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Autore: Himenoshirotsuki    06/04/2016    4 recensioni
[Fantasy Steampunk]
La Dogma e la Chiesa, le colonne portanti di questo mondo. L'una che agisce con il favore dell'ombra, chiamando a raccolta i suoi cacciatori, gli Slayers, per combattere i mostri; l'altra che muove le sue armate di luce contro le vessazioni e i miscredenti in nome di un dio forte e misericordioso.
Luce e ombra, ying e yang che si alleano e si scontrano continuamente da più di cinquant'anni.
Ma è davvero tutto così semplice? La realtà non ha mai avuto dei confini netti e questo Alan lo sa. In un mondo dove nulla è come sembra e dove il male cammina tranquillo per le strade, il cacciatore alla ricerca della sua amata si ritroverà coinvolto in un qualcosa di molto più grande, un orrore che se non verrà fermato trascinerà l'umanità intera nel caos degli anni precedenti l'industrializzazione. Perchè, se è vero che la Dogma e la Chiesa difendono gli umani dai mostri, non è detto che non sarebbero disposte a crearne per difendere i loro segreti.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Slayers '
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Slayers
Act. 2 - Riddle



Il vento soffiava da ovest e frusciava tra gli alberi, accarezzando il soffice tappeto d'erba della radura. Le nuvole celavano la luna che, con la sua luce biancastra, illuminava appena il paesaggio. Alan osservò i monoliti in acquamarina avvolti da morbidi tentacoli di nebbia, incantato e inquieto allo stesso tempo, mentre i due compagni rimanevano alle sue spalle in religioso silenzio. Un dubbio si era insinuato nella mente di tutti e solo dopo cinque minuti buoni Gabriel osò esprimerlo.
- È già notte. Abbiamo camminato così tanto...? -
- È probabile che sia un’illusione. - rispose Rachel affiancandolo, le Bladegun sempre strette tra le mani, - Se è vero che siamo nel paese delle fate, è più logico pensare che tutto quello che vediamo sia frutto della loro magia. -
- E… quindi? Cioè, adesso dove siamo? -
- Forse ancora nella palude, forse nel bosco, forse in un’altra dimensione. Difficile a dirsi. -
- In un’altra dimensione?! No, è impossibile, nessuna creatura può… -
- Potremmo rimandare le spiegazioni a più tardi? Questo posto non mi piace per niente. - li interruppe bruscamente Alan.
Con uno sbuffo infastidito si incamminò verso le dodici pietre. Il chiarore lunare delineava il contorno dei monoliti, disposti in due anelli concentrici. In fondo, avvolto da rampicanti e muschio, c’era quello che il cacciatore dedusse essere un altare, un blocco di cinque metri di giada insanguinata, arrossata nei punti da cui un liquido denso e apparentemente ancora fresco gocciolava su una macchia di terra nera. Nonostante lo splendore che gli si profilava davanti, Alan non oltrepassò il perimetro delle prime pietre: se quello era davvero il mondo delle fate, entrare in un cerchio dove potevano compiersi riti e sacrifici umani non costituiva tanto un rischio, quanto un evidente tentativo di suicidio. Si fermò a meno di qualche braccio, cercando un qualsiasi punto di riferimento che lo aiutasse a capire come dovessero proseguire. Udiva ancora lo scrosciare dell’acqua provenire da una direzione indeterminata al di là della nebbia. All’inizio aveva pensato ci fosse un fiumiciattolo, ma adesso non ne era più tanto sicuro, non quando il rumore si fondeva col silenzio come l’eco di un sogno.
- E ora? - chiese a Rachel.
- Non lo so, ci sto riflettendo. -
- Fallo in fretta. -
- L’indovinello parlava di stelle calanti. Potrebbe riferirsi all’ovest. - azzardò dopo un attimo.
- Potrebbe. - Gabriel si massaggiò il mento e Alan lo guardò far finta di pensare per darsi tono, - Come ogni buon investigatore, ho sempre cercato di informarmi su ogni cosa e sì, posso assicurarti che la luna e le stelle tramontano proprio ad ovest. -
- Se non ce lo avessi detto tu, non lo avremmo mai capito. - borbottò Alan tra i denti e roteò gli occhi esasperato.
- Mi pare di ricordare anche il motivo per cui le fate guardano ad occidente. - aggiunse Gabriel, convinto di aver fatto colpo, ma Rachel lo stroncò con un gesto noncurante della mano.
