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Autore: j a r t    04/04/2016    0 recensioni
Dal primo capitolo:
L'espressione di Michael si addolcì.
«Sì, lui guadagna bene. Noi viviamo insieme, ma io non volio stare a sue spese... non so se tu capisce cosa voglio dire» riprese, mentre con uno straccio asciugava il bancone.
«Capisco.»
Federico sorrise.
«Sei un bravo ragazzo, Michael.»
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez, Morgan, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- 20 -
 
Federico aveva tra le mani l’ennesima bottiglia di birra e la guardava come se fosse la sua più acerrima nemica. In realtà non aveva nulla contro quel liquido alcolico - anzi, si poteva benissimo dire che fosse il suo migliore amico, in quel momento - ma stava solo esternando i suoi pensieri.
Si voleva molto male per quello che era successo con Michael, e ora che cominciava a realizzare veramente la sua mancanza, l’alcol era stato l’unico a potergli venire in soccorso. Non era abbastanza ubriaco, però, lo sapeva: la sua mente pensava ancora al riccio, non era del tutto libera e leggera come lui desiderava.
Fece roteare il liquido nella bottiglia e poi la portò nuovamente alle labbra per bere l’ultimo sorso. Ebbe la voglia di lanciarla contro il muro, quell’odiosa bottiglia, ma ci ripensò giusto in tempo per non farlo.
Si alzò lentamente e si diresse a prendere il cellulare dalla sua scrivania. Premette il tasto di accensione dello schermo più volte, ma il suo smartphone sembrava morto. Prima di perdere definitivamente la pazienza recuperò l’alimentatore e lo mise sotto carica: per fortuna era solo scarico, non rotto come aveva creduto.
Un giramento di testa lo costrinse a sedersi sul letto. Sentiva il suo corpo stanco e pesante, perciò si accasciò completamente sulle coperte e chiuse gli occhi.
 
Fu costretto ad alzarsi solo quando sobbalzò per il suono improvviso del campanello.
Chi stava bussando alla porta doveva avere una certa urgenza, perché non si curava dell’orario tardo e suonava con insistenza.
Federico si rialzò e guardò l’orologio: erano quasi le due.
Attraversò il corridoio reggendosi alla parete e aprì la porta.
Ciò che vide davanti a sé sembrò renderlo lucido e pensante in un attimo. Michael era davanti alla sua porta, immobile, con le occhiaie di un sonno mancato e i suoi ricci incasinati anche più del solito. Aveva il volto serio ma rilassato e il suo petto faceva su e giù rapidamente, segno che aveva corso per arrivare lì.
Federico sarebbe stato contento di rivederlo, in altre circostanze, ma se il riccio era lì significava che il suo piano era fallito.
«Che ci fai qui?»
Biascicò aggrottando la fronte.
Michael non replicò, semplicemente si gettò addosso a lui e lo strinse forte in un abbraccio. Federico barcollò sotto quel metro e novantuno e sorrise nell’abbraccio. Inspirò forte il profumo di Michael: erano passati solo due giorni, ma quel riccio imbranato gli era mancato troppo. Adesso Federico non era più tanto sicuro di riuscire a lasciarlo andare.
Anche Michael inspirò l’odore di Federico, e oltre a quello di sigaretta ebbe modo di annusare anche quello di alcol. Si allontanò da lui sciogliendo delicatamente l’abbraccio e lo guardò imbronciato.
«Tu sei ubriaco!»
«No, ti giuro. Ho solo bevuto un pochino. Sono brillo, ma ubriaco no.»
Il riccio sembrò credergli e la sua espressione si rasserenò. Poi si tuffò sulle labbra di Federico in un bacio nostalgico e coinvolgente, ma il tatuato lo fermò - a malincuore - allontanandolo da sé.
«Mich, tu non hai capito. Io sto con Marco, adesso» mentì spudoratamente.
Il riccio roteò gli occhi al cielo.
«Uff, Fedé, guarda che ho capito tutto. Io no credo a questa cosa. So che tu ha fatto per me e per farmi avere il contratto discografico.»
Federico abbassò lo sguardo al pavimento. Era inutile continuare a mentire, se doveva lasciarlo di nuovo stavolta voleva farlo per bene. Senza segreti. Senza inganni.
«Noi non possiamo stare insieme, Mich. Tu hai il tuo sogno a Londra e io ho il mio qui. I nostri cammini devono separarsi e tu-»
«No, Fedé
Michael saltò su con gli occhi lucidi: non avrebbe permesso più a nulla di separarli.
«Io ti amo, non volio stare lontano da te. Io poso restare qua.»
Federico alzò lo sguardo e lo puntò negli occhi dell’altro, quasi con rabbia.
«Allora non capisci! Che cosa mi risponderesti se ti dicessi che voglio rinunciare al mio contratto per venire a vivere con te a Londra?»
«Ti direi di no. Io poso rinunciare al mio sogno, tu non devi farlo.»
Il tatuato sorrise appena.
«Io penso esattamente la stessa cosa di te, Mich. Ti amo, lo sai. Io ti amo tantissimo, tu... sei entrato nella mia vita e l’hai sconvolta totalmente, sei stato un meraviglioso terremoto.»
Michael sorrise teneramente.
«Ma le nostre strade da ora in poi devono dividersi. Mi dispiace, non sai quanto ti vorrei ancora accanto.»
Federico abbassò la testa perché era sul punto di piangere e non voleva mostrarsi debole davanti a lui. Di contro, Michael già piangeva come una fontana. Cominciò a singhiozzare e Federico decise di esserci un’ultima volta: lo abbracciò portando la testa riccioluta contro il suo petto, accarezzandogli i capelli dolcemente come faceva ogni volta che Michael stava male e aveva bisogno di lui.
«Non voglio dirti addio, Federico. Io ti amo. Non è giusto» sussurrò tra un singhiozzo e l’altro.
Il tatuato lo strinse maggiormente a sé e affondò la testa nei suoi ricci morbidi, lasciandovi un bacio.
Non è giusto.
Aveva ragione Michael.
Federico sciolse la presa e si riappropriò delle labbra del riccio. Il bacio fu umido e salato a causa delle lacrime di Michael che erano scese lungo le guance e si erano scontrare con le labbra unite di entrambi. Avrebbero voluto restare così in eterno, ma il bisogno di aria li fece separare e li riportò alla dura realtà.
«Torna a casa, Mich» sussurrò Federico, facendo scivolare il suo sguardo a terra.
«Domani. Ti prego, l’ultima note insieme. Please.»
E chi era lui per dire di no alla persona che amava?
 
