Anime & Manga > Doremi
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Autore: Grey Wind    02/04/2009    2 recensioni
Le Ojamajo non si conoscono, il mondo della magia non è mai esistito... le ragazze dovranno scontrarsi con la vita e con i problemi che questa comporta. Il rating è attualmente verde, ma non so se peggiorerà! XD
Pairings: OjamajoxFLAT4
Dedicato alle mie due splendide nee-chan + imotou-chan (rirettificato)! Arigatou...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
Watashi Wa Harukaze Doremi Desu



La sveglia stava suonando da cinque minuti senza che nessuno la calcolasse, piccoli grugniti venivano fuori da un cumulo di lenzuola e coperte aggrovigliate al centro del letto.

E la sveglia continuava a suonare.

Una bella donna dai capelli rossi scuri stava preparando da mangiare con l’abilità che il tempo e un certo talento le aveva donato, giostrandosi tra fornelli accesi e verdure tagliate. Un leggero suono proveniva dalle camere al piano superiore, le pareva la sveglia della figlia maggiore, l’unica che si sarebbe dovuta alzare a quell’ora.

La sveglia aveva anche irritato una bella ragazzina di dieci anni, capelli legati a regola d’arte e vestita di tutto punto per una cerimonia.
Una cerimonia che non avrebbe visto se la sveglia non avesse fatto il suo dovere con quella pasticciona di sua sorella.

L’unico uomo della casa stava russando tranquillamente nel letto matrimoniale, incurante del suono petulante della sveglia nella stanza adiacente; le coperte tirate sopra la testa, gli occhiali dimenticati sul naso e la bocca aperta in maniera un po’ rozza, ma nel complesso divertente.

Questa è la famiglia Harukaze.

La decenne, sempre più innervosita da quel rumore soffuso ma ripetitivo, si alzò dalla sedia della sua scrivania e si recò, sbattendo la porta, in camera della sorella.
-Doremi!- la chiamò spegnendo la sveglia.
In risposta la sorella si chiuse di più nelle coperte.
-Doremi!- ripeté scuotendo quell’ammasso informe.
Mugolii sconnessi si levarono, alla bambina era sembrato un “vattene”, ma non ne era sicura.
-Doremi...- gli scossoni si fecero più forti, la ragazza gracchiò, con un secco monito, di smetterla.
-L’hai voluto tu... DOREMI!- la rosa saltò sull’ammasso di coperte e con un ginocchio andò a colpire lo stomaco della sorella maggiore, provocandole una fitta dolorosissima.
L’urlo lancinante della ragazza fece rizzare a sedere il padre che aveva il cuore in gola e accigliare la madre, che per poco non perse la tazza dalla mano.
-Poppu! Ma sei impazzita?- domandò la povera Doremi, uscendo dal groviglio e tenendosi con le mani la parte lesa.
-Io sarei impazzita? IO? Tra poco ci sarà la tua cerimonia!- le ricordò puntandole un dito contro.
Doremi rimase a bocca aperta, interdetta per un attimo dalle parole della ragazzina.
Poi, come una bomba, esplose all’improvviso, scostando la sorella da davanti, si tuffò dentro all’armadio per prendere la divisa blu con la camicia bianca, linda e profumata per quell’occasione.
L’ultima volta che l’avrebbe indossata.
La fissò per un attimo, pensando a quanto le sarebbe mancata la vita in quell’istituto, a quell’ultima volta che l’avrebbe indossata per prendere il suo diploma delle scuole medie.
Si riscosse e guardò la sorella facendole chiaro segno di uscire perché voleva cambiarsi; la rosa obbedì fissando gli occhi vermigli che brillavano intensamente.

