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Autore: sfiorarsi    06/04/2016    7 recensioni
[Sterek | rigorosamente fluff | 1464 parole]
Il viso sporco di farina, la bocca semichiusa, le palpebre serrate e alcune gocce d’impasto a lambirgli la t-shirt: così Derek lo ritrovò, il mattino seguente, addormentato in posizione rilassata, a pancia all’aria, uno spiraglio di pelle scoperta da uno spostamento involontario del tessuto leggero della maglietta. Derek sorrise carezzandogli la punta del naso, osservandolo sbattere le palpebre e mettersi a sedere in maniera forsennata, per poi guardare le sue labbra aprirsi in un sorriso sghembo e pronunciare tre semplici parole: «Buon compleanno, Sourwolf!».
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Happy birthday, Sourwolf!
 
Lo stridere delle ruote del carrello accompagnava il passo nervoso e veloce di Stiles, che ciabattava lungo le corsie del supermercato, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi ad ogni svolta che gli scaffali subivano. Il carrello era quasi del tutto vuoto, se non fosse stato per una confezione di dieci bustine di lievito, un pacco di farina – che Stiles aveva rischiato di rovesciare insieme ad un’altra dozzina di confezioni – e un contenitore da sei uova.
Se qualcuno gli avesse detto, a malapena qualche settimana prima, che si sarebbe trovato in un supermercato, con tutta l’intenzione di compiere un gesto quasi normale, umano – si accontentava del quasi, consapevole di quando il sovrannaturale avesse potuto influire sulla sua vita – non avrebbe creduto ad una sola parola, e avrebbe concluso il dialogo con una sonora risata. Ritrovarsi in un supermercato era, di per sé, un evento sconvolgente che, unito all’ora tarda di cui era compagno, Stiles trovava l’insieme decisamente insolito.
Afferrò un cartone di latte, sobbalzando al tonfo che la confezione emise rimbalzando sul carrello, preso com’era dalla linea di pensieri aggrovigliati che gli annodavano lo stomaco e gli intestini, mentre ogni secondo che passava contribuiva a peggiorare la visione che aveva dell’idea partorita dalla sua mente. Preparare una torta per il compleanno di Derek – che, incredibile a dirsi, era ghiotto di torta al cioccolato – dava a Stiles l’impressione di star per commettere un grosso errore. Se il maggiore avesse scoperto la sua “gita” notturna, si sarebbe ritrovato legato al letto e chiuso a chiave – non che gli sarebbe dispiaciuto, se ci fosse stato Derek a tenergli compagnia. Stiles, però, non riusciva ad autoconvincersi di star totalmente sbagliando: in occasione del compleanno della persona più scorbutica e burbera che conoscesse – persona di cui era profondamente e umanamente innamorato – aveva deciso di affondare nel tentativo di riuscire ad addolcirlo un poco, come succedeva quando si trovavano a letto, in un rilassante e caldo torpore del post-coito. In quelle occasioni Derek si lasciava andare a teneri baci e coccole, che facevano sentire Stiles completamente in balia di quei gesti.
Si lasciò andare ad uno sbuffo deciso non appena il carrello urtò un angolo dello scaffale, facendo cadere due lattine di coca-cola proprio ai suoi piedi. Con una grazia un po’ impacciata si chinò per recuperarle, tenendosi in equilibrio serrando le dita attorno al freddo metallo di un ripiano. Si diresse alla cassa in tutta fretta, accorgendosi di essere l’unico cliente nel supermercato – alle tre del mattino non poteva sperare in alcuna compagnia, se non quella dell’uomo ubriaco poggiato alla staccionata all’ingresso. La cassiera – una donnaccia di mezza età, con lunghi e unti capelli neri, intenta a limarsi le unghie in modo forsennato – si affrettò a calcolare il prezzo totale e a consegnare il resto, per poi dedicarsi nuovamente alle sue mani sudicie. Stiles ripose il carrello, con cura, lungo la fila, per poi trasportare il sacchetto con gli ingredienti fino alla Jeep, non prima di aver sganciato un paio di dollari all’ubriaco di fronte alla staccionata, colto da un improvviso e inaspettato senso di bontà smisurata.
I fanali della sua macchina si proiettavano sull’asfalto umido, dettaglio lasciato come memoria della pioggia che, qualche ora prima, aveva bagnato le strade di Beacon Hills e impregnato l’aria di umidità. Teneva una mano poggiata sul volante, l’altra impegnata a reggere il mento, testimonianza silenziosa di pensieri contrastanti. Non riusciva a identificare l’entità di quel gesto dal quale, con una convinzione che ora sembrava sparire nei meandri più reconditi della sua mente, si era lasciato trascinare in balia del tumulto degli eventi. Non era intenzionato, comunque, a ritirarsi e a rivolgere a Derek dei semplici auguri, accompagnati da un semplice regalo – che il maggiore tentava di rifiutare in ogni caso. Voleva fare per Derek qualcosa di umano, qualcosa che venisse dal cuore, qualcosa che, a costo di farlo dannare, avrebbe potuto significare qualcosa per il lupo – che troppo spesso, Stiles aveva ripetuto tra sé e sé, era stato deluso.