Dopo essere rimasti entrambi in boxer, si coricarono sotto le coperte. Non resistettero molto, perché Federico si liberò immediatamente del pesante piumone e si mise a cavalcioni sul corpo di Michael. Lo ammirò: era così bello con quel corpo dai muscoli accennati e i ricci castani riversi sul cuscino. Si sorrisero. Federico adagiò le sue labbra su quelle dell’altro e fece scorrere le mani lungo il suo petto. Michael portò invece le sue mani ai fianchi del tatuato, per poi farle vagare indefinitamente sulla sua schiena. Federico si rialzò con il busto e fece scontrare il suo bacino con quello dell’altro, portando a contatto le loro erezioni che si sfioravano attraverso i sottili indumenti intimi. A quel contatto il corpo di Michael fu scosso dal piacere ed espirò pesantemente, socchiudendo gli occhi.
Federico non riusciva a pensare ad altro se non a quanto fosse bello e a quanto lo amasse. Il tatuato fece scontrare ripetutamente i loro bacini, finché non si fermò all’improvviso per tirare giù i boxer del riccio. Michael riaprì gli occhi e vide l’altro sistemarsi meglio per afferrare tra le mani la sua erezione e avvicinarla poi alle labbra. Michael emise un gemito lievissimo, che aumentò di intensità quando Federico comincio a leccare la punta del suo membro e a lasciarvi baci umidi. Il riccio schiacciò la testa contro il cuscino e chiuse di nuovo gli occhi per assaporare meglio tutte quelle sensazioni e imprimerle per sempre nella sua mente. Era la loro ultima volta, quella.
Federico lo prese in bocca e aumentò gradualmente l’intensità del suo movimento. Anche i gemiti di Michael aumentarono, finché Federico non si fermò e tornò a baciare le labbra del riccio.
«Voglio farlo io, stavolta» soffiò sulle sue labbra.
Michael riaprì gli occhi e lo guardò stranito. Poi comprese, dal sorrisetto malizioso di Federico, a cosa si riferisse.
«Sicuro?» Gli domandò.
«Fammi quello che vuoi.»
Quella frase fece impazzire completamente Michael, che si alzò con il busto e rovesciò le posizioni, trovandosi a cavalcioni sul corpo di Federico e con le ginocchia all’altezza del suo bacino. Il riccio gli abbassò i boxer e li tirò via gettandoli dietro di sé. Si alzò per allargare le gambe di Federico e piegargliele, spingendo le ginocchia leggermente verso il suo busto. Vi si posizionò in mezzo e guardò malizioso l’orifizio del tatuato. Poi spostò il suo sguardo al viso del ragazzo e notò la sua preoccupazione.
«Io ti amo» gli disse delicatamente per rassicurarlo. «No ti farei mai del male. Ma se dovesse sucedere tu devi dirmelo, ok?»
Federico annuì e la sua espressione si rasserenò non poco: si fidava di Michael, doveva solo lasciarsi andare e godersi il momento.
Michael si abbassò per prepararlo e fece scivolare la sua lingua prima attorno all’apertura dell’altro e poi all’interno, inumidendolo per bene. A Federico sembrò di raggiungere il paradiso solo con quel gesto: chiuse gli occhi e non trattenne dei versi rochi che si liberarono dalle sue labbra.
Il riccio si staccò e si posizionò meglio tra le gambe dell’altro. Adagiò la punta della sua erezione contro l’apertura del tatuato e spinse lentamente all’interno, affondando delicatamente in lui.
Federico avvertì un dolore pungente e un piacere sublime allo stesso tempo. Afferrò tra i pugni le lenzuola candide del letto e strinse gli occhi.
«Ti sto facendo male?» Si accertò il riccio.
«Continua» ansimò Federico, cercando di non pensare al dolore che stava provando, ma solo al piacere di concedersi completamente alla persona che amava.
Michael affondò dentro di lui fino in fondo e si lasciò andare ad un gemito di piacere liberatorio. Attese che Federico si abituasse alla sua presenza, e solo quando vide i suoi pugni lasciar andare le lenzuola cominciò a muoversi dentro di lui. Uscì e rientrò dapprima lentamente, poi aumentando sempre di più il ritmo. Il dolore per Federico non era scomparso, ma adesso riusciva a sentire molto di più il piacere di essere completato da Michael. Perché di questo si trattava, di completarsi a vicenda nella loro ultima notte d’amore.
Michael diede le ultime spinte e Federico raggiunse l’orgasmo venendo nella sua mano e aprendo gli occhi per imprimere nella sua mente la figura del riccio che, chiudendo gli occhi e ansimando, raggiungeva anch’egli l’orgasmo. Federico lo guardò e pensò che se fosse morto in quel momento non avrebbe desiderato altro.
Michael uscì dall’altro e si adagiò sul petto di Federico, le loro pelli bollenti che entravano a contatto. Il riccio sentì il cuore del tatuato battere forte e chiuse gli occhi per sentirlo meglio. Sorrise.
La mano destra di Federico andò ad accarezzargli distrattamente i capelli.
«Ti amo» gli sussurrò.
«Anch’io» rispose Michael, poi riprese a sentire il suo cuore che batteva forte.
 
