nobiliare e per di più terzo figlio, se non si fosse mai sposato, il Barone non si sarebbe mai dovuto occupare di dover dividere il patrimonio, e tutto sarebbe stato ereditato dai figli – che un giorno avrebbe avuto – del primogenito. “Non si sposerà mai dunque” aveva commentato Luke, passandosi le dita intorno al mento, rada barba aveva cominciato a pizzicare sulle sue guance, “No” aveva risposto lei con un tono morbido, “O magari lo farà se troverà una moglie che soddisfi le loro esigenze” aveva aggiunto lei, “Si è arruolato però, per non doverla cercare” la voce di Annabeth si era affievolita.

 

 

La lettera di Silena erano state un infinito numero di scuse, ripetute in diverse formule, fino a risultare un imbarazzante pastrocchio di frasi ingarbugliate e Luke aveva dovuto rileggerla un paio di volte prima di essere arrivato a comprendere dove il finale ultimo della lettera fosse direzionato. Per tutte le volte che aveva riletto quelle righe, perfettamente curate si, con una grafia impeccabile, ma confuse, Luke aveva potuto immaginare una Silena con le mani ai capelli selvaggi consumare boccette su boccette d'inchiostro per trovare la miglior combinazione di parole.
“Allora, che dice?” la domanda di Connor era poco carina, con la lingua infilata tra le labbra, ansioso decisamente più di lui, aveva continuato a girovagare attorno alla lettere della Signorina Silena, da che Luke l'aveva deposta in previsione della permanenza londinese. “Che non torna, per ora” aveva ammesso lui, lasciando cadere il foglio di carta sul tavolo, “Sua sorella Lacy ha la tubercolosi ed è lei ritiene sia suo dovere restare” aveva soffiato Luke, cominciando a ripiegare in un rettangolo perfetto la lettere della ragazza.
Silena aveva anche scritto di aver avuto dei dubbi in generale sull'idea di tornare nella campagna fuori Londra, l'aver respirato l'aria della sua casa paterna, l'aveva in parte fatta sentire nostalgica per quel luogo che si era lasciata alle spalle nella ricerca, fin'ora infruttuosa, di un marito. Lo invitava anche ad andarla a trovare il prima possibile, che la sua compagnia avrebbe certamente allietato il suo cuore pesante per la condizione della sua sorellina.
Luke aveva vergato con la carta parole d'incoraggiamento, utili per le situazioni difficili, che sapevano essere di buon gusto inviarle, senza però sentire davvero ciò che scriveva, certo era rattristato all'idea che la sorella di Silena stesse male, ma non provava per lei quella pena che avrebbe dovuto. Aveva anche promesso che sarebbe andata a trovarla.
L'aveva fatto.

Era partito assieme a Lady Katie Gardner e suo fratellastro Travis, Connor era dovuto restare in quanto il loro padre aveva sempre perenne bisogno almeno un affetto a fargli compagnia. Il Signor Castellan, aveva ribattuto a suo figlio quanto cara e amichevole fosse la Signorina Silena, cosa che Luke aveva ascoltato mandando giù della bile. “Povera cara Silena, non saprei cosa fare se questo capitasse a Miranda” aveva commentato Katie, con un'empatia che Luke in quel momento le invidiava molto, gli occhi verdi arrossati dal pianto; Travis aveva allungato una mano sulla sua schiena per carezzarla dolcemente, nessuna malizia, nessuna cattiva intenzione. “Lo so che Miranda non è mia sorella, ma siamo cresciute come tali” aveva soffiato lei, prima di posare la testa sulla spalla del giovine. Luke si chiedeva sempre quando Travis si sarebbe proposto.