- Non è importante ora. -
- Ma… ma… - boccheggiò smarrito.
- Non. Ora. - scandì gelida e il modo con cui pronunciò quelle parole fu più che sufficiente per metterlo a tacere.
Alan stava per fare una battuta, quando un’enorme sagoma passò silenziosa sopra le loro teste. Serrò la presa sull'arma e contrasse i muscoli, mentre la cacciatrice alzò immediatamente le Bladegun. Tuttavia non riuscirono a vedere niente, poiché la nebbia era troppo spessa persino per i loro occhi, e l'ombra svanì. Non capirono se fosse stato un mostro alato o un umanoide molto agile, ma qualsiasi cosa fosse di certo non era loro amica.
- Sbrighiamoci. Alan, tu occupati di Gabriel. Io vi copro. - ordinò Rachel senza abbassare gli occhi.
Alan non se lo fece ripetere due volte. Afferrò il ragazzo per un braccio e lo trascinò via correndo, senza voltarsi indietro. Al loro passaggio la nebbia sembrava diradarsi e il suono dell’acqua si faceva sempre più forte, finché nel suo campo visivo non apparve un fiume cristallino. Si fermò sulla sponda, poco lontano dalle canne e dai lupini che, assieme alle rose canine, ondeggiavano sospinte dalla corrente. In lontananza udì il fragore di una cascata.
Attesero che Rachel li raggiungesse, dato che non era molto saggio separarsi in un luogo sconosciuto e potenzialmente ostile, soprattutto con appresso una zavorra inutile come Gabriel: Alan dubitava fortemente che sapesse usare un'arma, anche solo per difendersi, perciò avrebbe dovuto fare lui tutto il lavoro, ma non aveva la benché minima voglia di fare da balia a qualcuno.
Quando Rachel ricomparve di fronte a loro, non sembrava appena uscita da uno scontro. Con le Bladegun ben salde tra le mani e un aspetto impeccabile, si accostò a loro sfoggiando un'aria cupa.
- Nulla, quella cosa non si è fatta vedere. Andiamocene. -
- Nella filastrocca parlava di un fiume. - esordì Gabriel, affannato per la corsa.
- Non direttamente, ma sì. “Camminano sull’altra sponda, tenendo sulla destra la caduta profonda”. Probabilmente si riferiscono alla cascata. - commentò Alan.
- In questo punto l’acqua è troppo alta. - fece notare Rachel, - Rischiamo di farci trascinare dalla corrente se tentiamo di guadarlo. Sarebbe più sicuro se ci spostassimo e… -
- No, non fatelo! - la voce tremula di Gabriel la interruppe, - Meredith dice di seguire l’indovinello. -
- L’indovinello non specifica dove attraversare il fiume. - puntualizzò.
- Lo so, ma… - si morse le labbra, - Quando hai detto che sarebbe stato meglio spostarsi ho avuto una brutta sensazione. -
I due cacciatori si guardarono e, dopo un breve momento di silenzio, Alan disse: - Prendiamoci tutti per mano. -
- Non è una buona idea. - sbuffò Rachel, ma già stava rinfoderando le Bladegun e quando Gabriel le strinse il polso non si ritrasse.
La corrente era forte e ogni passo era faticoso e rimanere in equilibrio si stava rivelando più difficile del previsto. Erano consapevoli che sarebbe bastato solo che uno di loro scivolasse per trascinare gli altri con sé, ma non abbandonarono l'impresa. Affondarono gli stivali nella melma, strinsero i denti e mantennero lo sguardo fisso sulla sponda opposta per non lasciarsi distrarre. Camminarono lentamente per dar modo a tutti di mettere bene i piedi uno davanti all'altro.
Non appena toccarono la riva, si fermarono per riprendere fiato. Una fitta macchia verde si estendeva a perdita d’occhio di fronte a loro e, rispetto al boschetto paludoso che avevano attraversato precedentemente, questa sembrava una vera foresta, simile in tutto e per tutto a quella di Brugge.
Alan si spostò le ciocche bagnate dagli occhi, mordendosi nervosamente l’interno della guancia.
- Sei preoccupato. - disse Rachel, fissandolo in tralice.
- Mh. - mugugnò imbronciato.
Si girò verso di lei, ma non riuscì a rimanere serio quando la vide bagnata fradicia e con la treccia quasi sfatta. Represse a stento un risolino e si coprì la bocca con una mano.