Il giorno dopo nessuno dei due aveva voglia di alzarsi. Ma Michael aveva l’ennesimo e ultimo aereo da prendere: destinazione Londra, solo andata.
Federico fu il primo a svegliarsi e scosse anche il riccio, seppur controvoglia. Michael si rigirò nelle coperte per i primi cinque minuti iniziali, poi si alzò sotto l’ennesima esortazione di Federico. Come uno zombie, Michael si tirò su e andò in bagno per lavarsi, sotto lo sguardo divertito del tatuato.
Quando entrambi furono pronti assieme alle valigie del riccio, uscirono e si diressero in aeroporto.
 
Federico lo accompagnò con l’auto e poi a fare il check-in.
Michael si voltò verso di lui e si morse le labbra. Federico sorrise alla vista così dolce di Michael che cercava di non piangere di nuovo.
Non ci riuscì, comunque, perché subito le lacrime rotolarono giù lungo le sue guance.
Federico lo riabbracciò stringendolo forte a sé.
Sapevano entrambi che quello era il loro ultimo addio, quello vero; non si sarebbero più sentiti ed era meglio così, perché altrimenti la distanza avrebbe fatto ancora più male.
Michael se ne fregò di trovarsi in aeroporto e premette le sue labbra contro quelle dell’altro in un ultimo disperato bacio.
Federico ricambiò e quando fu costretto a separarsi da quelle labbra ebbe un tuffo al cuore, probabilmente realizzando davvero che quello era il loro ultimo bacio.
«Forse un giorno scriveremo una canzone insieme. Chissà» disse Federico per vederlo sorridere un’ultima volta.
Fu così. Michael sorrise tra le lacrime e arricciò il naso.
Non si dissero addio, semplicemente il riccio si voltò e trascinò con sé la valigia.
Federico gli diede le spalle e si incamminò verso casa.
Già, forse un giorno avrebbero scritto una canzone insieme.
 
 
FINE

 
(ULTIMO) ANGOLO AUTRICE:
Voi non potete capire quanto io stia male per dover abbandonare i patatoni in questa storia e per averla fatta finire così ç^ç anch'io ho dei sentimenti e sono anche tanto masochista, perciò mi sono distrutta l'anima nello scrivere quest'ultimo capitolo. Avrei voluto un lieto fine, davvero, ma è andata così. La mia vena angst ha vinto ancora una volta.
Ho tanto da dire in questo ultimo spazio, ma già so che dimenticherò quasi tutto quello che mi sono prefissata di dirvi :/ perciò voglio innanzitutto ringraziare fino alla morte tutte le persone che hanno seguito questo mio racconto, e in maniera speciale e particolare chi mi ha fatto sempre avere la sua opinione attraverso le recensioni! Grazie^n (?) <3 non avrei scritto questa storia, senza di voi. <3 <3 <3
Poi voglio informarvi del fatto che non credo pubblicherò altro qui su EFP, ma lo farò su Wattpad. Perché semplicemente mi scazza l'html e su Wattpad posso pubblicare anche da cellulare quando sono a corto di tempo. Perciò vi rimando con amore (intenso) al mio profilo Wattpad, su cui ho già pubblicato delle midez os o di pochi capitoli: 
https://www.wattpad.com/user/izzits
Approfitto in ultimo per farmi pubblicità e infatti vi linko la nuova long che ho cominciato appunto su Watt e che è un crossover tra i midez e Percy Jackson (sperando vi possa piacere). La trovate QUI!
E niente... "Caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!" <3

 
  
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