 

Era riuscito ad incontrare Silena solo nel pomeriggio, con i capelli scuri aggrovigliati in una treccia alla buona, vestita di un grigio spento, l'incarnato cereo di chi aveva mangiato poco e male, occhiaie violacee sotto occhi rossastri, uno spillo umano e l'ombra della fanciulla piena e allegrezza che Luke aveva imparato a conoscere. “Mi riempie di gioia vederla” era stato il commento di Silena, appena lo aveva scorto varcare i cancelli della casa paterna nello York, prima di accoglierlo nelle sue sottili braccia e tentare di stringerlo, un gesto d'affetto che Luke aveva ricambiato con un primo momento di rigidità, prima di abbracciarla di rimando, ispirando profondamente l'odore dei capelli di Silena, che emanavano di solito l'odore di limone, sapevano di null'altro che di lei. “Sono contento di vederla anche io” aveva sussurrato lui, sfiorandole appena la schiena con i polpastrelli; lei si era allontanata da lui, posandosi il polso sugli occhi per raccogliere le lacrime che le adornavano le guance. Sempre bellissima, anche nello sconforto. “Mi dispiace non essere arrivato prima” aveva ammesso lui, con un leggero disagio.
 

Quando era andato da Annabeth per dirle che sarebbe andato via, l'aveva trovata seduta di fronte il cammino a leggere un libro, senza compagnia di Hazel, divenuta ufficialmente dopo quella notte al teatro la sua ombra – la cui principale occupazione sembrava essere quella di impedire che lui ed Annabeth restassero soli per più di qualche momento. “Devi sentire questa” gli aveva detto lei, appena il suo servitore l'aveva annunciato e a lui era stato concesso entrare nel salottino, una casa modesta, per un persona che era oltre modo strabiliante, lui l'aveva guardata perplesso e lei non aveva sollevato gli occhi grigi neanche per un momento dalle pagine. “Bianca era rimasta sconcertata dall'impudenza del giovane, ma anche meravigliata come se quello davanti a lei fosse in verità la più rara tra le fiere, che un uomo. L'irruento ragazzo si era voltato verso di lei, accorgendosi forse solo in quel momento della sua presenza, Bianca aveva sentito le gambe d'argilla per la consapevolezza che quegli occhi così verdi fossero fissi su di lei, “Madamoiseulle Levesuque immagino non abbiate ancora avuto l'onore di conoscere il commodoro Logan” aveva pensato bene di presentarlo il signor Hodge.”

“Leggi un libro d'amore?” aveva chiesto confuso Luke, mentre scivolava accanto a lei sulla poltrona, “No” aveva risposto lei, piegando l'angolo di una pagina, “È il libro che sto traducendo, quello che ha scritto Nico” aveva spiegato Annabeth, “La sua protagonista, la fiera Bianca Maria Levesque, agguerrita filologa italo-francese decisa a ritrovare il proto-linguaggio originale, del tutto incurante del trattamento riservato al suo sesso, ha appena incontrato il giovane ed aitante commodoro Logan, dagli occhi verdi ed i capelli neri” aveva esclamato tutta entusiasta lei.
Luke era rimasto in silenzio, “Il commodoroLogan è chiaramente Percy” aveva chiarito lei, con uno sbuffo. Questo aveva senso aveva pensato lui, sia che Annabeth vedesse il giovane di cui era innamorato in ogni eroe letterario, sia che qualcuno avesse usato il baronetto come stereotipo dell'eroe, particolarmente Nico. “Come mai sei qui?” aveva chiesto lei alla fine, avvicinandosi, “Andrò per un paio di giorni nello York da Silena” aveva spiegato lui, con nodo alla gola fastidioso, Annabeth aveva annuito, con un movimento lento, come se avesse dovuto prendere atto di ogni singola parola da lui pronunciata, “Le chiederai di sposarti?” aveva chiesto poi a bruciapelo lei, cogliendolo in contropiede.
“No” anche volendolo Luke non sarebbe riuscito a trattenersi o a mentire, dando una risposta diversa, non a quegli occhi così espressivi rivolti nei suoi. Oh si! Si sentiva proprio come Bianca, con gli occhi del commodoro Logan addosso.
“Dovresti, lei è pazza di te” era stata la chiara risposta di Annabeth, libro sopra le ginocchia, schiena dritta e posizione fiera, “No è dell'idea che ha di me che è sedotta, dal mio bell'aspetto e dall'ottimo matrimonio che potremmo avere” aveva risposto lui, stanco in qualche modo, affaticato, “Non mi conosce e non ha idea di che persona io sia” aveva enunciato, e delle cose orribili che ho fatto, aveva aggiunto nella sua mente, quelle non le sapeva neanche Annabeth, ma aveva l'impressione che lei potesse guardarlo al di là del semplice aspetto di Luke Castellan il proprietario terriero. Lei si era fatta più vicina e le aveva accarezzato il viso, “Certi saldi matrimoni si sono retti su molto meno” aveva detto pragmatica.
Qualche giorno dopo, Luke aveva scoperto che tra la loro avventura Londinese e la sua visita nella dimora dei Chase, il Baronetto Jackson era passato per informare la giovane fanciulla di casa che aveva avuto l'ordine di ripartire nuovamente per missione.

