Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Darkrystal Sky    06/04/2016    1 recensioni
MULTI-CROSSOVER FIC Conoscete tutti la storia di Edward e Alphonse Elric, ma quanto cambierebbe questa se le persone che hanno incontrato durante il loro viaggio non fossero le stesse? Se il Viaggio tra Dimensioni parallele fosse di dominio pubblico e il Multiverso fosse al centro di una faida millenaria?
La storia di Fullmetal Alchemist come non l'avete mai vista.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Envy, Roy Mustang
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4 - La Città dell’Eresia

Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato
e non ascoltò il mio dolore,
ma forse era stanco, forse troppo lontano
davvero, lo nominai invano.

Fabrizio De André - ‘Il Testamento Di Tito’
 
Alcune ore prima…
“Ascoltatemi: i miracoli che fa quell’uomo non sono nient’altro che alchimia!” annunciò Ed, cercando di risolvere la situazione in maniera diplomatica.
 “Bugiardo!” gridò una voce. La folla si aprì per far passare Esther. “Gli alchimisti sono dei miscredenti che cercano di innalzarsi al di sopra di Dio, ma sono destinati a cadere!”
“Queste sono parole tue o di padre Anderson?” le chiese Ed.
“Le mie parole dicono solo la verità: nessun alchimista sarà mai in grado di eguagliare il potere di Dio. Lo dimostra il fatto che il mio Dietrich è tornato a me.”
Dal tetto di un palazzo proprio sopra il crocevia, Oriel e Alphonse osservavano Edward, con al suo fianco una perfetta ma taciturna riproduzione dell’armatura di Al, confrontarsi con i cittadini di Istvàn.
“Non mi ero aspettata l’arrivo di Esther” bisbigliò Oriel. In quel momento, la discrezione era fondamentale.
“Nemmeno io. Comunque sta andando tutto secondo i piani, no?” rispose Alphonse, sempre sottovoce.
Proprio in quel momento, la terra prese a tremare e comparve una statua semovente che raffigurava Dio, formata da alberi e arbusti intrecciati.
Oriel scoccò ad Alphonse uno sguardo truce.
“Ti prego, la prossima volta non dire nulla...”
Se avesse potuto farlo, l’armatura sarebbe arrossita.
“Non ho mai visto un’alchimia del genere: non sapevo si potesse animare della materia vivente” disse Al, per cambiare discorso, indicando la statua-pianta.
Oriel scosse la testa. “Nemmeno io, la quantità di energia necessaria sarebbe esorbitante…ma dev’essere un qualche tipo di Alchimia Organica.”
“Alchimia organica? Ma certo…” mormorò Alphonse. “Come quella che si usa per compiere trasmutazioni umane…”
“A proposito di trasmutazione umana...” fece Oriel lanciando un’occhiata di sbieco al ragazzino in armatura. “Quello che Edward ha detto prima... è vero?” Alphonse non rispose. Oriel fissò l’amico per qualche secondo, in attesa, ma lui non si voltò verso di lei, e non era possibile capire cosa gli stesse passando per la testa. “Riprenderemo questo discorso in un altro momento” cedette la ragazza.
Alphonse fece un breve cenno d’assenso. Proprio in quel momento, la statua-pianta distrusse il falso Al con un semplice gesto della mano, e lui non poté fare a meno di sussultare.
“Ah, fratellone!” esclamò, preoccupato, mentre l’altra mano afferrava Edward e lo portava via.
“Dobbiamo aiutarlo. Immagino che dovremo dividerci…” Oriel si mordicchiò il labbro inferiore. “Questo non lo avevo previsto…”
La folla si disperse. Oriel e Alphonse attesero ancora qualche minuto per essere certi che nessuno potesse vederli. Quando si alzarono, con l’intenzione di scendere dal tetto, una figura apparve nella piazza ormai deserta, costringendoli ad accucciarsi di nuovo: era padre Anderson. L’uomo esaminò da vicino la copia distrutta dell’armatura di Al e, apparentemente soddisfatto, lasciò la piazza in silenzio. Quando il prete si fu allontanato, Oriel si alzò finalmente in piedi.
“Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile” disse la ragazza. “E dobbiamo liberare Edward. Potremmo unire le due cose…”
“E come?”
Oriel sorrise maliziosamente.
“Ho una mezza idea…”
-
Ora
Alphonse ed Esther si arrampicarono sulla torre del campanile, dove Al aveva posizionato un altoparlante ricavato dalla campana. Lo collegò ad alcuni fili che gli aveva procurato Oriel, quindi lo accese.
“Cosa hai intenzione di fare con me?” La voce di Edward, amplificata dalla campana, risuonò per tutta la città.
“Ma questo è tuo fratello!” esclamò Esther.
“Farti semplicemente scomparire adesso susciterebbe il dubbio nella gente di Istvàn: sono ancora acerbi, deboli, ignoranti, hanno bisogno di qualcosa che infiammi la loro fede. Solo così potranno essere salvati.”
“E questo… è padre Anderson!” riconobbe Esther.
“Questo altoparlante è collegato con la cella in cui ha fatto rinchiudere il fratellone” spiegò Alphonse.
“Padre Anderson ha imprigionato Edward?”
“Già. Ha mandato una statua fatta di piante a fare il lavoro sporco.”
“E tu come hai fatto a non essere catturato?”
“Mi sono finto morto.”
Esther lo guardò con espressione sorpresa.
-
Edward era stato rinchiuso in una cella e gli avevano incatenato entrambe le mani sopra la testa, in modo che non potesse né muoversi, né usare l’alchimia.
“Si può sapere perché ce l’hai così tanto con i militari?” chiese Edward, fissando il prete negli occhi.
L’uomo, completamente all’oscuro del fatto che tutta la città lo stesse ascoltando, gli scoccò un’occhiata gelida.
“Voi bastardi, specialmente gli Alchimisti di Stato, sottraete alla Chiesa preziosi servitori. Questi idioti vi seguono, strabiliati dalle vostre capacità sovrumane: una mente semplice potrebbe cominciare a pensare che il potere di un alchimista è simile a quello di Dio. E voi, con la promessa del vile denaro, comprate la fede del prossimo. Pugnale e veleno, trenta denari e una rozza fune!” Nei suoi occhi passò un lampo di rabbia. “Dichiarate di essere al servizio della popolazione, mentre in realtà esercitate solamente potere e violenza. Pensi che non lo sappia? È solo grazie a me che la gente di Istvàn non è stata ancora ridotta come quei cani infedeli di Ishbal.”
Edward strinse gli occhi.
“Sei a favore delle politiche contro Ishbal?”
“La violenza contro un popolo non è mai giustificata, ma l’arroganza degli Ishbaliani di dare un nome a Dio è stata giustamente punita” replicò l’uomo. “Se quel popolo ha sofferto, è anche per Suo volere.”
“Tutto questo non ti sembra un poco ipocrita?  Ti lamenti del potere dell’esercito, però ti sei auto-proclamato leader e guida di questa gente e pretendi di controllarli attraverso la tua religione!”
“Ti sbagli!” esclamò Anderson, alzando il tono della voce e torreggiando minacciosamente sul ragazzo. “Questo ruolo, questo potere, mi sono stati legittimamente assegnati da un Emissario di Dio!”
“Un Emissario di Dio, eh?” mormorò Ed, abbassando il braccio per afferrare un pezzo di pane dal vassoio che gli avevano portato per colazione. “Interessante… Sei assolutamente certo che non si tratti di un impostore?” chiese, addentando la pagnotta.
Anderson non si fece turbare da questa domanda.