- Con la fortuna che abbiamo, sicuramente sarà pieno di mostri. -
- Sarà sufficiente seguire le indicazioni dell’indovinello e arriveremo sani e salvi. - obiettò Gabriel, guadagnandosi un’occhiata omicida dal cacciatore.
- Non so se l’hai notato, ma qualcosa ci osserva da un pezzo. - sibilò incattivito, spostando lo sguardo alle sue spalle.
- Non riesco a localizzarlo, sa nascondersi bene. - aggiunse Sebastian, - Qui l’aria è piena di magia. Ho cercato di risalire alla fonte, ma ci sono troppe interferenze. -
Le cannule ramose del Gemren emisero un lungo sbuffo e le piccole gemme rosse, accese da una luce sanguigna più intensa del solito, brillarono a intermittenza.
- Non riesci ad identificare che tipo di magia è. -
Sebastian tentò di scuotere la testa, finendo con lo sbilanciarsi e cadere tra le braccia della sua padrona: - No, signorina. Se però i responsabili sono le fate, è possibile si tratti di un’illusione, seppur terribilmente realistica. -
Alan inarcò un sopracciglio. Era sempre stato scettico su quel genere di magia: l’idea che un’illusione potesse avere delle ripercussioni gravi era illogica e improbabile, ma Frejie gli aveva spiegato che alcune sottoscuole avevano sviluppato degli incantesimi nuovi e letali, che giocavano con la mente e, in alcuni casi, potevano condurre alla follia.
- Allora dobbiamo stare molto attenti e seguire passo a passo le strofe dell’indovinello. - sentenziò Alan pragmatico.
- Che è quello che vi ripeto io dall'inizio. - borbottò Gabriel.
Il cacciatore scelse di ignorarlo: era un pazzo che aveva un fantasma come fidanzata, quindi già abbastanza sfigato senza che lui si prendesse il disturbo di spaccargli la faccia.
Si inoltrarono nella foresta, cercando di rimanere sul sentiero di terra battuta che dalla riva del fiume spariva nel sottobosco. Il clima, a differenza della palude, era mite e nell’aria si respirava un forte odore di fiori, mentre una brezza fin troppo calda faceva frusciare le fronde degli alberi. Faggi secolari contornavano la stradina e i loro rami, intrecciati fittamente sopra le loro teste, lasciavano appena filtrare la luce della luna e delle stelle, che si riversava in piccole schegge argentee sui sassi e sugli steli d’erba che coloravano il cammino. Qualche volta Alan sentì il frinire delle cicale e dei grilli o il gracidare delle rane che intonavano un coro quasi allegro nei loro stagni. Se non avessero sempre avuto la sensazione di essere seguiti, sarebbe stata una piacevole passeggiata.
I due cacciatori procedevano in silenzio, attenti ad ogni movimento, mentre Gabriel osservava rapito il paesaggio, incurante di dove metteva i piedi. Talvolta Alan lo vide inclinare la testa e mormorare qualcosa tra sé e sé, ma non si premurò di ascoltare cosa avessero da dirsi lui e Meredith. Si passò una mano sulla bocca e tossì, reprimendo la risata che sentiva formicolargli in gola. Per quanto ci provasse, non riusciva a prenderlo sul serio, era più forte di lui.
A un certo punto giunsero in prossimità di un lago, dove il sentiero si divise in tre: la strada a sinistra costeggiava la polla d'acqua e si addentrava ancora di più nella foresta, quella a destra terminava in una piana dove si ergeva un castello diroccato e sul terreno di quella centrale, che tagliava il lago a metà, spuntavano numerosi crochi in fiore.
- Ah, bene, e adesso? Quale sarà la strada che conduce all'“inverno nero”? - domandò Alan.
Rachel guardò Sebastian: - Hai idea di cosa possa essere. -
- Io so cos’è. - rispose Gabriel.
Incrociò le braccia al petto e scrutò i due cacciatori con un sorriso trionfante, in attesa che gli chiedessero di proseguire. Non si sarebbe scucito, se la cacciatrice non gli avesse fatto cenno di continuare.