“Prima o dopo, l'importante è che sia arrivato” aveva soffiato Silena, risvegliandolo da quello strano ricordo, gli occhi appena un po' lucidi e le labbra secche martoriate dai morsi che si continuava a dare per il nervosismo. Luke le aveva accarezzato il capo in maniera affettuosa, poi si era lasciato prendere sotto braccio e guidare per la tenuta, sentendo i racconti dei giorni felici e dei giorni tristi che si erano susseguiti dall'arrivo della giovane in quella casa. Della cerimonia del battesimo e della scoperta della malattia.

E Luke aveva ascoltato tutto in un religioso silenzio, intervendo solo lì dove sapeva di non essere indelicato. Ricordava come era avere un famigliare malato e non sapere cosa fare, continure a guardare impotente il sopraggiungere della fine, aspettando un miracolo, fino a convincersi che mai sarebbe arrivato. “Vi capisco” aveva ammesso alla fine, con una sincerità che forse non aveva mai utilizzato con la giovane in tutto il tempo che si erano conosciuti, “Certo con vostro padre immagino” era stata la miagolante risposta di Silena. Luke era rimasto per un momento senza aria nella gola, pensando che in ogni momento di quella conversazione aveva pensato solamente a sua madre, l'ombra di una donna che Luke aveva visto affievolirsi ogni giorno fino a scomparire.
Lo sapeva che suo padre l'aveva chiusa in un sanatorio per il suo bene, per il loro bene – e forse era arrivato a comprendere che delle chiacchiere altrui non gli importava – ma non era mai riuscito ad accettarlo a pieno, aveva continuato a pensare a lui come l'uomo che gli aveva tolto la sua mamma. “Si” aveva mentito, riprendendo il suo viso serafico, che Silena s'era convinta fosse il suo volto.

 