Doremi si sedette sulla sedia davanti allo specchio, i capelli erano sciolti e liberi di incorniciarle il viso e di accarezzarle tutta la schiena, lunghi com’erano. Gli occhi rossi indugiavano sulla frangetta appena spazzolata, per poi cercare le fasce per ricreare i due codini, simboli della sua aria dolce e buffa.
Con un movimento veloce si acconciò e si spogliò del pigiama per poi vestirsi con la divisa, allacciandola velocemente, lisciò la gonna e si diede un’ultima occhiata prima di scendere.
-Buongiorno!- esclamò entrando, guardò la madre seduta di fianco al padre, un boccone di riso a mezz’aria, suo padre invece sorseggiava il caffè col giornale tra le mani, mentre sua sorella mangiucchiava un onigiri con delicata lentezza.
-Oggi è il gran giorno, eh?!- borbottò il padre, alzando gli occhi.
-Hum...- sussurrò la maggiore, sedendosi al suo posto, davanti al padre.
Mangiò i suoi onigiri velocemente, un po’ perché troppo nervosa, un po’ perché aveva fame.
-Se mangi così ti ritroverai col mal di pancia!- la riprese la madre, alzando un sopracciglio.
-Hai ragione... oddio, è tardissimo! Ci vediamo a scuola...- borbottò la rossa, ingoiando l’ultimo boccone e alzandosi dalla sedia, rischiando di cadere inciampando nel tappeto.
-E dovresti andare alle superiori tra poco?- domandò ironicamente Poppu, prima che il portone si chiudesse.

La rossa stava camminando velocemente, le braccia ciondolanti e lo sguardo dritto davanti a sé, concentrata sul suo futuro.
Liceo Shirosaki.
Nonostante fosse una scuola molto impegnativa, era riuscita ad entrarci... era la scuola migliore per accedere all’università e lei doveva inseguire il suo sogno di diventare assistente sociale, a tutti i costi. Le notti insonni china sui libri erano state fruttuose, ma sapeva perfettamente che sarebbe stato solo l’inizio: in quel liceo non c’era nemmeno il tempo di rilassarsi perché le materie erano troppe e troppo impegnative.
Con passo spedito si avvicinò ad un gruppo di ragazzi e sorrise vedendo chi fossero: suoi compagni di classe.
-Buongiorno!- pigolò accarezzando la spalla di Tamaki Reika.
-Oh, Doremi-san! Sei solo tu...- borbottò questa, voltandosi delusa.
-Solo io?!- ripeté accigliata.
-Sì, purtroppo! Solo tu...- gracchiò un ragazzo dai capelli a spazzola.
-Ko-ta-ke!!!- lo ammonì, digrignando i denti con forza.
-Anche oggi dovete litigare?!- domandò perplessa Tatsuki Kaori, una dolce ragazza dai capelli bruni e gli occhi verdi.
-Ma ha cominciato lui!- si lagnò la rossa, puntando il dito contro il ragazzo dai capelli blu.
-Doremi-chan!- la ammonì la bruna, inclinando la testa di lato, dubbiosa.
-Ok, ok...- borbottò calciando un sassolino.
Il gruppetto scoppiò a ridere vedendo le guance della ragazza gonfiarsi e farsi rosse dalla rabbia; quel gesto così abitudinario e infantile li riportava tutti indietro nel tempo, al primo giorno delle medie quando la ragazzina maldestra aveva urlato in mezzo alla lezione il nome del ragazzino dai capelli a spazzola, provocando loro una brutta strigliata.
-Ultimo giorno...- sussurrò Reika, storcendo appena la bocca.
-Uhm...- deglutì Tetsuya mettendosi le mani in tasca.
Doremi si bloccò per un attimo, poi si lisciò inconsciamente la gonna, prima di compiere l’ennesimo passo verso la fine di quell’avventura.

-*-*-*-*-*-

I ragazzi si mossero velocemente salutando il professore che li controllava uno ad uno con occhio iper-critico:
-Harukaze-san, abbottonati la giacca! Kotake-san, potevi evitare di mettere il gel per questa occasione!- gracchiò agitando le mani ovunque.
Doremi di malavoglia eseguì l’ordine, mentre il ragazzo alzò il mento e impettito si diresse al suo armadietto per cambiarsi le scarpe.