Fermo al semaforo, si lasciò cullare dal buio che lo circondava, i profili degli alberi scuri sul ciglio della strada, le gocce d’acqua a risaltare sul vetro del parabrezza, la luce abbagliante del semaforo ad illuminargli il volto di un rosso acceso che, divenuto un verde pallido, scomparì alla vista di Stiles così velocemente come era comparso. Si impose di esaminare in modo logico e fermo la situazione, ma ciò contribuì solo all’agitazione – dovuta a cosa, Stiles non lo sapeva – crescente fra cuore e gola. Svoltò l’angolo, individuando quasi subito casa sua, in cui Derek stava – Stiles sperava – dormendo. Nel modo più silenzioso che riuscì a svolgere, si affrettò a spegnere il motore e recuperare la spesa, reggendola con un ginocchio mentre con due giri di chiavi aprì la porta. Brancolò nel buio, sbatacchiando qua e là fra le stanze, urtando uno spigolo con un fianco, mordendosi la lingua per trattenere l’urletto di dolore. Accendendo le luci della cucina, si mise subito al lavoro: appoggiò il giubbino sullo schienale della sedia, si sfilò le scarpe – che ripose accuratamente al di sotto del termosifone – e cominciò a preparare gli ingredienti per il suo strambo e inusuale progetto.
Ciabattava, con i calzini neri a fasciargli i piedi, lungo il perimetro della cucina, abbandonando la confezione di farina pericolosamente vicina al bordo del tavolo, le uova in bilico fra il cartone del latte e le bustine di lievito, mentre lui era intento a ragionare, spremendosi le meningi e recuperando di scatto, un manuale di cucina dallo scaffale dietro la porta. Sfogliava con foga le pagine, come se una presenza gli stesse continuamente punzecchiando il capo, obbligandolo a sbrigarsi e a perdersi nella ricerca di una ricetta semplice e adatta. Trovò quella che fece al caso suo, piegando fermamente il libro per mantenerlo aperto, mentre si affrettò a recuperare una ciotola e un mestolo. Si impegnò davvero nel mescolare il tutto, versandosi un po’ di farina sulla maglietta e sulla faccia, starnutendo silenziosamente ma proseguendo, imperterrito, nel suo arduo compito – rompendo prepotentemente le uova, rischiando quella ventina di volte di far cadere un pezzo di guscio nel composto. Mentre sbatacchiava di qua e di là l’impasto, aggiungendo il lievito, ripensava al primo compleanno di Derek che, circa due anni prima, avevano avuto l’occasione di trascorrere insieme. Aveva regalato lui “La saga del lupo”1 guadagnandosi, in un primo momento, un’occhiata che, a dire assassina, sarebbe eufemismo. Ma poi, con suo immenso piacere, si era accorto che Derek si accingeva spesso, nei momenti di solitudine, a leggere quelle righe con forbito interesse, dando a Stiles quel pizzico di orgoglio di cui tanto necessitava. Ripensava a questi momenti, mentre il composto prendeva una forma arrotondata, abbandonato nella ciotola per lievitare. Si accinse velocemente a preparare la farcitura al cioccolato, gettando un’occhiata vacua all’orologio sopra la sua testa – movimento che pose il rischio di farlo quasi cadere di schiena – per accorgersi che erano le quattro del mattino inoltrate.
Si concentrò sul lieve ticchettio delle lancette, unica compagnia in una notte tiepida di giugno2, mentre impastava, frullava e, ahimè, sporcava ogni superficie presente. Con mano tremolante si affrettò a scrivere un augurio sulla torta, per poi riporla in frigo con la massima cautela – da lui consentita – e ignorando il regnante disordine dell’ambiente circostante, abbandonando gli strumenti da lavoro alla rinfusa sul bancone, e buttandosi a capofitto sul tessuto morbido del divano, ponendosi un braccio sulla fronte e accavallando le gambe sul bracciolo opposto del sofà. Si addormentò in quello che sembrò un istante, due occhiaie scure a risaltare sulla pelle ricoperta di farina e macchie di cioccolata.
Il viso sporco di farina, la bocca semichiusa, le palpebre serrate e alcune gocce d’impasto a lambirgli la t-shirt: così Derek lo ritrovò, il mattino seguente, addormentato in posizione rilassata, a pancia all’aria, uno spiraglio di pelle scoperta da uno spostamento involontario del tessuto leggero della maglietta. Derek sorrise carezzandogli la punta del naso, osservandolo sbattere le palpebre e mettersi a sedere in maniera forsennata, per poi guardare le sue labbra aprirsi in un sorriso sghembo e pronunciare tre semplici parole: «Buon compleanno, Sourwolf!».
 