Luke non lo sapeva cosa lo avesse spinto a quell'azione, quella sera, forse era stato davvero il soggiorno a villa York, dove aveva assistito al decorso di una malattia che aveva sfiancato una ragazzetta e tutti i suoi parenti, forse era stato anche per l'espressione triste di Silena che aveva avuto in ogni giorno, tranne quando Luke preso da i pensieri notturni non l'aveva vista scambiarsi un bacio ardente di tutto il bisogno del mondo, con l'uomo che sempre le aveva fatto da valletto.
Era tornato nella sua campagna da poco meno di due settimane, aveva sentito che il Baronetto Jackson era ripartito, mentre Nico e sua sorella erano rimasti nelle terre inglesi, la prima sempre ospite di Annabeth, mentre il secondo nella casa dove alloggiava William, che non sembrava così intenzionato ad andare a Glasgow.
Christopher e Clarisse erano venuti a trovarli, giusto perché la sposa conoscesse la famiglia dello sposo prima del grande giorno, entrambi sconcertati da tutta l'opulenza che vibrava in quella dimora.
Quella sera poi attorno alla tavolata sedevano anche Lady Katie Gardener, che aveva di grazia preso ad essere compagna di Travis molto spesso, suo padre Luke, lo sapeva, si auspicava le nozze il prima possibile. “Ho deciso!” disse la sera, capo tavola, con gli occhi pressati su quelli del padre, gemello opposto a lui nel tavolo, alla destra i fratelli Stolls e Katie, alla sinistra Chris e Clarisse, ogni occhi era catturato su di lui, “Di volermi sposare” aveva aggiunto poi, mentre osservava l'espressione dei suoi famigliari trasformarsi.
“Oh ma che bella notizia” aveva esclamato Katie, Clarisse aveva fatto una smorfia, ma il puro stupore era balenato sul volto di Chris, Travis sorrideva malefico come uno spiritello, ma Connor mostrava segni di un qualche malessere, suo padre aveva cercato di mantenere un espressione seriosa e certa, ma non era riuscito a nascondere il sorriso, “Oh che bella notizia” aveva detto poi. “Hai pensato a qualcuno in particolare o …?” aveva cercato di dire qualcosa Chirs, a fatica, mentre Clarisse nel dubbio aveva preferito farsi una coppa di vino in un sorso, “Qualcuno” aveva risposto Luke. Katie era quasi svenuta per il brodo di giuggiole in cui era andata, “È la fortunata chi è?” aveva chiesto Travis, “Devo accora proporglielo” aveva ribadito lui. “Tanto Silena dirà di si” era stato il commento un po' spento di Connor, come se avesse sottolineato l'ovvio.
Dopo il suo silenzio era caduto il silenzio, perché tutti avevano capito.
“Annabeth?”
“Si.”

“Be, se è intelligente la metà di sua madre e risoluta la metà di suo padre, manderà avanti questo posto come un treno” aveva commentato suo padre.
“Non ti importa che non sia ricca, con un titolo e non casta?” aveva chiesto Luke confuso, già sicuro di doversi battere con suo padre fino allo stremo per quella cosa, “Ne tua madre, ne la madre dei ragazzi erano donne con un titolo, questo mi ha fermato? No” aveva risposto chiaro l'uomo.
“Ed anche se mi opponessi tu lo faresti lo stesso, Luke, perché sei un caparbio senza speranza” aveva gracchiato poi suo padre, sorridendogli, “Come me” aveva aggiunto.
Luke aveva ricambiato il sorriso per la prima volta a suo padre.

Ad Annabeth Chase era arrivata una missiva di Luke Castellan, che l'aveva lasciata per un lungo momento basita. Una sciarada, come quelle che avevano preso a scambiarsi dopo la festa dai Jackson.
L'inizio di un momento,
che va prima de
gli uomini,

ciò che congiunge gli uni e altri altri.
E questo che vorrei tu fossi per me ...***

 

“Avete letto il Post Scriptum?” aveva chiesto Hazel piuttosto sconvolta, Annebth aveva potuto vedere le labbra della sua amica aperte in una cironferenza perfetta, così aveva allungato le mani per raccogliere la lettera che aveva passato all'amica, troppo presa dalla sciarada – una sfida era una sfida. “Certi saldi matrimoni si sono retti su molto meno di un amore, noi potremmo essere eterni” aveva letto la bionda, pallida in viso e sconvolta.
 

 

 

 


 

 

(*) Paganini era un violinista italiano, famoso in tutta europa – e quella era una massima che si diceva su di lui, poiché metà dei suoi brani erano improvvisati :D

(*) uno degli epiteti di Atena: Industriosa; ho scelto quello perché poteva passare di più come una pronuncia inglese, quindi al posto di leggere Ergane, sarebbe opportuno leggere Ergain.
(***) L'inizio di un momento … MO (Prima sillaba)
che va prima degli uomini … Gli (Articolo determinativo maschile plurale)

ciò che congiunge gli uni e altri altri … E (Congiunzione)
E questo che vorrei tu fossi per me … Mo.Gli.E
Si è la prima e unica – probabilmente ultima – sciarada della mia vita.Titolo(Storia): I Cento Mo(n)di

   
 
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