“Non negherò di averci pensato, soprattutto all’inizio, quando ero pieno di dubbi: perché ero stato scelto io, perché l’Emissario mi aveva mandato proprio in una cittadina insignificante come Istvàn, perché il potere che mi aveva donato si manifestava solo attraverso questo anello?” disse, sollevando la mano, al cui dito brillava l’anello con incastonata la pietra rossa. “Ma le vie del Signore sono infinite, e finché la gente di Istvàn penserà di avere un Dio onnipotente che resuscita i morti e che veglia su di loro, non sarà spaventata da nulla se non dall’agonia eterna della loro anima immortale, e io potrò mostrare loro la via per la salvezza. Perché la salvezza è nell’unico, vero Dio, e…” Padre Anderson ammutolì: finalmente si era accorto che Edward era libero dalle catene e stava sbocconcellando la sua colazione. “Ma che…”
“Perché ti sei fermato? Stava diventando interessante!” esclamò il ragazzo. “E credo proprio che lo pensino anche tutte le persone che hai definito ‘deboli’ e ‘ignoranti’ e che vivono in una, a detta tua, ‘cittadina insignificante’…”
Con un sorriso furbo, Ed si fece da parte per mostrare all’uomo il buco nel muro dentro al quale era appoggiato il microfono collegato alla campana-altoparlante, che aveva tenuto nascosto per tutto il tempo standoci seduto davanti.
Anderson ringhiò, mentre trasmutava dalla polvere del pavimento delle baionette, con le quali attaccò Edward. Con una di esse tranciò il cavo del microfono, ma ormai era troppo tardi. Edward si scansò per evitare le baionette del prete, poi batté le mani e trasmutò il suo braccio automail in una lama, con la quale parò il secondo attacco di padre Anderson. I due si scambiarono diversi colpi senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere. Il prete, però, era molto più anziano dell’alchimista, e dopo alcuni minuti di confronto, vedendosi in difficoltà, non poté fare altro che darsi alla fuga. Passò accanto a sorella Heinkel e ad altri religiosi, confusi e spaventati, ma li ignorò e corse fuori dalla chiesa. Giunto sul sagrato, fu costretto a fermarsi: tutta Istvàn si accalcava davanti all’edificio agitando i pugni e gridando. In mezzo alla folla c’era anche Oriel, di nuovo in abito da suora e con i grandi occhiali tondi.
“Padre Anderson, pensate davvero ciò che avete detto dei vostri cari fedeli?” gridò in tono accorato. Era tornata a interpretare il ruolo di sorella Yumiko. “Come potete essere così crudele?”
La folla gridò e avanzò verso il prete, e Oriel-Yumiko fu inghiottita dal flusso di persone che si stavano riversando sul sagrato della chiesa. Vedendosi circondato, Anderson non riuscì a mantenere il proprio autocontrollo.
“Voi non siete nulla! Siete cenere! Siete polvere!” sbraitò alla folla. “È solo per grazia divina che ho deciso di fermarmi in questa città a proteggere voi, che discendete dallo stesso popolo da cui hanno avuto origine gli infedeli Ishbaliani! Ringraziate la misericordia Divina e temete la sua ira!”
Con un gesto della mano e un bagliore dell’anello, fece crescere a dismisura gli alberi che circondavano la piazza, che con le loro radici fecero saltare via le pietre della pavimentazione. Rovi taglienti come acciaio minacciarono la folla, che arretrò, spaventata. Edward, che aveva seguito il prete fin sul sagrato, intervenne in difesa della popolazione, tagliando gli arbusti senza pietà con la lama del suo braccio destro.
“Mi hai proprio stufato con le tue spacconate, vecchio” ringhiò il ragazzo. “Ora goditi il mio spettacolo!”
Batté le mani e le posò a terra. Dietro di lui si udì un boato, e l’enorme statua di Dio col sole in mano, che stava seduta sul trono dietro all’altare della chiesa, si alzò in piedi e, sfondando il tetto dell’edificio e parte della parete, uscì sul piazzale.
Alphonse osservava compiaciuto la scena dall’alto del campanile.