- In realtà è un'espressione arcaica per riferirsi alla morte. - spiegò solenne, orgoglioso di poter mettere in mostra le sue doti da investigatore, - Non so se si possa far risalire all’Era del Buio, però sono certo che sia legato al mito di Ferwal, a quando il suo fido compagno Herwitch decise deliberatamente di ignorare il consiglio degli dei e imboccare il sentiero a sinistra. Alla fine venne ucciso in un’imboscata dai mostri di ghiaccio, servi di Iis. -
- Allora sai essere utile! - commentò sarcastico Alan, ma prima che il ragazzo potesse ribattere riportò la sua attenzione sulle strade, - Bene, quindi non dobbiamo andare a sinistra. A destra, forse? -
- Il castello non è sicuro e non solo perché è pericolante. - disse Sebastian in tono enigmatico e si alzò in volo, mentre la sua padrona sfoderava di nuovo le Bladegun, - E poi c’è “il triste sussurro fioco” da cui dobbiamo guardarci le spalle. -
- Bisogna solo capire cos’è. - continuò Gabriel, - Quella fortezza mi inquieta, ma potrebbe essere la strada giusta. -
- Tutte potrebbero essere quelle giuste e tutte potrebbero essere sbagliate. - ribatté Alan.
Gabriel lo fissò confuso: - Perché dici così? L’indovinello parla chiaro. -
- L’indovinello dice solo da cosa dobbiamo guardarci, non come arrivare alla meta successiva vivi e vegeti. Nella strofa dirà pure di andare a destra, ma è un indizio abbastanza inutile visto che proprio sulla destra c’è un castello pericolante e non esattamente ospitale. Piuttosto, i crochi hanno qualche impiego particolare? -
- Di solito quel fiore viene usato come spezia, ma un po’ di tempo fa era considerato un antidolorifico. - rispose Rachel.
- Ha per caso un legame con il fuoco? -
- Forse intende il dolore in senso metaforico? - buttò lì Gabriel.
- No, troppo complicato. -
Rimasero in silenzio a lungo, ognuno immerso nei propri pensieri, finché a un certo punto Rachel non oltrepassò Alan e si inginocchiò a studiare la corolla di un croco. Rimase imbambolata a guardarlo come se lo vedesse per la prima volta, tanto che i due compagni la fissarono perplessi. Poi lo colse, ne sfiorò i petali e infine lo stritolò nel palmo, e un intenso e nauseante odore di pelle bruciata saturò l’aria.
Gabriel, allarmato, corse verso di lei, ma inciampò nei suoi stessi piedi e per poco non cadde addosso ad Alan, che era rimasto fermo a guardare la scena. Rachel lasciò andare quel che rimaneva del fiore, un semplice stelo semi bruciato, e tornò verso di loro, impassibile come al solito.
- Per Shamar, la tua mano… - balbettò Gabriel.
- Non ti preoccupare, non ha fatto molto male. -
- Ma adesso come farai a impugnare le tue pistole? E ti verrà la cicatrice… -
- Stai tranquillo. -
Aprì la mano e il ragazzo sgranò gli occhi nel vedere la ferita che stava guarendo a una velocità impressionante.
- Com'è possibile? -
La cacciatrice fece spallucce, sfilò l’elastico dalla treccia e si fece una semplice coda.
- Sono un mezzo vampiro. - si limitò a dire, come se quell’affermazione fosse sufficiente a spiegare tutto, - Comunque grazie di esserti preoccupato. -
Gabriel boccheggiò, sorpreso quasi quanto Alan all'udire quei ringraziamenti. L’espressione granitica di Rachel era sempre la stessa, ma allo Slayer parve che la voce, di solito gelida e piatta, fosse lievemente mutata, assumendo una sfumatura più... umana.
- Di niente. - rispose imbarazzato Gabriel.
Prima che potesse aggiungere altro, la cacciatrice gli diede le spalle e si avvicinò ad Alan.
- Lo sapevi? - la interrogò.
- Cosa. -
- Degli effetti. -
- Ho preferito provare direttamente. Mi ricordavo di aver letto qualcosa riguardo l’impiego del croco nelle magie di fuoco, ma non ne ero sicura. -
- Dovresti tenere in più alta considerazione la tua vita. -
- Ti preoccupi per me, per caso. -
- Scherzi? Affatto. Mi darebbe solo molto fastidio se tu crepassi solo perché ti è esploso in faccia un fiorellino. –
La ragazza inclinò la testa, ma non rispose.