*
 
Se qualcuno avesse detto a Stiles, appena qualche settimana prima, che si sarebbe ritrovato sul divano abbracciato a Derek – la cui bocca macchiata di cioccolato era un’imperfezione che non sminuiva la sua bellezza, anzi la esaltava – con una fetta di torta da lui preparata fra le mani, il gusto dolce a lambirgli le papille gustative e intento, in compagnia del maggiore, a godersi una maratona di film della Disney, Stiles non avrebbe creduto ad una sola parola, e avrebbe concluso il dialogo con una sonora risata.3 Ma fu quello che successe, nonostante i dubbi e l’improbabilità, e il giovane Stilinski affondò nel crogiolo di quel tepore – così inusuale e ricercato a lungo – che, per una volta, aveva un calore umano.
 

 
Nota 1: “La saga del lupo” è un romanzo di Michelle Paver, che ho scelto esattamente per le vicende che narra, in cui Stiles scorge una sorta d’ironia se il libro si trasforma in un regalo destinato ad un lupo mannaro;
 
Nota 2: secondo la mia umile e logorroica mente, Derek è nato il 15 di giugno. Non conosco il motivo particolare della mia scelta, ma volevo che avesse un contatto con del calore che non fosse quello del suo corpo;
 
Nota 3: come avrete notato, ho ripreso la frase due volte per sottolineare l’autoironia e il sarcasmo di Stiles in ogni situazione, umana o sovrannaturale che sia – anche se, come tutti sanno, ha una propensione per l’ultima elencata.
 
Nota 4: (anche se non esiste) spero abbiate apprezzato la lettura di questa one-shot tanto quanto io ho apprezzato scriverla. Mi farebbe piacere ricevere un vostro parere, mi fareste tanto felice. In cambio, tanti biscottini – non canini!
  
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