“Anderson non sarà mai in grado di muovere un oggetto così grande” disse. “Mio fratello sì, perché lui è un genio.”
Inginocchiata accanto a lui, Esther piangeva silenziosamente, condividendo con i suoi concittadini il sentimento di paura e disgusto che li aveva colti quando padre Anderson si era rivelato per ciò che era veramente: un fanatico religioso che li considerava feccia.
La statua di Dio abbassò un braccio e bloccò padre Anderson a terra. Il prete si aggrappò alla mano della statua per tentare di distruggerla e liberarsi, ma quando utilizzò il potere dell’anello con la pietra rossa, questo, inaspettatamente, gli trasmutò il braccio in un orrendo ammasso di carne e pietra. L’uomo gridò per il dolore e lo shock, e si strinse il braccio al petto. Ed gli corse incontro e gli afferrò la mano per osservare meglio l’anello. La sua luce smise di pulsare, quindi la pietra rossa s’incrinò e poi si ruppe.
“Ma cosa...” farfugliò, scioccato. “Questa non è la Pietra Filosofale!” Subito dopo lo stupore si tramutò in rabbia. “Abbiamo fatto questo gran putiferio... e abbiamo perso tutto questo tempo... per una patacca?!” gridò.
La rabbia lasciò ben presto il posto alla depressione. In silenzio, il ragazzo si voltò e si allontanò dal sagrato. La folla si apriva al suo passaggio, ma nessuno disse nulla. Passò accanto a Oriel, che gli si affiancò.
“Mi dispiace che non fosse la vera Pietra, Ed” disse, posandogli una mano sulla spalla. “Ma guarda il lato positivo: hai liberato la città da un fanatico megalomane!” Edward ignorò le sue parole, e la ragazza capì che non c’era altro da dire.
Giunti ormai alle porte della città, furono raggiunti da Alphonse ed Esther. La ragazza aveva il viso rigato dalle lacrime, ma l’espressione risoluta e furiosa.
“Perché ci avete fatto questo?!” li attaccò la ragazza. “I miracoli di padre Anderson rappresentavano la nostra unica speranza!”
“Stai dicendo che sarebbe stato meglio lasciare tutto com’era?” replicò Ed, serio.
Esther finse di non averlo sentito.
“Ora io che farò? Quale sarà la mia ragione di vita da questo momento in avanti? Forza, ditemelo!” gridò, guardandoli uno alla volta.
Ed la fissò per qualche istante, poi si voltò.
“Devi scoprirlo da sola” disse senza guardarla. “Alzati e cammina. Se non altro, tu hai ancora tutte e due le tue vere gambe...”
Detto questo, riprese a camminare, diretto verso la meta successiva. Dopo pochi secondi, Oriel lo seguì, e poi anche Al, mentre Esther si accasciava a terra, in lacrime.
-
Sorella Heinkel era comparsa al momento giusto e aveva aiutato padre Anderson a scampare al linciaggio, trascinandolo insieme a lei all’interno della chiesa, sbarrando le porte e portandolo nella stanza privata dell’uomo, dove qualcuno stava già aspettando.
“Emissario di Dio, perché mi hai mentito?” chiese padre Anderson all’angelo coi capelli scuri e gli occhi viola. “Quell’oggetto non conteneva potere divino, ma lurida alchimia! Credevo di essere stato scelto per diventare uno strumento di Dio!”
Sorella Heinkel rimase in piedi davanti alla porta, sul viso un’espressione indecifrabile.
“Certo che era alchimia” rispose l’Emissario, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. “Per la precisione, era una Pietra Filosofale incompleta. Questa città non era altro che una semplice esca per attirare quanti fossero stati interessati a quell’oggetto...”
“Cosa?!” gridò Anderson.
Dall’ombra spuntò l’uomo grasso e calvo che aveva tentato di mangiare Esther.
“Lust, che dici, adesso posso mangiarlo, il signore?” chiese con la bava alla bocca.