In classe c’era il caos più assoluto: tra ragazze piagnucolanti che si abbracciavano e si giuravano amicizia eterna, e tra ragazzi che gridavano e si lanciavano la cimosa addosso, incuranti dell’ultimo giorno di scuola.
-Hey!- sbottò Doremi entrando, e per poco non colpita dal cancellino.
-Scusa Harukaze-san!- sentì dire da qualcuno, mentre l’arma veniva scagliata dall’altra parte della classe.
-Doremi-chaaaan!- singhiozzò Namura Riina, buttandosi al collo della rossa.
-Rii-chan... calma...- sussurrò dando lievi colpi sulla spalla alla ragazza dai capelli e gli occhi nerissimi.
-Scu...scusaaaa!- farfugliò in risposta, gli occhi rossi e le lacrime che le solcavano le guance; lei sarebbe andata a studiare ad Okinawa, dove suo padre dirigeva una catena di alberghi piuttosto importanti, così quello sarebbe stato un probabile addio.
Doremi, vedendo la ragazza in quelle condizioni, non poté fare a meno di abbracciarla nuovamente impiegando tutta l’energia che poteva e cominciando a piangere sulla spalla dell’amica.
-Mi...mi... mancherai tanto!- balbettò tirando su col naso, la ragazza dai capelli nerissimi.
-Anche tu...- rispose la rossa, lasciandola libera dalla stretta e asciugandosi gli occhi con la manica della camicia.
Dopo altri gridolini e altre lacrime, il professore richiamò al silenzio e fece accomodare tutti ai loro banchi, attendendo con pazienza che la confusione scemasse. Una volta che tutti furono composti e in silenzio, la voce del professore risuonò altezzosa come al solito, ma con un filo di commozione:
-Bene ragazzi... siamo giunti all’ultimo giorno di scuola, tra un’ora circa comincerà la cerimonia e spero proprio che riusciate a comportarvi bene...- gli occhi semi-nascosti dagli occhiali vagarono infondo all’aula, dritti a colpire Kotake, tranquillamente seduto a fissare fuori dalla finestra.
-Dopo tre anni insieme ho visto sbocciare ognuno di voi, chi nello studio, chi nell’arte e chi nello sport... tutti voi mi avete fatto passare giornate intense, certe volte sono tornato a casa con il mal di gola... ma tutto sommato sono stati tre bellissimi anni. Vi ringrazio e vi auguro un futuro felice.-
Concluso il suo discorso, la maggior parte della classe aveva gli occhi lucidi, qualche ragazza non riusciva a trattenersi, soffiando più volte nel fazzoletto.
Doremi stava applaudendo con energia mentre dolci lacrime solcavano le guance arrossate, il naso le divenne rosso e involontariamente si mordicchiò il labbro inferiore. Il professor Hiroga era stato un degno insegnante, severo ma gentile, preparato e attento a tutto ciò di cui gli allievi avevano bisogno; la rossa sorrise tra le lacrime, un bel sorriso dolce che brillava di gratitudine e felicità.

-*-*-*-

-Harukaze Doremi!- la voce orgogliosa e forte del professore risuonò nella palestra in cui era in atto la cerimonia della consegna dei diplomi.
La ragazza dai capelli rossi alzò gli occhi al cielo prima di fare i tre gradini che l’avrebbero portata a prendere il diploma.
Con mani tremanti e l’emozione ben visibile negli occhi, prese l’attestato che il professore le aveva passato, si inchinò verso l’uomo, poi si voltò verso il preside e si inchinò nuovamente, come segno di rispetto.
Infine si voltò velocemente e mostrò alla sala il suo attestato, sorridendo verso sua madre che sedeva in seconda fila tra Poppu e suo padre. Scese dal palchetto e si mise seduta, incapace di contenere tanta emozione. Le gambe le tremavano forte, gli occhi pizzicavano e la gola era secca, sapeva che probabilmente alcuni di loro non li avrebbe più rivisti.
Ma era felice.
Nonostante tutto, era felice.

-*-*-*-

I giorni si fecero lenti e, nonostante Doremi avesse auspicato presto l’arrivo delle vacanze, stare in casa per lei era diventato impossibile. Non che nessuno le dicesse qualcosa, però i muri le stavano stretti, il tetto la opprimeva e sua sorella era troppo odiosa per poterla sopportare più del dovuto; la rossa aveva preso l’abitudine di andare a leggere in un parco di un quartiere residenziale poco distante da dove abitava lei. Si accovacciava su una panchina e cominciava a sfogliare il libro di storia o quello di letteratura, cercando di assimilare informazioni su informazioni, giusto per non rimanere indietro o partire svantaggiata rispetto agli altri.

E fu lì che la sua vita prese una strana piega.