- Quindi… riepilogando. - esordì Gabriel, schiarendosi la gola per attirare l'attenzione, - Abbiamo escluso tutte e tre le strade, direi. Ora dobbiamo capire a cosa si riferisce il “triste sussurro fioco”. -
Alan sogghignò: - Quello è facile. Basta che tendi le orecchie e te ne accorgerai. -
Il ragazzo sbatté le palpebre senza capire, poi si guardò intorno timoroso. Restò immobile a massaggiarsi in gomiti per un minuto, poi quando udì il sospiro del vento che soffiava tra le rovine del castello si colpì in fronte, come per darsi dello stupido.
- Era il sibilo del vento! -
- Già. - disse Alan.
Gabriel cominciò a camminare su e giù nervosamente.
- Se nessuna delle strade va bene, da dove possiamo passare? - mormorò incupito, ma subito dopo si bloccò e fissò il lago con aria truce, - Oh, no… ma che diamine! Tanto valeva che mi fossi tenuto i vestiti di ieri! -
- Non abbiamo molta scelta. –
Il ragazzo sbuffò e incrociò stizzito le braccia al petto: - Quindi è proprio necessario? Cioè… possiamo nuotare fino alla riva opposta anche senza passare sotto il castello. –
Alan sfoderò il suo ghigno più feroce: - Prego, noi ti seguiamo. –
- Che palle… -
- Sempre meglio farsi una doccia a casa propria che farsela fare in un obitorio. Anche se dubito troverebbero i nostri corpi. - disse Rachel, tanto per smorzare la tensione.
Alan sospirò e, stufo di star ad ascoltare quella stupida conversazione, si avvicinò al lago infossato nel terreno, calandosi giù dal leggero declivio. Ormai aveva abbandonato la speranza di concludere quella missione senza bagnarsi.
A circa metà della discesa Gabriel perse l’equilibrio e ruzzolò giù, finendo in acqua con un tonfo e un’imprecazione. Lo aiutarono a rimettersi in piedi e ripresero a camminare con cautela. Avevano i vestiti fradici e più volte Alan ponderò di abbandonare il suo cappotto, ma poi scartò l’idea perché era l’unico che aveva e non poteva comprarne un altro.
Quando passarono sotto il castello, la brezza gli portò all’orecchio una risatina inquietante, che lo spinse ad accelerare. Non sapeva cosa si nascondesse in quell’antica fortezza e non ci teneva a scoprirlo.
Giunsero sull’altra sponda e si arrampicarono sulla parete fangosa. La strada centrale, quella cosparsa di crochi in fiore, diventava uno stretto sentiero brullo che tagliava a metà un prato fiorito. Sul lato destro i fiori erano ancora chiusi, sebbene alcuni stessero già accennando a sbocciare, e l’acqua nei canali naturali che zigzagavano tra massi e colline di terriccio brillava come argento fuso, riflettendo il cielo stellato. Dall’altra parte, invece, i pistilli catturavano la luce della luna in un baluginio caleidoscopico di bianco e argento. Il vento che tirava da nord-ovest sembrava sospingere in aria le lucciole che vorticavano su di essi, costringendole a un lento, elegante valzer.
 - Allora, da qui dovrebbe essere facile. Mi sembra chiaro che le luci latenti siano le lucciole e che dobbiamo stare lontani dal prato di destra, quello irrigato dai fiumi dove i fiori si stanno aprendo. - disse Gabriel.
- D'accordo, ma cosa intende per “schivano i Venti”? È un po’ difficile schivare l’aria. -  ribatté Alan.
- Sicuramente è una metafora - si intromise Rachel, - Quando si schiva una cosa significa che la si evita, quindi potrebbe voler dire di non seguire la direzione del vento. -
Il cacciatore corrugò la fronte: - Uhm, potrebbe essere. -
- Più che altro è l’unica interpretazione possibile. - aggiunse Gabriel.
- Meredith non ti sta suggerendo nulla? Il suo uomo va a rischiare la vita nelle paludi stregate della sua ex padrona e se ne sta in silenzio per tutto il tempo? -
Gabriel abbassò lo sguardo e si irrigidì, mordendosi nervosamente le labbra.
- Di solito, dopo una possessione, riesce a riprendersi in una notte, eppure sto facendo sempre più fatica a sentirla e non so perché. - mormorò in tono dimesso.
- Deve essere la magia, questo posto ne è impregnato. - Rachel fece spaziare lo sguardo, osservando circospetta il paesaggio attorno a sé, - Comincio a pensare che siano gli alberi stessi a sorvegliarci. -
- Nella foresta delle driadi a Brugge, si dice che anche le foglie abbiano orecchie. E anche nei boschi colonizzati dove vivono i druidi è la natura a essere la sentinella. Inoltre, la cosa che ci sta pedinando è ancora qui. - disse Alan.