“E quest’essere che cosa sarebbe?” fece Anderson, arretrando di un passo. “Perché ti ha chiamata Lust?”
La donna sorrise.
“Perché è il mio nome.”
Si sbottonò il collo dell’abito bianco e Anderson si accorse con orrore che sul petto della donna era tatuato un piccolo serpente rosso che si mordeva la coda.
“Tu… non sei un angelo… sei un demone!” gridò.
“Allora, Lust?” si intromise il grassone. “Posso mangiarlo?” Tirò fuori la lingua, e Anderson vide che anche su di essa era tatuato lo stesso serpente.
Il sorriso della donna si fece crudele. Alle sue spalle, sorella Heinkel scoppiò in una risata, mentre i suoi occhi, dietro gli occhiali da sole, si tingevano di viola. Padre Anderson si voltò verso di lei, scioccato.
“Sorella Heinkel...” mormorò. “Anche tu...”
“Spiacente, padre, ma se avessi fatto più attenzione ti saresti accorto che c’erano due sorelle Heinkel fuori sul sagrato.”
 “Voi siete… demoni!” esclamò padre Anderson.
L’Emissario di Dio fece un gesto con la mano.
 “Mangialo pure, Gluttony.”
-
Il gruppo di preti, suore e chierici della Chiesa di Istvàn si era riunito dietro l’altare della chiesa, tanto confuso quanto la popolazione dai recenti avvenimenti. Sorella Heinkel aveva cercato di calmare la folla, ma invano, e aveva dovuto ripiegare a sua volta all’interno della chiesa. Improvvisamente, padre Anderson comparve da dietro l’abside, scuro in volto e col braccio ferito fasciato.
“Padre! La prego, ci dica cosa fare? La gente è fuori controllo!” esclamò sorella Heinkel non appena lo vide.
L’uomo trasse un lungo sospiro prima di parlare.
“Aprite le porte: parlerò io con loro” ordinò. I religiosi obbedirono e aiutarono l’uomo ferito a salire sul pulpito, mentre la gente arrabbiata e confusa si riversava nella navata. “Gente di Istvàn, vi devo delle scuse.” Anderson parlò nel microfono non appena vide che la chiesa cominciava a riempirsi: la sua voce risuonò in tutto l’edificio e anche all’esterno. “Ho peccato di arroganza, ho lasciato che la rabbia del mio passato prendesse il sopravvento e ho usato il potere di Dio per i miei fini e scopi, invece di usarlo per diffondere il Suo verbo e aiutare voi... e di conseguenza, l’ho perduto” raccontò con rammarico. “Non sono che un uomo” sospirò, scendendo lentamente gli scalini del pulpito per portarsi tra la folla. “Ed ora non posso che scendere al vostro livello per chiedervi aiuto per percorrere una via più pura. Vi prego, accompagnatemi in una rivoluzione della nostra Chiesa, una Chiesa al servizio della gente, una Chiesa dove tutti sono davvero uguali e nessuno viene discriminato per il suo sesso, il suo livello di cultura o il colore della sua pelle.”
La folla si guardò intorno, senza che nessuno sapesse bene come rispondere: l’uomo sembrava davvero pentito. Una bambina si fece avanti e afferrò la mano dell’uomo, che le sorrise caldamente, sollevandola da terra e prendendola in braccio. La piccola fece un gridolino di gioia, e padre Anderson le accarezzò la testa con dolcezza. Il gesto spontaneo dell’uomo scaldò il cuore dei presenti, che si avvicinarono ad Anderson con più fiducia.
Da una delle arcate superiori, insieme all’uomo grasso che stava ancora finendo di divorare un braccio del prete, la donna di nome Lust osservava la scena.
“Mi spiace Envy, ma a quanto pare dovrai mantenere quel ruolo per qualche tempo…” disse con voce atona.
Come se l’avesse sentita, ‘Anderson’ alzò lo sguardo verso di lei e sorrise. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Darkrystal Sky