Le pareva un giorno simile a tanti altri, il sole primaverile la baciava delicatamente, il vento le scompigliava la frangetta e i petali rosa dei ciliegi in fiore turbinavano e danzavano beatamente.
La ragazza si sentiva in pace con se stessa e col mondo, il libro che aveva in grembo era quello di letteratura, aperto su una poesia piuttosto complessa che parlava dell’amore nato sotto ai grandi ciliegi in fiore in una giornata di sole.
Dopo aver letto un paio di volte ciò che c’era scritto decise di lasciar perdere amori improbabili e si stiracchiò allungando braccia e gambe, tendendo la schiena e chiudendo gli occhi con forza; sentì il sollievo che quel gesto le aveva provocato e rimase ad occhi chiusi, immaginandosi un ragazzo che, come quello nella poesia, le avrebbe sorriso a pochi centimetri di distanza irradiandola con tutta la tua bellezza.
Sentiva dei latrati lontani, una voce che gridava “Shoichi”, ma non se ne curò molto.
Rimase ancora un po’ con gli occhi chiusi, prima che l’ennesimo richiamo non la fece impensierire.
Gli occhi vermigli rimasero accecati dalla luce del sole, facendo vedere a Doremi solo ombre per qualche secondo; sbatté gli occhi e riuscì solo ad aprire la bocca, prima che un grande cane dal pelo chiaro e gli occhi castani le saltasse addosso, cominciando a leccarle la faccia con foga.
-Eh... ehm... buono...- gracchiò la ragazza, muovendo la faccia e facendosi scudo con le mani, cercando di evitare che la bava le impiastricciasse tutto il viso.
-Shoichi! Smettila subito...- una voce calma e secca fece drizzare le orecchie del cane, il quale scese da sopra Doremi e trotterellò ai piedi di colui che sarebbe dovuto essere il padrone.
-Mi dispiace un sacco...- esclamò poi, avvicinandosi alla povera Doremi.
La rossa si voltò verso il ragazzo e rimase abbagliata da quella fulgida bellezza.
-F-figurati...- riuscì a biascicare, con gli occhi sbarrati.
-Tieni...- le porse un fazzoletto candido, sorridendo in maniera gentile e genuina. Inutile dire che il cuore di Doremi stava galoppando a mille, martellandole perfino nelle orecchie e facendola diventare rossa quasi quanto i suoi capelli.
-Grazie...- sussurrò prendendo il pezzo di stoffa e asciugandosi la faccia, mentre di sottecchi fissava quel bellissimo ragazzo dai capelli color rosso scuro, gli occhi del medesimo colore e la pelle abbronzata. Si soffermò a guardare molto quei ciuffi rossi, lunghi fino al collo, lisci e brillanti sotto il sole di metà marzo.
-Mi dispiace molto per Shoichi... scusami...- si inchinò profondamente, dando un paio di pacche sulla testa dell’animale, in segno di monito. Almeno, era il suo intento. Il cane invece uggiolava allegro delle carezze del padrone.
-Non è un problema, davvero... è così carino...- rispose candidamente Doremi, allungando una mano per accarezzare la punta del naso del cane. Questi non si fece attendere e annusò la mano rosea, prima di leccarla con gioiosità.
-Sicura?- domandò preoccupato, osservando l’espressione carina della ragazza.
-Certo! Si chiama Shoichi, no?- domandò muovendo velocemente gli occhi sul ragazzo.
-Sì...-
-Ciao Shoichi... io sono Doremi...- esclamò accarezzando il muso sempre più allegro dell’animale.
-Ti chiami Doremi? Che bel nome...- sussurrò il ragazzo sorridendo.
Ma prima che la ragazza potesse rispondere, il cellulare del padrone di Shoichi squillò brevemente.
-Dobbiamo andare... è stato bello conoscerti Doremi-san! Andiamo Shoichi...- il ragazzo prese per il collare il cane e lo trascinò verso la direzione in cui dovevano andare, lasciando la ragazza di stucco.
“Chissà chi era... certo che è proprio bello... e non so nemmeno il suo nome! Accidenti!” si maledì un paio di volte poi raccolse il libro dalla panchina e si infilò in tasca il fazzoletto usato.
“Sarà meglio che torni a casa...” prese anche la bottiglia d’acqua che aveva consumato e se ne tornò a casa, con la testa un po’ fra le nuvole.