Gabriel deglutì: - Potrebbe essere un mostro? -
- Non lo so, riesco a malapena a percepire la sua presenza. -
- Non potresti sbagliarti? -
- Non sbaglio mai quando c’è di mezzo la mia vita. - replicò serio.
- Ci conviene muoverci. - intimò loro Rachel.
Attraversarono il prato camminando controvento, in direzione nord-est. Man mano che avanzavano, le lucciole aumentavano di numero e, ogni volta che sfioravano un fiore dove si erano posate, esse volavano via, rilucendo come frammenti di stelle. Se da un lato questo li rincuorava, dall’altro l’angoscioso e innaturale silenzio che aleggiava lì intorno acuiva la loro l'inquietudine.
Quando Alan scorse in lontananza due querce dal viso umano, capì a cosa si riferisse l'ultima parte dell’indovinello ancor prima che il Gemren svolazzasse sopra la sua testa con gli occhi rossi che brillavano a intermittenza.
- Signorina, sono quei due Trerant antichi la fonte della magia. -
- Grazie, Sebastian. - Rachel lo afferrò e lo portò dietro di sé per proteggerlo, per poi incrociare lo sguardo perplesso di Alan, - Cos'è che non ti convince. -
- Il fatto che non si animino. Penso si siano fossilizzati. -
- Solo perché non si muovono. -
- E anche perché non si sono ancora alzati per picchiarci. In ogni caso, dobbiamo salutarli sorridendo. - ghignò e lanciò una lunga occhiata alla sua compagna, sperando che cogliesse il sottinteso, ma lei non gli diede soddisfazione.
Si mise a contemplare il viso addormentato dei Trerant, le rughe della corteggia che li facevano sembrare ancora più vecchi e stanchi, le guance scavate e gli occhi cisposi chiusi. Alan ne aveva visti un paio durante una missione vicino a Brugge, ma mai così anziani.
- Hai idea di come si salutino questi esseri? - domandò a Gabriel.
- No, non ne ho mai letto sui libri. -
- Da quel che ricordo, i druidi si inginocchiano e recitano “Aaye, adar calen, cormamin lindua ele lle”. -  disse Rachel.
- Un saluto più lungo no? -
- Significa… -
- Lo so cosa significa. - sbuffò scocciato, - Però non mi sembra che "calen" significhi “verde”. -
- Concordo con la signorina. - si intromise Sebastian, posandosi sulla spalla della cacciatrice.
Alan lo guardò di sbieco, ma decise di non discutere. In fin dei conti, non si era mai interessato né ai druidi né alle loro usanze, era probabile che avessero ragione loro.
- Bene, quindi dobbiamo semplicemente ripetere i loro gesti? -
Rachel annuì, poi si inginocchiò pronunciando la formula a mezza voce, imitata da Gabriel e, infine, da Alan.
Lì per lì non accadde niente, anzi il silenzio divenne ancora più denso e la natura attorno a loro si zittì. Persino il vento smise di soffiare tra le fronde degli alberi.
Dopo quella che parve un'eternità, Alan avvertì una presenza alla sua sinistra, la stessa che li aveva tenuti d'occhio fino a quel momento. Fece per avvisare i compagni del pericolo, ma Rachel e Gabriel erano spariti. Deglutì e scattò in piedi, le dita serrate attorno all’elsa della spada, i muscoli tesi e pronti a colpire. Tuttavia, quando realizzò cosa fosse la creatura, l'arma gli scivolò dalle mani e, con essa, anche la voglia di combattere.
Angolino dell'autrice: buongiorno miei prodi lettori! Allora, finora come va la storia? Vi piace? Spero di sì, ce la sto mettendo tutta per tessere una trama decente e senza buchi XD Comunque, appaio in questo capitolo essenzialmente per scusarmi: purtroppo questo doveva essere parte del capitolo scorso, ma per esigenze di lunghezza ( leggere online un capitolo di 16 pagine mi sembra una cattiveria gratuita) ho deciso di spezzarlo in due parti. Sperando che questa mia scelta non abbia rovinato l'atmosfera >-< fatemi sapere che ne pensate e ci vediamo al prossimo capitolo!
-Hime
  
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