-Sono a casa...- gracchiò aprendo il portone.
-Bentornata!- sentì dire dal padre, in salotto.
Senza aggiungere altro si trascinò in camera sua, ancora persa a meditare su ogni minimo dettaglio di quel volto perfetto, dai lineamenti nobili. Era sicura che la pelle abbronzata profumasse.
“Ma cosa vado a pensare!” si disse, portandosi le mani sulle guance e rotolando nel letto, un po’ in imbarazzo.
-Secondo me non ci sei tutta...- le fece notare Poppu, da qualche secondo entrata nella stanza.
-Ma non si bussa?- urlò scandalizzata.
-Veramente ho bussato tre volte...- rispose la decenne, incrociando le braccia al petto, leggermente indispettita dal comportamento stupido della sorella.
-Io non ho sentito...- replicò la rossa, portandosi le braccia sui fianchi.
-La vecchiaia che avanza, eh?!- la prese in giro Pop, sorridendo. La sorella maggiore chiuse gli occhi e cercò di calmare la rabbia che saliva, affondando le unghie nei fianchi.
-Comunque ti volevo avvertire che stasera papà e mamma usciranno e io andrò da Miko-chan, perciò tu rimarrai sola... ok?-
La rossa alzò gli occhi al cielo e valutò l’idea di potersi ingozzare con tutte le schifezze presenti in casa.
-Perfetto!- esclamò sorridendo a trentadue denti.
-Mi convinci poco...- sussurrò la rosa, scuotendo la testa.
-Ricordati che sono io la sorella maggiore!- le fece presente, notando la strana piega che i ruoli in quella casa avevano preso.
-Sì, sì...- rispose richiudendosi la porta alle spalle.
-Insolente!- esclamò a voce alta, sbattendo un piede a terra e gonfiando le guance come era solita fare. Ecco perché non riusciva mai a stare con Poppu per più di un minuto.

-*-*-*-

Finalmente il tempo parve scorrere in maniera normale, non troppo lentamente come era successo nei giorni precedenti; Doremi continuava ad andare nel parco, un po’ perché il posto le piaceva da matti, e un po’ perché sperava di rivedere Shoichi e il padrone.
Ma dopo cinque giorni di vane attese, si rassegnò al fatto che quel ragazzo potesse trattarsi solo di un miraggio regalatole dalla sua mente contorta che amava creare persone e animali in realtà non esistenti.
“In effetti era troppo perfetto per essere vero!” si disse dopo che un latrato l’ebbe ridestata dalla lettura di un brano particolarmente noioso.
Richiuse arrabbiata il libro e lo gettò di fianco, parandosi gli occhi con le mani per l’accecante luce che inondava quella giornata.
-Ciao Doremi-san!- sentì dire da quella voce che aveva tanto sperato di poter sentire.
Si tolse la mano e aprì con vigore gli occhi rossi, rimanendo incredula di fronte al ragazzo.
-Ciao...- sussurrò.
-Posso sedermi?- domandò indicando il punto in cui giaceva il libro.
-C-certo!- velocemente cacciò il testo nella borsa e sorrise imbarazzata.
-Non mi sono ancora presentato...- esclamò una volta che si fu messo seduto.
-Mi chiamo Shidoosha Akatsuki...- tese la mano in direzione della ragazza, sorridendo educatamente.
-Piacere, sono Harukaze Doremi!- rispose meccanicamente, abbagliata dalla bellezza che il ragazzo irradiava.
Si strinsero la mano, quella di Akatsuki era incredibilmente calda, e Doremi tirò fuori il fazzoletto lavato per restituirglielo.
-Tienilo pure...- esclamò lui, prendendo tra le sue, la mano con il fazzoletto e chiudendola gentilmente.
-O-ok... grazie!- rispose, stringendo il pezzo di stoffa con forza.

Forse era il sole che picchiava forte nonostante fosse solo marzo, più probabilmente fu il tocco delicato e deciso di Akatsuki, ma quella sera Doremi sembrava avesse preso un colpo di sole tanto era rossa.

Fine Primo Capitolo
  
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